=> Trib. Roma, 10 luglio 2014
Secondo le circostanze
del caso concreto, gli argomenti di prova (ex art. 116 c.p.c.,
richiamato dall’ art. 8 d.lgs. 28/10) che possono essere desunti dalla mancata
comparizione della parte chiamata in mediazione possono costituire integrazione
di prove già acquisite, ovvero anche unica e sufficiente fonte di prova.
Ad ogni modo, qualora la parte non fornisca alcuna motivazione sulla sua
mancata comparizione, solo nel caso dove fosse di palmare ed eclatante evidenza
la infondatezza in fatto e/o in diritto della domanda, si potrebbe
ragionevolmente ravvisare una giustificazione della mancata comparizione,
mentre, ogni altro caso, la volontaria mancanza di indicazioni motivazionali
per la non adesione e comparizione nel procedimento di mediazione (come
pure l’esposizione di motivazione di stile) equivale ad assenza di un
giustificato motivo.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 57/2014
Tribunale di Roma
10 luglio 2014
Sentenza
omissis
Le conseguenze della mancata partecipazione del convenuto ritualmente
convocato al procedimento di mediazione attivato dall’attore su disposizione
del giudice ex art. 5 co.II° decr. lgs. 28/10 comma (mediazione demandata).
L’art. 8 co. IV° bis prima parte del decr. lgsl. 28/2010 relativamente
alla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di
mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel
successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di
procedura civile.
La norma si applica, a differenza della seconda parte dell’art. 8 co. IV°
(relativa al contributo unificato) che riguarda solo le parti costituite, a
tutte le parti.
La (in)sussistenza di un giustificato motivo per non aderire, non
presentandosi, all’incontro di mediazione.
Non avendo l’assicurazione fornito alcuna motivazione della sua mancata comparizione davanti al mediatore (atteggiamento confermato processualmente) devesi affermare l’assenza di un giustificato motivo.
Non avendo l’assicurazione fornito alcuna motivazione della sua mancata comparizione davanti al mediatore (atteggiamento confermato processualmente) devesi affermare l’assenza di un giustificato motivo.
A tutto concedere, solo in un caso (che non è questo) dove fosse di
palmare ed eclatante evidenza la infondatezza o in fatto o in diritto o per
entrambi i profili, della domanda, si potrebbe ragionevolmente ravvisare una
giustificazione della mancata comparizione e non trarne alcuna conseguenza negativa
per il soggetto renitente.
In ogni altro caso (vale a dire in ogni situazione di res dubia) la
volontaria mancanza di indicazioni motivazionali per la non adesione e
comparizione nel procedimento di mediazione (ai sensi dell’art.5 1 bis ovvero
co.I I° del decr. lgs. 28/10) – come pure l’esposizione di motivazione di stile
– equivale ad assenza di un giustificato motivo.
D’altra parte non può essere obliterato che a monte del provvedimento vi
è la valutazione del giudice che ha esaminato gli atti, studiato le posizioni
delle parti, ed infine adottato un provvedimento che, in relazione alle
circostanze tutte indicate dal secondo comma dell’art. 5 decr. lgs. 28/2010,
testimonia il maturato convincimento circa l’utilità di un percorso di
mediazione nell’ambito del quale le parti avrebbero potuto approfondire le
rispettive posizioni fino al raggiungimento di un accordo per entrambe
vantaggioso.
Risulta pertanto comprovato che nel caso di specie non solo non sussiste
un giustificato motivo per la mancata comparizione dell’assicuratore nel
procedimento di mediazione; ma che tale rifiuto è del tutto irragionevole,
illogico in concreto ma anche dal punto di vista astratto ed inescusabile.
Le conseguenze, sul merito della causa, della mancata comparizione dell’assicurazione convenuta e costituita, senza giustificato motivo.
Le conseguenze, sul merito della causa, della mancata comparizione dell’assicurazione convenuta e costituita, senza giustificato motivo.
La mancata partecipazione al procedimento di mediazione (obbligatoria o
demandata), senza alcuna giustificazione fornita dalla parte e senza – come in
questo caso – che dagli atti del giudizio appaia la incontrovertibile
macroscopica evidenza, per motivi di fatto o di diritto, o di entrambi, della
inutilità o della impossibilità di riuscita della mediazione, costituisce
condotta grave perché idonea a determinare la introduzione o l’incrostazione di
una procedura giudiziale (evitabile) in un contesto giudiziario, quello
italiano, saturo nei numeri e smisuratamente dilatato nella durata dei giudizi.
Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di
prova a sfavore di una parte determinate condotte della stessa (nella specie la
mancata comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte
convocata) si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.
Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 c.p.c., cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.
Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 c.p.c., cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.
Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il
giudice possa fondare solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come
unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso
concreto.
E` espressione della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di
legittimità secondo cui “la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c.,
nell’abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date
dalle parti nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a
consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti
stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra
eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita
a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre
‘argomenti di prova’, e non basare in via esclusiva la decisione, che va
comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre risultanze” (fra
le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n. 443).
La norma in questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche
se, a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è
consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale
circostanza subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa
utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.
La norma dell’art.116 c.p.c. viene richiamata dal legislatore della
mediazione (art. 8 decr. lgs. cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione
di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la
previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi
al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire
a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti (nota Art.8 co.
4-bis decr. lgsl.28/10 seconda parte: Il giudice condanna la parte costituita
che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento
senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato
di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per
giudizio).
Ciò sul presupposto che le statistiche ufficiali dimostrano incoraggianti percentuali di successo in presenza della comparizione della parte convocata (Nota: Posto il 57,3% di aderente non comparso ed il 10,3% di proponente rinunciante prima dell’esito, del restante 32,4% di aderente comparso il 42,4 % costituisce la percentuale di accordi raggiunti (statistiche 1.1.2013- 31.12.2013 Ministero Giustizia http://webstat.giustizia.it/AreaPubblica/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20civile%20al%2031%20dicembre%202013.pdf).
Ne consegue, tali essendo le finalità del richiamo dell’art.116 c.p.c nel decr. lgsl. 28/10, che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ ordinamento giuridico.
Va considerato che nell’attuale situazione, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze sociali, economiche e di immagine anche internazionale, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi, sia necessario rivalutare, senza forzature ma con fermezza, ciò che è previsto da una norma (l’art.116 cpc) tuttora vigente ma un po` desueta.
Ciò sul presupposto che le statistiche ufficiali dimostrano incoraggianti percentuali di successo in presenza della comparizione della parte convocata (Nota: Posto il 57,3% di aderente non comparso ed il 10,3% di proponente rinunciante prima dell’esito, del restante 32,4% di aderente comparso il 42,4 % costituisce la percentuale di accordi raggiunti (statistiche 1.1.2013- 31.12.2013 Ministero Giustizia http://webstat.giustizia.it/AreaPubblica/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20civile%20al%2031%20dicembre%202013.pdf).
Ne consegue, tali essendo le finalità del richiamo dell’art.116 c.p.c nel decr. lgsl. 28/10, che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ ordinamento giuridico.
Va considerato che nell’attuale situazione, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze sociali, economiche e di immagine anche internazionale, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi, sia necessario rivalutare, senza forzature ma con fermezza, ciò che è previsto da una norma (l’art.116 cpc) tuttora vigente ma un po` desueta.
È necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.
Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione
in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire
una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di
diritto a favore o contro la parte non comparsa in mediazione.
Ed infatti lo strumento offerto dall’art. 116 c.p.c. attiene ai mezzi che
il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica
il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova
legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.
L’argomento di prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti
utilizzati dal giudice in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a
dire quella dove si ha a disposizione un fatto dal quale si può fondare
direttamente il convincimento.
Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova
ha la stessa potenzialità probatoria indiretta degli indizi.
E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della
prudenza (art. 2729 c.c.), che deve illuminarne l’utilizzo da parte del
giudice.
Ciò detto si ritiene poter affermare che la mancata comparizione della
parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore
costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte
chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata
non comparsa.
Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema
Corte che ha ritenuto che l’effetto previsto dall’art. 116 c.p.c. “può –
secondo le circostanze – anche costituire unica e sufficiente fonte di prova”
(Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime:
“Quanto a questa ultima norma – art. 116 c.p.c. n.d.r. – in particolare, essa
attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal
comportamento processuale delle parti – e però, secondo la costante giurisprudenza
di questa Corte, ciò non significa solo che il comportamento processuale della
parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti
probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti”,
Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).
Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).
Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto
gli argomenti di prova che possono essere desunti dalla mancata comparizione
della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla
quale la mediazione, obbligatoria o demandata, pertiene, possano costituire
integrazione di prove già acquisite, ovvero anche unica e sufficiente fonte di
prova.
Alla luce di quanto precede, si ritiene che la radicale evidente assenza di un giustificato motivo alla mancata partecipazione dell’assicurazione convenuta alla mediazione demandata dal giudice, in forza del combinato disposto degli artt. 8 co. IV bis del decr. lgs. 28/2010 e art. 116 c.p.c., concorra alla valutazione del materiale probatorio raccolto nel senso di ritenere raggiunta la piena prova della infondatezza della resistenza ad oltranza dell’assicurazione.
Alla luce di quanto precede, si ritiene che la radicale evidente assenza di un giustificato motivo alla mancata partecipazione dell’assicurazione convenuta alla mediazione demandata dal giudice, in forza del combinato disposto degli artt. 8 co. IV bis del decr. lgs. 28/2010 e art. 116 c.p.c., concorra alla valutazione del materiale probatorio raccolto nel senso di ritenere raggiunta la piena prova della infondatezza della resistenza ad oltranza dell’assicurazione.
In tale senso, ed in forza di tale norma, si ritiene di apportare un
valore aggiunto probatorio, decisivo e preminente per quanto riguarda l’an
debeatur, alla deposizione del teste omissis,
che sicuramente assisteva al fatto (omissis)
e descriveva con precisione e credibilità i fatti (omissis).
Le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla mancata ingiustificata
partecipazione al procedimento di mediazione. La sanzione del pagamento a
favore dell’erario di una somma pari al contributo unificato.
Non avendo partecipato, ingiustificatamente, l’assicurazione al
procedimento di mediazione al quale era stata convocata la stessa va condannata
al versamento all’Erario della somma di €.374,00 a quanto cioè ammonta il
contributo unificato dovuto per il giudizio.
La cancelleria provvederà alla riscossione.
omissis
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e
deduzione respinta, così provvede: condanna omissis
e omissis SPA in persona del suo legale rappresentante pro tempore al
risarcimento dei danni che determina in omissis;
condanna omissis e omissis SPA in
persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in solido delle
spese di causa che liquida omissis;
condanna omissis SPA in persona del
suo legale rappresentante pro tempore al versamento, a titolo di sanzione per
la mancata ingiustificata partecipazione al procedimento di mediazione, della
somma di €.374,00, pari al contributo unificato dovuto per il giudizio;
mandando alla cancelleria, in mancanza di volontario pagamento entro gg.40, per
la riscossione coattiva.
Il Giudice
Il Giudice
Dott. cons. Massimo Moriconi
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità.