=> Tribunale di Roma, 15 gennaio 2018
L'onere obbligatorio del preventivo esperimento del tentativo di
mediazione (art. 5 d.lgs. 28/2010) sussiste anche nei confronti del
convenuto che proponga domanda riconvenzionale. Ad ogni modo, nel caso di improcedibilità
della domanda riconvenzionale per mancato esperimento della mediazione
obbligatoria non è impedito al Giudice di considerare i fatti (o i rapporti giuridici) dedotti a suo fondamento nella più
limitata ottica dell'eccezione, al
limitato effetto di impedire l'accoglimento della domanda avversaria. (I) (II).
(I) Si veda l’art.
5, comma 1-bis, D. lgs. 4 marzo 2010n. 28 aggiornato al d.l. 50/2017 conv. con mod. in l. 96/2017 - manovra correttiva 2017 (Osservatorio Mediazione Civile n. 46/2017).
(II) Si vedano in argomento tutte le pronunce in materia contenute
nel massimario-banca dati giurisprudenziale dell’Osservatorio.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 31/2018
Tribunale di Roma
Sentenza
15 gennaio 2018
Omissis
Preliminarmente, si rileva la piena validità della notificazione
dell'intimazione di sfratto e contestuale citazione per la convalida alla
conduttrice, avvenuta presso l'immobile locato, dal momento che "Ove il
conduttore, in occasione della stipula del contratto di locazione, abbia
indicato per le notifiche degli atti il proprio domicilio, la notificazione
dell'atto di intimazione di licenza o di sfratto può essere legittimamente
eseguita a norma dell'art. 137 presso tale domicilio, senza che abbia incidenza
il divieto posto dall'art. 660 c.p.c., il quale si riferisce esclusivamente al
domicilio eletto" (v. Cass. n. 5103/1981). Nel caso di specie, poi, la
notificazione avveniva a mani di persona abilitata alla ricezione, con contestuale
avviso ex art. 660 c.p.c. Peraltro, non è stata fornita alcuna prova del fatto
che il domicilio indicato dall'intimata non fosse più tale e va notato che
anche parte intervenuta provvedeva alla notificazione della propria comparsa di
costituzione alla conduttrice presso l'immobile locato.
Riguardo all'intervento della ---, si sottolinea che l'elaborazione più
cospicua di dottrina e giurisprudenza in tema di ammissibilità dell'intervento
del terzo nel procedimento per convalida si è avuta sulla figura
dell'intervento principale o ad excludendum, con il quale un terzo afferma un
diritto dipendente dal titolo dedotto o relativo all'oggetto introdotto, ma
incompatibile o in conflitto con quello affermato dalle parti presenti in
causa, come nel caso di che trattasi, in cui la --- ha contestato un rapporto
di comodato in contrasto con quello di locazione fatto valere dai ricorrenti e
di cui al contratto sottoscritto con la ---.
Dunque, va riconosciuto alla terza un potere autonomo di opposizione
avverso le ragioni addotte dagli intimanti, equiparando la sua opposizione (sul
piano degli effetti conseguenti) a quella dell'intimata non comparsa.
Va detto che i fatti dedotti dalla ---, in quanto fondati su titoli
negoziali differenti rispetto a quelli posti dai ricorrenti a fondamento delle
proprie domande, dovrebbero qualificarsi domande riconvenzionali, allo stato,
improcedibili in difetto di espletamento della procedura di mediazione.
Infatti, l'onere del preventivo esperimento del tentativo di mediazione
sussiste anche nei confronti del convenuto che proponga una riconvenzionale (v.
Cass. sent. n. 830/2006).
In proposito, si rileva che, si ha eccezione riconvenzionale, quando la
deduzione resta contenuta nell'ambito dell'attività strettamente difensiva,
lasciando immutato il petitum formulato dall'attore; si ha, invece, domanda
riconvenzionale quando il convenuto chiede un provvedimento positivo,
autonomamente attributivo di una determinata utilità, cioè tale che vada oltre
il mero rigetto della domanda avversaria, ampliando, così, la sfera dei poteri
decisori come sopra determinati (v. Cass. Sez. I, n. 20178 del 24/09/2010;
Cass. Sez. L, n. 16339 del 04/08/2015). Da ciò consegue che nel caso di
inammissibilità della domanda riconvenzionale non è impedito al Giudice di
considerare i fatti (o i rapporti giuridici) dedotti a suo fondamento nella più
limitata ottica dell'eccezione, al limitato effetto di impedire l'accoglimento
della domanda avversaria (v. Cass. Sez. III, n. 4233 del 16/03/2012; Cass. Sez.
III, n. 14852 del 13/06/2013; Cass. Sez. II, n. 24567 del 31/10/2013; Cass.
Sez. III n. 21472 del 25/10/2016).
Dunque, attesa la improcedibilità della domanda riconvenzionale, i
fatti addotti dalla --- andranno considerati come eccezioni ed andrà valutata
la loro rilevanza ai fini dell'accoglimento delle domande proposte dai ---.
Va confermata la natura locatizia del rapporto originario che investe
anche la terza intervenuta, facente parte del nucleo familiare della intimata
ed effettiva detentrice, in difetto di valida prova di un diversa figura
contrattuale da ritenere applicabile.
La terza intervenuta sostiene la simulazione del contratto di locazione
dissimulante un rapporto di comodato tra le parti.
Un negozio giuridico si considera simulato quando le parti lo hanno
posto in essere in modo apparente, con l'accordo che lo stesso non produca
effetto tra le parti. Di solito le parti che pongono in essere la simulazione
si premuniscono: contestualmente alla conclusione dell'atto simulato, formano
la c.d. controdichiarazione, nella quale dichiarano per iscritto la reale
portata del contratto apparente o nel senso che del medesimo non si vuole
veramente la produzione di effetto alcuno (simulazione assoluta) o nel senso
che si intendono prodotti effetti propri di un diverso accordo (simulazione
relativa).
Nel caso di specie, non veniva redatta (e prodotta) alcuna
controdichiarazione e la terza intervenuta chiedeva solo l'ammissione di
interrogatorio formale, ritenuto inammissibile e, comunque, irrilevante, per le
motivazioni di cui all'ordinanza del 29.11.2017, che qui si reiterano e per cui
il provvedimento non va revocato.
La documentazione in atti (v. copia contratto di locazione, nonché
ricevute di pagamento - doc. 1, 2 e 3 del fascicolo di parte ricorrente),
inoltre, contrasta con quanto sostenuto dalla terza resistente.
L'elemento fondamentale per distinguere la locazione dal comodato, al
di là dell'identificazione del tipo di rapporto contrattuale che risulti dal
contratto, infatti, è la previsione, a carico di chi ha il godimento materiale
dell'immobile, di un pagamento che possa assumere i tratti di un vero e proprio
corrispettivo (v. Cass. 2 marzo 2001, n. 3021; Cass. 15 gennaio 2003, n. 485):
all'articolo 2 del contratto stipulato con la --- veniva convenuto un canone di
€ 6.000.00 annuali, da corrispondersi in rate uguali mensili di € 500,00 entro
il giorno 5 di ogni mese; i canoni di cui alle ricevute in atti, poi, venivano
versati dalla ---. Dette ricevute confermano la corrispondenza tra la realtà
effettiva ed il contenuto del contratto o, quantomeno, escludono la volontà
delle parti di porre in essere un comodato d'uso gratuito in favore della
odierna terza resistente in luogo di un contratto di locazione. Risulta,
inoltre, incomprensibile quale sarebbe stato il vantaggio per i --- di
dissimulare un contratto di comodato d'uso gratuito e simularne uno di
locazione che comporta degli oneri fiscali a carico della proprietà. Per di
più, il contratto di locazione fatto valere, veniva stipulato nel rispetto
della normativa in materia, con l'assistenza delle Organizzazioni di categoria,
proprietari ed inquilini, nonché regolarmente registrato.
Di nessun rilievo la documentazione relativa a procedimenti innanzi il
Tribunale per i Minorenni di Roma ed altra Sezione dell'Intestato Tribunale
(doc. 3 e 5 del fascicolo della terza intervenuta), in cui non si rinviene
alcun riferimento alla concessione gratuita dell'immobile da parte del --- o ad
altro diritto di godimento sull'immobile de quo, quali, nel caso, l'assegnazione,
peraltro, inopponibile agli altri comproprietari.
Va esclusa, in definitiva, la pretesa simulazione dei rapporti tra le
parti, oltre che qualsivoglia non ben individuato, oltre che non provato,
preteso diritto di "abitazione" del minore, ---. A tale ultimo
riguardo, si evidenzia che il diritto di 'abitazione ha natura reale e quindi
può essere costituito mediante testamento, usucapione o contratto, per il quale
è richiesta ad substantiam la forma dell'atto pubblico o della scrittura
privata di cui all'art. 1350 n. 4 c.c. (cfr. Cass. n. 4562/1990). Il codice
civile prevede, all'art. 540, un'unica ipotesi di costituzione legale del
diritto di abitazione precisando che al coniuge del defunto, anche quando
concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa
adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.
Affermata la natura locatizia del rapporto contrattuale, la domanda di
risoluzione per inadempimento va accolta visto che i ricorrenti hanno assolto
agli oneri di prova che gli incombevano ex art. 2697 c.c., producendo in
giudizio il contratto stipulato. Infatti, "in tema di prova
dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la
risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per
l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione
della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore
convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui
pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento" (v. Cass. n. 15659/2011;
Cass. n. 3373/2010; Cass. n. 9351/2007; Cass. n. 1743/2007; Cass. n.
2007/2004).
Né la conduttrice, rimasta contumace, né la terza detentrice, hanno
dato prova di fatti estintivi della pretesa dei ricorrenti. Il mancato
pagamento della morosità dal settembre 2016, comporta la pronuncia di
risoluzione contrattuale per fatto e colpa della intimata. Il principale
obbligo scaturente dalla conclusione di un contratto di locazione per il
conduttore, infatti, consiste nel pagamento del corrispettivo pattuito per il
godimento della cosa locata. L'inadempimento di tale obbligo costituisce causa
di risoluzione del contratto ed il locatore può agire in giudizio per sentir
dichiarare lo scioglimento del vincolo contrattuale, con conseguente condanna
al rilascio dell'immobile.
Con un'importante differenza a seconda che la locazione riguardi un
immobile ad uso abitativo o ad uso diverso (locazione ad uso commerciale): nel
primo caso trova applicazione l'art. 5 della L. n. 392 del 1978 che determina
ex lege quale motivi di risoluzione il mancato pagamento del canone di
locazione decorsi venti giorni dalla sua scadenza o il mancato pagamento degli
oneri accessori, quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del
canone.
In materia di locazione ad uso abitativo, dunque, nel caso in cui il
conduttore abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo
(ovvero oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone), la
valutazione della gravità e dell'importanza dell'inadempimento ex art. 1455
c.c., non è rimessa all'apprezzamento discrezionale del Giudice, ma è
predeterminata legalmente ex artt. 5 e 55 della L. del 27 luglio 1978 n. 392
(v. Cassazione del 21.6.2017 n. 15348).
La L. del 27 luglio 1978, n. 392 contiene due articoli (5 e 55) che
incidono sull'applicabilità dell'art. 1455 c.c.; in realtà gli artt. 5 e 55,
più che determinare l'inapplicabilità dell'art. 1455 c.c., offrono un criterio
(predisposto dal legislatore) relativo alla valutazione della gravità
dell'inadempimento.
Difatti, in base all'art. 5 il mancato pagamento di una o rate del
canone determina l'inadempimento del conduttore. Questa valutazione legislativa
(relativa alla gravità dell'inadempimento ex art. 5) potrebbe subire delle
modifiche se il conduttore richiedesse il termine di grazia per il pagamento ex
art. 55: è prevista la sanatoria, cioè è possibile far degradare
l'inadempimento da grave a non grave se il conduttore paga in udienza (sanando
la morosità).
Circa l'obbligazione del solvere praetium locationis, la valutazione
della gravità e della importanza dell'inadempimento del conduttore in relazione
all'interesse del locatore insoddisfatto è ancorata dal legislatore ad un
parametro (quantitativo e temporale) predefinito, che esclude ogni
discrezionale considerazione ad opera del Giudice, tenuto unicamente a
verificare il presupposto dell'inadempimento.
In ogni caso, l'omesso versamento del canone locativo alle scadenze
pattuite in contratto integra, laddove non giustificato da qualsivoglia motivo,
giuridicamente apprezzabile, un fatto idoneo ad alterare l'intera economia del
contratto, ovverosia l'equilibrio tra prestazione (del locatore) e controprestazione
(del conduttore) costituente espressione del sinallagma contrattuale
("l'omesso pagamento dei canoni alle scadenze, costituendo la violazione
di una delle obbligazioni primarie ed essenziali scaturenti dal contratto di
locazione, rende inutile una valutazione specifica della gravità
dell'inadempimento, ai fini della risoluzione del contratto" (v. Cass. n.
959/1980).
Ancora, "l'omesso pagamento dei canoni di locazione alle scadenze
costituisce violazione di una delle obbligazioni primarie ed essenziali
scaturenti dal contratto di locazione, incidente su tutta l'economia del
contratto stesso. Pertanto, ai fini della risoluzione, non è necessaria in tale
ipotesi alcuna valutazione specifica della gravità dell'inadempimento, essendo
essa implicita nella circostanza stessa del mancato pagamento" (v. Cass.
n. 4096/1978).
Nel caso di che trattasi, non vi è dubbio che al momento
dell'intimazione la conduttrice era morosa di più di una mensilità di canone.
Dovendo, poi, il Giudice esaminare, ai fini della gravità
dell'inadempimento, giustificativa della risoluzione del contratto, il
comportamento globalmente tenuto dalla resistente, va, altresì, considerato il
mancato versamento dei canoni di locazione successivi all'intimazione di
sfratto, talché "... la circostanza che l'inadempimento del conduttore,
non grave al momento della domanda di risoluzione proposta dal locatore, si
aggravi in corso di causa, è rilevante ai fini dell'accoglimento della
stessa" (Cass. civ. Sez. III, 20/04/2015, n. 8002 e Cass. civ. Sez. III,
26/10/2012, n. 18500).
Da ultimo si evidenzia che, il locatore può chiedere la risoluzione del
contratto e la condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore anche
nel caso in cui al momento della proposizione della domanda detto bene è
detenuto da un terzo, perché la sentenza di condanna al rilascio ha effetto
anche nei confronti del terzo, se il titolo in base al quale costui occupa
l'immobile presuppone quello del conduttore, ovvero, nell'ipotesi di
trasferimento a titolo particolare della cosa locata, ai sensi dell'art. 1599
c.c., se il titolo, pur proveniente dal proprietario alienante originario
locatore, non risulti opponibile all'acquirente perché privo di data certa
anteriore all'alienazione della "res locata". (v. Cass. Sez. III n.
12895/2012; Cass. n. 9024/2005; Cass. n. 15083/2000).
Alla risoluzione del contratto de quo per inadempimento della
conduttrice, segue la condanna della ---, così come richiesto da parte
ricorrente, al pagamento dei canoni di locazione intimati, pari a € 5.000.00,
oltre quelli a scadere fino al rilascio ed interessi legali dalle scadenze al
saldo.
Con la pronuncia della risoluzione del contratto di locazione, poi, va
ordinato il rilascio dell'immobile per cui è causa e, considerati i rapporti di
affinità e/o parentela tra le parti e la presenza del minore, fissato al
15.04.2018, il termine per l'esecuzione, ex art. 56 L. n. 392 del 1978.
Riguardo, infine, alla richiesta di parte ricorrente di condanna della
terza resistente al maggior danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., va
detto che la condanna per responsabilità aggravata per colpa grave o dolo
presuppone la prova dell'altrui malafede o colpa grave nell'agire o resistere
in giudizio, oltre che la prova del danno subito a causa della pretesa condotta
temeraria della controparte. Pertanto, è necessario dimostrare l'esistenza sia
dell'elemento soggettivo consistente nella consapevolezza o nell'ignoranza
colpevole dell'infondatezza della propria tesi, sia di quello oggettivo, ovvero
il pregiudizio subito a causa della condotta temeraria della parte soccombente.
Nel caso che ci occupa, non sono stati forniti elementi probatori per
provare nessuno dei due succitati elementi, con conseguente rigetto della
domanda.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi
del DM Giustizia n. 55/2014.
La --- va, poi, condannata al versamento, all'entrata del bilancio
dello Stato, della somma di € 76,00, pari al contributo unificato della
presente procedura, dal momento "ai sensi dell'art. 8, comma 5, del D.Lgs.
n. 28 del 2010, nel testo modificato dall'articolo 2, comma 35-sexies del D.L.
13 agosto 2011, n. 138, va pronunciata condanna al versamento all'entrata del
bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo
unificato dovuto per il giudizio nei confronti della parte costituita che, nei
casi previsti dall'articolo 5 del medesimo decreto legislativo, non ha
partecipato al procedimento senza giustificato motivo" (Trib. Termini
Imprese, 09.05.12; Trib. Roma Sez. XIII 10.07.2014).
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando omissis: accoglie la domanda e dichiara il contratto di locazione ---
risolto per inadempimento della conduttrice; ordina alla conduttrice il rilascio dell'immobile omissis; condanna --- al pagamento dei canoni di locazione
intimati, pari a € 5.000.00, oltre quelli a scadere fino al rilascio ed
interessi legali dalle scadenze al saldo; respinge le domande svolte dalla ---;
respinge la domanda proposta dalla parte ricorrente di condanna per lite
temeraria; condanna le resistenti al rimborso in favore dei ricorrenti delle
spese di lite che liquida in € 1.350,00, di cui € 150,00 per esborsi, oltre
accessori di legge e rimborso forfettario; respinge la domanda proposta dalla
parte ricorrente di condanna per lite temeraria; condanna --- al pagamento di €
76,00 in favore dell'entrata del bilancio dello Stato.