di Giulio Spina
(Direttore
editoriale Diritto Avanzato; Coordinatore di Redazione La Nuova Procedura
Civile; Direttore Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile)
L’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010
dispone che “chi intende esercitare in
giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di (…) locazione (…) è tenuto, assistito
dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”,
come “condizione di procedibilità della
domanda giudiziale”.
Il comma 4 del medesimo art. 5 precisa poi
che tale disposizione non si applica, tra l’altro, nei procedimenti per
convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’art. 667 del
codice di rito[1].
Posto il dato
normativo sopra riportato, non vi è un
orientamento interpretativo unanime circa la parte in capo alla quale grava
l’onere di esperire il procedimento di
mediazione, né in ordine alle conseguenze
connesse al mancato adempimento di tale onere.
[continua…]
L’articolo è
consultabile gratuitamente al seguente URL:
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 1/2020
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
[1] Il richiamato art.
667 c.p.c. dispone che “pronunciati i
provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666, il giudizio prosegue nelle
forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi
dell'art. 426”, laddove il menzionato art. 665 dispone che “se l'intimato comparisce e oppone eccezioni
non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non
sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di
rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto” (comma 1).