Commento all’art. 171-bis c.p.c. in tema di “questioni rilevabili d'ufficio … con riguardo alle condizioni di procedibilità”
di Giulio SPINA
Estratto da G. SPINA, Commento agli artt. 168-171-bis c.p.c., in VIOLA (a cura di), Codice di procedura civile commentato, Duepuntozero Edizioni – Centro Studi Diritto Avanzato, Trani-Milano, 2023 (con il coordinamento di Giulio SPINA)
In via generale, è stato al riguardo rilevato[1] che
cambia, quindi, il momento processuale in cui il giudice è tenuto ad effettuare
tutte le verifiche, ma non la sostanza delle verifiche stesse, ciò emergendo
chiaramente dal raffronto tra il vecchio art. 183, commi 1, 2 e 4, c.p.c. ed il
nuovo art. 171 bis c.p.c.; ciò con la precisazione che, quanto ai
controlli, appare opportuno evidenziare l’inserimento di due verifiche nuove:
la prima, relativa alle condizioni di procedibilità della domanda e, la
seconda, relativa alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito
semplificato.
Con riferimento all’oggetto di tali due
controlli basta in questa sede osservarsi quanto segue.
In merito alle condizioni di procedibilità
della domanda, rileva, in particolare, l’indagine in ordine all’assoggettamento
della materia su cui verte la controversia all’obbligo di esperire il tentativo
di mediazione (d.lgs. 28/2010, art. 5) o la negoziazione assistita (d.l.
132/2014, conv., con mod., dalla l. 162/2014, art. 3).
In merito alla sussistenza dei presupposti per
procedere con rito semplificato, si tratta di verificare se ricorrono i
presupposti di cui al primo comma del nuovo art. 281-decies.
Dubbi possono sorgere in merito all’obbligatorietà
o meno, in capo al giudice, di indicare in sede di controlli preliminari ex
art. 171bis le dette questioni e, quindi, innanzitutto, se possa o meno
provvedere al riguardo pur senza aver indicato le dette questioni ai sensi
dell’art. 171 bis.
La norma in commento prevede, come detto, che
il giudice in sede di verifiche preliminari “indica alle parti le questioni rilevabili
d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle
condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti
per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono trattate dalle parti
nelle memorie integrative di cui all'articolo 171-ter”.
Se la ratio della norma appare coerente con
l’intento di stimolare le parti alla trattazione delle dette questioni sì da
poter il giudice avere, in sede di prima udienza, il quadro più completo
possibile al fine di provvedere al riguardo, può ad ogni modo chiedersi se il
giudice sia tenuto, in sede di detti controlli preliminari, a indicare alle
parti le dette questioni, oppure se possa in sede di prima udienza provvedere
al riguardo, pur senza aver indicato tali questioni in sede di controlli
preliminari ex art. 171bis.
Da un lato, anche sulla scorta della
considerazione appena fatta, può convenirsi con chi afferma che la norma in
commento prevede “che il giudice debba indicare le questioni alle parti,
sollecitando il contraddittorio al riguardo, nell’ambito delle memorie ex art.
171 ter c.p.c.”[2].
Dall’altro, però, alla luce
dell’interpretazione lettera della norma in commento, l’inciso “di cui ritiene
la trattazione”, nonché l’inciso “anche” lascerebbero intendere che è rimessa
al giudice la valutazione se sollecitare o meno il contraddittorio nell’ambito
delle dette memorie su tali questioni.
D’altronde, la tesi contraria potrebbe portare
alla conseguenza che se il giudice non indica le dette questioni in sede di
verifiche preliminari ex art. 171bis non potrebbe più, nel prosieguo del
processo, provvedere sulle dette questioni[3].
Si ritiene inoltre che, alla luce della
normativa applicabile alle due fattispecie in questione, sarebbe garantito
anche il principio del contraddittorio e scongiurato il divieto della c.d.
sentenza a sorpresa o della terza via.
Ciò in quanto, quanto alla condizioni di
procedibilità della domanda, in tema di mediazione c.d. obbligatoria, l’art. 5,
d.lgs. 28/2010, come riformato ad opera del d.lgs. 149/2022, dispone, al comma
2, che “nelle controversie di cui al comma 1 l'esperimento del procedimento di
mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale.
L'improcedibilita' e' eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata
d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva
che la
mediazione non e' stata esperita o e' gia' iniziata, ma non
si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui
all'articolo 6. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di
procedibilita' e' stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l'improcedibilita'
della domanda giudiziale”. In tema di negoziazione assistita, poi, il d.l.
132/2014, conv., con mod., dalla l. 162/2014, art. 3, dispone che
“L'improcedibilita' deve essere eccepita dal
convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non
oltre la prima udienza. Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita
e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del termine di cui all'articolo
2 comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non e'
stata esperita, assegnando
contestualmente alle parti il termine di
quindici giorni per la
comunicazione dell'invito”. Come emerge dalle norme qui riportate il giudice,
in ogni caso, non pronuncia subito l’improcedibilità della domanda.
Quanto invece alla sussistenza dei presupposti
per procedere con rito semplificato, l’art. 183-bis (Passaggio dal rito
ordinario al rito semplificato di cognizione), dispone quanto segue: “All'udienza
di trattazione il giudice, valutata la complessita' della lite e
dell'istruzione probatoria e sentite le parti, se rileva che in relazione a
tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al primo comma
dell'articolo281-decies, dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione
del processo nelle forme del rito semplificato e si applica il comma quinto
dell'articolo 281-duodecies”. In tal caso, a sostegno della tesi esposta,
potrebbe osservarsi che il citato art. 183bis fa comunque salvo il “sentite le
parti”.
Ulteriore dubbio legato alla questione
dell’obbligatorietà o meno, in capo al giudice, di indicare in sede di
controlli preliminari ex art. 171bis le dette questioni, concerne quello se
questi possa direttamente provvedere sulle stesse già in sede di verifiche
preliminari ex art. 171 bis.
In tema di condizione di procedibilità della
domanda, come visto, il legislatore pone il limite temporale del “non oltre la
prima udienza”, con la conseguenza che ben si potrebbe sostenere che il giudice
possa provvedere in tal senso (il che, come visto, non vuol dire, emettere
direttamente sentenza di improcedibilità) anche direttamente in sede di
verifiche preliminari di cui all’art. 171bis. quanto al mutamento del rito,
invece, tale tesi non appare invece praticabile, in quanto il passaggio dal
rito ordinario al rito semplificato di cognizione avviene, ex art. 183-bis,
all'udienza di trattazione.
L’intera tematica andrebbe poi coordinata con
il principio del contraddittorio[4]. Il
detto principio parrebbe rispettato accedendo alla tesi per cui, con
particolare riferimento alla questione dell’improcedibilità della domanda, come
visto, il giudice non emette direttamente la sentenza di improcedibilità[5],
mentre, quanto al passaggio rito semplificato, l’art. 183-bis, come già
osservato, fa comunque salvo il “sentite le parti”.
Ulteriori questioni alle quali in questa sede
si accenna solo, in quanto non possibile approfondirle per esigenze di
sistematicità e brevità sono le seguenti.
In tema di procedibilità della domanda,
potrebbe interrogarsi sugli effetti pratici di rilevare l’improcedibilità (o
meglio, rilevare l’omesso esperimento della procedura ADR previsa a pena di
improcedibilità della domanda) prima dello scambio delle tre memorie (secondo
l’architettura processuale precedente alla riforma 2022) ovvero dopo (seguendo,
in linea di massima, il nuovo schema delineato dalla riforma). In estrema
sintesi può osservarsi che seguendo tale ultima scansione temporale, da un
lato, il quadro giuridico della lite certamente è ben più chiaro rispetto allo
svolgimento della procedura extragiudiziale svolta prima dello scambio delle
tre memorie (sia per il giudice, sia, soprattutto, per le parti, anche avranno
più elementi per valutare l’opportunità di impegnarsi maggiormente nella
procedura ADR); dall’altro, l’aver svolto già numerose attività (litigiose) in
sede processuale, potrebbe rilevarsi controproducente al fine della volontà e
dell’impegno al raggiungimento di un accordo extragiudiziale.
Quanto al passaggio al rito sommario, si evidenzia, con ricedute sulle concrete strategie processuali da adottare, che in caso di mutamento del rito, questo avviene in seguito allo scambio delle tre memorie, diversamente dall’ipotesi in cui la causa venga introdotta direttamente col rito semplificato, in cui lo scambio delle dette memorie non è previsto.
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2023(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
[1] Corte Suprema di
Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione … cit.
[2] Art. 292
(Notificazione e comunicazione di atti al contumace).
L'ordinanza che ammette
l'interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o
riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al contumace
nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza.
Le altre comparse si considerano
comunicate con il deposito in cancelleria e con l'apposizione del visto del
cancelliere sull'originale. Tutti gli altri atti non sono soggetti a
notificazione o comunicazione. Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.
[3] Basti qui ricordare
che quanto alla condizioni di procedibilità della domanda, in tema di
mediazione c.d. obbligatoria, l’art. 5, d.lgs. 28/2010, come riformato ad opera
del d.lgs. 149/2022, dispone, al comma 2, che “nelle controversie di cui al
comma 1 l'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di
procedibilita' della domanda giudiziale. L'improcedibilita' e' eccepita dal
convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la
prima udienza. Il giudice, quando rileva che
la mediazione non e'
stata esperita o e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva
udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, il
giudice accerta se la condizione di procedibilita' e' stata soddisfatta e, in
mancanza, dichiara l'improcedibilita' della domanda giudiziale”; in tema di
negoziazione assistita il d.l. 132/2014, conv., con mod., dalla l. 162/2014,
art. 3, dispone che “Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita
e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del termine di cui
all'articolo 2 comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione
non e'
stata esperita, assegnando
contestualmente alle parti il termine di
quindici giorni per la
comunicazione dell'invito”.
Quanto invece alla sussistenza dei
presupposti per procedere con rito semplificato, l’art. 183-bis (Passaggio dal
rito ordinario al rito semplificato di cognizione), dispone quanto segue:
“All'udienza di trattazione il giudice, valutata la complessita' della lite e
dell'istruzione probatoria e sentite le parti, se rileva che in relazione a
tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al primo comma
dell'articolo281-decies, dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione
del processo nelle forme del rito semplificato e si applica il comma quinto
dell'articolo 281-duodecies”. A conferma della tesi esposta si sottolinea
unicamente che, alla luce della normativa di settore ora riportata, non pare
sussista un obbligo in capo al giudice di indicare alle parti le dette
questioni in sede di art. 171bis., nonché che il citato art. 183bis fa comunque
salvo il “sentite le parti”.
[4] L’art. 101 c.p.c.,
al comma 2, come riformato nel 2022, dispone che “il giudice assicura il
rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è
derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni.
Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata
d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di
nullita', un termine, non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta
giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie
contenenti osservazioni sulla medesima questione”
[5] Si tralascia in
questa sede l’analisi della tesi per cui in ogni caso nemmeno di “decisione” in
senso stretto potrebbe parlarsi in quanto, rilevata l’improcedibilità, il
giudice non decide nel merito la causa ma, appunto, dichiara la domanda
improcedibile senza pronunciarsi al riguardo.