=> Tribunale di Vasto, 27 settembre 2017
In tema di mediazione
demandata ex art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010, la
parte che presenta la relativa istanza oltre
il termine di 15 giorni assegnato dal giudice non incorrere - per ciò solo
- sempre nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Nel
caso di specie, però, avendo il ritardo nella presentazione della domanda di
mediazione avuto una ripercussione
negativa sia sui tempi di definizione della procedura (la quale non si è
potuta concludere entro i tre mesi dalla scadenza del termine assegnato dal
giudice), sia sui tempi di definizione
del processo (posto che all’udienza di rinvio è stata avanzata istanza di
rinvio del processo per consentire l’esperimento della procedura di mediazione
tardivamente intrapresa), deve concludersi che la condizione di procedibilità
non si è verificata, con conseguente declaratoria di improcedibilità della domanda. (I) (II).
(I) Per la
versione aggiornata del d.lgs. 28/2010 si veda: D. lgs.4 marzo 2010 n. 28 aggiornato al d.l. 50/2017 conv. con mod. in l. 96/2017 -manovra correttiva 2017 (Osservatorio Mediazione Civile n. 46/2017).
(II) Per
approfondimenti si veda SPINA, Mediazione demandata attivata con ritardo: la domanda è sempre improcedibile?,
Altalex, 2017
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 7/2018
Tribunale di Vasto
sentenza
27 settembre 2017
Omissis
--- hanno proposto
opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Vasto
gli ha ingiunto di versare, in solido tra loro, in favore della ---, la somma
di € 55.071,01 – oltre interessi e spese di giudizio – in ragione delle
esposizioni debitorie maturate dalla --- con riferimento ad un rapporto di
conto corrente e ad un contratto di finanziamento stipulati con la predetta
banca e garantiti da fideiussione omnibus prestata da ---.
A sostegno della
domanda, gli opponenti hanno dedotto plurimi motivi di contestazione, non solo
con riguardo alla inammissibilità dell’azione monitoria e alla conseguente
nullità del decreto ingiuntivo, ma anche in relazione alla fondatezza nel
merito della pretesa creditoria avanzata dalla banca.
La creditrice
opposta, costituitasi in giudizio, ha contestato le circostanze allegate dagli
opponenti ed ha concluso per il rigetto della domanda, a motivo della sua
infondatezza, e per la conferma del decreto ingiuntivo, con vittoria di spese
ed onorari di causa.
Nel corso del
giudizio, prima di avviare la causa alla fase decisoria, questo giudice con
ordinanza del 13.07.2016 – dopo aver evidenziato e indicato alle parti gli
indici di concreta mediabilità della controversia – disponeva, ai sensi
dell’art. 5, secondo comma, del D.L.gs. 4 marzo 2010, n. 28, l’esperimento
della procedura di mediazione per la ricerca di una soluzione amichevole della
lite. In ottemperanza alle statuizioni giudiziali, le parti opponenti davano
inizio al procedimento comparendo, personalmente e con l’assistenza del proprio
difensore, al primo incontro, tenutosi in data 01.03.2017 innanzi all’organismo
di mediazione prescelto. La procedura, però, non sortiva esito positivo, dal
momento che - al termine del primo incontro - il mediatore prendeva atto che la
parte invitata si era rifiutata di prestare il consenso alla prosecuzione del
procedimento, ai sensi dell’art. 8, primo comma, D. Lgs. n. 28/10 e dichiarava,
di conseguenza, chiuso il procedimento.
All’udienza di
rinvio del 19.12.2016, la parte convenuta, prima di chiedere la fissazione
dell’udienza di precisazione delle conclusioni, formulava una preliminare
eccezione di improcedibilità della opposizione, sull’assunto che la domanda di
mediazione fosse stata presentata tardivamente, oltre il termine di quindici
giorni assegnato dal giudice con l’ordinanza di rimessione delle parti in
mediazione. Gli opponenti si opponevano all’accoglimento dell’eccezione e
chiedevano, in ogni caso, fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni.
Con ordinanza del
15.05.2017, il giudice, ritenuto di dover decidere separatamente la questione
pregiudiziale di improcedibilità della opposizione, invitava le parti a
precisare le conclusioni, riservando la causa in decisione alla successiva
udienza del 05.06.2017.
1. L’eccezione di
improcedibilità della opposizione è fondata e, pertanto, merita di essere
accolta.
2. Deve
innanzitutto premettersi che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, sul
tema della individuazione della parte sulla quale grava l’onere di attivazione
della procedura di mediazione e su quello delle ripercussioni della eventuale
inottemperanza a tale onere sulla sorte del decreto ingiuntivo opposto, questo
giudicante – con precedente sentenza n. 174 del 30.05.2016 – ha aderito
all’orientamento affermato dalla Corte di Cassazione (cfr., Cass., 03.12.2015,
n. 24629), secondo il quale l’onere di avviare la procedura di mediazione
delegata ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 28/10 grava sulla parte
opponente, con la conseguenza che la mancata attivazione della mediazione
comporta la declaratoria di improcedibilità della opposizione e la definitività
del decreto ingiuntivo opposto, che acquista l’incontrovertibilità tipica del
giudicato.
Coerentemente con
tale impostazione, si tratta - dunque - di stabilire se il tardivo esperimento
della procedura di mediazione da parte dell’opponente (che è a ciò onerato) può
essere equiparato all’omesso esperimento della stessa, così da farne scaturire
– in caso di risposta positiva - conseguenze analoghe sul piano della
improcedibilità della opposizione e della definitività del decreto ingiuntivo.
3. All’uopo, si
impone la necessità di operare un approfondimento sul tema della natura del
termine di giorni quindici che, ai sensi dell’art. 5, commi 1 bis e 2, D. Lgs.
n. 28/10, il giudice assegna alle parti per la presentazione della domanda di
mediazione, quando decide di disporne l’esperimento, una volta «valutata la
natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti».
Sulla natura
perentoria o ordinatoria del predetto termine, nella giurisprudenza di merito
si registrano orientamenti oscillanti, che dalla sua qualificazione fanno
discendere conseguenze diverse in ordine alla improcedibilità della domanda
giudiziale (ovvero, nella fattispecie, della opposizione).
4. Secondo un primo
indirizzo, il termine di quindici giorni assegnato dal giudice ha carattere
perentorio, pur in assenza di una esplicita previsione legale in tal senso,
derivando tale conclusione dal principio giurisprudenziale secondo cui il
carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa,
tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo
stesso debba essere rigorosamente osservato (cfr., in questo senso, Cass. n.
14624/00; Cass., n. 4530/04). In relazione alla fattispecie della mediazione
demandata, l’implicita natura perentoria del termine in parola si evincerebbe
dalla stessa gravità della sanzione prevista, vale a dire l’improcedibilità
della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione. Ne
consegue che il tardivo esperimento della mediazione disposta dal giudice, ai
sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28/2010, produce gli stessi effetti del
mancato esperimento della stessa, ossia impedisce l’avveramento della
condizione di procedibilità ed impone, sempre e comunque (vale a dire, senza possibilità
di sanatoria), la declaratoria di improcedibilità del giudizio, con chiusura in
rito del processo (cfr., in tal senso, Trib. Lecce, 03.03.2017; Trib. Cagliari,
08.02.2017; Trib. Firenze, 14.09.2016; Trib. Reggio Emilia, 14.07.2016; Trib.
Firenze, 04.06.2015; Trib. Bologna, 15.03.2015).
5. Un opposto
orientamento giurisprudenziale ritiene invece che, in assenza di una espressa
previsione di perentorietà del termine assegnato dal giudice ex art. 5, secondo
comma, D.Lgs. n. 28/2010, la presentazione della domanda di mediazione
successivamente al termine di quindici giorni assegnato dal giudice non
consente di ritenere operante la sanzione di improcedibilità prevista per il
mancato esperimento del tentativo di mediazione, dovendosi dare prevalenza all’effetto
sostanziale dello svolgimento del procedimento (cfr., Trib. Milano, 27.09.2016;
Trib. Pavia, 14.10.2015). Ne deriva che la tardività dell’instaurazione del
procedimento di mediazione non può essere equiparata al mancato svolgimento del
procedimento medesimo.
A tale
considerazione è stato aggiunto che, non essendo la domanda di mediazione un
atto del processo, “predicare la perentorietà del termine per la sua
presentazione è fuori luogo” (cfr., in tal senso, Trib. Roma, 14.07.2016, n.
14185), per cui la disciplina dello stesso non è riconducibile al regime di cui
all’art. 152 c.p.c.
La tesi della
natura ordinatoria conduce alla conclusione che il deposito dell'istanza oltre
il termine suddetto non determina l'improcedibilità della domanda, a meno che
il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione non abbia
pregiudicato l’effettivo esperimento della procedura prima della udienza di
verifica, fissata ai sensi del secondo comma dell'art. 5 D.Lgs. n. 28/10 (come
accadrebbe, ad esempio, nel caso in cui la mediazione demandata dal giudice
venga introdotta con molto ritardo rispetto a quanto disposto e a breve
distanza temporale dall'udienza di rinvio (cfr., Trib. Roma, 14.07.2016, n.
14185).
6. Un indirizzo
interpretativo intermedio (cfr., Trib. Savona, 26.10.2016; Trib. Piacenza,
18.10.2016; Trib. Monza, 21.01.2016, n. 156; Trib. Como, 12.01.2015), pur
riconoscendo la natura ordinatoria e non perentoria del termine in discorso,
afferma che la parte a carico della quale è stato posto l’onere di instaurare
il procedimento di mediazione può ottenere dal giudice una proroga del termine,
sempreché depositi tempestivamente l’istanza prima della scadenza del termine
stesso. È noto, infatti, che i termini ordinatori possono essere prorogati ai
sensi dell’art. 154 c.p.c. (in virtù del quale “il giudice, prima della
scadenza, può abbreviare o prorogare, anche d’ufficio, il termine che non sia
stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al
termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per
motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato”), ma solo a
condizione che essi non siano ancora scaduti e che la proroga non superi la
durata del termine originario, mentre una eventuale ulteriore proroga può
essere ammessa subordinatamente alla ricorrenza di motivi particolarmente
gravi; ciò sia per l’effetto preclusivo determinato dallo spirare del termine,
sia per il contemporaneo verificarsi della decadenza dal diritto di compiere
l’attività che ne consegue (in tal senso, tra le innumerevoli sentenze, si
vedano Cass., 21.02.2013, n. 4448; Cass., 27.11.2010, n. 23227).
Ne deriva che, in
caso di mancata proposizione dell’istanza di proroga del termine prima della
sua scadenza, la parte inevitabilmente decadrebbe dalla relativa facoltà di
instaurare il procedimento di mediazione, con la conseguenza che, anche secondo
questo indirizzo giurisprudenziale, la tardiva proposizione della domanda di
mediazione andrebbe equiparata, sotto il profilo della conseguente
improcedibilità della domanda giudiziale, alla sua totale omissione.
7. Nel variegato
panorama di opzioni interpretative, questo Giudice ritiene di aderire alla tesi
della natura non perentoria del termine assegnato dal giudice per la
presentazione della domanda di mediazione, per un duplice ordine di
argomentazioni.
a) Sotto un profilo
meramente formale, la mancanza di una espressa previsione legale di
perentorietà del termine deve condurre alla conclusione che lo stesso abbia
natura ordinatoria e non perentoria, in applicazione del principio statuito
dall’art. 152, secondo comma, c.p.c.
b) Da un punto di
vista sostanziale, non ricorrono i presupposti per desumere tale carattere di
perentorietà in via interpretativa, sulla base dello scopo che il termine
persegue e della funzione che esso adempie.
Analizzando il dato
testuale dell’art. 5, secondo comma, D.Lgs. n. 28/10, si evince che lo scopo
sotteso alla assegnazione del termine di quindici giorni per la presentazione
della domanda di mediazione è quello di compulsare le parti all’attivazione della
procedura, in modo che essa possa essere portata a termine prima della
celebrazione della udienza di rinvio, che – a sua volta – deve essere fissata
dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, non superiore a tre
mesi. In altre parole, la ratio legis della previsione del termine di quindici
giorni risponde alla esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione
della procedura di mediazione, affinchè la parentesi extraprocessuale, che si
apre con l’emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione,
possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad
evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le
parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento
ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di
definizione del giudizio.
Tale considerazione
trova conferma nella disposizione dell’art. 6, secondo comma, D.Lgs. n. 28/10,
che stabilisce che, nella mediazione demandata dal giudice, il termine di
durata del procedimento di mediazione decorre, al più tardi, “dalla scadenza di
quello fissato dal giudice per il deposito della domanda”, nel caso in cui –
ovviamente – a quella data le parti non abbiano già depositato l’istanza.
Ricostruita in
questi termini la funzione, per così dire, acceleratoria del termine in
discussione, è evidente che ad esso non possa essere attribuito carattere di
perentorietà, tanto più che la legge non prevede alcuna sanzione per la sua
inosservanza. Dall’attento scrutinio del dato normativo si ricava, infatti, che
la sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale non consegue alla
mancata proposizione della domanda di mediazione entro il termine di quindici
giorni, bensì all’omesso esperimento del procedimento entro il termine di
celebrazione della udienza di rinvio del processo, il quale viene, a sua volta,
calibrato dal giudice in ragione del termine di durata della mediazione, pari a
tre mesi decorrenti, al più tardi, dal termine assegnato per la presentazione
della istanza.
Da quanto finora
detto deriva che la parte istante può ben decidere di avanzare la domanda di
mediazione delegata oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice, senza -
per ciò solo - incorrere nella declaratoria di improcedibilità della domanda
giudiziale. Tuttavia, la parte che ritarda l’attivazione della procedura si
accolla il rischio che il procedimento non riesca a concludersi nel termine
massimo di tre mesi, che inizia comunque a decorrere, indipendentemente dalla
iniziativa dell’interessato, dalla scadenza del termine assegnato dal giudice.
Questo significa
che, ove l’udienza di rinvio del processo sia stata fissata subito dopo la
scadenza del termine di durata della mediazione, senza che il procedimento sia
stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale
della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest’ultima si
espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a
causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della
procedura o, in ogni caso, entro il più ampio termine di rinvio del processo
all’udienza di verifica.
Diversamente, ove
il procedimento di mediazione si sia concluso entro il termine di legge (o, comunque,
anche successivamente ma pur sempre prima della celebrazione della udienza di
rinvio), benché iniziato dopo la scadenza del termine assegnato dal giudice,
giammai l’iniziale ritardo potrà determinare la declaratoria di improcedibilità
della domanda giudiziale.
Non può, dunque,
assolutamente condividersi la tesi che equipara, ai fini della improcedibilità
della domanda giudiziale, il tardivo esperimento della mediazione al mancato
esperimento della stessa, giacchè tale impostazione ha il triplice difetto: a)
di desumere la natura perentoria del termine assegnato dal giudice sulla base
di una controvertibile ricostruzione dello scopo e della funzione del termine
medesimo; b) di giungere, per tal via, ad un’interpretazione estensiva in malam
partem della disposizione normativa che sanziona con l’improcedibilità della
domanda giudiziale il solo caso di mancato esperimento della procedura di
mediazione e non anche la diversa ipotesi di tardiva attivazione di un
procedimento regolarmente conclusosi; c) di attribuire maggiore rilevanza ad un
elemento formale (vale a dire, il rispetto del termine di quindici giorni)
rispetto al fattore sostanziale dello svolgimento del procedimento,
contrariamente alla ratio legis di incentivazione del ricorso alla mediazione.
La chiave di
lettura che qui si propone ha, invece, il pregio di valorizzare il dato
sostanziale dell’esperimento del procedimento di mediazione e si pone in linea
con lo spirito della normativa sulla mediazione, che risponde alla logica di
favorire, quanto più possibile, la scelta delle parti di ricorrere alla
procedura di risoluzione alternativa della controversia, senza penalizzare con
gravi sanzioni processuali un contegno di formale ritardo nella attivazione del
procedimento, in tutti i casi in cui l’inerzia iniziale della parte non abbia
pregiudicato il tempestivo e corretto svolgimento della procedura, né provocato
alcun allungamento dei tempi di definizione del giudizio.
8. Facendo
applicazione al caso di specie dei principi di diritto innanzi enunciati,
risulta dalla documentazione versata in atti che il primo incontro di
mediazione si è svolto in data 01.03.2017 ed è, altresì, provato (oltre che non
contestato) che la parte attrice ha presentato la domanda di mediazione il
13.12.2016, vale a dire ben oltre il termine di quindici giorni (per la
precisione, circa quattro mesi dopo la data di scadenza del termine) assegnato
dal giudice con l’ordinanza del 13.07.2016, comunicata solo il 01.08.2016.
Emerge dagli atti
di causa che, all’udienza di rinvio del 19.12.2016, la procedura di mediazione
non si era conclusa, dal momento che – essendo stata l’istanza depositata pochi
giorni prima della predetta udienza – il primo incontro doveva essere ancora
celebrato, come infatti è successivamente avvenuto in data 01.03.2017.
Orbene, non vi è
dubbio che nella fattispecie l’incontestato ritardo nella presentazione della
domanda di mediazione ha avuto una ripercussione negativa, sia sui tempi di
definizione della procedura, la quale non si è potuta concludere entro i tre
mesi dalla scadenza del termine assegnato dal giudice, sia sui tempi di
definizione del processo, posto che all’udienza di rinvio, fissata da questo
giudice per il 19.12.2016 (vale a dire, ad una data successiva rispetto alla
scadenza del termine massimo di durata della mediazione), la parte opponente ha
avanzato istanza di rinvio del processo per consentire l’esperimento della
procedura di mediazione, che era stata tardivamente intrapresa.
In altri termini,
poiché l’istanza di mediazione è stata depositata con molto ritardo rispetto a
quanto disposto dal giudice (addirittura oltre il termine di durata massima
della procedura) e soprattutto a ridosso temporale dell'udienza di rinvio, deve
prendersi atto che, alla data di tale udienza, il procedimento di mediazione
non era stato ancora esperito e, pertanto, deve concludersi che la condizione
di procedibilità della opposizione non si è verificata.
9. Sulla scorta
delle osservazioni finora esposte, non può che giungersi alla declaratoria di
improcedibilità della opposizione, con conseguente definitiva esecutività del
decreto ingiuntivo opposto.
10. Quanto al
regime delle spese processuali, l’assoluta novità della questione, l’assenza di
un orientamento giurisprudenziale di legittimità sul punto e la natura
meramente processuale delle ragioni di reiezione della domanda, costituiscono
eccezionali motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese di
lite fra le parti.
PQM
Il Tribunale di
Vasto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda
definitivamente pronunciando sulla opposizione a decreto ingiuntivo proposta da
--- nei confronti della ---, disattesa ogni diversa richiesta, eccezione o
conclusione, così provvede: dichiara improcedibile l’opposizione a decreto
ingiuntivo in epigrafe indicata; dichiara definitivamente esecutivo il decreto
ingiuntivo n. 1351/2014, emesso dal Tribunale di Vasto il 28/10/2014 nei
confronti di --- e in favore della ---; dichiara interamente compensate tra le
parti le spese di lite; manda alla Cancelleria per gli adempimenti di
competenza.
Così deciso in
Vasto, 27/09/2017.
Il Giudice
dott. Fabrizio
Pasquale