=> Trib. Fermo, 21 novembre 2013
La figura del giudice
come “compositore di controversie” (tra
l’atro una delle opzioni avanzate dalla sociologia sulla “figura del giudice”,
ovvero, almeno in civile, un “mediatore
di conflitti”) non da ora è nel diritto positivo, e da oggi con chiara scelta legislativa di favor (I) (II).
Va tuttavia osservato che, sebbene le
caratteristiche del mediatore non sono le caratteristiche del giudice in
quanto tale (cioè di chi decide), nessuno
dice che il giudice deve fare delle proposte da cui decisamente traspaia come
la pensa; ciò è evidente in limine
litis, ma anche a fine istruttoria
è così (in quanto l’unico vero ostacolo - in cui è in gioco il diritto
costituzionale di difesa - è che il giudice, con la sua proposta, non deve
spingere la parte che, per motivi psicologici e/o economici , non è in grado di
“reggere” i tempi di un processo medio, ad accettare una proposta che le dia
molto di meno di quanto le spetta o le imponga molto di più di quanto deve dare).
(I) Si veda, in generale, la
tematica “cultura della mediazione” dell’Osservatorio.
(II) Quanto alla proposta conciliativa del giudice ex
art. 185-bis c.p.c., la pronuncia parola precisa – tra l’altro – che a seguito
dell’ultima novella al codice di rito “sono
stati tra l’altro ulteriormente promossi gli istituti finalizzati alla fuoriuscita dal processo”, rispetto
ai quali occorre, tra l’altro, sottolineare la presenza dei seguenti dati: 1. riconoscimento
ope legis a tutti gli avvocati dell’idoneità ad essere mediatori (“riconoscimento il quale, seppure
specificamente previsto con riferimento alla legge speciale sulla cosiddetta
media-conciliazione, non può non essere preso come caratteristica della stessa professione di avvocato”); 2. riconoscimento al giudice di un forte potere-dovere conciliativo; 3. “libertà/informalità della
metodologia con la quale si svolge il tentativo di composizione, con l’unico
limite del coinvolgimento paritario
delle parti”; 4. “tendenziale ricaduta sul regime delle spese in caso di proposta conciliativa
fallita”. Da ciò discende – prosegue il giudice – “la necessità, più che la possibilità, di iniziare sistematicamente una
conciliazione” secondo le seguenti
direttive: 1. responsabilizzazione
dei difensori (“che, sia pure su impulso ed indirizzo del giudice, si
vedono investiti di una proposta che possono gestire ulteriormente con i loro
assistiti, ai fini di una composizione”); 2. “necessità di attivare programmi
sistematici di fuoriuscita dal processo nelle controversie di modesto valore”
(“controversie di valore inferiore ad
euro 10.000, salvo casi particolari da individuare con criteri predeterminati”);
3. “necessità che non si protragga un contenzioso praticamente inutile” (ad
esempio in caso di sentenze pilota). Ne deriva: a. la validità della scelta di operare
in prima battuta con proposta “transattiva” (“che coinvolga anche la possibilità di comunicazione e colloquio, sul
punto, cliente/avvocato”); b. “la selettiva scelta di una convocazione e tentativo diretto di conciliazione
(eventualmente ma non necessariamente culminante in una specifica proposta)
del giudice nei confronti delle parti, previo interrogatorio libero in tutti
quei casi in cui il sistema complessivo appare inefficiente o addirittura
punitivo nei confronti dell'utente della giustizia”.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 38/2014
Tribunale di Fermo
21 novembre 2013
Ordinanza
…Omissis…
Rilevato che, a seguito dell'ultima novella al c.p.c. , sono stati tra
l'altro ulteriormente promossi gli istituti finalizzati alla fuoriuscita dal
processo, rispetto ai quali, per quello che qui interessa, occorre sottolineare
la presenza dei seguenti dati:
1) riconoscimento ope legis a tutti gli avvocati dell'idoneità ad essere
mediatori, riconoscimento il quale, seppure specificamente previsto con
riferimento alla legge speciale sulla cosiddetta media-conciliazione, non può
non essere preso come caratteristica della stessa professione di avvocato;
2) riconoscimento al giudice di un forte potere-dovere conciliativo, già
anticipato, peraltro, da questo stesso giudice in via d'interpretazione sistematica
della pregressa norma (v. ad es. ord. 29.3.011 sez. dist. Di S.E. A Mare, in http://www.studiocataldi.it/);
3) libertà/informalità della metodologia con la quale si svolge il
tentativo di composizione, con l'unico limite del coinvolgimento paritario
delle parti;
4) tendenziale ricaduta sul regime delle spese in caso di proposta
conciliativa fallita.
Se questi sono i punti salienti che individuano il nuovo assetto delle
possibilità di composizione/conciliazione, ne discende la necessità, più che la
possibilità, di iniziare sistematicamente una conciliazione secondo le seguenti
direttive.
1) Responsabilizzazione dei difensori che, sia pure su impulso ed
indirizzo del giudice, si vedono investiti di una proposta che possono gestire
ulteriormente con i loro assistiti, ai fini di una composizione.
2) Necessità di attivare programmi sistematici di fuoriuscita dal processo
nelle controversie di modesto valore, inferiore ad euro 10.000, salvo casi
particolari da individuare con criteri predeterminati.
3) Necessità che non si protragga un contenzioso praticamente inutile in
quanto in tutto o in parte si tratta di questioni "seriali" su cui il
giudice si è già pronunciato, magari con sentenze "pilota" (es. ,
rapporti bancari in materia di anatocismo e cms).
Ne deriva la validità di continuare la scelta, fatta propria da questo
giudice nel corso di tutto l'anno 2011 e parte del 2012, di operare in prima
battuta con proposta "transattiva", che coinvolga anche la
possibilità di comunicazione e colloquio, sul punto, cliente/avvocato . Ne
deriva altresì la selettiva scelta di una convocazione e tentativo diretto di conciliazione
(eventualmente ma non necessariamente culminante in una specifica proposta) del
giudice nei confronti delle parti, previo interrogatorio libero in tutti quei
casi in cui il sistema complessivo appare inefficiente o addirittura punitivo
nei confronti dell'utente della giustizia: caso classico le divisioni
immobiliari, vera e propria iattura per le parti (visto l'obsoleto impianto
normativo) le quali non hanno altra colpa che quella di voler dividere un bene
comune , ancorché in disaccordo sui criteri di divisione stessa.
Alla luce di quanto sopra, ritiene questo giudice che la presente
controversia rientri nel tentativo transattivo di cui all'art. 185 bis c.p.c. ,
in particolare , essendo ormai pacifica tra gli interpreti la doverosa
applicazione a tutti i procedimenti pendenti alla data dell'introduzione del
predetto articolo 185 bis delle norme in esso contenute (Trib. Milano, Sez. X,
ord. 4.7.2013; Trib. Nocera Inferiore, I Sez. Civile, ord. 27/08/2013; Trib.
Milano, sez. IX civ., decr. 26.6.2013; Trib. Roma Sez.XIII, 23.9.2013, tutti provvedimenti
reperibili sul web); rimane il contrasto tra gli interpreti e nella
giurisprudenza se, attenendosi al dato letterale della novella, la sussistenza
di tale potere-dovere sia temporalmente condizionata, per la portata della
"...sua interpretazione letterale, in quanto l'espressione "sino a
quando è esaurita l'istruzione" indica esplicitamente come limite
dell'attività del giudice di formulare i termini della transazione o della
conciliazione quello della fase istruttoria; dall'interpretazione logico
sistematica, in quanto stabilire il potere dovere del giudice di formulare, non
potendo ciò avvenire se non in termini sufficientemente specifici e
dettagliati, alle parti una ipotesi conciliativa o transattiva della controversia,
in una fase in cui è già chiusa l'attività istruttoria e non resta che
rimettere le parti alla decisione, significherebbe imporre al giudice di
anticipare esplicitando il contenuto della ipotesi transattiva/conciliativa la
sua probabile decisione finale, senza che agli atti possa sopravvenire alcun
nuovo elemento istruttorio utilizzabile per la decisione..." . Tanto che
il predetto potere si differenzierebbe, nella prospettiva del provvedimento
appena richiamato, da quello, il quale pure si ritiene sussistente anche dopo
la novella del 2006 che l'avrebbe abrogato, consistente nella possibilità del
giudice di far conciliare le parti, fattispecie che per l'appunto si evidenzia
quale ipotesi in cui "...il giudice non sia chiamato a farsi promotore del
contenuto di una transazione/conciliazione da sottoporre all'accettazione delle
parti, ma sia chiamato più semplicemente ad esperire il tentativo di
conciliazione ex art 185 cpc, la legge non pone momenti preclusivi, stabilendo
che la facoltà del giudice può essere esercitata in qualunque stato e grado del
processo, ex art. 117 cpc e art. 185 comma 1 cpc..." (così Trib. Milano,
Sez. X, ord. 4.7.2013,cit.), distinzione che peraltro non convince in quanto
tende ad operare una rigida differenziazione tra la funzione facilitativa della
composizione della lite, priva di una specifica proposta, ed una funzione più
specificamente propositiva, differenziazione che non solo non trova, questa sì,
corrispondenza del diritto positivo, ma che pone irragionevoli differenziazioni
di trattamento nell'ambito dello stesso giudizio ordinario, a seconda che
l'istruttoria sia chiusa o meno, ed inoltre si pone in contrasto con la
modularità e l'atipicità degli strumenti che appaiono elementi qualificanti,
come sopra accennato, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali del
processo e dei diritti indefettibili delle parti, del potere-dovere del
giudice, il quale tra l'altro, se si aderisse all'interpretazione appena
richiamata, nel secondo caso non sarebbe più potere-dovere ma una mera facoltà
discrezionale del giudice stesso; peraltro la stessa modularità ed elasticità
degli strumenti sembra essere stata bene apprezzata da altro orientamento dei
giudici di merito (Trib. Roma Sez. XIII, 23.9.2013, cit.) che nell'ambito di questa
modularità tende, in più, a ricomprendere la stessa media-conciliazione
delegata dal giudice.
La sostanziale omogeneità strutturale dei vari poteri a disposizione del
giudice quale conciliatore - in un'ottica la quale è certamente deflattiva ma
appare portatrice di molte altre istanze, negli stessi interessi dei soggetti
che contendono nel processo - appare pienamente apprezzabile sol che si pensi
che la disposizione ha reintrodotto un obbligo, per il giudice, già previsto
dalla precedente formulazione dell'art. 183 c.p.c., prima della riforma del
2005 (entrata in vigore a marzo 2006). La vecchia norma, infatti, disponeva
che, in prima udienza di trattazione, il giudice istruttore, interrogate le
parti, quando la natura della controversia lo consentiva, tentasse la
conciliazione.
Aspetti peculiari di una proposta di composizione della lite che venga
ad istruttoria chiusa non possono negarsi, ma ad altri livelli: è evidente che
il vantaggio per il sistema e per gli stessi interessati (anche in termine di risparmio
sui costi delle spese processuali) è più modesto quando una composizione
avviene a ridosso di una sentenza piuttosto che all'inizio della causa.
Tuttavia la questione va posta nell'arco dell'intero eventuale giudizio, tenuto
conto che l'accordo transattivo o conciliativo ragionevolmente preclude ulteriori
gradi di giudizio, che, quanto ai tempi, sono superiori a quelli di primo grado.
Inconsistente appare la questione relativa al vulnus della terzietà del
giudice, obiezione già battuta in breccia da parecchio avveduti commentatori
(il giudice si pronuncia spesso nel merito anche ammettendo le prove, negando o
concedendo la provvisoria esecuzione del d.i., ecc.) ma che pure è dura a
morire nonostante l’attuale espressa previsione normativa . Piuttosto appare
curioso notare che censure uguali e contrarie sono state avanzate proprio sulla
proposta in limine litis, in cui il giudice non avrebbe ancora sufficienti
elementi , e si affiderebbe solo al suo intuito, con l’alea che ne deriva . Il
che equivale a dire che, troppo presto o troppo tardi , è proprio la figura del
giudice come "compositore di controversie" che non si accetta (eppure
questa è proprio una delle opzioni avanzate dalla sociologia sulla "figura
del giudice" , cioè, almeno in civile, un "mediatore di
conflitti") ma che non da ora è nel diritto positivo, da oggi con chiara
scelta legislativa di favor.
Considerato, infine che, semmai, unica obiezione di spessore, di rilievo
pratico è che, una volta che il giudice abbia effettuato una proposta da cui si
capisce chiaramente come la pensa, la parte che si sente favorita da questo
modo di pensare preferisca aspettare la sentenza piuttosto che adeguarsi alla
composizione.
Anche questa osservazione, a ben vedere, denota però una sostanziale
superficialità nella conoscenza dei fini e della struttura di una possibile
"mediazione dei
conflitti".
Innanzitutto chi ha ragione e rifiuti la transazione potrebbe esporsi al
rischio di una compensazione delle spese , soprattutto quando, e si tratta
della stragrande maggioranza dei casi, chi vince non ottiene quasi mai il 100 %
del suo petitum, ma una somma sostanzialmente inferiore ( 90 % o meno ancora).
Poi - e questo è fondamentale per le caratteristiche del mediatore, che
non sono le caratteristiche del giudice in quanto tale, cioè di chi decide -
nessuno dice che il giudice deve fare delle proposte da cui decisamente
traspaia come la pensa. Ciò è evidente in limine litis, ma anche a fine
istruttoria è così, in quanto l'unico vero ostacolo - in cui è in gioco il
diritto costituzionale di difesa - è che il giudice, con la sua proposta, non
deve spingere la parte che, per motivi psicologici e/o economici , non è in
grado di “reggere” i tempi di un processo medio, ad accettare una proposta che
le dia molto di meno di quanto le spetta o le imponga molto di più di quanto
deve dare. E' appena il caso di dire che questo giudice non ha riscontrato ex
post, per quanto è stato possibile, nella sua non brevissima sperimentazione
della "proposta transattiva", inconvenienti del genere.
Di talché viene fatta alla parti la seguente proposta:
Corresponsione, da parte del convenuto, della somma di euro 5000
omnicomprensiva di quota di spese processuali. Invita le parti a prendere
esplicita posizione, anche per il tramite dei loro difensori, sulla proposta di
cui sopra, fissando udienza, previa rimessione in istruttoria, al 19.12.013 ore
10.30.
Si comunichi
Fermo lì 21.11.2013. Il Giudice dr. Cesare Marziali
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità.