=> Tribunale di Mantova, 22 gennaio 2019
Posto quanto previsto dall’art.
4, d.lgs. 28/2010, qualora in
mediazione gli attori abbiano compiutamente illustrato i fatti relativi
alla controversia insorta tra le parti e chiesto il ristoro del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale
subito a seguito del decesso della congiunto, ma nell'atto di citazione abbiano chiesto la condanna dell'azienda sanitaria
convenuta al risarcimento del danno non
patrimoniale iure proprio da perdita del rapporto parentale, oltre che del danno non patrimoniale iure hereditatis
per le sofferenze patite dalla congiunta nel periodo intercorso tra l'intervento
chirurgico subito e la morte, va affermato che la condizione di procedibilità si è avverata, sussistendo tra il
procedimento di mediazione ed il presente giudizio piena identità di causa
petendi e parziale identità di petitum, a nulla rilevando che nell'istanza di
mediazione gli attori abbiano quantificato le somme richieste diversamente
rispetto all'atto di citazione, ovvero non abbiano domandato il risarcimento
del danno non patrimoniale iure hereditatis. La parte istante, infatti, al fine
di addivenire alla conciliazione, può domandare
meno di quanto chiederebbe in sede processuale e, in ogni caso, parte convenuta ha avuto, in sede di
mediazione, piena cognizione dei fatti posti a fondamento della pretesa attorea
e, quindi è stata messa nelle condizioni di valutare l'opportunità della conciliazione.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 49/2019
Tribunale di Mantova
Sentenza
22 gennaio 2019
Omissis
Con atto di citazione ritualmente notificato, omissis e omissis,
rispettivamente figlio e marito della defunta omissis, omissis hanno
dedotto: la sussistenza di una condotta gravemente negligente, imperita ed
imprudente dei sanitari che ebbero in cura la loro congiunta, per avere il
dott. omissis proceduto all'asportazione
della massa ovarica destra nonostante la stessa aderisse eccessivamente all'
intestino - così cagionando la perforazione addominale - senza interpellare un
chirurgo addominale e senza prescrivere il posizionamento di drenaggi o del
sondino naso gastrico, e per non avere i sanitari, successivamente al predetto
intervento, sottoposto la paziente agli accertamenti necessari - con
particolare riferimento alla radiografia addominale - che avrebbero consentito
di individuare tempestivamente la patologia infettiva in atto; la sussistenza
di un nesso di causalità tra le condotte gravemente negligenti dei sanitari e
l'evento infausto; la conseguente responsabilità dell' Ospedale, sulla base del
contratto di spedalità, per tutti i danni subiti, patrimoniali e non
patrimoniali, vantati sia iure proprio - per la definitiva perdita del rapporto
parentale -, che iure hereditatis - per le sofferenze patite dalla loro
congiunta nei giorni intercorrenti tra il primo intervento chirurgico e la
morte (danno biologico da inabilità temporanea); di avere esperito il
procedimento di mediazione obbligatorio, con esito negativo, come da verbale
del 21.09.2015. Pertanto, gli attori hanno chiesto all'intestato Tribunale di
condannare l'Azienda omissis, al
risarcimento dei danni subiti, quantificati in euro 216.315,00 a favore di omissis ed in euro 291.555, 00 a favore
di omissis a titolo di danno non
patrimoniale da perdita parentale iure proprio; oltre al danno non patrimoniale
iure hereditatis, da liquidarsi in via equitativa, oltre al rimborso delle
spese mediche, oltre interessi e rivalutazione, con vittoria di spese, da
distrarsi a favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Si è costituita in giudizio l'Azienda omissis, eccependo, preliminarmente, la nullità della notifica
dell' atto di citazione e l' improcedibilità della domanda, ai sensi dell' art.
5, comma 1, D.lgs. 28/2010, e, nel merito, contestando la domanda e chiedendone
la reiezione, anche sulla scorta delle risultanze contenute nella relazione del
consulente tecnico del PM, disposta nell' ambito del procedimento penale,
successivamente archiviato.
La causa, istruita sulla documentazione versata in atti dalle parti e
con una CTU medico-legale (depositata in data 23.09.2017), è stata trattenuta
in decisione all' udienza del 2.10.2018, sulle conclusioni delle parti
trascritte in epigrafe, con concessione dei doppi termini di legge per il
deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Tanto premesso, osserva il Tribunale quanto segue.
Per quanto attiene alle eccezioni preliminari di nullità della notifica
dell'atto di citazione e di improcedibilità dell'azione, formulate dalla
convenuta in comparsa di costituzione e risposta, si rinvia integralmente all'ordinanza
del 20.09.2016, con la quale dette eccezioni sono state integralmente respinte:
omissis " in ordine all'eccezione
di improcedibilità della domanda attorea sollevata da parte convenuta in
comparsa di costituzione e risposta e ribadita all'odierna udienza, per pagina
non esservi stata identità tra la domanda oggetto del procedimento di
mediazione e quella avanzata in via giudiziaria: rilevato che l'istanza di
mediazione, ai sensi dell' art. 4 D.lgs. 28/2010, deve contenere l' indicazione
dell' oggetto e delle ragioni della pretesa, al fine di consentire alle parti
di poter raggiungere un accordo conciliativo; rilevato che, con la memoria
allegata all' istanza di mediazione, gli attori hanno compiutamente illustrato
i fatti relativi alla controversia insorta tra le parti e chiesto il ristoro
del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale subito a seguito
del decesso della congiunta; rilevato che, nell' atto di citazione, i medesimi
hanno chiesto la condanna dell' azienda sanitaria convenuta al risarcimento del
danno non patrimoniale iure proprio da perdita del rapporto parentale, oltre
che del danno non patrimoniale iure hereditatis per le sofferenze patite dalla
congiunta nel periodo intercorso tra l' intervento chirurgico subito e la
morte; ritenuto che, nella fattispecie, anche alla luce del principio di
ragionevole durata del processo, la condizione di procedibilità si sia
avverata, sussistendo tra il procedimento di mediazione ed il presente giudizio
piena identità di causa petendi e parziale identità di petitum, a nulla
rilevando che nell' istanza di mediazione gli attori abbiano quantificato le
somme richieste diversamente rispetto all' atto di citazione, ovvero non
abbiano domandato il risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis;
potendo la parte istante, al fine di addivenire alla conciliazione, domandare
meno di quanto chiederebbe in sede processuale ed avendo, in ogni caso, parte
convenuta avuto, in sede di mediazione, piena cognizione dei fatti posti a
fondamento della pretesa attorea ed essendo stata messa, pertanto, nelle
condizioni di valutare l' opportunità della Conciliazione".
Venendo al merito, secondo l'orientamento tradizionale affermatosi in
tema di responsabilità civile derivante da attività medica (da ultimo messo in
discussione, con riferimento alla posizione dei sanitari, a seguito dell'
entrata in vigore del c.d. decreto Balduzzi, il quale contiene un espresso
rinvio all' art. 2043 c.c.), l'attore deve provare l' esistenza del contratto,
ovvero il contatto sociale, l'insorgenza della patologia ed allegare un
inadempimento qualificato del sanitario, astrattamente idoneo a provocare il
danno lamentato, restando a carico del medico o della struttura sanitaria la
prova che tale inadempimento non si sia verificato, ovvero che nessun
rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essere mosso, o che il
mancato o inesatto adempimento sia stato determinato da un evento imprevedibile
ed inevitabile secondo l'ordinaria diligenza (cfr. Cass. Civ., III, 20.10.2014,
N. 22222; Cass. Civ., III, 30.9.2014, N. 20547; Cass. Civ., III, 12.12.2013, N.
27855). Per quanto attiene specificamente alla responsabilità della struttura
sanitaria, si evidenzia che, secondo un consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, il rapporto che si instaura tra paziente ed ente
ospedaliero ha la propria fonte in un atipico contratto a prestazioni
corrispettive, con effetti protettivi nei confronti del terzo, dal quale
insorgono a carico dell' ente, accanto a quelli di tipo latu sensu alberghieri,
obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale
paramedico e dell' apprestamento di tutte le attrezzature necessarie.
Ne consegue che la responsabilità - di natura contrattuale - della
struttura nei confronti del paziente può discendere sia dall' inadempimento
delle obbligazioni direttamente incombenti a suo carico, ex art. 1218 c.c.,
sia, ex art. 1228 c.c., dall' inadempimento della prestazione medico
professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario
necessario, sussistendo un collegamento tra la prestazione effettuata dai
sanitari e l' organizzazione aziendale.
Con riferimento al nesso di causalità, si è affermato che, in tema di
responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che
agisce per il risarcimento del danno l' onere di provare il nesso di causalità
tra l' evento di danno (aggravamento della patologia preesistente, ovvero
insorgenza di una nuova patologia) e l' azione o l' omissione dei sanitari, non
potendosi predicare, rispetto a tale elemento della fattispecie, il principio
della maggiore vicinanza della prova al debitore, in virtù del quale, invece,
incombe su quest' ultimo l' onere della prova contraria solo relativamente alla
colpa ex art. 1218 cod. civ. (Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 20812 del
20/08/2018, Rv. 650417 - 01). omissis
Ancora, sulla scorta di un condivisibile e consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, si rileva che, nel caso in cui l'attore abbia
chiesto con l'atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per
errore nell'esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione
del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento
del danno derivato dall' inadempimento, da parte dello stesso medico, del
dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente
al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento
terapeutico), si verifica una "mutatio libelli" e non una mera
"emendatio", in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di
indagine e di decisione, che altera l'oggetto sostanziale dell'azione e i
termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da
quella fatta valere in precedenza (Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 24072 del
13/10/2017, Rv. 645833 - 01). Tanto premesso, si osserva che, nel caso in
esame, né in atto di citazione, né nella prima memoria ex art. 183, comma VI,
c.p.c. vi sono allegazioni relative all' inadempimento, da parte dei sanitari,
del dovere di informazione necessario ad ottenere un consenso informato, né la
relativa domanda risarcitoria risulta proposta; soltanto nella formulazione del
quesito da sottoporre al CTU, contenuto nella seconda memoria ex art. 183,
comma VI, c.p.c. di parte attrice, si fa riferimento al profilo relativo al
consenso informato, con conseguente tardività della relativa allegazione,
successiva alla maturazione delle preclusioni relative alla definizione del
thema probandum e decidendum. Ancora, ritiene il Tribunale di aderire all'
orientamento di legittimità secondo il quale la domanda di risarcimento del
danno da perdita delle chance di guarigione di un prossimo congiunto, in
conseguenza d' una negligente condotta del medico che l' ebbe in cura, deve
essere formulata esplicitamente e non può ritenersi implicita nella richiesta
generica di condanna del convenuto al risarcimento di "tutti i danni"
causati dalla morte della vittima (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21245 del
29/11/2012, Rv. 624449 -01). Infatti "la domanda per perdita di chances è
ontologicamente diversa dalla domanda di risarcimento del danno da mancato
raggiungimento del risultato sperato, perché in questo secondo caso l'
accertamento è incentrato sul nesso causale, mentre nel primo oggetto dell'
indagine è un particolare tipo di danno, e segnatamente una distinta ed
autonoma ipotesi di danno emergente, incidente su di un diverso bene giuridico,
quale la mera possibilità del risultato finale". Né può reputarsi che,
nella fattispecie, tale domanda sia stata esplicitamente proposta, per il solo
fatto che a pag. 12 dell' atto di citazione la parte abbia incidentalmente
fatto riferimento al "crollo irreversibile delle chances di vita della
predetta". Pertanto, le domande attoree devono essere rigettate, non
essendo emersa, sulla base delle risultanze istruttorie, la prova della
sussistenza del nesso di causalità tra le condotte colpose imputate ai sanitari
ed i danni lamentati dagli attori, con conseguente assorbimento di ogni altra
eccezione e/o domanda. Spese processuali Tenuto conto della natura del giudizio,
della qualità delle parti e della complessità delle questioni trattate, sia in
fatto, che in diritto, sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare
integralmente le spese di lite tra le parti, ai sensi dell' art. 92, comma 2,
c.p.c., come interpretato a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale
n. 77/2018. Deve, infine, darsi atto che, con decreto del 24.04.2018, è stata
rigettata l' istanza di liquidazione presentata dal CTU, per essere stata la
stessa presentata oltre il termine previsto, a pena di decadenza, dall'art.
71, comma 2, D.P.R. 115/2002 (ovvero oltre i 100 giorni dal compimento delle
operazioni).
PQM
Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni altra
eccezione, domanda o istanza rigettata o assorbita, così dispone: rigetta le
domande attoree; compensa integralmente le spese di lite tra le parti.