Il Quirinale ha ora rese
note le Relazioni finali dei due gruppi di lavoro.
Si segnala, in
particolare, la Relazione Finale del
Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali, la quale, al Capitolo V, dedicato all’“Amministrazione
della Giustizia”, contiene alcune indicazioni anche in materia di
mediazione civile.
In
tema di giustizia civile, infatti
(punto 26), si fa esplicito riferimento non solo alla promozione degli ADR, ma anche al tema della mediazione obbligatoria, proponendo al
riguardo “l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di
risoluzione delle controversie, specie di minore entità, anche attraverso la
previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale –sent.
n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto
legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega)”.
La
Relazione precisa inoltre che tali sistemi dovrebbero essere accompagnati da:
- effettivi incentivi per le parti;
- adeguate garanzie di competenza, di imparzialità e di controllo degli organi della mediazione.
Riportiamo di seguito l’intero
Capitolo V (“Amministrazione della Giustizia”) della Relazione
Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali, così come pubblicato
sul sito web officiale del Quirinale.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 33/2013
Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle
riforme istituzionali
Istituito il 30 marzo
2013 dal Presidente della Repubblica
composto da Mario
Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello, Luciano Violante
12 aprile 2013
Capitolo
V
Amministrazione
della Giustizia
I
conflitti ricorrenti tra politica e giustizia si affrontano assicurando che ciascun
potere – quelli politici, legittimati dal processo democratico, e quello
giurisdizionale, legittimato dal dovere di applicare la legge in conformità
alla Costituzione - operi nel proprio ambito senza indebite interferenze in un
quadro di reciproca indipendenza, di leale collaborazione, di comune
responsabilità costituzionale. Una buona e costante “manutenzione
dell’ordinamento” e una migliore qualità della legislazione favoriscono la certezza
del diritto e prevengono i conflitti.
22.Gli obiettivi da perseguire nel campo
della amministrazione della giustizia riguardano
principalmente:
a) il rispetto effettivo di tempi
ragionevoli di durata dei processi, oggi carente
(come dimostrato dal moltiplicarsi dei
ricorsi in base alla legge “Pinto” nonché alla
Corte europea dei diritti) sia sul piano
della giustizia penale, amministrativa e
contabile, sia sul piano della giustizia
civile (dove la lentezza dei procedimenti
penalizza lo sviluppo e la competitività
del paese);
b) la riduzione della ipertrofia del
contenzioso;
c) la maggiore efficacia dell’azione
preventiva e repressiva, oltre che dei fenomeni
della criminalità organizzata, dei fenomeni
di corruzione nella vita politica,
amministrativa ed economica;
d) l’esigenza di contenere il fenomeno dei
contrasti fra diversi organi giudiziari,
nonché, sul piano penale e della giustizia
contabile, il fenomeno di iniziative che
tendono ad intervenire anche in sostanziale
assenza di vere, oggettive e già
acquisite notizie di reato o di danno
erariale, in funzione di controllo
generalizzato su determinati soggetti o
procedimenti.
e) il perfezionamento del sistema di tutela
dei diritti fondamentali, che si avvale
oggi del riconoscimento pieno del diritto
al giudice, dell’ampia apertura agli
strumenti di tutela internazionali, e di
organi giudiziari indipendenti, ma non
sempre è effettivo a causa di lacune
normative e di carenze organizzative.
23.Sotto il profilo della tutela dei
diritti fondamentali, si propone, oltre che di perseguire
sul piano organizzativo il miglioramento
della effettività dei rimedi di diritto interno,
di colmare le lacune più evidenti, come la
mancata previsione dei reati di tortura e di
trattamento inumano e degradante
sollecitati dalle convenzioni internazionali 20
(Convenzione ONU contro la tortura adottata
nel 1984; art. 3 della Convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali diritti del 1950). Più a
lungo termine è auspicabile l’introduzione
- per via di revisione costituzionale - di
forme di ricorso individuale per violazione
dei diritti fondamentali davanti alla Corte
costituzionale, sul modello tedesco e
spagnolo, soprattutto come rimedio a violazioni
discendenti da disfunzionamenti del sistema
giudiziario.
24.Per la giustizia penale si propone:
a) la migliore definizione sul piano legale
dei presupposti sulla base dei quali gli
organi delle Procure avviano e concludono
le loro attività di indagine, con
particolare attenzione per gli strumenti
investigativi più invasivi nei confronti dei
diritti fondamentali come, ad esempio, le
intercettazioni delle conversazioni per
le quali dev’essere resa cogente la loro
qualità di mezzo per la ricerca della prova,
e non di strumento di ricerca del reato.
Occorre inoltre porre limiti alla loro
divulgazione perché il diritto dei
cittadini a essere informati non costituisca il
pretesto per la lesione di diritti
fondamentali della persona; b) il contenimento
della durata della fase delle indagini
preliminari, così da giungere con
sollecitudine al contraddittorio
processuale quando questo si imponga, e un più
stretto controllo giudiziario sui
provvedimenti cautelari, specie allorché incidano
sulla libertà personale; c) l’introduzione
di vincoli temporali all’esercizio
dell’azione penale (o alla richiesta di
archiviazione) dopo la conclusione delle
indagini; d) la revisione delle norme sulla
contumacia; e) ferme le garanzie per le
persone sottoposte a procedimento penale,
l’adozione di misure dirette a
disincentivare l’esperimento di rimedi
esclusivamente e palesemente dilatori(7); f)
la possibilità di riconoscere l’irrilevanza
del fatto ai fini della non configurabilità
del reato; g) la possibilità di considerare
le eventuali condotte riparatorie come
cause estintive del reato in casi lievi; h)
la sospensione del processo a carico degli
irreperibili, con relativa sospensione dei
termini di prescrizione e con l’adozione
di misure per la conservazione delle prove;
i) l’inappellabilità delle sentenze di
assoluzione per imputazioni molto lievi,
tenendo conto dei rilievi formulati dalla
Corte costituzionale all’atto della
declaratoria di incostituzionalità della legge che
rendeva inappellabili tutte le sentenze di
assoluzione.
25.Sovraffollamento carcerario. Per
contribuire al contenimento di un
sovraffollamento carcerario ormai
insostenibile, si propone: a) di trasformare in pene
principali comminabili dal giudice di
cognizione alcune delle attuali misure alternative
dell’esecuzione, come l’affidamento in
prova e la detenzione domiciliare; b) un ampio
processo di depenalizzazione di condotte
che possono essere meglio sanzionate in
altra sede; c) l’introduzione su larga
scala di pene alternative alla detenzione; d) una
particolare attenzione va dedicata al tema
del lavoro dei detenuti, che riduce
drasticamente la recidiva, rende il carcere
più vivibile, rispetta la dignità della persona
detenuta; per questa ragione occorre una
congrua assegnazione di risorse finanziarie.
26.Per la giustizia civile si propone: a)
l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi
(non giudiziari) di risoluzione delle
controversie, specie di minore entità, anche
attraverso la previsione di forme
obbligatorie di mediazione (non escluse dalla
recente pronuncia della Corte
costituzionale –sent. n. 272 del 2012 – che ha
dichiarato illegittima una disposizione di
decreto legislativo che disponeva in questo
senso, ma solo per carenza di delega);
questi sistemi dovrebbero essere accompagnati
da effettivi incentivi per le parti e da
adeguate garanzie di competenza, di imparzialità
e di controllo degli organi della
mediazione; b) il potenziamento delle strutture
giudiziarie soprattutto per quanto attiene
al personale amministrativo e
paragiudiziario, sgravando i magistrati da
compiti di giustizia “minore”; c) la
istituzione del c.d. ufficio del processo;
d) il potenziamento delle banche dati e della
informatizzazione degli uffici; e)
l’adozione in tutti gli uffici delle “buone pratiche”
messe in atto da quelli più efficienti; f)
la revisione in un quadro unitario
dell’ordinamento, del reclutamento e della
formazione dei giudici di pace e degli altri
magistrati onorari, anche al fine di
ampliarne le funzioni.
27. Ordinamento delle magistrature. La
responsabilità disciplinare dei magistrati oggi
è amministrata dagli organi di governo
interno, il CSM per la magistratura ordinaria e
gli uffici di presidenza, in varia
composizione, per la magistratura amministrativa e
per quella contabile. Il Gruppo di lavoro
rileva l’inopportunità - per istituzioni così
influenti - del solo “giudizio disciplinare
dei pari” e propone che il giudizio
disciplinare per tutte le magistrature
resti affidato in primo grado agli organi di
governo interno e in secondo grado, senza
ricorso a gradi ulteriori, ad una Corte,
istituita con legge costituzionale. La
Corte potrebbe essere composta per un terzo da
magistrati eletti dalle varie magistrature
(in numero uguale per ciascuna magistratura),
per un terzo da eletti dal Parlamento in
seduta comune (all'interno di categorie
predeterminate) e per un terzo da persone
scelte dal Presidente della Repubblica tra
coloro che hanno titoli per accedere alla
Corte Costituzionale(8).
28.La dimensione moderna della indipendenza
del magistrato si configura anche nei
confronti dei mezzi di comunicazione, che
costituiscono un potere rilevante nelle
moderne società democratiche. Per la
quantità di poteri discrezionali che esercita nei
confronti della reputazione, della libertà
e dei beni delle persone, il magistrato deve
non solo essere ma anche apparire
indipendente, non schierato con alcuna parte,
pena la perdita della fiducia e della
reputazione, che costituiscono un patrimonio
essenziale e indisponibile per tutte le
magistrature. E’ necessario rendere effettive le
regole e i codici deontologici che vietano
al magistrato un uso improprio e
personalistico dei mezzi di comunicazione.
29.Al magistrato deve essere in ogni caso
vietato di candidarsi nei luoghi ove ha
esercitato le sue funzioni; deve essere
vietato di tornare a esercitare le sue funzioni nei
luoghi ove si è candidato o è stato eletto
e deve essere vietato di assumere
responsabilità di governo regionale o
locale nei luoghi ove ha esercitato le sue
funzioni.
30.Si propone per tutte le magistrature di
introdurre una normativa più stringente
rispetto a quella attuale per
ridimensionare sia il numero complessivo dei magistrati in
fuori ruolo sia la durata massima del fuori
ruolo stesso. Si deve trattare di una
integrazione del percorso professionale del
magistrato ordinario, amministrativo o
contabile, non di una carriera parallela a
quella giurisdizionale.
31.Il CSM non dispone di una struttura
amministrativa propria. Al fine di assicurare ai
consiglieri, togati e laici, del CSM un
apporto professionale di alto livello ma non
condizionato da presupposti corporativi e
correntizi, si propone – sulla falsariga di
quanto già era stato stabilito dalla legge
n. 74 del 1990, non attuata perché ritenuta implicitamente abrogata, che gli addetti agli
uffici di supporto del CSM (ufficio studi
e funzioni affidate a magistrati segretari,
oggi affidata ai magistrati segretari) siano
funzionari di alto livello e di accertata
competenza, scelti per concorso.
32.Il CSM ha effettuato la copertura di
posti vacanti negli uffici giudiziari con vistosi
ritardi e con conseguente danno per la
funzionalità della giustizia. Occorre
individuare adeguate misure per prevenire
queste inadempienze.
(7) Valerio Onida esprime l’opinione che tra
le misure da adottare nel campo della giustizia penale non debba mancare
una generale revisione del regime e dei
termini della prescrizione dei reati che, nell’attuale sistema comportano la
vanificazione di risorse ed energie
processuali e incentivano iniziative dilatorie. La revisione dovrebbe essere
operata
nel rispetto della funzione di garanzia per
l’indagato propria dell’istituto, e dell’esigenza di apprestare meccanismi
intesi ad assicurare la ragionevole durata
dei processi.
(8) Riserva di Gaetano Quagliariello. Ritiene
che la responsabilità dei magistrati debba essere non solo disciplinare ma
anche di natura civile. E’ perfettamente
consapevole della peculiarità e della delicatezza della funzione giudiziaria,
delle quali è necessario tener conto. Ma se
da un lato tale peculiarità comporta che alla magistratura sia assicurata
l’indipendenza e che sulle materie relative
all’ordinamento giudiziario si legiferi con attenzione ed equilibrio,
dall’altro
l’attribuzione di poteri e prerogative che
incidono sulla vita dei cittadini fino al punto di poterli privare della
libertà
impone che vi sia una corrispondenza tra
livello di autonomia e livello di responsabilità. Considera necessaria una
normativa sulla responsabilità civile dei
magistrati che sia conforme al dettato costituzionale e che, in presenza di
atti
compiuti con dolo o colpa grave in
violazione di diritti, rimuova una situazione di eterogeneità che appare come
un
incomprensibile privilegio rispetto alla
disciplina che riguarda altre figure professionali il cui operato incide su
beni
primari per le persone.
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità.