=> Tribunale di Roma, 11 gennaio 2022
L’art. 4, d.lgs. 28/2010, comma 2 del
medesimo articolo specifica che: "L'istanza deve indicare l'organismo, le
parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". Il contenuto del suddetto
articolo è praticamente equivalente a quello dell'art. 125 c.p.c., circa il contenuto
degli atti processuali, fatta eccezione per i soli "elementi di
diritto". L'applicazione di detta norma impone, quindi, una simmetria
tra fatti narrati in sede di mediazione ed i fatti esposti in sede processuale,
almeno per quelli principali; diversamente, dovrebbe essere dichiarata l'improcedibilità,
per mancato assolvimento della condizione prevista dal legislatore (l'art. 4
pretende, infatti, l'indicazione delle "ragioni della pretesa",
con ciò potendosi solo intendere l'allegazione di una situazione latamente
ingiusta per la quale si prospetti una futura, possibile azione di merito, non
risultando necessario inquadrare giuridicamente il fatto: come detto, l'istanza
di mediazione non richiede anche l'indicazione di "elementi di
diritto"). In particolare, l'istanza di mediazione deve ricalcare la
futura domanda di merito, includendo tutti, e gli stessi, elementi fattuali
che saranno introdotti nel futuro giudizio. In tema di mediazione c.d. obbligatoria,
quindi, una domanda processuale diversa, che esuli, anche solo in parte, da
quella prospettata in sede di mediazione, va considerata una domanda nuova
rispetto a quella passata per il filtro della mediazione, così come una domanda
di mediazione generica sotto il profilo del petitum o della causa petendi (come
nella specie), va sanzionata con l'improcedibilità della stessa. Orbene,
se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare
l'improcedibilità, potendo il giudice demandare un nuovo esperimento della
mediazione e, solo in caso di mancato (valido) esperimento di tale nuova
mediazione, pronunciare l'improcedibilità della domanda, è anche vero che (fattispecie
in tema di impugnazione di delibera condominiale) l’effetto
interruttivo della decadenza connesso alla "comunicazione" dell’istanza
di mediazione alla controparte, può essere riconosciuto solo ad una procedura
validamente espletata ed in relazione all'istanza comunicata che sia simmetrica
alla domanda giudiziale (tenuto conto della natura deflattiva dell'istituto
della mediazione, volto ad instaurare già dinanzi al mediatore un effettivo
contraddittorio sulle questioni oggetto di lite), così come l’interruzione, per
una sola volta, delle decadenze; diversamente, si incentiverebbe l’uso uso
meramente dilatorio della mediazione (I) (II).
(I) Si veda l’art. 4, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
(II) Nel caso di specie l'istanza di mediazione non contiene, diversamente dalla domanda giudiziale, alcun riferimento alle singole delibere condominiali impugnate ed ai vizi ad esse imputati con la conseguenza che la mediazione non può ritenersi validamente svolta e, quindi, non impedita la decadenza dell'impugnazione ex art. 1137 c.c.
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Con atto di citazione omissis
ha impugnato la delibera assembleare omissis.
Tanto premesso, deve ritenersi preliminare ed assorbente l'esame
dell'eccepita improcedibilità della domanda e della conseguente tardività
dell'impugnazione della delibera.
L'art.4 del D.Lgs. n. 28 del 2010 riguardante la mediazione dispone
che: "La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'art.2
è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del
Giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande
relative alla stessa controversia la mediazione si svolge davanti all'organismo
territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima
domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del
deposito dell'istanza.". Il comma 2 del medesimo articolo specifica che:
"L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni
della pretesa". Il contenuto del suddetto articolo è praticamente
equivalente a quello dell'art. 125 c.p.c., circa il contenuto degli atti
processuali, fatta eccezione per i soli "elementi di diritto".
L'applicazione di detta norma impone, quindi, una simmetria tra fatti
narrati in sede di mediazione ed i fatti esposti in sede processuale, almeno
per quelli principali; diversamente, dovrebbe essere dichiarata
l'improcedibilità, per mancato assolvimento della condizione prevista dal
legislatore.
L'art. 4 pretende, infatti, l'indicazione delle "ragioni della
pretesa", con ciò potendosi solo intendere - in un procedimento
deformalizzato - come fatti l'allegazione di una situazione latamente ingiusta
per la quale si prospetti una futura, possibile azione di merito, non
risultando necessario inquadrare giuridicamente il fatto: ciò in quanto, come
già detto, l'istanza di mediazione non richiede anche l'indicazione di
"elementi di diritto", come invece avviene per la citazione ex art.
163 c.p.c., e per il ricorso, ex art. 414 c.p.c. (ovvero per gli atti in
generale, ex art. 125 c.p.c.).
Gli accadimenti narrati in fase di mediazione, pero`, perché si possa
verificare in giudizio l'esatto adempimento della condizione di procedibilità,
devono essere corrispondenti, "simmetrici" a quelli che saranno poi
esposti in fase processuale, per le materie obbligatorie.
Pur non richiedendosi l'equivalente di un atto giudiziario sotto il
profilo formale (e dell'indicazione degli elementi di diritto), l'istanza di mediazione
deve ricalcare la futura domanda di merito, includendo tutti, e gli stessi,
elementi fattuali che saranno introdotti nel futuro giudizio e ciò sia per
consentire all'istituto della mediazione di svolgere efficacemente la funzione
deflattiva affidatagli dal legislatore (rafforzata dalla eventuale sanzione
della improcedibilità della domanda), sia per consentire alla controparte
evocata in mediazione di conoscere la materia del futuro contendere e di
prendere posizione su di essa già nel corso della procedura, svolgendo le
opportune difese che possono condurre ad una soluzione conciliativa o anche
solo far ridurre il thema decidendum nella eventuale fase processuale.
Una domanda processuale diversa, che esuli, anche solo in parte, da
quella prospettata in sede di mediazione, va quindi considerata una domanda
nuova rispetto a quella passata per il filtro della mediazione ed in grado di
superare, almeno in astratto, il giudizio sulla procedibilità.
Una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o, come
nel caso di specie, della causa petendi, non può considerarsi validamente
espletata e comporta l'improcedibilità della domanda. Orbene, se è vero che per
la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l'improcedibilità, potendo
il giudice demandare un nuovo esperimento della mediazione e, solo in caso di
mancato (valido) esperimento di tale nuova mediazione, pronunciare
l'improcedibilità della domanda, è anche vero che nel caso di impugnazione di
delibera condominiale sussiste un termine di decadenza che viene interrotto (e
non sospeso, come ormai chiarito dalla giurisprudenza anche di questo
tribunale) dalla "comunicazione" (che può essere fatta sia
dall'organismo di mediazione che direttamente dall'istante) della istanza di
mediazione alla controparte una sola volta e che inizia a decorrere nuovamente
dal deposito del verbale conclusivo della mediazione. Tale effetto
interruttivo, però, può essere riconosciuto solo ad una procedura validamente
espletata ed in relazione all'istanza comunicata che sia simmetrica alla futura
domanda giudiziale, tenuto conto della natura deflattiva dell'istituto della
mediazione, volto ad instaurare subito, già dinanzi al mediatore e prima del
processo, un effettivo contraddittorio sulle questioni che saranno oggetto del
futuro ed eventuale giudizio di merito. Ed è sempre in virtù della fine della
procedura che il legislatore ricollega, per una sola volta, alla mediazione
l'interruzione delle decadenze. Diversamente, consentire alla parte di avvalersi
del beneficio dell'impedimento delle decadenze con la mera presentazione di una
"istanza" che non presenti i requisiti sopra indicati,
significherebbe svilire l'istituto della mediazione ad un mero adempimento
burocratico, in contrasto con la ratio ad esso sotteso, ed incentivare il suo
uso meramente dilatorio, a beneficio di una sola parte.
Nel caso di specie l'istanza di mediazione versata in atti si presenta
del tutto generica, non contiene alcun riferimento alle singole delibere
impugnate ed ai vizi ad esse imputati; la domanda giudiziale, invece, contiene
l'impugnativa di più deliberati (si tratta, infatti, di più delibere assunte su
diversi ordini del giorno della stessa seduta) e l'esposizione, per ciascuna di
essi, dei singoli vizi denunciati (contemplando, peraltro, in alcuni casi,
anche censure che non si sostanziano, strictu sensu, in vizi di legittimità
delle delibere).
Mancando la necessaria simmetria tra l'istanza di mediazione e la
domanda giudiziale in concreto formulata, la mediazione non può ritenersi
validamente svolta e, quindi, non impedita la decadenza dell'impugnazione ex
art. 1137 c.c. (per cui sarebbe risultato inutile demandare alle parti una
nuova mediazione che mai avrebbe potuto sanare la decadenza nella quale è incorsa
la parte attrice).
Per tali ragioni, va dichiarata improcedibile la domanda e inammissibile l'impugnazione per intervenuta decadenza. Le spese, tenuto conto della novità della questione, possono essere compensate.
PQM
Il Tribunale omissis dichiara inammissibile la domanda attorea. Compensa le spese.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.