DIRITTO D'AUTORE


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5 settembre 2023

30/23. Mediazione obbligatoria e domanda riconvenzionale: risponderanno le Sezioni Unite (Osservatorio Mediazione Civile n. 30/2023)


=> Tribunale di Roma, 13 giugno 2023

 

Si pone alla Suprema Corte di Cassazione la risoluzione della questione interpretativa, in tema di mediazione c.d. obbligatoria, di quale sia il corretto principio di diritto da seguire e cioè se: "in presenza di controversie ricomprese nelle materie elencate nell'art. 5 comma 1 del decreto legislativo n. 28/2010, in ipotesi di valida mediazione avvenuta prima della prima udienza sull'oggetto della sola pretesa attorea, in presenza di formulazione di domanda riconvenzionale afferente materia ricompresa anche essa nelle materie elencate nell'art. 5 comma 1 del decreto legislativo n. 28/2010 da parte del convenuto resistente, il giudice, rilevata la questione (I):

a) ritenuto non soddisfatto il requisito di procedibilità, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, ed a tale udienza, se accerta che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, dichiara l'improcedibilità delle domande giudiziali, ivi compresa quella principale introdotta dall'attore/ricorrente;

b) ritenuto non soddisfatto il requisito di procedibilità, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, ed a tale udienza, se accerta che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, rileva l'improcedibilità della sola domanda riconvenzionale;

c) ritenuto non soddisfatto parzialmente il requisito di procedibilità, rileva immediatamente l'improcedibilità della sola domanda riconvenzionale;

d) ritiene soddisfatta la condizione di procedibilità e procede con il giudizio avente ad oggetto sia la domanda principale che la domanda riconvenzionale;

e) ritenuto non soddisfatto il requisito di procedibilità solo nel caso in cui si abbia intervento di terzo o chiamata in causa di terzo, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, ed a tale udienza, se accerta che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta dichiara l'improcedibilità di tutte le domande giudiziali”.

(I) Per approfondimenti si segnala SPINA, Onere della mediazione e improcedibilità in caso di domanda riconvenzionale: contrasto giurisprudenziale, in Osservatorio Mediazione Civile 46/2019; la questione è stata assegnata alle Sezioni Unite con provvedimento della Prima Presidente del 5.7.2023. 


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 30/2023

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

 

Tribunale di Roma

Ordinanza

13 giugno 2023

 

Omissis

 

2. Premessa.

Ritiene questo giudice vi sia necessità di sollevare la questione pregiudiziale interpretativa innanzi alla Corte di Cassazione, posto che come richiesto dall'art. 363 bis cpc:

- la soluzione della seguente questione è necessaria alla definizione del giudizio;

- sulla stessa non si è mai pronunciata la Corte di Cassazione;

- presenta gravi difficoltà interpretative;

- è suscettibile di porsi in numerosi giudizi, atteso che anche la riforma c.d. Cartabia non ha modificato, in parte qua, la normativa.

Trattasi del tema dell'obbligo di mediazione (e del relativo onere adempitivo) in caso di domanda riconvenzionale, in ipotesi in cui una mediazione sia già stata effettuata prima della proposizione della domanda riconvenzionale.

2.1. La necessità della soluzione rispetto alla definizione del giudizio e la mancanza di pronunce della Corte di Cassazione.

La recentissima introduzione della cd. riforma del processo civile ha sostanzialmente confermato la regola vigente, sicché si tratta di questione di estesa applicazione anche in futuro.

La Suprema Corte non si è mai espressa sul tema.

Infatti, la Cassazione si è occupata del diverso tema dell'onere di introduzione della mediazione in ipotesi di opposizione del decreto ingiuntivo (Cassazione civile sez. un., 18/09/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 18/09/2020), n.19596) e delle relative conseguenze sul decreto ingiuntivo stesso, nonché di problema analogo al presente, ma riferito al diverso istituto previsto dalla L. n. 203 del 1982, art. 46 in materia di controversie agrarie (Cass. 28/07/2005, n. 15802; Cass., sez. 3, 10/06/2019, n. 16281).

La questione è di necessaria soluzione per lo stesso proseguimento e per le modalità di svolgimento del giudizio, sicché risulta verificatosi anche il requisito di cui all'art. 363 bis n. 1 cpc.

Stante la natura procedurale e diffusa della dinamica in questione, è inoltre di interesse per un indefinito numero di future controversie.

La formulazione dell'art. 5 d.lvo 4.3.2010 n. 28, come applicabile al caso di specie, così recita:

"L'esperimento del tentativo di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza ".

Identica formulazione, limitatamente alla frase di interesse, è stata riprodotta dall'art. 5 comma 2 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata) come recentemente modificato dal l'art. 7 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, in vigore dal 30 giugno 2023. Tale disposizione sancisce che "2. Nelle controversie di cui al comma 1 l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale".

Si pone dunque la questione della declaratoria di improcedibilità del giudizio nel caso in cui sia stata effettuata la mediazione sulla domanda principale, ma non sulla domanda riconvenzionale.

A seconda della opzione ermeneutica seguita si determinano variabili effetti sia sulla procedibilità stessa della domanda che, eventualmente, sull'oggetto della controversia su cui effettivamente il giudice deve pronunciarsi (stante la improcedibilità parziale che ne potrebbe derivare) e quindi sorge la necessità per l'interprete di adottare le relative determinazioni anche in materia di prova e disciplina del processo, o di immediato rinvio per la discussione, sin da questa fase.

2.2. Le gravi difficoltà interpretative.

Nel dettaglio, come accennato, il problema riguarda la interpretazione della normativa in questione in ipotesi in cui, già effettuata la mediazione che costituisca condizione di procedibilità, ai sensi dell'art. 5 del decreto legislativo 4 Marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata) non modificato in parte qua dall'art. 7 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206 (recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata, in vigore dal prossimo 1.6.2023) in momento anteriore alla prima udienza (di comparizione), e quindi risulti astrattamente rispettata la condizione di procedibilità, ma il convenuto presenti nel costituirsi una domanda riconvenzionale che non sia stata oggetto di mediazione.

Sul punto possono ipotizzarsi diverse opzioni ermeneutiche:

2.2.1. La prima ipotesi interpretativa: la necessità di disporre nuovamente la mediazione, con conseguente improcedibilità dell'intero giudizio in caso di omissione.

Una prima ipotesi ermeneutica potrebbe indurre a ritenere la necessità che il giudice disponga nuovamente la mediazione (ante riforma, in tal senso, il Tribunale Verona 12.5.2016), non potendo escludersi che la circostanza sopravvenuta della domanda nuova da parte dei convenuti/resistenti possa indurre le parti a riconsiderare la possibilità di una definizione transattiva della controversia.

In particolare, con una prima soluzione interpretativa potrebbe ritenersi che il relativo onere competa al ricorrente originario, nel senso di considerare che all'inadempimento dell'obbligo di instaurare la nuova procedura di mediazione consegua la improcedibilità dell'intero giudizio (si veda ordinanza di questa sezione del tribunale di Roma del 25.10.2022 in proc. 73857/21, relativa alla disciplina ante riforma), compresa quindi la domanda introduttiva dell'attore/ricorrente.

Ai sensi dell'art. 4 comma 2 del dlg 28 del 2010, infatti, la istanza di mediazione "deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". La mancanza di parte dell'oggetto della pretesa (quella fatta valere in via riconvenzionale) non consentirebbe di ritenere integrato l'obbligo prescritto. Inoltre la norma in questione (art. 5 del d.lgs 28/2010) parla di sollevabilità dell'eccezione da parte del convenuto (con riguardo al mancato esperimento della mediazione), sicché sembra aver voluto radicare in ogni caso l'onere di introduzione a carico dell'attore, financo quando la pretesa sia "integrata" con la domanda riconvenzionale del convenuto.

Simile soluzione ermeneutica trova dunque possibile supporto nel tenore letterale della norma, anche se risulterebbe indubbiamente gravosa per l'attore (o ricorrente), determinando un aggravio dei costi e la possibilità di abuso dilatorio da parte del convenuto/resistente, il quale potrebbe volutamente non introdurre la domanda riconvenzionale in sede di originaria mediazione per ostacolare e ritardare le ragioni di giustizia dell'attore/ricorrente.

Ad ulteriore sostegno della tesi, poi, vengono in rilievo le (pur peculiari) ipotesi in cui il fatto costitutivo della domanda riconvenzionale sia sorto successivamente all'esperimento del procedimento di mediazione: in quest'ipotesi la riconvenzionale c.d. inedita, essendo relativa ad un fatto costitutivo sorto posteriormente al primo tentativo di conciliazione, potrebbe produrre una variazione degli interessi in gioco tale da ammettere la possibilità che le parti arrivino a risolvere stragiudizialmente la loro controversia e potrebbe giustificare l'aggravio dell'onere dell'attore, e, senza dubbio, il mancato esperimento della pretesa riconvenzionale in sede di prima mediazione non è addebitabile in modo alcuno a chi agisce in riconvenzionale.

Stesso ragionamento vale nel caso di estensione soggettiva del giudizio, nel caso cioè il giudice disponga la integrazione del contraddittorio: la mancata partecipazione di alcune parti del giudizio alla procedura di mediazione ha in tal caso determinato la non piena corrispondenza dell'oggetto della mediazione (sotto il profilo soggettivo), sicché una piena mediazione tra tutte le parti non è stata in realtà mai introdotta dall'attore. Sul punto, tuttavia, parte della giurisprudenza è si è espressa nel senso di escludere l'obbligo dell'estensione della mediazione obbligatoria a seguito della chiamata in causa di terzi (Tribunale di Palermo con ordinanze 27 febbraio 2016 e 6 maggio 2017, pronunciatosi proprio con riferimento alla normativa ante riforma) o, al più, a ravvisando la facoltà del giudice di disporre una mediazione delegata.

2.2.2. La seconda ipotesi interpretativa: la necessità di disporre nuovamente la mediazione, con conseguente improcedibilità della sola domanda riconvenzionale in caso di mancato esperimento della nuova mediazione.

Una seconda ipotesi interpretativa potrebbe andare nella direzione di rendere obbligatoria anche la nuova mediazione ma, in base alle ragioni sopra enunciate, delimitare l'effetto preclusivo della improcedibilità alla sola domanda riconvenzionale. Di fatto l'onere graverebbe sul convenuto resistente, senza aggravio, se non sotto il profilo temporale, per l'attore ricorrente.

Tale interpretazione si potrebbe fondare sulla considerazione che la locuzione contenuta nell'art. 5 dlgs 28/2010 "Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di (...)" si riferisca necessariamente anche a coloro che intendono esercitare una azione in via riconvenzionale, così dovendosi estendere l'obbligo di mediazione anche a tali domande. L'eccezione del convenuto potrebbe essere intesa come riferita anche al convenuto in riconvenzionale.

In questi termini si è espressa anche parte della giurisprudenza di merito (ordinanza Tribunale di Verona, sez. III civile, 12/05/2016 e Tribunale di Civitavecchia, 5.01.2023, sentenza n. 8, in riferimento alla normativa ante riforma).

In mancanza di mediazione sulle domande riconvenzionali il giudice sarebbe comunque tenuto a fissare la successiva udienza ex art. 6 per consentire la mediazione sull'intero oggetto della controversia.

Infatti, nella normativa sulla mediazione il legislatore non precisa se l'esperimento del procedimento di mediazione costituisca condizione di procedibilità della sola domanda introduttiva del giudizio ovvero di tutte le domande giudiziali, anche se proposte in corso di causa, e l'interpretazione letterale dell'art. 5, d.lgs. n. 28/2010 non consente di distinguere tra domande principali e domande successive e, quindi, anche per le seconde vige la condizione di procedibilità.

Del resto la Corte di Cassazione (Cass. 18 gennaio 2006, n. 830) nel l'interpretare una norma analoga all'art. 5, comma 1, in materia di controversie agrarie, ha affermato che l'onere dell'esperimento del tentativo di conciliazione sussiste anche nei confronti del convenuto che proponga una riconvenzionale secondo i criteri di collegamento dell'art. 36 c.p.c., escludendo l'obbligatorietà del tentativo solo quando le parti del giudizio coincidono con quelle del tentativo obbligatorio di conciliazione e quando la formulazione della domanda riconvenzionale non comporti nessun ampliamento della materia del contendere.

Ne conseguirebbe che, essendosi regolarmente svolta la mediazione sulla domanda principale ed avendo ordinato il giudice la sola integrazione alla luce della domanda riconvenzionale, non potendo farsi ricadere sull'attore ricorrente l'omissione del resistente convenuto, il giudice debba considerare improcedibile la sola domanda riconvenzionale.

2.2.3. La terza ipotesi interpretativa: la sufficienza della procedura di mediazione già esperita, con conseguente immediata improcedibilità della sola domanda riconvenzionale

Secondo una ultima interpretazione possibile, ogni domanda proposta in giudizio - e dunque non solo la domanda introduttiva ma anche quelle successive - se avente ad oggetto una delle materie di cui all'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, è soggetta alla condizione di procedibilità ivi prevista.

Ciò anche in considerazione del fatto che il termine "convenuto" usato dall'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, per indicare il soggetto che eccepisce l'improcedibilità della domanda, ben può essere riferito all'attore rispetto alla domanda riconvenzionale (ordinanza Tribunale di Verona, sez. III civile, 12/05/2016, con riferimento alla normativa ante riforma).

Del resto l'esclusione delle domande successive a quella introduttiva del giudizio dall'ambito di applicazione dell'art. 5, comma 1-bis, provocherebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra le parti processuali.

Alla luce di quanto sopra, la conclusione dovrebbe essere che la domanda riconvenzionale deve essere considerata da subito improcedibile, in quanto la parte avrebbe potuto (e dovuto) introdurre la domanda riconvenzionale già in mediazione, essendo gravata di tale onere.

Ciò impedirebbe anche possibili strategie dilatorie del resistente convenuto, le quali si ripercuoterebbero in danno dell'attore.

Contro tale impostazione deve però rilevarsi la espressa previsione del possibile intervento suppletivo da parte del giudice, come sancito dall'art. 5 dlgs 28/2010.

2.2.4. La quarta ipotesi interpretativa: la sufficienza della procedura di mediazione già esperita, e procedibilità dell'intero giudizio, compresa la domanda riconvenzionale

Altra tesi, infine, porterebbe a ritenere assolto l'obbligo di esperire la mediazione già con la mediazione precedente la prima udienza avente ad oggetto la sola domanda principale.

In questi termini si è già pronunciata parte della giurisprudenza di merito ante riforma (Trib. Taranto 02.05.2019; Trib. Roma 18.01.2017; Trib. Palermo 11.7.2011 e 27.02.2016, Trib. Prato. 13.12.2021 n. 880).

Potrebbe infatti ritenersi che l'obbligo di mediazione non si estende alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto o proposte da eventuali terzi intervenuti.

Ciò sulla base di diverse argomentazioni.

In primo luogo perché vanno fatti salvi i principi di ragionevole durata del processo e di equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione, indicato nella direttiva comunitaria 2008/52/CEE. Tale principio di snellezza in generale dei giudizi è stato del resto ribadito dalla recente riforma del processo civile di cui allalegge delega 26 novembre 2022 n. 206.

In secondo luogo in ragione del fatto che le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità sono di stretta interpretazione, poiché introducono limitazioni all'esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost., quindi la locuzione "chi intende esercitare in giudizio un'azione", contenuta nel comma 1, art. 5, d.lgs. n. 28/2010, sarebbe da intendersi come "chi intende instaurare un giudizio" e, quindi, solo l'attore ricorrente.

Inoltre l'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, prevede la facoltà del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione, e va considerato tale chi viene citato in giudizio, e non già chi, avendo promosso un'azione risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a quella originaria.

A ciò vanno aggiunte considerazioni di carattere pratico, e cioè che non è possibile ammettere che vengano formulate domande riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti in mediazione, così da dilazionare i tempi del processo.

In conclusione, seguendo questo ragionamento sarebbe sufficiente la mediazione obbligatoria già esperita prima della prima udienza, anche riguardo alle pretese riconvenzionali successivamente introdotte.

2.2.5. La quinta ipotesi interpretativa: la necessità di una nuova procedura di mediazione in caso di estensione soggettiva determinata dalla domanda riconvenzionale

A questi opposti orientamenti se ne potrebbe affiancare un ulteriore, ancorato al profilo teleologico proprio della procedura di mediazione.

La mediazione, infatti, è sicuramente uno strumento deflattivo utile alla risoluzione delle controversie, che offre alle parti in lite la possibilità di raggiungere un accordo senza dover ricorrere alla giustizia ordinaria, ma è un mezzo di risoluzione negoziale delle controversie nel quale risulta fondamentale avere riguardo ai bisogni ed agli interessi sottesi ai diritti fatti valere in giudizio.

Tale considerazione potrebbe suggerire una via ermeneutica mediana, attraverso la quale si possa ottenere un bilanciamento tra esigenze di ragionevole durata del processo ed efficacia della mediazione.

Potrebbe dunque ritenersi che non è necessario rinnovare il tentativo di mediazione qualora la domanda riconvenzionale proposta lasci invariati gli elementi soggettivi del processo, atteso che gli interessi ed i bisogni sottesi delle parti, restando invariate esse stesse, rimangono inalterati, anche in considerazione del fatto che se non si è raggiunto un accordo nel tentativo preventivo di mediazione, difficilmente questo potrà essere raggiunto in un tentativo successivo all'instaurazione del processo, producendo un'ingiustificata dilazione dei tempi processuali.

Viceversa, nell'ipotesi in cui la domanda successiva avente ad oggetto le materie indicate dall'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, incida sulla struttura soggettiva, determinando un aumento delle parti del processo (ad es. a seguito di chiamata in causa, intervento volontario, litisconsorzio) sarebbe necessario esperire una nuova mediazione.

In questi casi, essendoci parti ulteriori rispetto a quelle che hanno partecipato alla mediazione, portatrici d'interessi diversi e bisogni ulteriori rispetto a quelle originarie, potrebbe succedere che se tali interessi o bisogni sono compatibili con quelli delle altre parti, si potrebbe giungere al buon esito del tentativo di mediazione ed alla risoluzione negoziale della controversia.

Il giudice dovrebbe quindi ordinare il nuovo esperimento della mediazione obbligatoria. Questa soluzione, del resto, come già detto, si porrebbe in linea con quanto deciso dalla giurisprudenza di legittimità in merito all'interpretazione dell'art. 46 l. n. 3 del 3 maggio 1982 (legge sulle controversie agrarie).

Quindi, seguendo l'orientamento da ultimo delineato, quando si hanno intervento di terzo o chiamata in causa di terzo, dovrebbe ritenersi obbligatorio l'esperimento della mediazione.

Quando le parti del giudizio sono diverse da quelle che hanno partecipato alla mediazione, essendo ogni parte portatrice d'interessi e bisogni diversi e non essendosi potuto analizzare o vagliare quelli del nuovo soggetto parte del giudizio, non si può - a priori - escludere che la presenza di questo soggetto terzo potrebbe cambiare gli equilibri e, quindi, rendere raggiungibile un accordo anche su una questione che è già stata oggetto di mediazione.

3. La rilevanza futura in numerosi giudizi.

Trattasi di questione procedurale, la questione si pone in tutti i giudizi in materia locatizia (e non solo) in cui sia stata presentata domanda riconvenzionale, nei quali sia stata già esperita una mediazione prima del deposito della domanda riconvenzionale. Risulta quindi verificata la circostanza di cui all'art. 363 bis comma 1 n. 3) cpc.

4. La questione interpretativa.

Ci si chiede in conclusione quale debba essere la interpretazione dell'art. 5 comma 2 del decreto legislativo 4 Marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata) comunque non modificato in parte qua dall'art. 7 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, in vigore dal 30 giugno 2023, ed in particolare quale sia il corretto principio di diritto da seguire e cioè se:

"in presenza di controversie ricomprese nelle materie elencate nell'art. 5 comma 1 del decreto legislativo n. 28/2010, in ipotesi di valida mediazione avvenuta prima della prima udienza sull'oggetto della sola pretesa attorea, in presenza di formulazione di domanda riconvenzionale afferente materia ricompresa anche essa nelle materie elencate nell'art. 5 comma 1 del decreto legislativo n. 28/2010 da parte del convenuto resistente, il giudice, rilevata la questione:

a) ritenuto non soddisfatto il requisito di procedibilità, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, ed a tale udienza, se accerta che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, dichiara l'improcedibilità delle domande giudiziali, ivi compresa quella principale introdotta dall'attore/ricorrente;

b) ritenuto non soddisfatto il requisito di procedibilità, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, ed a tale udienza, se accerta che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, rileva l'improcedibilità della sola domanda riconvenzionale;

c) ritenuto non soddisfatto parzialmente il requisito di procedibilità, rileva immediatamente l'improcedibilità della sola domanda riconvenzionale;

d) ritiene soddisfatta la condizione di procedibilità e procede con il giudizio avente ad oggetto sia la domanda principale che la domanda riconvenzionale;

e) ritenuto non soddisfatto il requisito di procedibilità solo nel caso in cui si abbia intervento di terzo o chiamata in causa di terzo, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, ed a tale udienza, se accerta che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta dichiara l'improcedibilità di tutte le domande giudiziali.

 

PQM

 

Il Tribunale di Roma, sezione civile, in persona del G.U. dott. Alessio Liberati, non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, visto l'art. 363 bis cpc, dispone: a cura della segreteria, la trasmissione della presente ordinanza e dell'intero fascicolo alla Suprema Corte di Cassazione in Roma, ai sensi dell'art. 363 bis epe, per la risoluzione della questione interpretativa di diritto nei sensi indicati in motivazione; la sospensione del presente giudizio; riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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