=> Tribunale Roma, 15 gennaio 2021
Non costituisce giusto motivo di mancata partecipazione lo
svolgimento di precedenti tentativi di mediazione non andati a buon fine.
In tal caso, dunque, la mancata partecipazione al tentativo obbligatorio di
mediazione comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art.
8, comma 4 bis, d.lgs. 28/2010 (I).
(I) Si veda l’art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 32/2021 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Sulla prima domanda di risarcimento del danno da mancata restituzione in pristino.
Sul punto omissis in liquidazione
s.r.l., come visto, lamenta l’erroneità della C.T.U. nonché la circostanza di
fatto che i predetti lavori sarebbero stati autorizzati da omissis il 23.02.2005 (cfr. autorizzazione del febbraio 2005
allegato 2 alla memoria di costituzione). Sul punto, poi, la C.T.U. sarebbe
carente ed erronea perché il Perito del Tribunale avrebbe ipotizzato che il
proprietario non fosse stato reso edotto dei lavori.
Tale eccezione, però, non coglie nel segno visto che l’art. 6 del
contratto recita che “La conduttrice dichiara di aver esaminato i locali
affittati e di averli trovati adatti al proprio uso, in buono stato di
manutenzione ed esenti da difetti che possano influire sulla salute di chi vi
svolge attività e si obbliga a riconsegnarli alla scadenza del contratto nello
stesso stato”. E ancor più chiaramente all’art. 8 si legge: “La conduttrice è
costituita custode della cosa locata e si obbliga a mantenere e riconsegnare i
locali con gli 6 impianti e le dotazioni, così come ricevuti, in buono stato di
conservazione salvo il deperimento d’uso”. Appare di palmare evidenza, allora,
che la Bimbi Allegri in liquidazione s.r.l., nella sottoscrizione del contratto
regolarmente allegato (cfr. allegato 1 al ricorso) abbia assunto un’obbligazione
ulteriore rispetto a quella di cui all’art. 1590 c.c. e più penetrante
impegnandosi a riconsegnare i locali esattamente nello stato ricevuto. Quest’ultimo,
contrariamente a quanto falsamente sostenuto dalla Bimbi Allegri in
liquidazione s.r.l., era certamente un buono stato locativo. Tale semplice
osservazione si basa sulla dichiarazione confessoria resa dalla stessa
conduttrice nel contratto di locazione. Come noto la confessione ha valore di
prova legale e non ammette prova contraria.
D’altra parte la stessa giurisprudenza, anche di merito, chiarisce che
“In tema di locazioni, se nel contratto è inserita la clausola con cui il
conduttore dichiara di avere visitato i locali e di averli trovati esenti da
vizi e in buono stato manutentivo, non è più possibile, per il conduttore
stesso, ritrattare tale dichiarazione e contestare, eventualmente anche in
causa, il fatto che l'immobile, al momento della consegna, presentava invece
dei vizi. La clausola in questione, infatti, non è una semplice formula
"di stile", inserita più per consuetudine: al contrario, essa ha un
preciso significato sostanziale, integrando, a tutti gli effetti, una
confessione stragiudiziale resa dal conduttore circa lo stato manutentivo del
bene consegnatogli. Pertanto, proprio perché si tratta di "confessione",
tale dichiarazione costituisce una "prova legale": ossia, in base
alle regole del processo civile, una prova che non può essere più messa in
discussione, né superata da altre prove” (Tribunale di Pisa, sentenza del
22.03.2016). Dunque tutte le osservazioni contenute nella memoria di
costituzione: quelle secondo le quali la mancata liberazione dell’immobile non
può definirsi cattiva manutenzione e che la diversa distribuzione dei locali
sarebbe compatibile con il rispristino all’uso abitativo sono superate dalle
espresse pattuizioni contrattuali.
Parimenti il regime giuridico delle migliorie non può essere ricondotto
a quanto previsto dall’art. 1592 c.c. stante la pattuizione delle parti secondo
la quale l’immobile doveva essere restituito nell’esatto stato dell’originaria
consegna.
D’altra parte che le opere realizzate dalla omissis in liquidazione s.r.l. costituiscano reali migliorie è
affermazione apodittica e del tutto priva di riscontro probatorio. Invero la
Suprema Corte chiarisce che “Nella nozione di 7 "miglioramenti" ai
sensi dell'art. 1592 cod. civ. rientrano quelle opere che con trasformazioni o
sistemazioni diverse apportano all'immobile un aumento di valore, accrescendone
in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività, senza
presentare una propria individualità rispetto al bene in cui vanno ad
incorporarsi” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 13070/2004). Nel caso di
specie, invece, nessun miglioramento è stato apportato all’immobile tanto che
lo stesso proprietario chiede la restituzione in pristino dell’immobile come,
peraltro, espressamente pattuito nel contratto. D’altra parte appaiono del
tutto sfornite di prova le eccezioni di compensazione della omissis in liquidazione s.r.l. Ci si
riferisce a presunte migliorie e opere di manutenzione per le quali non è stato
fornito alcun riscontro probatorio: non una fattura, un progetto o un contratto
di appalto. D’altra parte la omissis
in liquidazione s.r.l. avrebbe potuto avanzare ricorso per A.T.P., come fatto
dallo stesso omissis, per fare
accertare le presunte opere di miglioria.
Infine deve constatarsi come la relazione peritale di cui all’A.T.P.
avente appare completa, dettagliata e priva di vizi logici così che il relativo
contenuto è fatto proprio dall’organo giudicante. Appare conforme e adeguata la
quantificazione dei costi di restituzione in pristino di € 53.295,11 oltre Iva.
In conclusione la domanda di omissis
deve essere accolta e la omissis in
liquidazione s.r.l. deve essere condannata al pagamento di € 53.295,11 oltre Iva e interessi nella misura legale
dalla data di riconsegna del 08.09.2017 fino a quella di effettivo pagamento.
Deve, però, essere rigettata la richiesta di condanna al risarcimento
delle spese di A.T.P. omissis.
Sulle spese Le spese di lite devono essere compensate in ragione del
mancato accoglimento della gran parte delle domande di parte ricorrente. Sul
punto la Suprema Corte chiarisce che “La nozione di soccombenza reciproca, che
consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese
processuali (art. 92, comma 2, c.p.c.), si verifica - anche in relazione al
principio di causalità - nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande
contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo
processo fra le stesse parti, ovvero venga accolta parzialmente l'unica domanda
proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano
stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri” (Corte di Cassazione, Sez.
III, ord. n. 20888/2018).
La mancata partecipazione della omissis
in liquidazione s.r.l. al tentativo obbligatorio di mediazione comporta l’applicazione
della sanzione di cui all’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. 28/2010. Infatti non
costituisce giusto motivo di mancata partecipazione lo svolgimento di
precedenti tentativi di mediazione non andati a buon fine.
Pertanto omissis in liquidazione s.r.l. deve essere condannata al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio.
PQM
Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: dichiara inammissibile la domanda nuova presentata da omissis di pagamento dell’indennità di occupazione per il periodo necessario alla realizzazione dei lavori di restituzione in pristino; dichiara inammissibili i documenti allegati da omissis alla memoria conclusionale; condanna la omissis in liquidazione s.r.l. al pagamento, in favore di omissis, della somma di € 53.295,11 oltre Iva e interessi nella misura legale dalla data di riconsegna del 08.09.2017 fino a quella di effettivo pagamento; rigetta la domanda di omissis al risarcimento del danno da lucro cessante; rigetta la domanda di omissis al pagamento dell’integrazione dell’indennità di occupazione per i mesi di giugno e luglio 2017; condanna omissis in liquidazione s.r.l. al pagamento, in favore di omissis, della somma di € 5.301,54 oltre interessi legali dal 08.09.2017 fino alla data di effettivo pagamento per l’occupazione relativa ai mesi di agosto e settembre 2017; rigetta la richiesta di condanna al pagamento della somma di € 3.860,50 a titolo di spese per A.T.P.; rigetta la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c.; compensa le spese di lite; condanna omissis in liquidazione s.r.l. al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio.
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità.