DIRITTO D'AUTORE


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8 maggio 2023

20/23. Mancato avvertimento dell’avvocato sulla possibilità di esperire la mediazione e annullamento del contratto col cliente: irrilevante stabilire se il giudizio sia o meno sottoposto all'onere di mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2023)

 => Corte di Cassazione, 7 dicembre 2022, n. 35971

 

È infondato il motivo con cui si denuncia la violazione del d.lgs. n. 28 del 2010, art. 4, comma 3, per avere il giudice ritenuto annullabile il contratto professionale per il mancato avvertimento, rivolto alla parte, della possibilità di esperire la mediazione qualora si deduca che nella specie non trovava applicazione la disciplina della mediazione c.d. obbligatoria. Difatti, l’art. 4, d.lgs. 28/2010 prescrive l'obbligo dell'avvocato di informare il cliente della facoltà di ricorrere alla mediazione e di beneficiare delle agevolazioni fiscali a pena di annullamento del contratto con lo stesso concluso, essendo di conseguenza irrilevante stabilire se il giudizio sia o meno sottoposto all'onere di mediazione obbligatoria.

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2023

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

 

Cote di cassazione

sezione II

ordinanza n. 35971

7 dicembre 2022

 

Omissis

 

1. Con sentenza n. 1507/2017, la Corte distrettuale, confermando la sentenza di primo grado, ha riconosciuto all'avv. F.S.P. un indennizzo ex art. 2041 c.c., pari ad Euro 1990, ridotto ad Euro 490,00 in considerazione dell'anticipo già percepito, per aver difeso il Condominio (Omissis) in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, avente ad oggetto vizi costruttivi dell'edificio condominiale e la quantificazione del danno, e nel successivo giudizio di merito.

Anche il giudice distrettuale ha ritenuto che la mancata allegazione all'atto introduttivo del giudizio dell'informativa, in forma scritta, resa alla parte assistita circa la possibilità di avvalersi della procedura di mediazione civile D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 4, comma 3, fosse causa di annullamento del contratto d'opera professionale anche se detto adempimento non aveva avuto conseguenze sul piano processuale, e che, inoltre, al difensore spettasse solo un indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento, che già il tribunale aveva liquidato in base all'attività effettivamente svolta (stesura, notifica e iscrizione a ruolo di un atto di citazione), in applicazione del D.M. n. 55 del 2014.

Per la cassazione della sentenza l'avv. Salvatore Fronte propone ricorso in tre motivi.

Il Condominio è rimasto intimato.

2. Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., per aver la Corte d'appello emesso due distinte pronunce, depositate lo stesso giorno, la prima delle quali non si riferiva alle parti in causa e esaminava questioni del tutto estranee al presente giudizio.

Il motivo è infondato.

La Corte d'appello ha depositato, in pari data, due diverse pronunce, aventi il medesimo numero di ruolo generale, la prima delle quali aveva ad oggetto una richiesta di compensi per attività di mediazione o di geometra tra parti diverse da quelle di causa (cfr. pag. 3).

Probabilmente avvedutosi dell'errore, il giudice distrettuale ha depositato una seconda sentenza - oggetto del presente ricorso rinnovando integralmente la decisione.

La pronuncia impugnata in questa sede non è inficiata dai vizi della decisione emessa per prima.

L'inesistenza giuridica, o nullità radicale, di un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, comporta, per l'incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un valido atto conclusivo del giudizio (Cass. 40883/2021; Cass. 32405/2019; Cass. 6162/2014; Cass. 30067/2011; Cass. 27428/2009).

Ferma, quindi, la validità della seconda decisione, qui impugnata, il vizio di quella emessa per prima può esser fatto autonomamente valere, in ogni tempo, mediante un'azione di accertamento negativo ("actio nullitatis") o con i normali mezzi di impugnazione, sempre che sussista un interesse della parte all'espressa rimozione della decisione viziata (Cass. 3010/2022; Cass. 27428/2009).

3. Il secondo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 4, comma 3, per aver la Corte ritenuto annullabile il contratto professionale per il mancato avvertimento, rivolto alla parte, della possibilità di esperire la mediazione. Si deduce che - al momento della proposizione del giudizio di merito, in data 22.6.2013 - la norma che prescrive l'obbligatorietà della mediazione non era in vigore, essendo stata dapprima prevista dal D.Lgs. 21 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 272/2012, e quindi reintrodotta con D.L. n. 69 del 2013, con effetto dal 22.6.2013. Il mandato professionale aveva, inoltre, ad oggetto anche un procedimento di accertamento tecnico preventivo, non sottoposto all'obbligo di mediazione e l'inosservanza della norma non aveva determinato l'improcedibilità della domande in alcuna delle cause in cui il ricorrente aveva esercitato la difesa.

Il motivo è infondato.

L'originaria formulazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1, prevedeva che chiunque intendesse esercitare in giudizio un'azione relativa alle controversie ivi indicate era tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda.

La Corte costituzionale, con la pronuncia 6 dicembre 2012 n. 272, ha dichiarato l'illegittimità della norma per eccesso di delega, nonché - "in via consequenziale" - dell'art. 4, comma 3, limitatamente al secondo periodo (ove prevedeva che l'avvocato informasse l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione era condizione di procedibilità della domanda giudiziale") e al sesto periodo (limitatamente alla frase "se non provvede ai sensi dell'art. 5, comma 1"; cfr., in motivazione, Cass. 31852/2019).

Successivamente la mediazione è stata resa nuovamente obbligatoria, per le controversie ivi indicate, con il D.Lgs. n. 28 del 2010, nuovo art. 5, comma 1 bis, introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, art. 84, comma 1, lett. b).

La disposizione nulla ha però innovato riguardo all'obbligo dell'avvocato di informare il cliente della facoltà di ricorrere alla mediazione e di beneficiare delle agevolazioni fiscali, già previsto dal citato art. 4 ed in vigore sin dal 20.3.2010.

E' peraltro indubbio che la Corte di merito, avendo rilevato la mancanza dell'informativa rivolta al cliente della possibilità di avvalersi della mediazione, abbia dichiarato l'annullamento del contratto con riferimento alla mediazione facoltativa; è allora irrilevante stabilire se i giudizi patrocinati dal ricorrente fossero o meno sottoposti all'onere di mediazione obbligatoria o che nessuna delle domande sia stata dichiarata improcedibile per violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1.

Quanto, infine alla sussistenza dell'informativa nella procura sottoscritta dalla resistente, la circostanza di fatto, semplicemente enunciata, è in contrasto con le conclusioni della sentenza, che ha ritenuto inadempiuto l'obbligo di cui al citato art. 4, considerato peraltro il documento contenente l'informativa non può identificarsi con la procura "ad litem", dalla quale si distingue per oggetto e funzione (Cass. 13886/2016).

3. Il terzo motivo denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014, lamentando che la pronuncia, nel liquidare i compensi, abbia applicato retroattivamente le previsioni del decreto, benché l'attività difensiva si fosse esaurita prima della loro entrata in vigore.

Il motivo non merita accoglimento.

Sebbene il ricorrente affermi che l'attività si era esaurita nel marzo 2014, si evince dalla sentenza che la revoca del mandato - e quindi la cessazione del rapporto professionale - era intervenuta il 4.4.2014, nel pieno regime del D.M. n. 55 del 2014, entrato in vigore il giorno precedente (ossia il 3.4.2014; cfr. sentenza, pag. 2).

Il citato decreto disciplina, peraltro, i compensi dell'avvocato per le prestazioni professionali (art. 1) e non è direttamente invocabile per monetizzare l'utilità ricavata dall'amministrazione per l'opera prestata dal professionista, dopo che il contratto di incarico era stato annullato.

L'eventuale impiego dei criteri tabellari era in funzione della mera liquidazione equitativa dell'ammontare dell'indennizzo ex art. 2041 c.c., non configurandosi - neppure in astratto - un contrasto con il regime intertemporale fissato dall'art. 28 del decreto (secondo cui le relative disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore).

Le deduzioni del ricorrente in merito all'incongruità delle somme liquidate appaiono - infine - motivatamente disattese dalla Corte di merito, evidenziando che l'attività si era esaurita nella sola stesura, notifica e iscrizione a ruolo della citazione, con apprezzamento di merito, logicamente motivato.

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo il Condominio svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

PQM

 

Rigetta il ricorso. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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