DIRITTO D'AUTORE


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29 settembre 2019

36/19. Accordo di mediazione, procedimento di omologa: esenzione dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto? (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2019)

Di seguito quanto esposto dal Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile, con provvedimento 22 gennaio 2019 (Foglio Informativo n. 1-2/2019)

QUESITO
Circa il regime fiscale agevolato previsto in materia di mediazione civile, l’esenzione dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di cui all’art.17, d.lgs. 28/2010 può estendersi anche al procedimento di omologa?

RISPOSTA
del Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile
In materia di mediazione, l’esenzione prevista dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010 deve ritenersi circoscritta agli atti, documenti e provvedimenti relativi al “procedimento di mediazione” che ha inizio e si conclude dinanzi agli organismi di mediazione, e non può estendersi al procedimento di omologa che si pone al difuori della mediazione (Questa soluzione interpretativa, già espressa con nota del 28 febbraio 2018, ha ricevuto la condivisione dell’Agenzia delle entrate, consulenza giuridica n. 956-3/2018: “il decreto di omologa non può né considerarsi come una fase del procedimento di mediazione - che, infatti, si conclude con la sottoscrizione dell'accordo di mediazione - né farsi rientrare nel contenuto del verbale di mediazione”) (I) (II).

(I) Il grassetto e i collegamenti ipertestuali sono a cura della Redazione dell’Osservatorio.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2019

26 settembre 2019

35/19. No alla presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega (Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2019)

=> Tribunale di Roma, 27 giugno 2019, n. 13630

Va affermata, in senso opposto a Cassazione civile 7.3.2019, n. 8473, la necessaria partecipazione personale in mediazione, non delegabile a terzo soggetto, salvo casi eccezionali di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona; essa è insita nella natura stessa della mediazione, nonché implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione del d.lgs. 28/2010, nel suo insieme proteso a favorire il raggiungimento di un accordo attraverso l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di un corretto rapporto interpersonale messo in crisi dal conflitto insorto. È in particolare esclusa dalla legge alla radice la presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega del cliente (I) (II).

(I) Si vedano, in particolare, gli artt. 5, 8 e 12, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

(II) Per approfondimenti si veda SPINA, Mediazione obbligatoria: necessaria la presenza personale della parte, Altalex, 2019.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2019

Tribunale di Roma
Sentenza
sentenza 27.06.2019, n. 13630

Omissis

La questione che va affrontata, attesane la pertinenza al caso di specie nel quale omissis non era presente di persona a nessuno degli incontri, è la risposta all’interrogativo se nella mediazione obbligatoria (di questo trattasi nella fattispecie, ma il quesito attinge sicuramente anche alla mediazione demandata dal giudice) sia necessaria e indispensabile, salvo giustificato motivo, la presenza personale delle parti.
Sulla questione sono state esposte due opinioni contrastanti.
La pressoché unanime giurisprudenza di merito 1 ritiene necessaria e inderogabile, salve obiettive e valide giustificazioni, la presenza personale della parte.
Si sostiene, al contrario:
- come nessuna disposizione di legge (né in particolare il decr.lgsl.28/2010) introduca chiaramente e univocamente una deroga alla generale possibilità, in materia di diritti disponibili e atti non personalissimi, di conferire mandato con rappresentanza ad altro soggetto (che ben potrebbe essere anche lo stesso avvocato difensore nella causa alla quale pertiene la mediazione);
- che diversamente opinando si determinerebbe un’irrazionale trattamento fra chi non compare affatto in mediazione (soggetto solo alla sanzione del pagamento di una somma pari al contributo unificato) e chi invece abbia partecipato, sia pure a mezzo della sola presenza del rappresentante;
- che diversamente opinando si aprirebbero le porte a pratiche dilatorie del convocato che potrebbe differire sine die, presenziando solo con il rappresentante, la procedura di mediazione.
I rilievi che precedono non sono decisivi per contrastare il diverso e contrario assunto.
Va considerato che la legge dispone, per la mediazione obbligatoria e demandata, la partecipazione della parte, assistita dall’avvocato.
E’ allora quanto mai opportuno, in questo caso, il richiamo all’art. 12 delle preleggi al cc: che così dispone: Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Dal che ne discende che è escluso dalla legge alla radice che possa ritenersi ritualmente instaurato il procedimento di mediazione con la presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega del cliente 5; mentre rimane da esaminare la diversa situazione nella quale oltre all’avvocato, vi sia un altro soggetto munito del potere di rappresentanza della parte assente di persona.
La Suprema Corte ha rilevato, con la sentenza di cui alla nota 3, che non vi è alcuna norma espressa che faccia divieto della rappresentanza della parte fisica in mediazione e che quando la legge lo ha voluto vietare, come nel caso dell’interrogatorio formale, lo ha previsto (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit). Salvo a volere ammettere (?) che l’avvocato.. possa assistere se stesso, che è precisamente la situazione che si realizzerebbe laddove si ammettesse che l’avvocato possa svolgere al tempo stesso il ruolo di rappresentante della parte e di assistente della parte stessa.
Cionondimeno, è lecito interrogarsi se il divieto possa essere ricavato, pur in mancanza di una norma espressa, dall’insieme delle norme che regolano la mediazione e quindi dalla natura, dalle caratteristiche e dalla funzione propria di questo istituto.
La richiamata maggioritaria giurisprudenza di merito non ammette, per le (sole) persone fisiche 6 e salva la presenza di un giustificato motivo, la rappresentanza in mediazione della parte richiedendo la presenza personale (cfr. giurisprudenza costante, ex multis https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/mediazione-demandata-dal-giudicenecessaria-
la-presenza-personale-delle-parti-e-leffettiva-partecipazione-allaprocedura.html).
A tale conclusione si ritiene si possa pervenire attraverso l’interpretazione letterale, sistematica e teleologica del decreto legislativo 28/2010. Nonché traendo argomento dalla stessa sentenza della Suprema Corte 8473/19 del 7.3.2019.
Si rinvengono nel decr.lgsl.28/10, numerosi riferimenti testuali, alle parti in aggiunta agli avvocati.
L’art. 8 primo comma terzo periodo dispone che al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. E prosegue, prevedendo che durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.
Occorre chiedersi se l’espressione “parte” possa essere correttamente interpretata, indifferentemente, sia come parte fisica personalmente presente e sia come parte fisica non presente ma rappresentata da un terzo.
La risposta negativa a una tale ambivalente interpretazione si reputa possa essere tratta da convergenti riferimenti logici e normativi che inducono a ritenere che la giusta accezione della parola parte (fisica) sia solo quella riferita al soggetto, personalmente presente, titolare dei diritti oggetto di contesa.
Appare utile a tal fine analizzare i contenuti dell’istituto, in tal modo facendo emergere:
a. l’aspetto dinamico della mediazione, intesa come procedimento nell’ambito del quale una parte incontra l’altra parte, e si giova, con l’assistenza degli avvocati, della presenza fattiva di un soggetto terzo, il mediatore, deputato ad aiutare e facilitare le parti a focalizzare e fare emergere i loro più pregnanti interessi come pure a individuare i possibili punti di incontro degli opposti punti di vista, al fine del raggiungimento di un accordo che prevenga o ponga fine ad una lite, e
b. la mediazione, in senso statico, vista nel suo tratto finale e conclusivo dell’accordo raggiunto.
E se per questo secondo aspetto, che attinge niente di più e niente di meno che alla realizzazione e composizione di un negozio giuridico, in ambito di diritti disponibili, è agevole ammettere la rappresentanza della parte, non altrettanto può dirsi per la mediazione nell’accezione di cui alla lettera a) che precede.
E’ utile ricordare che è la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza citata, a tratteggiare, in modo corretto, la natura e le caratteristiche della procedura di mediazione.
Si tratta, recita la sentenza, di “un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali.
Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie all’ interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali”. Ed ancora: ..”come si è detto, il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti”
A ben vedere quindi, è la stessa sentenza della S.C. n. 8473/19 del 7.3.2019 che predica, in armonia con le caratteristiche normative dell’istituto, la necessaria presenza personale della parte in mediazione.
Né vi è, in via di principio, alcuna necessità che ciò debba essere dichiarato espressamente dalla legge. L’importante è che la voluntas legis in questa direzione sia sufficientemente chiara e certa.
L’affermazione, contenuta nella stessa sentenza della Suprema Corte., della delegabilità ad altro soggetto della partecipazione, costituisce pertanto un non sequitur del ragionamento, fino ad un certo punto invece chiaro lineare e condivisibile.
Se si pone l’accento sulla centralità del contatto diretto e informale fra le parti, vera chiave di volta della possibilità di successo della mediazione (è questo che afferma la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019) e se si esalta la possibilità che con l’ausilio del mediatore possano essere ricostituiti i rapporti pregressi delle parti (è sempre la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019 ad affermarlo), come si può poi , solo perché nella legge non è stato espresso il divieto, convincentemente predicare che quello stesso legislatore abbia ammesso la valida assenza della parte personalmente?
Al contrario. L’obbligatoria presenza delle parti personalmente è agevolmente e chiaramente manifestata proprio da quanto esattamente la Suprema Corte faceva precedere alla sua non coerente conclusione.
Del resto, va evidenziato che è la stessa Corte nella sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019 a predicare l’esistenza di prescrizioni e contenuti del mandato.
In particolare la S.C. ha ivi affermato che “allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte - deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e - il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto, ovvero essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia”
In realtà tali prescrizioni e contenuti non sono affatto espressi dalla legge.
Diversamente da altre fattispecie dove la legge espressamente lo prevede.
Si pensi:
-all’art. 420 cpc: le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa;
-all’art. 185 cpc : quando è disposta la comparizione personale le parti hanno facoltà di farsi sostituire da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti di causa . La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia.
Con il che è dimostrato che non è necessaria un’espressa previsione legale per potersi affermare la sussistenza del divieto legale della delega a terzo soggetto dell’attività mediatoria, che la parte deve compiere personalmente.
Le seguenti concorrenti considerazioni rafforzano quanto qui ritenuto:
a) per le inevitabili valutazioni, ponderazioni e scelte del tutto discrezionali e non facilmente preventivabili (in sede di conferimento di delega) che il soggetto titolare del diritto può trovarsi ad assumere nel corso degli incontri di mediazione; determinazioni e condotte che sono modulate e influenzate, non secondariamente, dall’atteggiamento delle altre parti coinvolte e dai contributi offerti dal mediatore, ed in definitiva– vero e proprio work in progress - dall’andamento della discussione e delle trattative (ciò è ben noto specialmente a chi conosce e pratica effettivamente la mediazione ed è testimone di quante le volte in cui da un atteggiamento iniziale di totale chiusura si sia infine pervenuti ad un accordo);
b) in quanto solo la parte personalmente conosce intimamente e profondamente quali siano i suoi reali interessi, quali i punti fermi ed irrrinunciabili e quali quelli che tali non sono. Come dire che solo la parte personalmente è portatrice delle necessarie e complete conoscenze degli interessi che muovono il suo agire e in quanto tale capace di disporne secondo ciò che le appare la soluzione più conveniente. L’eventuale paragone con quanto accade nella causa dove il difensore può essere specificamente dotato di poteri dispositivi non coglie nel segno: invero elemento fondamentale che distingue la transazione giudiziale dalla più frequente conciliazione in mediazione è l’assenza, in questa procedura, dei limiti segnati, nella sede giudiziale, dalla causa petendi e dal petitum;
c) va considerato inoltre che la mancanza della presenza personale, è idonea, indirettamente, ad affievolire le possibilità di un accordo, anche per un'altra ragione. Può accadere, che la parte non presente in mediazione (e delegante) rinneghi l’accordo raggiunto dall’avvocato che abbia asserito, verbalizzandolo in mediazione, di rappresentarla. Va ricordato che l’avvocato non ha un potere generale di autenticare la sottoscrizione di una scrittura privata (come confermato dalla citata Suprema Corte 8473/19 del 7.3.2019), qual è di regola una procura, men che meno la procura di un mandato di rappresentanza in mediazione che attinge ad un alto tasso di possibilità di disposizione dei diritti. Il potere di autenticazione dell’avvocato è circoscritto infatti al solo ambito giudiziario, ed in particolare alla autentica della firma del cliente (art. 83 cpc ..in tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore ); anche nel caso in cui avendo il giudice disposto la comparizione personale della parte questa abbia designato un rappresentante che sia a conoscenza dei fatti ed abbia il potere di transigere o conciliare (art.185 cpc). Cosa consegue da ciò ? Che una sottoscrizione (di una procura) non autenticata può essere facilmente messa in discussione dal titolare del diritto, assente in mediazione, che non abbia condiviso (o abbia ripensato la convenienza del)l’accordo negoziato e raggiunto in suo nome dal rappresentante). Come pure che il titolare del diritto (rappresentato) potrà anche nel caso in cui non rinneghi tout court il mandato, contestare un vizio (eccesso, difformità..) dell’attività del mandatario rispetto al contenuto della delega. Tali incertezze concorrono a depotenziare l’efficacia del procedimento di mediazione, allontanando l’obiettivo della stessa, cioè il raggiungimento dell’accordo In definitiva la presenza della parte di persona è una rassicurante garanzia e tutela per le altre parti, oltre che per gli avvocati.
Infine, non coglie nel segno l’obiezione mossa alla ricostruzione sistematica della legge circa la necessità della presenza personale della parte in mediazione, secondo cui, con reductio ad absurdum, la mancata partecipazione personale del convenuto potrebbe dilatare sine die la conclusione della procedura di mediazione e quindi l’accesso dell’attore alla giustizia.
In realtà il decr. lgs. 28/2010 distingue la posizione dell’attore da quella del convenuto.
Solo per l’attore è prevista, per la mediazione obbligatoria e demandata, la sanzione dell’improcedibilità della domanda nel caso in cui non abbia introdotto la procedura di mediazione (o, che è lo stesso 11: l’abbia gestita in modo gravemente viziato, come nel caso in esame, con la sola partecipazione dell’avvocato; ovvero nel caso di non rispetto del termine assegnato dal giudice per l’introduzione che abbia inciso severamente sulle scansioni temporali che legano mediazione e causa 12; ovvero, nella mediazione demandata, si sia fermato al primo incontro informativo 13). Nel caso in cui sia il convenuto a non partecipare (o, per quel che interessa in questo contesto argomentativo, a non partecipare ritualmente) alla mediazione, gli si applicheranno le sanzioni previste dall’art. 8 co.4 bis del decr.lgsl.28/2010, salvo il terzo comma dell’art. 96 cpc; senza che ciò possa impedire di ritenere espletato, ai fini della procedibilità giudiziale della domanda, il procedimento di mediazione ove correttamente introdotto e coltivato dall’istante.

Si deve conclusivamente affermare che la necessaria partecipazione personale, non delegabile a terzo soggetto, salvo casi eccezionali (di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona) che qui non ricorrono, non essendo credibile né verosimile che per ben due occasioni, neppure l’una a ridosso dell’altra, omissis sia stato nell’assoluta impossibilità di presenziare al procedimento di mediazione, è insita nella natura stessa delle attività nelle quali si esplica il procedimento di mediazione e implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione del decr.lgsl.28/2010, nel suo insieme proteso a favorire il raggiungimento di un accordo attraverso l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di un corretto rapporto interpersonale messo in
crisi dal conflitto insorto.
Dichiarata l’improcedibilità della domanda dell’attore, la complessità delle contrastate
questioni, giustifica l’integrale compensazione delle spese.

PQM

Definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta,
così provvede: dichiara improcedibile la domanda di omissis; compensa per intero le spese di causa.
Roma 27.6.2019
Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

24 settembre 2019

34/19. Opposizione a decreto ingiuntivo, mediazione e improcedibilità: questione rimessa alle Sezioni Unite (Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2019)

=> Cassazione civile, 12 luglio 2019, n. 18741

Posto che con riguardo al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo il legislatore non indica chi, fra l'opposto e l'opponente, debba ritenersi onerato della proposizione dell'istanza di mediazione (l’art. 5, comma 1-bis d.lgs. 28/2010 onera all’attivazione della mediazione quale condizione di procedibilità “chi intende esercitare in giudizio una azione” e il comma 4 prevede, fra l'altro, che l'indicata disciplina non si applica ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione), sussiste il presupposto che giustifica la rimessione alle Sezioni Unite con riferimento alla necessità di accertare su quale soggetto ricadano le conseguenze negative dell'improcedibilità, nel caso di mancata proposizione dell'istanza nonostante il termine assegnato dal giudice (si può sostenere, come affermato da Cass. 3 dicembre 2015, n. 24629, che l'onere processuale ricada in capo al debitore opponente in quanto parte interessata all'instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, al fine di evitare che il decreto acquisti esecutorietà e passi in cosa giudicata, ovvero che l'onere processuale sia a carico del creditore ingiungente in quanto l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e, nel caso dell'opposizione a decreto ingiuntivo, attore in senso sostanziale è l'ingiunto che ha proposto la domanda di ingiunzione). Entrambe le posizioni evidenziate sono assistite da valide ragioni tecniche e appaiono essere proiezione di diversi principi. La vastità del contenzioso interessato dalla mediazione, ed il diffuso ricorso al procedimento monitorio, richiedono a parere del Collegio, in considerazione dei presupposti evidenziati, la rilevanza nomofilattica della pronuncia delle Sezioni Unite (I) (II).



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2019

Corte Suprema di Cassazione
Sezione terza civile
Ordinanza
12 luglio 2019 n. 18741

Omissis

In data 8 aprile 2015 Banco omissis s.p.a. (in seguito omissis Banca s.p.a.) notificò a omissis e omissis il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Treviso per l'importo di Euro 88.751,46 quale saldo debitore di conto corrente oltre interessi. Proposero opposizione gli ingiunti, proponendo altresì domanda riconvenzionale di risarcimento del danno. Si costituì la parte opposta chiedendo il rigetto dell'opposizione. A seguito di riserva alla seconda udienza, con ordinanza di data 14 febbraio 2016 fu concessa la provvisoria esecuzione del decreto limitatamente ad un diverso importo ed assegnato termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Con sentenza di data 29 dicembre 2016 il Tribunale adito dichiarò l'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo e della domanda riconvenzionale. Osservò il Tribunale che la mediazione non era stata esperita e che il relativo onere incombeva sull'opponente. Con ordinanza ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., comunicata in data 26 luglio 2017, la Corte d'appello di Venezia dichiarò inammissibile l'appello proposto da omissis e omissis.
Hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale omissis e omissis sulla base di un motivo. Resiste con controricorso la parte intimata.
Con il motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che, come riconosciuto da numerose pronunce di merito successivamente alla decisione di legittimità del 2015, l'onere di presentare la domanda di mediazione è a carico del creditore opposto che ha proposto la domanda di ingiunzione in quanto attore sostanziale.
Va premesso che, in base al D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in una delle materie indicate dalla medesima disposizione, fra cui quella del caso di specie (contratti bancari), è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione, previsto dal medesimo decreto legislativo, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Se la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di durata del procedimento di mediazione (non superiore a tre mesi). Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda. Il termine, secondo quanto si evince dalla disciplina indicata, è assegnato contestualmente alle parti, ma è evidente che è interesse della parte che ha proposto la domanda esperire il procedimento di mediazione, posto che ne va della stessa procedibilità della domanda.
Il comma 4 dell'art. 5 prevede, fra l'altro, che l'indicata disciplina non si applica ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. Ne discende che, costituendo i provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. una mera eventualità nel processo, il procedimento di mediazione potrebbe non trovare per nulla applicazione nell'opposizione a decreto ingiuntivo. Inoltre mentre per l'esecuzione provvisoria è previsto che il giudice istruttore provveda in prima udienza, non altrettanto è disposto per la sospensione dell'esecuzione provvisoria concessa in sede di emissione del decreto ingiuntivo. La disciplina dell'eccezione o rilievo d'ufficio alla prima udienza dovrebbe quindi essere coordinata con la specialità del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.
Benchè il legislatore non indichi chi, fra l'opposto e l'opponente debba ritenersi onerato della proposizione dell'istanza di mediazione, si deve accertare su quale soggetto ricadano le conseguenze negative dell'improcedibilità, nel caso di mancata proposizione dell'istanza nonostante il termine assegnato dal giudice.
Ciascuna delle due opzioni in ordine all'esperimento della mediazione, quella grava il debitore opponente e quella che grava il credito opposto, è assistita da ragioni tecniche.
Si può sostenere in primo luogo, come affermato da Cass. 3 dicembre 2015, n. 24629, che l'onere processuale ricada in capo al debitore opponente in quanto parte interessata all'instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, posto che, in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto acquista esecutorietà e passa in cosa giudicata. Proprio perchè la parte interessata ad instaurare il giudizio di cognizione, ed a coltivarlo affinchè pervenga alla decisione di merito, è il debitore opponente, su di lui dovrebbero ricadere le conseguenze negative nel caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione.
Per contro si può sostenere che l'onere processuale sia a carico del creditore ingiungente. Militerebbe in tal senso la circostanza che l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che nel caso dell'opposizione a decreto ingiuntivo, come è noto, attore in senso sostanziale è l'ingiunto che ha proposto la domanda di ingiunzione. Con la proposizione dell'opposizione la vertenza torna ad essere quella dell'accertamento dell'an e del quantum del credito in sede di cognizione piena e il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5 onera dell'attivazione della condizione di procedibilità "chi intende esercitare in giudizio un'azione".
Per il vero, stante la funzione discriminante ai fini dell'applicazione della disciplina in discorso dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649, è stato anche proposto in dottrina che l'onere sia in capo all'opposto qualora sia stata disposta la sospensione dell'esecuzione provvisoria e in capo all'opponente se sia stata concessa l'esecuzione provvisoria del decreto, ma la soluzione interpretativa, a parte l'assenza di un chiaro fondamento normativo, non pare al Collegio condivisibile perchè disarticola l'onere processuale dalla domanda, ovvero dall'atto di opposizione, laddove invece l'esperimento della mediazione resta condizione di procedibilità della domanda.
Le due indicate posizioni sono in realtà proiezione di principi costituzionali. Per quanto concerne la tesi dell'onere a carico del debitore opponente il principio di riferimento è stato illustrato da Cass. 3 dicembre 2015, n. 24629 nei seguenti termini: "attraverso il decreto ingiuntivo l'attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell'efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E' l'opponente che ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E' dunque sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria perchè è l'opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perchè premierebbe la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice". Si fa quindi riferimento in questo caso, oltre che alle ragioni proprie del procedimento monitorio, ispirate ad efficienza ed economia processuale, al principio costituzionale di ragionevole durata del processo.
Per quanto concerne la tesi dell'onere a carico del creditore opposto l'esigenza che viene in rilievo è quella che l'accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall'art. 24 Cost., come affermato da Corte Cost. 16 aprile 2014, n. 98 (e non deve violare il principio della tutela giurisdizionale effettiva, come affermato da Corte giust. 18 marzo 2010, cause riunite C-317/08, C318/08, C-319/08 e C-320/08 in relazione al tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di comunicazioni elettroniche).
Il diritto di agire in giudizio, in termini di diritto di accertamento negativo del credito, potrebbe essere compromesso dall'esecutività ed immutabilità del decreto ingiuntivo che conseguirebbe alla pronuncia di improcedibilità per non avere il debitore opponente assolto l'onere a suo carico, senza che tale ipotesi possa equipararsi a quella dell'acquisto dell'efficacia esecutiva da parte del decreto per effetto dell'estinzione del processo (art. 653 c.p.c., comma 1), la quale è conseguenza dell'inattività della parte all'interno del processo, una volta che il diritto di azione sia stato esercitato, mentre nell'ipotesi in esame l'irretrattabilità del decreto ingiuntivo, e la relativa perdita del diritto di agire in giudizio, deriverebbero dall'inattività relativa ad un rimedio preventivo rispetto al processo.
Nel caso invece di onere incombente sul creditore opposto, alla pronuncia in rito di improcedibilità dovrebbe accompagnarsi la revoca del decreto ingiuntivo, ma resterebbe pur sempre ferma la possibilità per il creditore di riproporre la domanda (anche di semplice ingiunzione).
Ritiene il Collegio che sussista il presupposto della questione di massima di particolare importanza che giustifica la rimessione alle Sezioni Unite.  Entrambe le posizioni evidenziate sono assistite da valide ragioni tecniche e appaiono essere proiezione di diversi principi. La questione riveste particolare importanza perchè tocca un tema sul quale, per riprendere le parole di (con cui fu chiesta la valutazione di opportunità della rimessione alle Sezioni Unite in ordine alla questione della fattibilità del concordato preventivo), "si registra non solo un ampio dibattito in dottrina ma anche un tuttora non sopito contrasto nella giurisprudenza di merito, reso più acuto dalla frequenza delle questioni che in siffatta materia vengono sottoposte a giudizio". La vastità del contenzioso interessato dalla mediazione (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari), ed il diffuso ricorso al procedimento monitorio, richiedono a parere del Collegio, in considerazione dei presupposti evidenziati, la rilevanza nomofilattica della pronuncia delle Sezioni Unite.

PQM

La corte rimette gli atti al Primo presidente per consentirgli di valutare l'opportunità che il ricorso sia sottoposto all'esame delle Sezioni Unite.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

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