=> Tribunale di Frosinone, 10 settembre 2020
La pendenza di un altro
giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo tra le stesse parti è
circostanza da cui può desumersi che il rifiuto di procedere alla mediazione
non è immotivato. Non va quindi accolta l'istanza ex art.8, comma 4 bis, d.lgs. n. 28/2010 (I)
(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2021(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Sull'eccezione pregiudiziale di incompetenza per territorio.
Va, innanzitutto, vagliata l'eccezione di
incompetenza territoriale sollevata dalla parte opponente, la quale ha fondato
l'eccezione sul disposto dell'art. 12 co. 2 del contratto di conto corrente
oggetto di causa, in cui si legge che “per ogni eventuale controversia tra il
Cliente e la Banca sarà ritenuto competente, alternativamente, il foro di
Ancona, Macerata o Pesaro”.
L'eccezione è infondata.
Com'è noto, la designazione convenzionale di
un foro territoriale, anche ove coincidente, come nella specie, con alcuno di
quelli previsti dalla legge, assume carattere di esclusività solo in caso di
pattuizione espressa, la quale, pur non dovendo rivestire formule sacramentali,
deve comunque risultare da una inequivoca e concorde manifestazione di volontà delle
parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge,
sicché la clausola, con la quale venga stabilita la competenza di un
determinato foro "per qualsiasi controversia", non è idonea ad
individuare un foro esclusivo (Cass. n. 18707/2014).
Nel merito della controversia.
In estrema sintesi, la parte opposta ha
domandato in sede monitoria la condanna della controparte al pagamento del
saldo negativo del conto (omissis), assistito da apertura di credito, e
l'opposta ha eccepito la mancanza di prova sufficiente del credito e
l'addebito, nel corso del rapporto, di interessi in misura superiore a quelli
pattuiti e in assenza di comunicazione delle relative variazioni.
Vertendosi in materia di inadempimento
contrattuale, deve trovare applicazione, in punto di riparto dell'onere della
prova, il principio, enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione
nella sentenza n. 13533/2001, per cui “in tema di prova dell'inadempimento di
una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per
il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la
fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza,
limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della
controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del
fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento”.
La banca opposta, a dimostrazione del titolo
della pretesa avanzata, ha prodotto omissis.
Pertanto, si ritiene che la banca abbia dato prova sufficiente dei titoli della
pretesa azionata in sede monitoria.
Sui motivi di opposizione.
Sulla eccepita mancanza di prova del credito
si è già detto al punto che precede.
L'opponente ha, poi, lamentato che la banca
avrebbe variato i tassi di interesse del corso del rapporto, unilateralmente,
in senso sfavorevole alla correntista e senza alcuna comunicazione, quindi in
violazione del disposto dell'art. 118 T.U.B..
Tale disposizione, nel testo applicabile
ratione temporis, prevede, per quanto qui rileva, che: nei contratti a tempo
indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal
cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre
condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli
altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere
convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di
interesse, sempre che sussista un giustificato motivo; qualunque modifica
unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente
al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta
di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di due mesi,
in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato
dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza
spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale
caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione
delle condizioni precedentemente praticate; le variazioni contrattuali per le
quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono
inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.
Nel caso di specie, all'art. 9 co. 2 del
contratto di conto corrente – clausola approvata specificamente dalla
correntista – era prevista la facoltà della banca di variazione, anche
sfavorevole per il cliente, delle pattuizioni contrattuali al ricorrere di un
giustificato motivo, e che le comunicazioni relative, previste dall'art. 118
cit., sarebbero state validamente effettuate mediante lettera semplice, anche
inserita nell'estratto conto, o con la modalità di cui all'art. 3 del contratto
(e cioè in forma cartacea, scelta dalla correntista nel contratto stesso, e
all'indirizzo ivi indicato).
Sennonché, la banca opposta non ha fornito
alcuna prova di aver effettivamente inviato all'odierna opponente gli estratti
conto – che, ha dedotto, contenevano le comunicazioni di variazione – nel
rispetto della tempistica prevista dall'art. 118 cit..
Pertanto, le variazioni contrattuali
intervenute nel corso del rapporto, ricostruite dal c.t.u., devono ritenersi
inefficaci.
La ricostruzione dei rispettivi rapporti di
dare e avere tra le parti alla luce dei criteri precedentemente illustrati.
Il c.t.u., attenendosi ai criteri dettati dal
giudice istruttore e sopra ripercorsi e giungendo a conclusioni pienamente
condivisibili, in quanto immuni da errori e vizi logici e basate su un attento
ed obiettivo esame della documentazione in atti, ha proceduto alla complessiva
ricostruzione dei rispettivi rapporti di dare e avere tra le parti alla luce
della documentazione contabile prodotta in giudizio, elaborando un'ipotesi di
calcolo che ha tenuto conto dei quesiti formulati dal giudice.
In particolare, il c.t.u. ha calcolato che,
epurato degli effetti delle variazioni del tasso di interesse intervenute nel
corso del rapporto, il conto alla data di chiusura (7.5.2015) presentava un
saldo negativo pari ad € 47.022,27.
Pertanto, il decreto ingiuntivo va revocato,
e l'opponente va condannata a pagare all'attuale titolare del credito l'importo
di € 47.022,27, oltre interessi nella misura e con la decorrenza indicate nel
decreto ingiuntivo.
L'accoglimento solo parziale dell'opposizione,
e la condanna dell'opponente a pagare la gran parte del credito azionato in
sede monitoria, giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti
nella misura di 1/6, e che la parte restante, liquidata come in dispositivo,
con riferimento ai valori medi di cui al d.m. n. 55/2014, e all'attività
effettivamente prestata, sia posta a carico della parte opponente.
Per le stesse ragioni le spese di c.t.u. sono
poste definitivamente a carico della parte opponente e di omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., in solido tra loro.
L'istanza ex art. art. 8 co. 4 bis d.lgs. n.
28/2010, formulata dalla parte opponente nei confronti di omissis s.p.a., all'epoca titolare del credito oggetto di causa,
non può essere accolta, perché: nel corso del giudizio quest'ultima ha
manifestato più volte la disponibilità a vagliare la possibilità di una
soluzione transattiva della controversia, tra l'altro nelle note autorizzate
del 20.4.2016, precedenti all'avvio della mediazione; nelle stesse note
rappresentava la difficoltà di pervenire ad un accordo stante la pendenza di un
altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo tra le stesse parti,
circostanza, non contestata, da cui può desumersi che il rifiuto di procedere
alla mediazione non sia stato immotivato.
PQM
Il giudice, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra domanda o eccezione, così provvede: revoca il decreto ingiuntivo n. 704/2015, emesso dal Tribunale di Frosinone in data 12.6.2015, e condanna omissis s.r.l. a pagare a omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., la somma di € 47.022,27, oltre interessi nella misura e con la decorrenza indicate nel decreto ingiuntivo; dispone la compensazione delle spese di lite tra le parti nella misura di 1/6; quanto alla parte restante, condanna omissis s.r.l. a rifondere a omissis s.p.a. le spese di lite relative alle fasi di studio e introduttiva, che liquida in € 2.305,84, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, a omissis s.p.a. quale mandataria di omissis s.p.a. le spese di lite relative alla fase di trattazione/istruttoria, che liquida in € 1.433,34, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, a omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., le spese di lite relative alla fase decisionale, che liquida in € 2.305,84, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; pone le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidate con separato decreto, definitivamente a carico della parte opponente e di omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., in solido tra loro.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.