DIRITTO D'AUTORE


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30 marzo 2015

14/15. Mediazione, primo incontro: a verbale l’indicazione della parte che non vuole proseguire (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2015)

=> Tribunale di Pavia, 9 marzo 2015

Disposta dal giudice la mediazione, il suo tempestivo esperimento – presenti le parti o i loro procuratori speciali (se a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare) e i loro difensori – è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, non potendosi di contro considerarsi esperita la mediazione con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti. Il Giudice può invitare il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari eventualmente di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare.





Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2015

Tribunale di Pavia
Sezione III
Ordinanza
9 marzo 2015

Omissis

Da una delibazione degli atti e dei documenti del fascicolo; dall’esito dell’ interrogatorio libero esperito anche a fini conciliativi all’ultima udienza del 4.03.2015; dalla disponibilità delle parti manifestata in esito al fallimento del tentativo di conciliazione giudiziale, discende l’opportunità di disporre l’esperimento di una procedura di mediazione, previa proposta giudiziale di conciliazione della lite.

Visto l’art. 185 bis, c.p.c., considerata la natura della causa, il valore della lite e le questioni di diritto non particolarmente complesse che vengono in considerazione nel presente giudizio.

Si propone alle parti di definire amichevolmente la lite nel modo seguente: la società opponente s’impegni ad effettuare un pagamento, a saldo e stralcio in favore dell’opposto, per il titolo dedotto in giudizio, della somma di € 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), da intendersi onnicomprensive di capitale, interessi e concorso nelle spese legali (al lordo di tutti gli accessori). La somma potrà essere corrisposta in parte alla conclusione dell’accordo e in parte in rate mensili.

Si invitano i difensori, ove condividessero l’opportunità della proposta transattiva giudiziale, a prendere contatto tra loro per definire le concrete modalità del pagamento, invitandoli, ove preferissero formalizzare l’accordo in un verbale di conciliazione giudiziale, ad avanzare apposita istanza di anticipazione dell’udienza.

In caso di mancato accordo - da accertarsi a cura dei difensori entro il termine perentorio del 15.04.2015 - sulla sopra formulata proposta giudiziale o su altra liberamente determinabile nell’esercizio dell’autonomia negoziale delle parti Dispone come segue Considerato lo stato dell’istruzione, la natura della causa e il comportamento delle parti.

Ritenuto opportuno ordinare il tentativo di mediazione in vista di una possibile conciliazione della lite, alla luce degli elementi in fatto e di diritto già emersi.

Ritenuto che il tentativo di mediazione non possa considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, essendo evidente che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione ed essendo al contrario necessaria la partecipazione delle parti personalmente - o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare - che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre l’incontro preliminare (ex multis, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14; Trib. Roma, Ord. 30.06.14; Trib. Firenze, Ord. 26.11.2014; Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15).

Viste le modifiche introdotte dal D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla L. 98/2013.

P.Q.M.

Letto ed applicato l’art. 5, co. 2, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, Ordina alle parti, in caso di mancato accordo entro il 15.04.2015 sulla proposta giudiziale sopra formulata, l’esperimento del procedimento di mediazione, ponendo l’onere dell’avvio della procedura a carico della parte più diligente e avvisando entrambe le parti che, per l’effetto, il tempestivo esperimento del tentativo di mediazione – presenti le parti o i loro procuratori speciali e i loro difensori - sarà condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che, considerato che il giudizio sulla mediabilità della controversia è già dato con il presente provvedimento, la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti.

Visti gli artt. 8, co. 4-bis, d.lgs. 28/2010, 116, co. 2, 91 e 96 c.p.c., invita il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare.

Ordina alla parte più diligente di allegare la presente ordinanza anche in copia “libera” all’istanza di avvio della mediazione o all’adesione alla stessa, in modo che il mediatore possa averne compiuta conoscenza.

Rinvia la causa all’udienza del 23 settembre 2015, ore 10,30 1) per la verifica dell’esito della procedura di mediazione e, in caso suo esito negativo, 2) per la trattazione orale sulla sussistenza delle condizioni e sull’opportunità per le parti di presentazione dell’istanza congiunta, ex art. 1, comma 1, d.l. n. 132/14, convertito in L. 162/14, di trasferimento del giudizio alla sede arbitrale forense, ex art. 1, comma 4, L. cit., con invio del fascicolo al Presidente dell’Ordine Avvocati di Pavia.

3) in subordine, in caso di mancanza dell’istanza congiunta di cui sopra, per la precisazione delle conclusioni.

Assegna alle parti il termine perentorio del 30.04.2015 per la presentazione della domanda di avvio della procedura di mediazione da depositarsi presso un Organismo, regolarmente iscritto nel registro ministeriale, che svolga le sue funzioni nel circondario del Tribunale di Pavia, ex. art. 4, co. 1, d.lgs. n. 28/2010.

Manda alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

23 marzo 2015

13/15. Mediazione obbligatoria: è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso davanti al mediatore (Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2015)

=> Tribunale di Roma, 29 settembre 2014

Ove sussiste obbligatorietà del tentativo di mediazione è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso davanti al mediatore, anche se la parte chiamata non abbia dato alcuna risposta ovvero abbia dichiarato di non avere interesse a presenziare al tentativo di media conciliazione.
Il contatto delle parti con il mediatore mediante fax, telegramma et similia non integra la condizione di procedibilità prevista dalla norma.
Nel caso in cui nessuna delle parti si sia recata il giorno fissato per l’incontro davanti al mediatore, il mediatore è tenuto a dare atto solo di ciò: è infatti contrario al vero affermare che, in tali ipotesi, le parti non abbiamo raggiunto un accordo in mediazione.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2015

Tribunale di Roma
sez. XIII
Sentenza
29 settembre 2014

Omissis

Il verbale di mediazione e la sua erronea formulazione.
All’udienza del omissis la difesa di omissis produceva il verbale negativo del procedimento di mediazione e si riportava alle sue istanze istruttorie, come faceva anche il procuratore di omissis.
Il giudice, riservatosi, rimetteva le parti davanti a sé per la decisione.
L’art. 5 co. II prevede che “fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio di appello”.
Occorre pertanto valutare, prima di ogni altro incombente istruttorio, se il procedimento di mediazione sia stato effettivamente e ritualmente esperito.
Il mediatore dell’Organismo omissis dava atto nel verbale del omissis di quanto segue: Reg. n. omissis istanza depositata il omissis. Le parti non sono comparse. L’avv. omissis difensore della omissis con lettera del 4.3.2012 trasmesso a mezzo fax alla segreteria dell’Organismo omissis ha comunicato la volontà delle parti del presente procedimento di mediazione di non addivenire ad un accordo e la loro decisione di non partecipare alla odierna sessione. Pertanto il mediatore dichiara concluso il presente procedimento di mediazione per mancato raggiungimento di un accordo ad opera delle parti. Firmato il Mediatore.
A tale fine occorre tener presente il quadro normativo di riferimento.
Oltre alla norma teste richiamata vale ricordare quella, fondamentale, del comma 2-bis dell’art. 5 del decreto legislativo 28/2010 come introdotto dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69 come convertito dalla legge 9.8.2013, n. 98 secondo il quale quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.
Inoltre l’art. 8 del decreto legislativo 28/2010 come introdotto dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69 come convertito dalla legge 9.8.2013, n. 98 stabilisce all’art. 8 co. I che: all’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari.
Infine l’art. 17 co. 5-ter dello stesso testo normativo dispone che nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.
Da quanto precede emerge con assoluta chiarezza, in primo luogo, l’inesattezza di quanto è stato scritto nella parte conclusiva del suddetto verbale di mediazione.
Il mediatore, non evidentemente bene accorto del contesto nel quale si muoveva, riteneva di poter dare comunque atto che l’accordo non era stato raggiunto dalle parti, di cui non aveva avuto la presenza, neppure del richiedente, e che quindi per tale ragione il procedimento di mediazione era per tale ragione concluso.
Decisione che va qualificata del tutto errata.
Il procedimento di mediazione si è concluso perché nessuna delle parti si è recata il giorno fissato per l’incontro, davanti al mediatore.
Era semplicemente di questo che il mediatore avrebbe dovuto dare atto.
Affermare che le parti non avevano raggiunto l’accordo è un’aporia, sicuramente non consapevole, ma pur sempre tale.
Ed infatti è contrario al vero affermare che le parti non abbiamo raggiunto un accordo in mediazione.
Le parti potranno anche non avere raggiunto un accordo, ma questa sarebbe, in ogni caso, una situazione esterna alla mediazione, che il mediatore non può conoscere, se non per riferito, e della quale non si deve neppure interessare, perché esula dai suoi compiti e dal contesto nel quale deve operare.
Affermare, quale semplice nuncius, peraltro di una sola parte scrivente, che non è stato raggiunto l’accordo quando nessuna delle stesse si è presentata davanti al mediatore, significa semplicemente abdicare, da parte del mediatore, al ruolo che la legge gli ha assegnato.
I requisiti perché si possa ritenere realizzata la condizione di procedibilità prevista dalla norma.
Le diverse opzioni interpretative.
Precedenti giurisprudenziali antecedenti alla riforma operata dal d.l. d.l. 21 giugno 2013, n. 69 come convertito dalla legge 9.8.2013, n. 98.
La presenza delle parti personalmente davanti al mediatore e lo svolgimento effettivo della mediazione.
Le questioni principali e fondamentali che vanno esaminate, de iure condito, riguardano la necessaria presenza personale delle parti nel procedimento di mediazione e la necessità o meno che al mediatore sia consentito di svolgere l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (così l’art. 1 co. I lettere a e b del decr.lgsl. 28/2010).
Al secondo interrogativo veniva data risposta positiva, già nella vigenza della precedente normativa primaria, dal giudice della Sezione Distaccata di Ostia del Tribunale di Roma con la sentenza 22.8.2012 nella causa omissis.
La presenza della parte proponente davanti al mediatore quale condizione di efficacia del tentativo di mediazione obbligatoria.
Come supra ricordato l’art. 5 del decreto legislativo 28/10 prevede che chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia nelle materie indicate dalla stessa norma sia tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.
L’orientamento interpretativo (del decr.legisl. 28/10) che si ritiene debba essere preferito a proposito del contenuto formale o sostanziale di tale precetto è per la soluzione contenutistica, vale a dire che non sia sufficiente, per radicare l’avveramento della condizione di procedibilità della successiva domanda giudiziale nei casi di cui al primo comma dell’art. 5 cit. la semplice proposizione della domanda di mediazione alla quale non segua effettivamente la presenza e la partecipazione (almeno) della parte istante davanti al mediatore.
Il Ministero della Giustizia già con la circolare 4 aprile 2011 – Regolamento di procedura e requisiti dei mediatori. Chiarimenti osservava quanto segue: Preme evidenziare che si ritiene non corretto l’inserimento, nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione, di una previsione secondo la quale, ove l’incontro fissato del responsabile dell’organismo non abbia avuto luogo perché la parte invitata non abbia tempestivamente espresso la propria adesione ovvero abbia comunicato espressamente di non volere aderire e l’istante abbia dichiarato di non volere comunque dare corso alla mediazione, la segreteria dell’organismo possa rilasciare, in data successiva a quella inizialmente fissata, una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata. Una siffatta previsione non può, infatti, essere considerata conforme alla disciplina normativa in esame nei casi di operatività della condizione di procedibilità di cui all’art.5 del d.lgs.28/2010. L’inserimento di tale previsione nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione non può che essere ritenuta in contrasto con la norma primaria (art.5 del d.lgs 28/2010) che esige che, per determinate materie, deve essere preliminarmente esperito il procedimento di mediazione: il che postula che si compaia effettivamente dinanzi al mediatore designato, il quale solo può constatare la mancata comparizione della parte invitata e redigere il verbale negativo del tentativo di conciliazione.
La mediazione obbligatoria è tale proprio in quanto deve essere esperita anche in caso di mancata adesione della parte invitata e non può, quindi, dirsi correttamente percorsa ove l’istante si sia rivolto ad un organismo di mediazione ed abbia rinunciato, a seguito della ricezione della comunicazione di mancata adesione della parte invitata, alla mediazione.
Ove, invece, si ritenesse legittima tale previsione regolamentare, si produrrebbe l’effetto, non consentito, di un aggiramento della previsione che ha imposto l’operatività della condizione di procedibilità per talune materie. In realtà, in tale caso, deve ritenersi che il rilascio da parte della segreteria di un organismo della dichiarazione di conclusione del procedimento non può assurgere ad atto valido ed efficace ai fini dell’assolvimento dell’onere di esperire previamente il tentativo di conciliazione; ciò, in quanto la mancata comparizione anche del solo istante, dinanzi al mediatore, impedisce di ritenere correttamente iniziato e proseguito il procedimento di mediazione.
A dare ulteriore conforto a tale impostazione è la circostanza che ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 28/2010 e dell’art. 7 del d.m. 180/2010, il mediatore può formulare la proposta anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione; in ogni caso, è il mediatore che deve verificare se effettivamente la controparte non si presenti, essendo tale comportamento valutabile dal giudice nell’effettivo successivo giudizio, ai sensi dell’art. 8, comma quinto, del d.lgs. 28/2010.
E’, inoltre, rilevante considerare che, nel corso del procedimento di mediazione, il mediatore potrebbe ragionare con l’unica parte presente sul ridimensionamento o sulla variazione della sua pretesa da comunicare all’altra parte come proposta dello stesso soggetto in lite e non del mediatore.
In conclusione: la previsione, per talune materie, di una condizione di procedibilità comporta che la mediazione debba essere effettivamente esperita dinanzi al mediatore, sia pure con le modalità sopra indicate, con la conseguenza che, per ritenersi esperita la condizione di procedibilità, l’unico soggetto legittimato secondo legge a redigere il verbale di esito negativo della mediazione è il mediatore e non la segreteria dell’organismo di mediazione.
Verifica, allo stato della sopravvenuta normativa, se tale opzione interpretativa sia ancora valida e da condividere.
Il contatto delle parti con il mediatore mediante fax, telegramma et similia non integra la condizione di procedibilità prevista dalla norma.
Con riserva di approfondimento nella sede ove rilevi, che non è questa, relativa alla presenza personale, necessaria o meno, delle parti nel procedimento di mediazione (art.8 co. I terzo periodo: al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato), l’interrogativo, all’altro quesito, nasce da due norme di nuovo conio e precisamente dall’art. 8 comma primo, periodo quarto del decr.lgsl. 28/10 come modificato dal d.l. 69/2013 prevede che durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento; e dall’art. 2 bis dell’art. 5 del decr.lgsl. 28/10 come modificato dal d.l. 69/2013 secondo cui quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.
E’ legittimo interrogarsi infatti se tali norme autorizzino (o addirittura impongano) una interpretazione alla stregua della quale la condizione di procedibilità si possa considerare realizzata:
a. anche laddove non vi sia un incontro (delle parti e/o dei loro avvocati) con il mediatore;
Ai fini, quindi, della corretta applicazione delle previsioni normative di riferimento, questa direzione, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, invita gli organismi di mediazione ad adeguarsi alla presente circolare nei sensi di cui sopra, limitando alla sola fattispecie della mediazione volontaria l’applicazione di una eventuale previsione del regolamento di procedura che abbia contenuto analogo a quello preso in esame.
Con il successivo D.M. 6 luglio 2011 n. 145 tale orientamento veniva confermato prevedendosi nei casi di mediazione obbligatoria la necessaria presenza della parte istante al fine di consentire al mediatore di incontrare almeno tale parte e se del caso accertare l’effettiva impossibilità di un’utile prosecuzione dell’esperimento. Solo all’esito di tale incontro e verbalizzazione l’organismo di mediazione è abilitato ad attestare l’esito negativo della media conciliazione per la mancata presenza della parte chiamata.
Poiché non si tratta di fonte normativa primaria è opportuno uno scrutinio di legittimità di tale disposizioni che solo se conformi alla legge potranno trovare applicazione da parte del giudice ordinario.
Ebbene si ritiene la sostanziale conformità (sia pure con la consapevolezza del relativismo storico della interpretazione normativa, che per quanto ci occupa deve confrontarsi con una cultura nazionale ancora largamente distante dalla media conciliazione) al decreto legislativo 28/10 della disposizione che prevede che ove sussiste obbligatorietà del tentativo di mediazione è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso (vale a dire anche nel caso in cui la parte chiamata non abbia dato alcuna risposta ovvero abbia dichiarato di non avere interesse a presenziare al tentativo di media conciliazione) davanti al mediatore.
Ciò in quanto deve essere il mediatore ad accertare ed attestare la mancata comparizione della controparte e la conclusione negativa del procedimento di mediazione.
Diversamente opinando si correrebbe il rischio, specialmente nell’attuale periodo di ancora diffusa diffidenza verso l’istituto della mediazione, di prestare il fianco a condotte delle parti non corrette (in quanto sostanzialmente aventi lo scopo di bypassare tout court la mediazione ovvero, che è lo stesso, di espropriare surrettiziamente il mediatore delle funzioni che la legge gli attribuisce).
Infine con la circolare del Circolare del 20.12.2011 il Ministero ribadiva i concetti già espressi con la circolare del 4.4.2011.
b. anche laddove, pur realizzatosi un primo incontro, le parti dichiarino al mediatore, in tale occasione, di non avere interesse a proseguire oltre quello che è previsto dalla legge come un incontro informativo.
Per quanto riguarda il caso sub b) la questione è più complessa.
Quanto alla situazione sub a) ritiene il giudicante che un’interpretazione piana e del tutto coerente con il contenuto e lo spirito delle norme in commento, consenta di affermare che laddove non vi sia un incontro (delle parti e/o dei loro avvocati) con il mediatore non si possa considerare realizzata la condizione di procedibilità della domanda.
Va premesso che i provvedimenti generali emessi dal Ministero della Giustizia ricordati in nota 1) ritengono che il mediatore debba comunque acquisire la presenza delle parti (o almeno di quella istante) solo nel caso di mediazione obbligatoria.
Le ragioni ivi indicate (del tutto intuitive, invero se la mediazione è volontaria non ha senso imporre particolari oneri a carico di colui che come ha attivato la procedura di mediazione così può soprassedervi), in un momento storico antecedente alla riforma della mediazione demandata dal giudice, sono del tutto valide e cogenti, a fare tempo dall’entrata in vigore del d.l. 96/13, anche per la mediazione demandata dal giudice.
Il citato art.2 bis dell’art. 5 del decr.lgsl. 28/10 come modificato dal d.l. 96/2013 prevede al fine di considerare avverata la condizione di procedibilità che si sia verificato almeno un primo incontro dinanzi al mediatore sia pure conclusosi senza l’accordo.
Poiché solo con acrobazie dialettiche si potrebbe parificare l’incontro (fisico) di cui parla la norma ad un incontro solo cartaceo, qual’è quello che si determina, come nel caso in esame, in presenza di missive, telegrammi, fax o simili, inviati, dalle parti renitenti, al mediatore, si deve affermare con certezza che in questo secondo caso, che è quello che qui interessa, non si sia realizzata la condizione di procedibilità prevista dalla legge.
Tale essendo quindi la situazione ed assorbita quella più complessa sub caso a) che sarà affrontata quando di ragione, va dichiarata la improcedibilità della domanda.
Le spese di causa.
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto- della l. 24.3.2012 n. 27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 n. 55) vengono liquidate come in dispositivo a carico di (…).
Non avendo partecipato, ingiustificatamente, l’attrice al procedimento di mediazione che pure aveva richiesto, va condannata al versamento all’Erario della somma di €. 450,00, a quanto cioè ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio.
La cancelleria provvederà alla riscossione.

PQM

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:
dà atto, a carico dell’attrice, del mancato rituale svolgimento (mancata partecipazione) dell’esperimento di mediazione demandata;
dichiara improcedibile la domanda di omissis;
condanna al versamento, a titolo di sanzione per la mancata ingiustificata partecipazione al procedimento di mediazione, della somma di €. 450,00, pari al contributo unificato dovuto per il giudizio; mandando alla cancelleria, in mancanza di volontario pagamento entro gg. 40, per la riscossione coattiva;
condanna omissis al pagamento delle spese di causa che liquida in favore di (…) titolare dell’Officina (…) in persona del legale rappresentante pro tempore in complessivi €. 2.800,00 di cui €. 150,00 per spese oltre IVA, CAP e spese generali.
Sentenza esecutiva
Roma 29.9.2014
Il Giudice
Dott. cons. Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

20 marzo 2015

12/15. Ministero della Giustizia, comunicazione del 2.2.2015 su spese e indennità per il primo incontro di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2015)

Alla luce della sentenza del TARLazio n. 1351/2015 del 23 gennaio 2015 che ha annullato, tra l’altro, l’art. 16, comma 2 e 9 del decreto ministeriale n. 180 del 18 ottobre 2010 (in quanto disposizioni in contrasto con la gratuità del primo incontro del procedimento di mediazione, previsto dalla legge laddove le parti non dichiarino la loro disponibilità ad aderire al tentativo), in data 2 febbraio 2015 il Ministero della Giustizia ha comunicato, sul proprio sito web, che:
  • tale sentenza è “immediatamente esecutiva”;
  • per l’effetto, “non è più possibile richiedere il pagamento di alcuna somma di denaro a titolo di spese di avvio – né a titolo di indennità – in sede di primo incontro”;
  • gli organismi di mediazione sono tenuti “ad adeguarsi immediatamente a tale decisione fino ad eventuali nuove comunicazioni”.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2015

19 marzo 2015

11/15. Società estinta: la mancata partecipazione alla mediazione è giustificata (Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2015)

=> Tribunale di Firenze, 21 ottobre 2014

Qualora una delle parti in lite sia una società, non si procede all'applicazione di alcuna sanzione ai sensi dell'art. 8, co. 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m.i. per la mancata comparsa in sede di mediazione delegata qualora la stessa era già estinta: in tal caso la mancata partecipazione alla mediazione è da ritersi giustificata.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2015

Tribunale di Firenze
sez. III
Sentenza
21 ottobre 2014

Omissis

La C. SRL con atto di citazione notificato il 28.2.2004 ha proposto opposizione avanti alla sezione distaccata di Empoli avverso il D.I., emesso in quella sede, n. 4/2004, con il quale le è stato ingiunto il pagamento in favore della CA SRL, oggi T. SPA dell'importo di Euro 7.079,38, oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo e spese, a titolo di saldo della vendita del furgone nuovo marca RENAULT tipo MASTER tg (...), e di pagamento di alcuni interventi di officina e per l'estensione convenzionale della garanzia.

A sostegno della opposizione la stessa, premesso di aver acquistato il furgone nel novembre 2002 per il complessivo prezzo di Euro 20.000, da corrispondersi a rate, ha eccepito l'esistenza di gravissimi vizi e difetti del veicolo, manifestatisi pochi mesi dopo la consegna e prontamente denunciati, vizi che ha dedotto mai definitivamente risolti, malgrado plurimi interventi di riparazione in garanzia effettuati presso l'officina della venditrice. Ha quindi contestato la debenza delle riparazioni di officina, in quanto non correttamente eseguite, e della estensione della garanzia in quanto mai richiesta.

La stessa ha altresì affermato di aver subito consistenti danni economici dalle reiterate avarie del furgone, che era impiegato per il trasporto di merci e personale presso la clientela, per le spese sostenute di riparazione, per l'acquisto in locazione di veicolo similare, per il vitto ed alloggio e le retribuzioni delle maestranze rimaste inoperose in conseguenza delle "panne" del veicolo e per il mancato guadagno conseguente alla forzata inattività.

C. ha quindi chiesto la revoca del D.I. ed, in via riconvenzionale, disporsi la risoluzione per inadempimento del contratto con condanna della parte venditrice alla restituzione della parte del prezzo pagata oltre al risarcimento di tutti i danni sofferti.

CA, oggi T., si è costituita in giudizio, resistendo alla opposizione ed alla domanda riconvenzionale, evidenziandone l'infondatezza.

La stessa ha eccepito in via preliminare la inammissibilità della domande di risoluzione e di risarcimento dei danni, trattandosi di forme di tutela espressamente precluse all'acquirente dall'art. 9 delle condizioni generali del contratto di vendita, espressamente approvate dalla C.; ha affermato di avere risolto, mediante interventi gratuiti in garanzia, i problemi emersi sul veicolo venduto, evidenziando che le riparazioni di cui era chiesto il pagamento riguardavano un veicolo diverso da quello compravenduto, il costo del "tagliando" effettuato su tale veicolo, nonché la estensione contrattuale della garanzia, espressamente richiesta dalla parte acquirente.

Con memoria ex art. 183, V co. c.p.c. CA/T. ha chiesto, in caso denegato di accoglimento della domanda di risoluzione, la condanna della opponente al pagamento di importo pari alla svalutazione medio tempore subita dal veicolo e di un indennizzo per l'uso fatto.

Parte opponente ha eccepito l'inammissibilità di tali domande in quanto nuove.

Con ordinanza 29.3.05 l'ufficio ha negato la concessione della provvisoria esecuzione del D.I..

La causa è stata istruita su base documentale e con prova per testi.

Numerosi sono stati i rinvii di udienza disposti su richiesta delle parti per la definizione della causa in via transattiva.

La causa è stata trattenuta in decisione una prima volta all'udienza 14.3.2013 ed è stata rimessa sul ruolo, su istanza della opposta, per la ricostituzione di parte del fascicolo di ufficio, i cui atti erano risultati smarriti.

A seguito della soppressione della sede distaccata di Empoli il processo è stato trattato in sede centrale ed assegnato a questo giudice (cfr provv. Presidenziale 6.11.2013).

Ricostituiti gli atti mancanti, e disposta con esito negativo mediazione delegata ai sensi dell'art. 5, co. II, D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m.i. (C. non è comparsa in quella sede), la causa è passata nuovamente in decisione all'udienza 3.6.2014 sulle conclusioni precisate dalle parti come da rispettivi atti introduttivi.

Le parti hanno depositato comparse conclusionali.

Parte opposta ha depositato anche comparsa di replica, con la quale ha eccepito la inammissibilità sopravvenuta delle domande riconvenzionali, essendo C. stata cancellata dal Registro Imprese in data 15.11.2011.

Parte opponente non ha provveduto al deposito della replica, né ha restituito il proprio fascicolo di parte, ritirato dal difensore all'udienza 3.6.2014 (cfr sottoscrizione del difensore sulla copertina del fascicolo di ufficio).

1) Il mancato rideposito del fascicolo della parte opponente

Trattasi di circostanza che impedisce l'utilizzo ai fini della decisione della documentazione prodotta dalla parte opponente.

Come è stato condivisibilmente affermato infatti "il mancato deposito del fascicolo di parte nel termine di cui all'art. 169 co. 2 cod. proc. civ. comporta che la decisione debba essere assunta dal giudice allo stato degli atti, non potendo egli, sostituendosi alla parte, rimettere la causa sul ruolo per acquisire il fascicolo mancante" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10566 del 09/05/2007; vedi anche Sez. 3, Sentenza n. 28462 del 19/12/2013; N. 5681 del 2006)

2) La cancellazione dal Registro Imprese della parte opponente

La questione va trattata preliminarmente in quanto in astratto idonea a condizionare la prosecuzione del processo per garantire l'effettività del contradditorio ed avente rilevanza anche sostanziale, sotto il profilo della tacita rinuncia alle pretese avanzata dall'opponente in via riconvenzionale come da principio di diritto di cui a Cass. SSUU n. 6070/13.

Quanto al primo aspetto, pur evidenziandosi che ai sensi dell'art. 2495 c.c la cancellazione della società dal Registro Imprese comporta estinzione dell'ente, con conseguente perdita della capacità processuale, è da escludere che nella fattispecie debba essere dichiarata l'interruzione del processo.

L'estinzione della società, in applicazione analogica della disciplina in materia di morte della parte costituita, ovvero della sua perdita della capacità processuale, avrebbe potuto infatti comportare la interruzione del giudizio solo ove la stessa fosse stata dichiarata dal difensore della medesima in udienza, giusto il disposto di cui all'art. 300 c.p.c..

Il processo deve pertanto proseguire, a nulla rilevando che la circostanza interruttiva sia stata documentata dalla difesa della parte opposta.

Quanto poi alla rilevanza sostanziale della cancellazione della società, ed alla possibilità di ravvisare rinuncia tacita della stessa alle pretese azionate in via riconvenzionale in questo giudizio (cfr l'orientamento di cui alla sentenza delle SSUU citata), rileva il giudicante l'inammissibilità della relativa eccezione.

Trattasi infatti di questione che, pur relativa a circostanza pubblicata sul Registro Imprese sin dal 22.12.2011, è stata irritualmente sollevata solo con la comparsa conclusionale di replica depositata il 7.10.2014.

Palese è pertanto la tardività della relativa allegazione.

D'altra parte è noto che gli scritti conclusionali hanno esclusivo contenuto riepilogativo ed argomentativo e non possono essere utilizzati per allegare fatti nuovi e sollevare nuove eccezioni.

Della relativa circostanza non può tenersi alcun conto ai fini del giudizio.

3) I fatti costitutivi del credito ingiunto - l'eccezione di inadempimento

E' pacifico che nel novembre 2002 la C. ha acquistato dalla CA, concessionaria RENAULT, un furgone mod. MASTER per il prezzo di Euro 20.000,00, da corrispondersi a rate.

E' poi incontestato che l'acquirente ha omesso il versamento delle ultime rate del prezzo per l'importo complessivo di Euro 5.000,00.

La venditrice è pertanto creditrice dell'importo di cui sopra.

Parimenti dovute sono le altre somme richieste nel D.I..

Quanto alle fatture per i lavori di officina è sufficiente rilevare che, una, riguarda il pagamento del primo tagliando al furgone oggetto di causa, e cioè di manutenzione ordinaria esclusa dalla garanzia contrattuale, e, l'altro, è relativo ad intervento effettuato su altro ve(...)colo della parte opponente, come risulta dallo stesso documento fiscale ed in atti ed è stato confermato dall'istruttoria orale espletata.

Cadono così le eccezioni della parte opponente tese a negare ogni debenza per essere le fatture relative ad interventi da eseguire in garanzia, e cioè senza oneri per la medesima.

Parimenti dovuto è il corrispettivo richiesto per l'estensione a pagamento della garanzia.

Trattasi infatti di prestazione espressamente richiesta nell'ordine di acquisto sottoscritto dal legale rappresentante della C., la cui sottoscrizione non è disconosciuta, e versato i atti.

Parimenti infondata è l'eccezione di inadempimento sollevata dall'opponente in relazione agli asseriti vizi e difetti del veicolo.

E' pacifico infatti che a seguito della denuncia dei vizi la venditrice è più volte intervenuta in garanzia, riparando il veicolo.

E' poi da escludere che tali interventi non siano stati risolutivi.

Nessuna prova è stata infatti richiesta od acquisita circa la perdurante inutilizzabilità del veicolo.

D'altra parte, dallo stesso capitolato di prova di cui alla memoria istruttoria della opponente depositata il 23.1.2006, si evince, a contrario, che solo in una occasione il veicolo è rimasto fermo per 15 gg. Deve quindi inferirsi che per il resto il veicolo sia stato normalmente utilizzato, e che, le problematiche inizialmente evidenziate, siano state risolte.

4) Le domande riconvenzionali per la risoluzione del contratto, la condanna al rimborso del prezzo pagato ed il risarcimento dei danni

Le richieste sono infondate.

L'art. 9 delle condizioni generali del contratto di vendita, allegate al contratto ed oggetto sul punto di specifica approvazione ai sensi dell'art. 1341 c.c., in tema di "garanzie" espressamente prevede che la stessa "...consiste nella fornitura e sostituzione gratuita dei particolari inservibili per accertato difetto del materiale e nella riparazione di quelli difettosi... In nessuno dei casi previsti ... il compratore può pretendere la risoluzione del contratto od un risarcimento dei danni, di qualsiasi specie".

Trattasi all'evidenza di rinuncia convenzionale al diritto alla risoluzione contrattuale ed al risarcimento dei danni.

Poiché la materia verte su diritti disponibili, e, per la natura professionale dellaparte acquirente, non può venire in rilievo la disciplina di tutela del consumatore, nessun dubbio può aversi circa la validità della suddetta clausola.

In forza di tali pattuizioni contrattuali l'unico diritto che l'acquirente poteva legittimamente vantare nei confronti della venditrice, in caso di vizi del veicolo, era quello di inerente la esecuzione delle necessarie riparazioni in garanzia, diritto che peraltro risulta soddisfatto.

E' invece da escludere che la stessa potesse accedere alla tutela risolutoria o risarcitoria.

Le relative domande vanno pertanto respinte.

Conclusioni

La opposizione deve essere respinta con rigetto delle domande riconvenzionali e conferma del D.I., che pertanto va dichiarato esecutivo.

Spese del giudizio

Le spese seguono la soccombenza e sono da liquidare ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, avuto riguardo al valore della causa ed all'attività defensionale espletata.

Non si procede all'applicazione di alcuna sanzione ai sensi dell'art. 8, co. 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m.i., per la mancata comparsa della C. in sede di mediazione delegata, in quanto la stessa è da ritenere giustificata (la società si era già estinta).

P.Q.M.

Visto l'art. 281 quinquies c.p.c.

Il Tribunale di Firenze, III Sez. Civ., definitivamente decidendo, ogni altra e contraria istanza disattesa,:

1) CONFERMA il D.I. n. 4/04 R.I. S.D. di Empoli e respinge l'opposizione;

2) RESPINGE le domande riconvenzionali proposte da parte opponente;

3) DICHIARA ai sensi dell'art. 653, I co., c.p.c. l'esecutività del decreto ingiuntivo suindicato;

4) CONDANNA la C. SRL a rimborsare a T. SPA le spese di lite, che si liquidano in Euro 80,00 per esborsi, ed Euro 7.000,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso 15% I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Firenze, il 20 ottobre 2014.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

2 marzo 2015

10/15. MEDIA Magazine n. 2 del 2015 (Osservatorio Mediazione Civile n. 10/2014)



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Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 2/15  Febbraio 2015

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=> Tribunale di Verona, 15 settembre 2014


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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 10/2015
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