=> Tribunale di Roma, 18 gennaio 2017
La mediazione
obbligatoria non si estende
(cfr., in particolare, Trib. Reggio Calabria, 22 aprile 2014 e Trib. Palermo 11 luglio 2011, consultabili in "Osservatorio Mediazione Civile" n. 42/2014 e "Osservatorio Mediazione Civile" n. 29/2012) alle
domande riconvenzionali sollevate dal convenuto o proposte da eventuali terzi
intervenuti (I) (II) (III) (IV) :
-
essendo le
disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità di stretta interpretazione, e, quindi, la locuzione "chi intende
esercitare in giudizio un'azione" deve essere letta come equivalente a
"chi intende instaurare un giudizio";
-
dovendosi
salvaguardare i principi della ragionevole
durata del processo, dell'efficienza
ed effettività della tutela giurisdizionale e dell'equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione;
-
dovendosi escludere
che l'obbligo di preventiva mediazione, il cui scopo prioritario è quello di
evitare l'instaurazione di un giudizio, possa sortire l'effetto di definire
l'intero contenzioso nel caso di
giudizio ormai instaurato e di tentativo conciliativo già fallito per la
domanda principale (la mediazione sulle domande riconvenzionali non sarebbe
mai preventiva, ma soltanto successiva);
-
prevedendo l'art.5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 la facoltà
del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione, sicché va
considerato tale "chi viene citato
in giudizio" e non già "chi, avendo promosso un'azione e,
pertanto, notificato ad altri una vocatio in ius, risulti a sua volta
destinatario di una domanda, collegata a quella originaria";
-
non potendosi ammettere
che vengano formulate domande
riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti di
nuovo in mediazione, così da allungare i tempi del giudizio.
(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 aggiornato al D.L.132/2014 c.d. di degiurisdizionalizzazione conv. con mod. in L. 162/2014, in Osservatorio Mediazione Civile n. 61/2014. Per
approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR, Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
(II) Si veda Trib.Reggio Calabria, 22 aprile 2014, in Osservatorio Mediazione Civile" n. 42/2014 e Trib.Palermo 11 luglio 2011, in Osservatorio Mediazione Civile" n. 29/2012.
(III) Si vedano in argomento tutte le pronunce in materia contenute nel massimario-banca dati giurisprudenziale dell’Osservatorio al seguente link:
(IV) Si veda altresì SPINA, La mediazione obbligatoria si applica anche alle domande riconvenzionali e alle domande di terzo? I contrapposti orientamenti nella giurisprudenza di merito(2011-2014), in La Nuova Procedura
Civile, 2014 nonché, di recente, il relativo FOCUS TEMATICO in SPINA,CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR,Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 29/2017
Tribunale di Roma
Sezione V
Sentenza
18 gennaio 2017
Omissis
Visto il ricorso ex
art. 447 cod. proc. civ. depositato in data 15.3.2016 e ritualmente notificato
con il pedissequo decreto di fissazione d'udienza, con cui A. SRL ha chiesto
all'adito Tribunale sia di pronunziare la risoluzione del contratto inter
partes di affitto (in data 30.9.2014 e in autentica notaio omissis dell'azienda relativa all'esercizio dell'attività
commerciale di "ristorazione e somministrazione di alimenti e
bevande" (con inerenti arredi, attrezzature e dotazioni strumentali)
corrente in Roma, omissis, sia la
condanna della detentrice Al. SRL alla restituzione del complesso organizzato
di beni produttivi, sull'allegazione del protratto inadempimento (a partire dal
mese di dicembre 2015) dell'obbligazione di controparte di corrispondere
regolarmente il relativo corrispettivo (pattuito in iniziali € 6.900,00
mensili, oltre IVA, da aggiornarsi automaticamente, dal primo anno in poi,
nella misura massima della variazione annuale in aumento dell'indice dei prezzi
al consumo accertato dall'ISTAT per famiglie di operai e impiegati; poi
consensualmente ridotto a € 4.500,00, oltre IVA, da novembre 2015 e fino al
31.12.2016; a € 5.500,00, oltre IVA, fino al 31.12.2017, e a € 6.500,00, oltre
IVA, fino alla naturale scadenza del 29.2.2020);
rilevato, altresì,
che la resistente Al. SRL, costituitasi con memoria difensiva depositata in cancelleria
il 28.9.2016, ha eccepito, in rito, l'improcedibilità del ricorso per omesso
esperimento del tentativo obbligatorio di mediaconciliazione e, nel merito,
l'inadempimento avversario (per mancanza della scheda tecnica d'impianto e del
certificato di agibilità, nonché per malfunzionamenti e inidoneità, in
particolare, dell'impianto elettrico e della canna fumaria in dotazione dell'azienda
oggetto del contratto alla destinazione economico-sociale cui sono posti a
servizio), chiedendo, pertanto, al Tribunale, non soltanto il rigetto delle
avverse domande, ma anche, in via riconvenzionale, una pronunzia di risoluzione
contrattuale in danno della concedente e di condanna di quest'ultima al
risarcimento dei danni;
rilevato che la
causa è stata istruita con produzioni documentali;
udita la
discussione dei difensori delle parti ed esaminati gli atti;
rilevato
l'avvenuto, infruttuoso esperimento del prescritto tentativo di mediazione;
ritenuto,
preliminarmente, che:
a) la mediazione obbligatoria non si estende
(cfr., in particolare, Trib. Reggio Calabria, 22 aprile 2014 e Trib. Palermo 11
luglio 2011, consultabili in "Osservatorio Mediazione Civile" n.
42/2014 e "Osservatorio Mediazione Civile" n. 29/2012) alle domande riconvenzionali sollevate dal
convenuto o proposte da eventuali terzi intervenuti (essendo le
disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità di stretta
interpretazione, poiché introducono limitazioni all'esercizio del diritto di
agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost. e, quindi, la locuzione
"chi intende esercitare in giudizio un'azione" deve essere letta come
equivalente a "chi intende instaurare un giudizio"; dovendosi
salvaguardare i principi della ragionevole durata del processo, dell'efficienza
ed effettività della tutela giurisdizionale e dell'equilibrata relazione tra
procedimento giudiziario e mediazione; dovendosi escludere che l'obbligo di
preventiva mediazione, il cui scopo prioritario è quello di evitare
l'instaurazione di un giudizio, possa sortire l'effetto di definire l'intero
contenzioso nel caso di giudizio ormai instaurato e di tentativo conciliativo
già fallito per la domanda principale - la mediazione sulle domande
riconvenzionali non sarebbe mai preventiva, ma soltanto successiva -; prevedendo
l'art. 5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 - così come inserito dal d.l. 69/2013,
c.d. "Decreto del fare", convertito, con modificazioni, in 1. 98/2013
- la facoltà del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione -
sicché va considerato tale "chi viene citato in giudizio" e non già
"chi, avendo promosso un'azione e, pertanto, notificato ad altri una
vocatio in ius, risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a
quella originaria"; non potendosi ammettere che vengano formulate domande
riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti di
nuovo in mediazione, così da allungare i tempi del giudizio);
b) l'affermazione
formulata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 18 gennaio 2006, n.
830) con riferimento all'art. 46 della legge n. 203/1982 e, cioè, che
"l'onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione ...
sussiste, oltre che a carico dell'attore che agisce in via principale in
giudizio, anche nei confronti del convenuto che proponga una domanda
riconvenzionale, secondo uno dei criteri di collegamento previsti dall'art. 36
cod. proc. civ." dovrebbe riguardare, semmai, la sola domanda riconvenzionale
c.d. "inedita";
c) non vi è,
comunque, stata, nella fattispecie, eccezione in proposito da parte della
ricorrente;
ritenuto, altresì,
che, mentre quest'ultima non ha proposto istanze istruttorie, i mezzi richiesti
dalla parte resistente non appaiono ammissibili e rilevanti, sia perché, quanto
alla prova testimoniale, la stessa dovrebbe avere per oggetto circostanze
negative (essere vero che i locali sono "sprovvisti della scheda tecnica
d'impianto"; che l'attività manca delle "licenze, concessioni o autorizzazioni
edilizie e urbanistiche"; che non esistono il piano soppalcato né quello
interrato; che la canna fumaria - prescritta dal regolamento comunale d'igiene
- "non svolge alcuna dispersione dei fumi") ovvero apprezzamenti e
valutazioni di carattere tecnico e non già "fatti" percepiti (essere
vero che la canna fumaria "risulta costruita con materiale nocivo alla
salute e non dotata di sezione e altezza sufficienti"; essere vero che
l'impianto elettrico "presenta ... gravi problematiche" - cavi sprovvisti
di protezione in guaina e tubazione e scollegati; scatole di derivazione con
cavi in uscita vicini a fonti d'acqua e, quanto alla consulenza tecnica
d'ufficio, la stessa (richiesta, invero, soltanto nella "denegata e non
concessa ipotesi di contestazione della perizia tecnica di parte")
dovrebbe avere per oggetto, genericamente, "l'idoneità tecnica, materiale
e amministrativa del complesso aziendale concesso in affitto" [sic]; sia
perché, comunque, la deducente non assume affatto (e, tanto meno, dimostra od
offre di dimostrare) di non stare, in concreto esercitando, negli appositi
locali, l'attività commerciale de qua (che, dunque, si deve considerare in
pieno svolgimento, nonostante - si noti - le denunziate inadeguatezze e i
lamentati vizi di conformità - come, del resto, si desume anche dalla
prospettazione della parte ricorrente, che, neppure in sede di ricorso
incidentale per sequestro giudiziario, dove sarebbe stato sicuramente di suo
interesse per giustificare l'opportunità dell'esperita tutela cautelare, ha
affermato o potuto dimostrare la chiusura dell'azienda o, almeno, un effettivo
"rischio intrinseco" o, addirittura, di cessazione dell'attività
commerciale o, comunque, di una forte contrazione della stessa, che ne
compromettesse l'avviamento e la proficua gestione e non ne incrementasse né,
almeno, salvaguardasse i precedenti risultati produttivi e remuneratori né
allega (e, tanto meno, dimostra od offre di dimostrare) se e quali maggiori
oneri (non previsti a proprio carico dagli accordi contrattuali e non imposti
dalla natura dell'affare) abbia dovuto sopportare ovvero se e in quale misura
abbia subito un pregiudizio al lucro normalmente ritraibile dall'attività
medesima né, infine, risulta (pur dichiarando di voler "dismettere"
il contratto) aver mai fatto offerta di restituzione del complesso di beni
asseritamente viziato;
ritenuto che il
mancato pagamento dei canoni d'affitto dovuti (espressamente invocato - già con
la lettera raccomandata del 10.2.2016 - quale titolo giuridico dell'esercizio
del diritto potestativo di provocare la risoluzione anticipata del contratto
già in essere e, perciò, delle conseguenti pretese restitutoria e
risarcitoria), non essendo contestato, ha trovato piena asseverazione
processuale e risulta senz'altro idoneo a spiegare, già per espressa volontà
contrattuale delle parti (cfr. artt. 3 e 19), oltre che per consistenza e
gravità oggettive, la pretesa efficacia risolutiva di diritto ex art. 1456 cod.
civ. e, conseguentemente, a fondare le azionate pretese tanto restitutoria
dell'azienda quanto risarcitoria del danno, da accogliersi, per altro,
quest'ultima, al netto dell'acconto pacificamente versato il 18.2.2016 (€
4.000,00), in misura corrispondente, per ogni mese di ritardo occorso (dal
dicembre 2015), all'importo già periodicamente dovuto e, perciò, in ragione di
complessivi € 50.000,00 (= € 4.500 x 13 + € 5.500 x 1 - € 4.000,00);
ritenuto, altresì,
che sul predetto ammontare sono, bensì, dovuti gli interessi di legge (e,
precisamente, su ogni "rateo" periodico d'indennizzo a far tempo
dall'inizio del rispettivo mese di riferimento), mentre non è dovuta l'IVA
(tranne che sui canoni veri e propri: residuo del mese di dicembre 2015 e mesi
di gennaio e febbraio 2016), poiché, per effetto della concreta volontà delle parti,
le somme dovute a un soggetto passivo di imposta a titolo di indennizzo
rientrano nell'ambito di applicazione dell'imposta de qua (soltanto) se
concorrono a formare l'ammontare complessivo dei corrispettivi contrattualmente
dovuti per una cessione di beni o per una prestazione di servizi (ivi compresi
i corrispettivi dovuti per "obbligazioni di fare, di non fare e di
permettere quale ne sia la fonte"), mentre non rientrano nel suddetto
ambito di applicazione se manca il presupposto oggettivo, quale appena
delineato, e, a maggior ragione, se trattasi di penalità per ritardi o altre
irregolarità nell'adempimento degli obblighi contrattuali da parte del
cessionario/committente ovvero del cedente/prestatore (nel senso, perciò, che,
ai fini dell'IVA, le somme corrisposte a titolo di indennizzo non rilevano
laddove risulti chiaro che non vi è - o non vi è stata - alcuna volontà della
parte indennizzata di accondiscendere all'inadempimento o, comunque, al
comportamento non conforme al contratto posto in essere dall'altra parte -
come, per esempio, quando, sin dagli accordi originari, fosse prevista una
penale per inadempimento oggettivamente determinabile ovvero siano state
assunte, per reazione alle altrui inadempienze o violazioni, iniziative,
giudiziali o stragiudiziali, di tenore inequivocabile -, mentre rilevano in
caso contrario e, cioè, se vi è - o vi è stata - un'effettiva volontà della
parte indennizzata di consentire un comportamento diverso da quello
originariamente pattuito, dietro pagamento di un determinato importo - anche se
stabilito in via transattiva;
ritenuto, quindi,
che l'accoglimento integrale delle domande della società ricorrente comporta il
rigetto di quelle riconvenzionali della resistente;
ritenuto, infine,
che il regolamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,
deve seguire la soccombenza.
PQM
Il Tribunale,
definitivamente pronunziando, così decide: accoglie la domanda principale e
dichiara risolto, a far tempo dal 1°.3.2016, il contratto inter partes di
affitto (in data 30.9.2014 e in autentica notaio omissis) dell'azienda relativa all'esercizio dell'attività
commerciale di "ristorazione e somministrazione di alimenti e
bevande" (con inerenti arredi, attrezzature e dotazioni strumentali)
corrente in Roma, omissis; condanna
la società resistente Al. SRL a restituire alla società ricorrente A. SRL,
entro quindici giorni dalla pronunzia della presente sentenza, l'azienda di cui
al capo "1" che precede (con i locali, gli arredi, le attrezzature e
le dotazioni strumentali); condanna, altresì, la società resistente a
corrispondere alla società ricorrente la somma di complessivi € 50.000,00,
oltre IVA sulla sola somma di € 9.500,00, nonché interessi di legge sull'intero
importo, a decorrere, sia su ogni singolo canone (per il residuo di € 500,00
relativo al mese di dicembre 2015 e per i due mesi di gennaio e febbraio 2016)
sia su ogni "rateo" periodico d'indennizzo, dall'inizio del
rispettivo mese di riferimento (a far tempo, quindi, per quanto di volta in
volta di ragione, da dicembre 2015); rigetta le domande riconvenzionali
proposte dalla società resistente Al. SRL; condanna, infine, la società
resistente a rimborsare alla società ricorrente le spese del presente giudizio,
che liquida in complessivi € 5.500,00 per competenze ed € 1.000,00 per
anticipazioni (compreso il contributo unificato), oltre rimborso a forfait come
da tariffa professionale, nonché oneri fiscali e previdenziali di legge.