=> Tribunale di Firenze, 11 febbraio 2022
Una volta appurato che il procedimento di mediazione è stato attivato
tre mesi e cinque giorni prima dell'udienza di rinvio, ossia con un anticipo,
rispetto a tale data, superiore al termine di durata massima del procedimento
fissato in tre mesi dall'art.
6, d. lgs. 28/10, va prestata adesione all'orientamento per cui il
termine per l'avvio della mediazione può essere superato, siccome non
perentorio, purché la procedura sia attivata (il che accade con il deposito
della domanda) in tempi utili per la sua conclusione entro l'udienza di
rinvio (I); una volta introdotta la mediazione nel rispetto della predetta
tempistica ed espletato il primo incontro, del resto, la condizione di
procedibilità si intende come rispettata, a prescindere dalla parte che si sia
attivata per la relativa introduzione, ben potendo, in astratto, essere anche
la parte non onerata ex lege (II).
(I) In tal senso la pronuncia in commento richiama Cass. 40035/21, precisando che la S.C. ha ivi osservato che, nei casi (analoghi a quello di specie) di utile avvio e conclusione del procedimento entro il termine dell'udienza di rinvio, viene a perdere ogni rilievo l'indagine sulla tempestività dell'avvio rispetto al termine concesso al momento del rinvio iussu iudicis, così come quella sul rispetto del termine di durata massima del procedimento al momento della relativa attivazione, atteso che, “ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui all'art. 5, comma 2, e comma 2 bis d. lgs. n. 28/2010, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione”
(II) Si vedano gli artt. 5 e 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Sulle eccezioni di improcedibilità.
In limine, non meritano accoglimento le eccezioni di improcedibilità
della causa per omesso tempestivo esperimento del tentativo di mediazione
delegata, sollevate dalla parte attrice (con riferimento a entrambe le domande
principale e riconvenzionale), dal convenuto (con riferimento alla sola domanda
riconvenzionale), e dalla terza chiamata, per i motivi di seguito esposti.
Ripercorrendo in sintesi la sequenza processuale:
- con decreto emesso in data 30/05/18, è stato disposto invio in
mediazione delegata, concedendosi altresì (onde consentire l'attivazione di un
contraddittorio ex post sull'invio disposto de plano dal nuovo giudice
subentrato nell'assegnazione del fascicolo), per la relativa attivazione, il
termine di legge di quindici giorni, decorrenti dal decimo giorno dalla
comunicazione del presente decreto, avvenuta in data 31/05/18, con previsione,
secondo il disposto di legge, del relativo onere a carico della parte attrice
sostanziale, e con rinvio della causa al 10/04/19 per la verifica e l'eventuale
precisazione delle conclusioni (udienza poi differita d'ufficio con decreto del
01/04/19);
- la procedura non è stata attivata nei termini indicati dal giudice da
nessuna parte;
- il convenuto-attore in riconvenzione ha, peraltro, attivato, con
domanda depositata in data 05/01/19, un procedimento di mediazione, conclusosi
a seguito della celebrazione del primo incontro del 11/03/19 per mancata
adesione alla procedura della parte invitata, pur ritualmente presentatasi
all'incontro.
Ciò premesso, l'attivazione da parte del convenuto (attore sostanziale
sulla domanda riconvenzionale) consente di ritenere assolta tout court la
condizione di procedibilità, essendosi comunque svolta, ancorché con esito
negativo, la mediazione, con procedimento avviato e conclusosi in data
antecedente a quella di rinvio disposta con il medesimo decreto di invio in mediazione:
- non vale, infatti, anzitutto, a rendere improcedibile la causa la
dichiarazione della parte attrice, pur onerata dell'esperimento del tentativo
di mediazione effettivo, di non volere intraprendere la mediazione (cfr., sul
punto, Cass. n. 8473/19, cui questo giudice ritiene di aderire: “La condizione
di procedibilità può ritenersi…realizzata qualora una o entrambe le parti
comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria
indisponibilità a procedere oltre”);
- né, del resto, assume alcun rilievo il fatto che l'attivazione della
mediazione sia avvenuta in data successiva allo spirare del termine concesso
all'uopo dal giudice: una volta appurato, infatti, che il procedimento di
mediazione è stato attivato tre mesi e cinque giorni prima dell'udienza di
rinvio, ossia con un anticipo, rispetto a tale data, superiore al termine di
durata massima del procedimento fissato in tre mesi dall'art. 6 D. Lgs. n.
28/10, nella versione ratione temporis applicabile alla controversia de qua (ossia
quella successiva alla modifica apportata dal DL n. 69/13 e relativa legge di
conversione), ritiene il Tribunale di prestare adesione all'orientamento per
cui il termine per l'avvio della mediazione può essere superato, siccome non
perentorio, purché la procedura sia attivata (il che accade con il deposito
della domanda) in tempi utili per la sua conclusione entro l'udienza di rinvio:
orientamento recentemente avallato dal S.C., il quale ha autorevolmente
osservato, in chiave ancor più sostanzialista, che, nei casi (analoghi a quello
di specie) di utile avvio e conclusione del procedimento entro il termine
dell'udienza di rinvio, viene a perdere ogni rilievo l'indagine sulla
tempestività dell'avvio rispetto al termine concesso al momento del rinvio iussu
iudicis, così come quella sul rispetto del termine di durata massima del
procedimento al momento della relativa attivazione, atteso che, “ai fini della
sussistenza della condizione di procedibilità di cui all'art. 5, comma 2, e
comma 2 bis d. lgs. n. 28/2010, ciò che rileva nei casi di mediazione
obbligatoria ope iudicis è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio
fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo
incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non
già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo
giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione» (Cass. n.
40035/21);
- una volta introdotta la mediazione nel rispetto della predetta
tempistica ed espletato il primo incontro, del resto, la condizione di
procedibilità si intende come rispettata, a prescindere dalla parte che si sia
attivata per la relativa introduzione – ben potendo, in astratto, essere anche
la parte non onerata ex lege; nella specie, tra l'altro, stante l'avvenuta
proposizione di domande contrapposte, entrambe le parti, attrici rispetto alle
relative domande, risultavano in effetti onerate all'attivazione della
mediazione e l'attivazione da parte dell'una, determinando l'attivazione del
procedimento su tutta la materia del contendere, ha automaticamente esentato
anche l'altra dalla dichiarazione di improcedibilità, irrilevante essendo la
qualificazione erronea della procedura come volontaria, anziché come delegata
iussu iudicis, a fronte del suo effettivo esperimento.
Sulla vicenda fattuale.
Venendo, dunque, all'esame del merito della vertenza, la disamina sulla
domanda principale risarcitoria da responsabilità professionale e quella sulla
riconvenzionale di pagamento delle spettanze per l'opera prestata presuppongono
entrambe un'indagine sulla medesima vicenda fattuale controversa, essendo le
medesime condotte dall'attrice ascritte a carico del convenuto – e da
quest'ultimo contestate – poste alla base tanto dell'asserito pregiudizio patrimoniale,
quanto dell'eccepito inadempimento preclusivo del pagamento dei compensi al
convenuto attore in riconvenzione.
Orbene, pacifica l'avvenuta stipula verbis di un contratto d'opera
professionale omissis.
Tanto premesso, dunque, il calcolo del compenso per la parte
extra-preventivo dovrà essere così effettuato: individuato l'importo lavori in
euro 167.436,00 e applicata la percentuale del 1,057% (ottenuta applicando il
coefficiente di parzializzazione di 0,13, come sopra individuato, alla
percentuale di 8,1034), si otterrà la somma di euro 1.769,7, su cui applicare
la maggiorazione del 15% per spese generali; per un totale di euro 2.035, da
aggiungersi ai 1.000 dovuti a titolo di residuo compenso pattuito, per il
complessivo importo finale di euro 3.035, oltre oneri di legge e interessi
legali ex D.Lgs. n. 231/02 (trattandosi di prestazione professionale resa a
Srl, come tale rientrante nella nozione di “transazione commerciale”) a far
data dalla missiva di diffida del 13/06/12.
Sulle spese di lite.
In considerazione del rigetto integrale della domanda risarcitoria
attorea, del conseguente assorbimento della domanda di garanzia impropria
avanzata contro la terza chiamata, della non arbitrarietà di tale chiamata da
parte del convenuto (dovendosi ritenere, da un lato, la validità e la non
vessatorietà della clausola claims made, ma dall'altro lato la collocazione
della richiesta di risarcimento del 04/08/10, cui ha fatto seguito la denuncia
di sinistro del 05/08/10, nell'arco temporale dei sei mesi successivi alla
cessazione di efficacia del contratto, come da art. 7 Condizioni generali di
contratto), dell'avvenuta espressa estensione della domanda attorea alla terza
chiamata, dell'estraneità dell'assicurazione alla domanda riconvenzionale di
parte convenuta, dell'accoglimento di tale domanda in ragione di un ammontare
pari a circa un quarto di quanto domandato, le spese di lite, come liquidate in
dispositivo ai sensi del DM n. 55/14, con applicazione dei valori medi di cui
allo scaglione individuato dalla sommatoria delle domande, e con aumento al
massimo della voce relativa alla fase decisionale, attesa la sua duplicazione
dovuta alla rimessione della causa sul ruolo per il supplemento di istruttoria
(non dovuto nei confronti della parte terza chiamata, rimasta estranea a tale
supplemento di istruttoria e pertanto correttamente limitatasi, nelle seconde
memorie ex art. 190 c.p.c., al mero richiamo delle precedenti), seguono la
soccombenza nei rapporti con la terza chiamata e sono poste integralmente a
carico di parte attrice, pienamente soccombente sulla domanda risarcitoria, in
ossequio al principio per cui “Le spese di giudizio sostenute dal terzo
chiamato in garanzia, una volta che sia stata rigettata la domanda principale,
vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e
giustificato la chiamata in garanzia, trovando tale statuizione adeguata
giustificazione nel principio di causalità, che governa la regolamentazione
delle spese di lite, anche se l'attore soccombente non abbia formulato alcuna
domanda nei confronti del terzo, salvo che l'iniziativa del chiamante si riveli
palesemente arbitraria”(ex multis, Cass. n. 23213/19); devono essere poste a
carico di parte attrice, in ragione della sua prevalente soccombenza, nei
rapporti con il convenuto, in ragione di un quarto, ricorrendo, invece, i
presupposti della soccombenza parziale reciproca di cui all'art. 92, comma 2
c.p.c., nella versione ratione temporis applicabile alla presente fattispecie,
legittimante la compensazione dei restanti tre quarti, in adesione al
consolidato orientamento giurisprudenziale che considera la soccombenza
parziale dell'attore – ancorché soltanto sul quantum - alla stregua di
soccombenza reciproca (Cass. sent. n. 22381/09: “La nozione di soccombenza
reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle
spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.), sottende – anche
in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte,
accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra
le stesse parti ovvero anche l'accoglimento parziale dell'unica domanda
proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati
accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità
dell'accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata
in un unico capo”; Cass. ord. n. 134/13).
Per le medesime ragioni suesposte, le spese di CTU, come liquidate con separato decreto in corso di causa, dovranno essere poste in via definitiva a carico di entrambe le parti convenuta e attrice, in ragione di metà per ciascuna, stante la reciprocità della soccombenza di entrambe sulla specifica domanda cui atteneva l'indagine peritale, dovendosi invece ritenere esclusa da tali spese la terza chiamata, rimasta estranea alla causa riconvenzionale.
PQM
Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione assorbita e/o disattesa: rigetta la domanda di risarcimento avanzata da parte di omissis Srl nei confronti del geom. omissis; condanna omissis alla corresponsione, in favore del geom. omissis, di euro 3.035, oltre oneri di legge e interessi legali (ex d.lgs. n. 231/02) a far data dal 13/06/12; condanna omissis Srl alla rifusione, in favore di Assicurazioni omissis Spa, delle spese di lite, che liquida in euro 13.430,00 oltre IVA e CPA come per legge e oltre spese generali forfetarie; dichiara compensate le spese di lite tra le parti omissis Srl e geom. omissis in ragione di tre quarti e condanna omissis Srl alla rifusione, in favore del geom. omissis, del restante quarto, che liquida in euro 4.167,5, oltre IVA e CPA come per legge e oltre spese generali forfetarie, con distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario; pone in via definitiva a carico paritario delle parti attrice e convenuta le spese di CTU, come liquidate con separato decreto in corso di causa.