=> Tribunale di Torino, 18 gennaio 2017
L’esigenza che una prassi di sano case management si instauri nei vari Uffici Giudiziari porta,
tra l’altro, a sanzionare quagli abusi
della funzione giurisdizionale che rischiano di soffocare i nostri sempre
più (spesso inutilmente) oberati Tribunali, quali – oltre all’introduzione in
giudizio di pretese infondate e difese del tutto temerarie – la mancata adesione del soggetto obbligato, a
fronte a un’evidente situazione debitoria, alla domanda di mediazione di
cui al D.lgs. 28/2010 o di
negoziazione assistita di cui al D.L. 132/2014, costringendo il creditore ad adire le vie giurisdizionali (I)
(II) (III). Detta condotta espone dunque alla condanna, di natura sanzionatoria ed officiosa, ex art. 96 c.p.c.,
comma 3 (VI) (V).
(II) Si veda il D.L. 132/2014 c.d. di degiurisdizionalizzazione conv. con mod. in L.162/2014, in Osservatorio Mediazione Civile n. 60/2014.
(III) Per approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR, Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
(IV) Per approfondimenti si veda Spina,Negoziazione assistita, chi non risponde all’invito va sanzionato, Altalex, 2017.
(V) La sentenza integrale è consultabile in La Nuova Procedura Civile, 1, 2017.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 26/2017
Tribunale di Torino
Sentenza n. 214
18 gennaio 2017
Omissis
Tenuto conto del
mancato riscontro dell'invito alla negoziazione assistita (cfr. ex multis Trib.
Santa Maria Capua Vetere, 23 dicembre 2013, omissis)
andrà poi anche accolta la domanda di condanna della parte convenuta al
pagamento della somma di Euro 3.000,00, così equitativamente determinata, ex
art. 96 c.p.c. ex officio (cfr. ad es. Trib. Reggio Emilia, 25 settembre 2012, omissis; cfr. Trib. Tivoli, 10 dicembre 2015,
omissis).
Il comportamento
della convenuta integra, invero, gli estremi, se non del dolo, quanto meno
della colpa gravissima e pertanto merita la più rigorosa applicazione della
sanzione ex art. 96, ult. cpv. c.p.c..
Si tenga
ulteriormente presente che, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità
(cfr. ad es. Cass., 29 settembre 2016, n. 19285), l'ipotesi prevista dall'art.
96, comma 3 c.p.c. ha introdotto un meccanismo che deve ritenersi non solo e
non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio e preordinato
allo scoraggiamento dell'abuso del processo, nonché a preservare la funzionalità
del sistema giustizia.
In tale ottica,
tale meccanismo è sottratto, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 96,
comma 1, c.p.c., alla rigorosa prova del danno, essendo lo stesso condizionato
unicamente all'accertamento di una condotta di grave negligenza o addirittura
malafede processuale della parte. In questa prospettiva, la giurisprudenza ha
chiarito che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata,
ai sensi del comma 3 dell'art. 96 c.p.c., ha natura sanzionatoria (volta a
scoraggiare condotte di abuso del processo) ed officiosa, non corrisponde ad un
diritto di azione della parte vittoriosa e può essere liquidata anche in
assenza della prova di un danno subito dalla controparte.
Ed invero, nel
momento in cui le migliori forze del Paese stanno compiendo ogni sforzo (vano,
ad oggi) volto a dotare l'Italia di un sistema processuale efficiente e
razionale, nel pieno rispetto del canone del delai raisonnable previsto
dall'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo,
appare fondamentale che una cultura ed una prassi di sano case management si
instaurino nei vari Uffici Giudiziari.
La prima di tali
prassi virtuose consiste nel definitivo superamento di antiche mentalità
corrive verso i veri e propri abusi della funzione giurisdizionale che - mercé
l'introduzione in giudizio di pretese infondate o, per converso, di difese del
tutto temerarie - a detrimento dei legittimi interessi dei cittadini veramente lesi
nei propri diritti, rischiano di soffocare i nostri sempre più (spesso inutilmente)
oberati Tribunali.
Inutile dire che il
medesimo risultato è raggiunto allorquando, pur a fronte di un'evidente situazione
debitoria, il soggetto obbligato non aderisce alla domanda di mediazione o di
negoziazione assistita, costringendo il creditore ad adire le vie
giurisdizionali.
Quanto sopra appare
del resto pienamente conforme alle raccomandazioni più volte espresse dal
Presidente di questo Tribunale nel contesto delle "prescrizioni"
contenute nel c.d. "Programma Strasburgo", nel quale si legge, tra
l'altro (cfr. il punto n. 3), che "Una coraggiosa applicazione, indipendentemente
dalle richieste delle parti, dell'art. 96, terzo comma, c.p.c. potrà svolgere
una funzione deflazionistica del contenzioso, per disincentivare le liti e le
resistenze temerarie e gli abusi del processo".
Ma non basta. L'utilizzo
dello strumento in esame si pone in perfetta attuazione del principio n. 2
della Raccomandazione N. R (84) 5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa
agli Stati membri "Sui principi della procedura civile tendenti a migliorare
il funzionamento della Giustizia" (adottata dal Comitato dei Ministri il 28
febbraio 1984), secondo cui "1. When a party
brings manifestly ill-founded proceedings, the court should be empowered to
decide the case in a summary way and, where appropriate, to impose a fine on
this party or to award damages to the other party".
Infine, l'utilizzo
dello strumento in esame risulta del tutto conforme alle regole contenute al
punto V. D. (Suppression of procedural abuses) delle c.d. "SATURN
Guidelines for Judicial Time Management", elaborate nella loro versione
attuale nel corso della 14a riunione dello Steering Committee del Gruppo
CEPEJ-SATURN (25-27 settembre 2013) e definitivamente adottate dalla Commission
Européenne pour l'efficacité de la justice (CEPEJ) del Consiglio d'Europa
durante la riunione plenaria del 5 e 6 dicembre 2013, secondo cui "1. All attempts to willingly and knowingly delay
proceedings should be discouraged. 2. There should be procedural sanctions for
causing delay and vexatious behaviour. These sanctions can be applied either to
the parties or their representatives. 3. If a member of a legal profession
grossly abuses procedural rights or significantly delays the proceedings, it should
be reported to the respective professional organisation for further consequences".
Ciò che appare
necessario, dunque, è approdare ad una rigorosa ed inflessibile applicazione di
quei pochi strumenti che l'armamentario normativo pone a disposizione del
Giudice al fine di stroncare operazioni il cui risultato non è altro se non
quello di intasare gli Uffici Giudiziari di controversie la cui proposizione,
con la semplice applicazione dei più elementari ed istituzionali
principi dell'ordinamento,
andrebbe del tutto evitata.
PQM
Il Tribunale di
Torino omissis dichiara tenuta e
condanna la parte convenuta al pagamento, nei confronti di parte attrice, della
somma di Euro 39.834,00, con gli interessi legali dalla domanda sino al saldo
effettivo; dichiara tenuta e condanna la parte convenuta al pagamento, nei confronti
di parte attrice, dell'ulteriore somma di Euro 3.000,00, ex art. 96, terzo
comma, c.p.c. , con gli interessi legali dalla data della presente pronunzia sino
al saldo effettivo; condanna parte convenuta al rimborso in favore della parte
attrice delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro
7.254,00, oltre agli accessori di legge.