DIRITTO D'AUTORE


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26 settembre 2019

35/19. No alla presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega (Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2019)

=> Tribunale di Roma, 27 giugno 2019, n. 13630

Va affermata, in senso opposto a Cassazione civile 7.3.2019, n. 8473, la necessaria partecipazione personale in mediazione, non delegabile a terzo soggetto, salvo casi eccezionali di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona; essa è insita nella natura stessa della mediazione, nonché implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione del d.lgs. 28/2010, nel suo insieme proteso a favorire il raggiungimento di un accordo attraverso l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di un corretto rapporto interpersonale messo in crisi dal conflitto insorto. È in particolare esclusa dalla legge alla radice la presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega del cliente (I) (II).

(I) Si vedano, in particolare, gli artt. 5, 8 e 12, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

(II) Per approfondimenti si veda SPINA, Mediazione obbligatoria: necessaria la presenza personale della parte, Altalex, 2019.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2019

Tribunale di Roma
Sentenza
sentenza 27.06.2019, n. 13630

Omissis

La questione che va affrontata, attesane la pertinenza al caso di specie nel quale omissis non era presente di persona a nessuno degli incontri, è la risposta all’interrogativo se nella mediazione obbligatoria (di questo trattasi nella fattispecie, ma il quesito attinge sicuramente anche alla mediazione demandata dal giudice) sia necessaria e indispensabile, salvo giustificato motivo, la presenza personale delle parti.
Sulla questione sono state esposte due opinioni contrastanti.
La pressoché unanime giurisprudenza di merito 1 ritiene necessaria e inderogabile, salve obiettive e valide giustificazioni, la presenza personale della parte.
Si sostiene, al contrario:
- come nessuna disposizione di legge (né in particolare il decr.lgsl.28/2010) introduca chiaramente e univocamente una deroga alla generale possibilità, in materia di diritti disponibili e atti non personalissimi, di conferire mandato con rappresentanza ad altro soggetto (che ben potrebbe essere anche lo stesso avvocato difensore nella causa alla quale pertiene la mediazione);
- che diversamente opinando si determinerebbe un’irrazionale trattamento fra chi non compare affatto in mediazione (soggetto solo alla sanzione del pagamento di una somma pari al contributo unificato) e chi invece abbia partecipato, sia pure a mezzo della sola presenza del rappresentante;
- che diversamente opinando si aprirebbero le porte a pratiche dilatorie del convocato che potrebbe differire sine die, presenziando solo con il rappresentante, la procedura di mediazione.
I rilievi che precedono non sono decisivi per contrastare il diverso e contrario assunto.
Va considerato che la legge dispone, per la mediazione obbligatoria e demandata, la partecipazione della parte, assistita dall’avvocato.
E’ allora quanto mai opportuno, in questo caso, il richiamo all’art. 12 delle preleggi al cc: che così dispone: Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Dal che ne discende che è escluso dalla legge alla radice che possa ritenersi ritualmente instaurato il procedimento di mediazione con la presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega del cliente 5; mentre rimane da esaminare la diversa situazione nella quale oltre all’avvocato, vi sia un altro soggetto munito del potere di rappresentanza della parte assente di persona.
La Suprema Corte ha rilevato, con la sentenza di cui alla nota 3, che non vi è alcuna norma espressa che faccia divieto della rappresentanza della parte fisica in mediazione e che quando la legge lo ha voluto vietare, come nel caso dell’interrogatorio formale, lo ha previsto (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit). Salvo a volere ammettere (?) che l’avvocato.. possa assistere se stesso, che è precisamente la situazione che si realizzerebbe laddove si ammettesse che l’avvocato possa svolgere al tempo stesso il ruolo di rappresentante della parte e di assistente della parte stessa.
Cionondimeno, è lecito interrogarsi se il divieto possa essere ricavato, pur in mancanza di una norma espressa, dall’insieme delle norme che regolano la mediazione e quindi dalla natura, dalle caratteristiche e dalla funzione propria di questo istituto.
La richiamata maggioritaria giurisprudenza di merito non ammette, per le (sole) persone fisiche 6 e salva la presenza di un giustificato motivo, la rappresentanza in mediazione della parte richiedendo la presenza personale (cfr. giurisprudenza costante, ex multis https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/mediazione-demandata-dal-giudicenecessaria-
la-presenza-personale-delle-parti-e-leffettiva-partecipazione-allaprocedura.html).
A tale conclusione si ritiene si possa pervenire attraverso l’interpretazione letterale, sistematica e teleologica del decreto legislativo 28/2010. Nonché traendo argomento dalla stessa sentenza della Suprema Corte 8473/19 del 7.3.2019.
Si rinvengono nel decr.lgsl.28/10, numerosi riferimenti testuali, alle parti in aggiunta agli avvocati.
L’art. 8 primo comma terzo periodo dispone che al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. E prosegue, prevedendo che durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.
Occorre chiedersi se l’espressione “parte” possa essere correttamente interpretata, indifferentemente, sia come parte fisica personalmente presente e sia come parte fisica non presente ma rappresentata da un terzo.
La risposta negativa a una tale ambivalente interpretazione si reputa possa essere tratta da convergenti riferimenti logici e normativi che inducono a ritenere che la giusta accezione della parola parte (fisica) sia solo quella riferita al soggetto, personalmente presente, titolare dei diritti oggetto di contesa.
Appare utile a tal fine analizzare i contenuti dell’istituto, in tal modo facendo emergere:
a. l’aspetto dinamico della mediazione, intesa come procedimento nell’ambito del quale una parte incontra l’altra parte, e si giova, con l’assistenza degli avvocati, della presenza fattiva di un soggetto terzo, il mediatore, deputato ad aiutare e facilitare le parti a focalizzare e fare emergere i loro più pregnanti interessi come pure a individuare i possibili punti di incontro degli opposti punti di vista, al fine del raggiungimento di un accordo che prevenga o ponga fine ad una lite, e
b. la mediazione, in senso statico, vista nel suo tratto finale e conclusivo dell’accordo raggiunto.
E se per questo secondo aspetto, che attinge niente di più e niente di meno che alla realizzazione e composizione di un negozio giuridico, in ambito di diritti disponibili, è agevole ammettere la rappresentanza della parte, non altrettanto può dirsi per la mediazione nell’accezione di cui alla lettera a) che precede.
E’ utile ricordare che è la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza citata, a tratteggiare, in modo corretto, la natura e le caratteristiche della procedura di mediazione.
Si tratta, recita la sentenza, di “un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali.
Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie all’ interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali”. Ed ancora: ..”come si è detto, il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti”
A ben vedere quindi, è la stessa sentenza della S.C. n. 8473/19 del 7.3.2019 che predica, in armonia con le caratteristiche normative dell’istituto, la necessaria presenza personale della parte in mediazione.
Né vi è, in via di principio, alcuna necessità che ciò debba essere dichiarato espressamente dalla legge. L’importante è che la voluntas legis in questa direzione sia sufficientemente chiara e certa.
L’affermazione, contenuta nella stessa sentenza della Suprema Corte., della delegabilità ad altro soggetto della partecipazione, costituisce pertanto un non sequitur del ragionamento, fino ad un certo punto invece chiaro lineare e condivisibile.
Se si pone l’accento sulla centralità del contatto diretto e informale fra le parti, vera chiave di volta della possibilità di successo della mediazione (è questo che afferma la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019) e se si esalta la possibilità che con l’ausilio del mediatore possano essere ricostituiti i rapporti pregressi delle parti (è sempre la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019 ad affermarlo), come si può poi , solo perché nella legge non è stato espresso il divieto, convincentemente predicare che quello stesso legislatore abbia ammesso la valida assenza della parte personalmente?
Al contrario. L’obbligatoria presenza delle parti personalmente è agevolmente e chiaramente manifestata proprio da quanto esattamente la Suprema Corte faceva precedere alla sua non coerente conclusione.
Del resto, va evidenziato che è la stessa Corte nella sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019 a predicare l’esistenza di prescrizioni e contenuti del mandato.
In particolare la S.C. ha ivi affermato che “allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte - deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e - il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto, ovvero essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia”
In realtà tali prescrizioni e contenuti non sono affatto espressi dalla legge.
Diversamente da altre fattispecie dove la legge espressamente lo prevede.
Si pensi:
-all’art. 420 cpc: le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa;
-all’art. 185 cpc : quando è disposta la comparizione personale le parti hanno facoltà di farsi sostituire da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti di causa . La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia.
Con il che è dimostrato che non è necessaria un’espressa previsione legale per potersi affermare la sussistenza del divieto legale della delega a terzo soggetto dell’attività mediatoria, che la parte deve compiere personalmente.
Le seguenti concorrenti considerazioni rafforzano quanto qui ritenuto:
a) per le inevitabili valutazioni, ponderazioni e scelte del tutto discrezionali e non facilmente preventivabili (in sede di conferimento di delega) che il soggetto titolare del diritto può trovarsi ad assumere nel corso degli incontri di mediazione; determinazioni e condotte che sono modulate e influenzate, non secondariamente, dall’atteggiamento delle altre parti coinvolte e dai contributi offerti dal mediatore, ed in definitiva– vero e proprio work in progress - dall’andamento della discussione e delle trattative (ciò è ben noto specialmente a chi conosce e pratica effettivamente la mediazione ed è testimone di quante le volte in cui da un atteggiamento iniziale di totale chiusura si sia infine pervenuti ad un accordo);
b) in quanto solo la parte personalmente conosce intimamente e profondamente quali siano i suoi reali interessi, quali i punti fermi ed irrrinunciabili e quali quelli che tali non sono. Come dire che solo la parte personalmente è portatrice delle necessarie e complete conoscenze degli interessi che muovono il suo agire e in quanto tale capace di disporne secondo ciò che le appare la soluzione più conveniente. L’eventuale paragone con quanto accade nella causa dove il difensore può essere specificamente dotato di poteri dispositivi non coglie nel segno: invero elemento fondamentale che distingue la transazione giudiziale dalla più frequente conciliazione in mediazione è l’assenza, in questa procedura, dei limiti segnati, nella sede giudiziale, dalla causa petendi e dal petitum;
c) va considerato inoltre che la mancanza della presenza personale, è idonea, indirettamente, ad affievolire le possibilità di un accordo, anche per un'altra ragione. Può accadere, che la parte non presente in mediazione (e delegante) rinneghi l’accordo raggiunto dall’avvocato che abbia asserito, verbalizzandolo in mediazione, di rappresentarla. Va ricordato che l’avvocato non ha un potere generale di autenticare la sottoscrizione di una scrittura privata (come confermato dalla citata Suprema Corte 8473/19 del 7.3.2019), qual è di regola una procura, men che meno la procura di un mandato di rappresentanza in mediazione che attinge ad un alto tasso di possibilità di disposizione dei diritti. Il potere di autenticazione dell’avvocato è circoscritto infatti al solo ambito giudiziario, ed in particolare alla autentica della firma del cliente (art. 83 cpc ..in tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore ); anche nel caso in cui avendo il giudice disposto la comparizione personale della parte questa abbia designato un rappresentante che sia a conoscenza dei fatti ed abbia il potere di transigere o conciliare (art.185 cpc). Cosa consegue da ciò ? Che una sottoscrizione (di una procura) non autenticata può essere facilmente messa in discussione dal titolare del diritto, assente in mediazione, che non abbia condiviso (o abbia ripensato la convenienza del)l’accordo negoziato e raggiunto in suo nome dal rappresentante). Come pure che il titolare del diritto (rappresentato) potrà anche nel caso in cui non rinneghi tout court il mandato, contestare un vizio (eccesso, difformità..) dell’attività del mandatario rispetto al contenuto della delega. Tali incertezze concorrono a depotenziare l’efficacia del procedimento di mediazione, allontanando l’obiettivo della stessa, cioè il raggiungimento dell’accordo In definitiva la presenza della parte di persona è una rassicurante garanzia e tutela per le altre parti, oltre che per gli avvocati.
Infine, non coglie nel segno l’obiezione mossa alla ricostruzione sistematica della legge circa la necessità della presenza personale della parte in mediazione, secondo cui, con reductio ad absurdum, la mancata partecipazione personale del convenuto potrebbe dilatare sine die la conclusione della procedura di mediazione e quindi l’accesso dell’attore alla giustizia.
In realtà il decr. lgs. 28/2010 distingue la posizione dell’attore da quella del convenuto.
Solo per l’attore è prevista, per la mediazione obbligatoria e demandata, la sanzione dell’improcedibilità della domanda nel caso in cui non abbia introdotto la procedura di mediazione (o, che è lo stesso 11: l’abbia gestita in modo gravemente viziato, come nel caso in esame, con la sola partecipazione dell’avvocato; ovvero nel caso di non rispetto del termine assegnato dal giudice per l’introduzione che abbia inciso severamente sulle scansioni temporali che legano mediazione e causa 12; ovvero, nella mediazione demandata, si sia fermato al primo incontro informativo 13). Nel caso in cui sia il convenuto a non partecipare (o, per quel che interessa in questo contesto argomentativo, a non partecipare ritualmente) alla mediazione, gli si applicheranno le sanzioni previste dall’art. 8 co.4 bis del decr.lgsl.28/2010, salvo il terzo comma dell’art. 96 cpc; senza che ciò possa impedire di ritenere espletato, ai fini della procedibilità giudiziale della domanda, il procedimento di mediazione ove correttamente introdotto e coltivato dall’istante.

Si deve conclusivamente affermare che la necessaria partecipazione personale, non delegabile a terzo soggetto, salvo casi eccezionali (di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona) che qui non ricorrono, non essendo credibile né verosimile che per ben due occasioni, neppure l’una a ridosso dell’altra, omissis sia stato nell’assoluta impossibilità di presenziare al procedimento di mediazione, è insita nella natura stessa delle attività nelle quali si esplica il procedimento di mediazione e implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione del decr.lgsl.28/2010, nel suo insieme proteso a favorire il raggiungimento di un accordo attraverso l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di un corretto rapporto interpersonale messo in
crisi dal conflitto insorto.
Dichiarata l’improcedibilità della domanda dell’attore, la complessità delle contrastate
questioni, giustifica l’integrale compensazione delle spese.

PQM

Definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta,
così provvede: dichiara improcedibile la domanda di omissis; compensa per intero le spese di causa.
Roma 27.6.2019
Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

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