DIRITTO D'AUTORE


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29 novembre 2017

60/17. Sanzione disciplinare della censura da parte del CNF: conseguenze per mediatore ed organismo (Osservatorio Mediazione Civile n. 60/2017)

=> TAR Lazio, 29 agosto 2017, n. 9465

A norma dell’art. 16, d.lgs. 28/2010 e degli artt. 4,6, 10, DM 180/2010 – secondo i quali qualora insorgano fatti sopravvenuti che incidano negativamente sulla permanenza dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione, il responsabile della tenuta del registro può procedere ad emettere un provvedimento di sospensione ovvero, nei casi più gravi, di cancellazione dal registro a carico dell’organismo di mediazione – va data risposta affermativa al quesito se tra quei fatti (che possono comportare la cancellazione dell’organismo di mediazione dal registro) debba ricomprendersi l’ipotesi della perdita, in capo a uno dei mediatori inseriti nell’elenco predisposto dall’organismo stesso, dei requisiti di onorabilità.

La doglianza con cui si deduca, in ragione dell’assenza di una previsione esplicita in tal senso, l’illegittimità della cancellazione dall’elenco dei mediatori a seguito dell’irrogazione della sanzione disciplinare della censura, è infondata: si tratta, infatti, di una diretta conseguenza della perdita del requisito di onorabilità, che impedisce al mediatore di continuare a svolgere il suo incarico.

Non può essere condivisa la doglianza con cui si lamenti l’irragionevolezza e l’iniquità della cancellazione dall’elenco dei mediatori rispetto all’irrogazione della sanzione disciplinare della censura da parte del Consiglio nazionale forense in quanto, in ipotesi, contrastanti con l’art. 41 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (secondo il quale ogni persona ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo), nonché difettandone la necessaria proporzione che deve intercorrere tra l’addebito e la sanzione irrogata.



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 60/2017

TAR Lazio
Sezione prima
29 agosto 2017
Sentenza n. 9465

Omissis

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3105 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Edoardo Giardino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Adelaide Ristori n. 42;

contro

Ministero della Giustizia, Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Omissis, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Pittori, Elisa Scotti e Michela Urbani, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Lungotevere dei Mellini 24;
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e Consiglio Nazionale Forense, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

– dell’atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile, adottato il 17.1.2017 (m_dg.dag. 0008588.U) avente ad oggetto “Esercizio del potere di controllo e vigilanza sugli organismi di mediazione. Richiesta di chiarimenti”;

– dell’atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile, adottato in data 1.2.2017 – con il quale si dispone la modifica e integrazione del PDG 5.8.2016 di integrazione della -OMISSIS-” – nella parte in cui cancella, quindi, esclude l’avv. -OMISSIS- dall’elenco dei mediatori ivi elencato;

per l’annullamento e/o la disapplicazione

– del D.M. n. 180/2010, così come aggiornato con le successive modifiche del D.M. n. 145/2011 e del D.M. n. 139/2014 – quindi altresì per l’annullamento e/o la disapplicazione dei predetti D.M. n. 145/2011 e n. 139/2014 – incluso l’art. 4, comma 3, lett. c), incluso il punto d. e, ove occorrer possa, inclusi i seguenti articoli: art. 8, comma 1; art. 4, commi 1-2-3; art. 4, comma 3, lettere a)-b)-c); art. 5; art. 6, incluso il comma 2, lett c); art. 8; art. 10; se intesi e/o ritenuti contrari alle pretese fatte valere dalla ricorrente;

nonché, ove occorrer possa, del PDG 4.11.2010 e del PDG 5.8.2016, così come rievocati dal suddetto e quivi impugnato atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile, dell’1.2.2017 e della cui esistenza la ricorrente è venuta a conoscenza in data 1.2.2017;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministero dello Sviluppo Economico, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Omissis;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza cautelare n. 2289/2017;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2017 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso a questo Tribunale, la ricorrente, premesso di esser stata sottoposta a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma, conclusosi con l’irrogazione della sanzione della censura, disposta con sentenza n. -OMISSIS- dal Consiglio Nazionale Forense, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, i provvedimenti indicati in epigrafe.

In particolare, dopo avere ripercorso la normativa in tema di requisiti necessari per assolvere il ruolo di mediatore, nonché la disciplina di cui al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180, recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione, chiedeva l’annullamento degli atti che avevano disposto la sua cancellazione dall’elenco dei mediatori dell’organismo “-OMISSIS-”, nonché, se necessario, l’annullamento e/o la disapplicazione delle pertinenti disposizioni del citato decreto ministeriale.

2. Il gravame è affidato ai seguenti motivi:

I – Violazione dell’art. 16 del d.lgs. n. 28/2010. Violazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 58/1998. Violazione degli artt. 4-6-10 del Decreto del Ministero della Giustizia n. 180/2010. Violazione degli artt. 3 e 97 della Cost. Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione dell’art. 22 del Codice Deontologico forense. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e difetto motivazionale, travisamento di atti e fatti, erroneità e difetto dei presupposti. Sviamento e manifesta ingiustizia, disparità di trattamento. Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità amministrativa.

La ricorrente, ritenendo che il Ministero non abbia correttamente interpretato il contenuto degli artt. 4 e 6 del d.m. n. 180/2010, evidenzia l’illegittimità dell’espulsione dall’elenco dei mediatori di “-OMISSIS-”, disposta nei suoi confronti. E ciò in quanto ritiene che il decreto, nel contemplare all’art. 4 i criteri per l’iscrizione degli organismi di mediazione (e non già dei mediatori) nel relativo registro istituito presso il Ministero della Giustizia, inclusa l’elencazione dei requisiti di onorabilità, non sancirebbe l’espulsione del mediatore a seguito della sopravvenuta perdita dei predetti requisiti. La misura, a dire della ricorrente, sarebbe altresì in collisione con i principi di proporzionalità e ragionevolezza in quanto eccessivamente dannosa rispetto alla lieve entità del presupposto sanzionatorio.

II – Violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, proporzionalità e ragionevolezza. Violazione dell’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Violazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21.5.2008. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, errata valutazione dei fatti e travisamento dei fatti, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed illogicità motivazionale e decisionale.

La misura dell’espulsione si porrebbe in contrasto con il principio di equità amministrativa, sancito dall’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e dall’art. 1 della Legge n. 241 del 1990. Segnatamente, il provvedimento di espulsione sarebbe, oltre che sproporzionato, iniquo in quanto eccessivamente punitivo rispetto al suo presupposto fattuale.

3. Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e le altre amministrazioni evocate in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato.

Il controinteressato avv. Omissis s’è costituito in giudizio ed ha formulato talune eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del gravame.

In particolare, afferma che l’impugnata nota del Ministero della Giustizia prot. 8588 del 17 gennaio 2017 avrebbe natura endoprocedimentale e la successiva nota del Ministero del 1° febbraio 2017 assumerebbe una rilevanza meramente ricognitiva, costituendo una presa d’atto dell’esclusione disposta dalla società di mediazione. Ritiene, inoltre, comunque non sussistente la giurisdizione di questo giudice in ordine alla vicenda contenziosa, essendo oggetto di contestazione le determinazioni assunte dall’organismo di mediazione, sottoposte alla cognizione del giudice ordinario e comunque non impugnate. Eccepisce, altresì, il difetto di integrità del contraddittorio per la mancata notificazione del ricorso alla società di mediazione “-OMISSIS-”, che ha adottato l’esclusione contestata.

4. A seguito della camera di consiglio del 10 maggio 2017, è stata data tutela all’esigenza cautelare rappresentata dalla ricorrente attraverso la fissazione della data di trattazione del merito della controversia, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a..

5. Alla pubblica udienza del 19 luglio 2017, il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, osserva il Collegio che non è fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla parte controinteressata.

L’eccezione parte dal presupposto che la posizione della ricorrente sarebbe stata incisa dalla cancellazione dall’elenco dei mediatori operata dall’organismo di mediazione “-OMISSIS-” e non dalle note ministeriali impugnate. Tale affermazione non può essere condivisa, in quanto la cancellazione della ricorrente dall’elenco tenuto dall’organismo di mediazione è stata disposta su impulso del Ministero della giustizia e in ragione dell’esercizio del potere di vigilanza a questi spettante sulla base della normativa primaria e secondaria (quest’ultima ulteriormente sottoposta a critica perché ritenuta esorbitare i limiti ricavabili dalla legge).

Ne consegue la sussistenza giurisdizione di questo giudice, trattandosi di questioni afferenti al corretto esercizio del potere amministrativo riconosciuto al Ministero quale soggetto competente a vigilare sulla corretta tenuta del registro degli organismi di mediazione.

2. Parimenti infondate sono le ulteriori eccezioni in rito presentate dal controinteressato in relazione alla inammissibilità del gravame per carenza di lesività degli atti oggetto di impugnazione.

2.1 Quanto alla nota prot. 8588 del 17 gennaio 2017, ritenuta non impugnabile autonomamente in quanto di natura endoprocedimentale, si osserva che essa, al di là del tenore letterale utilizzato nell’indicare il suo oggetto, ha determinato l’insorgenza di un vero e proprio obbligo in capo alla società di mediazione cui era rivolta di disporre la cancellazione immediata del ricorrente dall’elenco dei propri mediatori (cfr. pag. 1 del provvedimento), non lasciandole alcun margine di analisi o di esercizio di discrezionalità valutativa.

2.2 Del pari, anche la nota ministeriale del 1° febbraio 2017 è un atto impugnabile in quanto non rappresenta una mera presa d’atto dell’intervenuta cancellazione ma costituisce, come anzidetto, l’espressione dell’esercizio del potere ministeriale di verifica della titolarità dei requisiti in capo all’organismo di mediazione e ai mediatori.

2.3 Da ultimo, va respinta anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio alla società -OMISSIS-.

Premesso che la qualità di controinteressato postula una situazione di vantaggio derivante direttamente ed immediatamente dal provvedimento impugnato, non è possibile riscontrare un simile interesse in capo alla menzionata società, per l’assenza di circostanze e/o dati oggettivi atti a comprovare la titolarità in capo alla società in questione di un interesse giuridico qualificato al mantenimento in vita dei provvedimenti impugnati.

3. Nel merito, il ricorso è infondato, alla stregua delle seguenti considerazioni.

Al fine di una migliore analisi della vicenda sottoposta a giudizio, è utile effettuare una breve disamina sul complesso di norme che regolano la materia della iscrizione e tenuta dell’elenco degli organismi di mediazione e dei mediatori.

L’art. 60 della legge 18.6.2009 n. 69 ha introdotto, al comma 1, la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. I principi a cui doveva ispirarsi l’attività governativa, riportati al successivo comma 2, erano così individuati : “a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia;; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia,, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo ministero… d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia”.

Il Governo provvedeva mediante il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che contiene tra l’altro una serie di norme volte a garantire l’imparzialità e terzietà del mediatore nell’esercizio delle proprie funzioni (cfr., in particolare, l’art. 3 sulla modalità di nomina del mediatore, gli artt. 9 e 10 sull’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni da questi acquisite durante il procedimento di mediazione nonché l’art. 14, che impone taluni obblighi dichiarativi ed informativi).

L’art. 16 del citato d.lgs. disciplina l’istituzione del registro degli organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione e prevede, tra l’altro, che l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti nel registro siano disciplinate con appositi decreti del Ministro della giustizia.

In attuazione della richiamata previsione, è stato emanato il decreto del ministero della Giustizia n. 180 del 2010; di particolare rilievo, ai fini che ne occupano, è la disciplina recata ivi recata agli art. 4, 6 e 10.

L’art. 4, comma 3, del decreto impone al responsabile della tenuta del registro istituito presso il Ministero della giustizia di verificare la presenza di una serie di requisiti in capo al mediatore, tra i quali quelli di onorabilità previsti alla lettera c) del citato comma.

In particolare, per il possesso del requisito dell’onorabilità il mediatore non deve avere riportato: a) condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; b) interdizioni perpetue o temporanee dai pubblici uffici; c) misure di prevenzione o di sicurezza; d) sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

L’art. 6 dello stesso decreto, rubricato “requisiti per l’esercizio delle funzioni di mediatore”, impone all’organismo di mediazione che richiede l’iscrizione nel registro di allegare l’elenco dei mediatori che si dichiarano disponibili allo svolgimento del servizio, corredando tale elenco, tra l’altro, con una “attestazione di possesso dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 3, lettera c)”.

Infine, l’art. 10 prevede che se, “dopo l’iscrizione, sopravvengono o risultano nuovi fatti che l’avrebbero impedita, ovvero in casi di violazione degli obblighi di comunicazione di cui agli art. 8 e 20 e di reiterata violazione degli obblighi del mediatore, il responsabile dispone la sospensione e, nei casi più gravi, la cancellazione dal registro”. Al comma 4 aggiunge che “spetta al responsabile, per le finalità di cui ai commi 1 e 2, l’esercizio del potere di controllo, anche mediante l’acquisizione di atti e notizie, che viene esercitato nei modi e nei tempi stabiliti da circolari o atti amministrativi equipollenti, di cui viene curato il relativo recapito, anche soltanto in via telematica, ai singoli organismi interessati”.

In sostanza, qualora insorgano fatti sopravvenuti che incidano negativamente sulla permanenza dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione, il responsabile della tenuta del registro può procedere ad emettere un provvedimento di sospensione ovvero, nei casi più gravi, di cancellazione dal registro a carico dell’organismo di mediazione.

3.1 Occorre, quindi, chiedersi se tra quei fatti che possono comportare la cancellazione dell’organismo di mediazione dal registro debba ricomprendersi l’ipotesi della perdita, in capo a uno dei mediatori inseriti nell’elenco predisposto dall’organismo stesso, dei requisiti di onorabilità.

Al quesito deve darsi risposta affermativa.

Dall’analisi testuale e teleologica delle norme sopra richiamate è possibile evincere il principio per il quale la titolarità del requisito della c.d. onorabilità in capo al mediatore inserito nell’elenco dell’organismo che richiede l’iscrizione nel registro deve sussistere durante tutta la titolarità dell’incarico e non solo al momento della richiesta di iscrizione.

In primo luogo, sotto l’aspetto testuale, soccorre la lettura dell’art. 6 del citato decreto, che disciplina i requisiti per “l’esercizio” delle funzioni di mediatore. Tale disposizione, infatti, contiene un espresso richiamo ai requisiti di onorabilità in capo al mediatore di cui all’art. 4, comma 3, lett. c), già previsti ai fini dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione.

Oltre al dato letterale, è dalla stessa ratio complessiva delle norme richiamate che si ricava la necessità di prevedere adeguate garanzie a presidio della professionalità, integrità e serietà in capo ai singoli mediatori, sicché sarebbe illogica una lettura delle norme volta a limitare l’obbligo del possesso dei citati requisiti di onorabilità alla sola fase genetica di conferimento dell’incarico di mediazione e non anche durante il suo esercizio.

3.2 In definitiva, il primo motivo di impugnazione, nella parte in cui si deduce, in ragione dell’assenza di una previsione esplicita in tal senso, l’illegittimità della cancellazione della ricorrente dall’elenco dei mediatori a seguito dell’irrogazione della sanzione disciplinare della censura, è infondata e va respinta: si tratta, infatti, di una diretta conseguenza della perdita del requisito di onorabilità, che impedisce al mediatore di continuare a svolgere il suo incarico.

4. Con un secondo gruppo di doglianze, in parte contenute nel primo motivo di impugnazione, oltre che nel secondo dei motivi di ricorso, la ricorrente lamenta l’irragionevolezza e l’iniquità della cancellazione disposta a suo carico, rispetto al presupposto fattuale (l’irrogazione della sanzione disciplinare della censura da parte del Consiglio nazionale forense) che ne ha portato all’adozione.

Sostiene la ricorrente, in particolare, che – alla luce del richiamo ai principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, contenuto nella direttiva 2008/52/CE che disciplina l’istituto della mediazione – le scelte amministrative impugnate si porrebbero in contrasto con l’art. 41 della suddetta Carta, secondo il quale ogni persona ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo.

Inoltre, difetterebbe la necessaria proporzione che deve intercorrere tra l’addebito e la sanzione irrogata.

Anche tali doglianze non possono essere condivise.

4.1 Occorre ricordare, dal punto di vista normativo, che i requisiti per l’esercizio delle funzioni di mediatore non sono stati esplicitati direttamente dal legislatore delegato ma individuati dalla successiva disposizione ministeriale di cui al decreto n. 180/2010. Ciò, tuttavia, non costituisce una ragione di invalidità degli atti gravati, in quanto non sussisteva l’obbligo di prevederne il contenuto nel decreto legislativo n. 28/2010, che ha individuato, in attuazione della legge delega n. 69/2009, una serie di obblighi di astensione e informativi in capo al mediatore, a garanza della sua neutralità, indipendenza e imparzialità.

La disposizione ministeriale, quindi, muovendosi nel solco tracciato dalle citate norme di legge, ha esplicitato quelle condizioni necessarie per l’espletamento delle funzioni di mediatore nel rispetto dei surriferiti canoni, sicché il sindacato di questo giudice va circoscritto all’analisi della eventuale irragionevolezza dei requisiti individuati ovvero alla loro sproporzione rispetto alle attività che il mediatore è chiamato a svolgere.

4.2 Il Collegio non ritiene che sussista la lamentata violazione del principio di equità sopra richiamato, a fronte della previsione di una incompatibilità tra l’esercizio della funzione di mediatore e l’irrogazione di una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento.

Trattasi, infatti, di una previsione del tutto coerente rispetto agli interessi pubblici tutelati attraverso la disciplina della mediazione e confacente all’esigenza di garantire la massima serietà e professionalità di coloro che possono svolgere incarichi di mediazione, che possono ritenersi ragionevolmente lese a fronte di sanzioni disciplinari riportate nel corso della libera professione.

La disposizione in esame, inoltre, è rispettosa anche del principio di proporzionalità, in quanto effettua una opportuna gradazione tra le diverse ipotesi sanzionatorie e consente il mantenimento del requisito di onorabilità nel caso di irrogazione della sanzione dell’avvertimento, vale a dire quando il fatto oggetto di contestazione disciplinare è privo del connotato della gravità (cfr. l’art. 22 del Codice deontologico forense).

4.3 In definitiva, la previsione che l’incarico di mediazione possa essere affidato solo a colui che, nell’esercizio della propria attività professionale, non sia incorso in condotte violative dei canoni deontologici connotate da gravità non appare inficiata neppure dai dedotti vizi di iniquità e carenza di proporzionalità.

5. Alla luce di quanto complessivamente suesposto, il ricorso è infondato e va respinto.

6. La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

23 novembre 2017

59/17. CNF, parere 55/2017: la mediazione vale ai fini della pratica forense (Osservatorio Mediazione Civile n. 59/2017)

Di seguito il Parere 2017/0055, rel. Secchieri, pubblicato sulla banca dati del Consiglio Nazionale Forense in materia di deontologia, 13 novembre 2017.

Si segnala in argomento SPINA, Tirocinio Avvocato e ADR: Favorire la diffusione della cultura degli ADR durante la pratica, La Nuova Procedura Civile, 2017 (proposta di riforma normativa – elaborata in seno al Centro Studi Diritto Avanzato – che pare essere del tutto in assonanza con i principi espressi dal Consiglio Nazionale Forense nel parere in oggetto).

Con quesito n. 287, COA di Bologna il “Il COA di Bologna chiede di sapere se la partecipazione alle riunioni–incontri in sede di mediazione ex d. lgs. n. 28/2010, sia di natura obbligatoria che delegata o delle altre ADR può essere equiparata alla partecipazione alle udienze in sede giurisdizionale, ai fini della pratica professionale”.

“La risposta è nei seguenti termini.
L’art. 8, comma 4 del DM 70/2016 prevede che:
“Il consiglio dell’ordine esplica i propri compiti di vigilanza anche mediante verifica del libretto del tirocinio, colloqui periodici, assunzione di informazioni dai soggetti presso i quali si sta svolgendo il tirocinio. Accerta, in particolare, che il praticante abbia assistito ad almeno venti udienze per semestre, con esclusione di quelle di mero rinvio, e abbia effettivamente collaborato allo studio delle controversie e alla redazione di atti e pareri. Richiede al praticante la produzione della documentazione ritenuta idonea a dimostrare lo svolgimento di attività…”
D’altro canto, l’art. 8, comma 2 del DM 70/2016 prevede che:
“Gli avvocati sono tenuti, nei limiti delle loro possibilità, ad accogliere nel proprio studio i praticanti, istruendoli e preparandoli all’esercizio della professione, anche per quanto attiene all’osservanza dei principi deontologici”.
Sottolinea la Commissione l’importanza che la formazione del praticante debba riguardare anche il procedimento di mediazione e in genere tutti i procedimenti di soluzione della lite alternativi alla giurisdizione; e a tal fine ritiene che ben possano essere computati nel novero delle udienze cui il praticante deve assistere ai sensi dell’art. 8, comma 4 del DM 70/2016 anche incontri svolti davanti al mediatore, a condizione che in detti incontri la mediazione sia stata effettivamente svolta (ad esclusione quindi del primo incontro), ed a condizione che la sua presenza sia documentata.
Analogamente può dirsi per quanto attiene alle altre ADR, che si svolgano avanti ad un organo terzo, con esclusione quindi del procedimento di negoziazione assistita”.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 59/2017
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

20 novembre 2017

58/17. ADR consumatori: le parti possono partecipare alla mediazione obbligatoria senza l’avvocato (Osservatorio Mediazione Civile n. 58/2017)

=> Tribunale di Verona, 28 settembre 2017

Alla luce di Corte di Giustizia, 14 giugno 2017, Causa C‑75/16, le norme che prevedono l’assistenza difensiva obbligatoria nella mediazione obbligatoria (d.lgs. 28/2010) non sono compatibili con il principio comunitario di tutela giurisdizionale effettiva (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e vanno quindi disapplicate in caso di a.d.r. consumatori (d.lgs.130/2015). Le parti possono quindi partecipare alla mediazione senza essere obbligate a farsi assistere da un avvocato, ferma restando la loro facoltà di avvalersi di tale assistenza (I) (II) (III).



(III) Per approfondimenti si veda SPINA, Mediazione e adr consumatori: no all’assistenza difensiva obbligatoria, Altalex, 2017


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 58/2017

Tribunale di Verona
Ordinanza
28 settembre 2017

Omissis

Rilevato che
Con la sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 la Corte di Giustizia Ue si è pronunciata sulle questioni pregiudiziali che le erano state sottoposte da questo giudice, con ordinanza del 28 gennaio 2016, in ordine ai rapporti tra l’istituto dell’a.d.r. dei consumatori, introdotto nel nostro ordinamento con il d.lgs.130/2015, che ha recepito la direttiva 2013/11, e quello della mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. 28/2010.
Si tratta ora di valutare le ricadute di tale articolata decisione sull’ulteriore corso del presente giudizio ed in particolare sul procedimento di mediazione, al quale esso è soggetto ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010 e il cui mancato esperimento è stato rilevato dalla difesa degli attori opponenti già in atto di citazione.
Sul punto, occorre innanzitutto evidenziare che la Corte Ue ha chiarito che la direttiva n. 11/2013 non si applica a tutte le controversie che coinvolgono consumatori, ma soltanto alle procedure che soddisfino i seguenti requisiti: 1) la procedura deve essere stata promossa da un consumatore nei confronti di un professionista con riferimento a obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi (nel caso come quello di specie in cui la mediazione sia stata prevista come condizione di procedibilità della domanda giudiziale la verifica va operata rispetto alla parte tenuta ad attivare l’A.d.r.; 2) la procedura deve essere indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa; 3) la procedura deve essere affidata a un organismo A.d.r. e cioè ad un organismo che, a prescindere dalla sua denominazione, offra la risoluzione di una controversia attraverso una procedura A.d.r. e sia inserito nell’apposito elenco che deve essere notificato alla Commissione europea.
I giudici comunitari hanno anche affermato che la direttiva 2013/11 può conformare la normativa in materia di mediazione purché il giudice nazionale riscontri la sussistenza dei presupposti sopra indicati, nella procedura già esperita, sulla base di una valutazione ex post, ovvero nelle procedure da esperirsi obbligatoriamente, quale quella che viene in rilievo nel caso di specie, sulla base di una valutazione ex ante.
Orbene, ad avviso di questo giudice, alla luce della disciplina nazionale vigente, il procedimento di mediazione difetta del terzo dei requisiti sopra elencati. Infatti con riguardo al primo di essi, si deve ribadire, in adesione al convincente orientamento espresso da Cass. 24629/2015, che, nel caso come quello di specie, di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, i soggetti tenuti a promuovere la mediazione sono gli attori opponenti.
Al contempo è indubbio che essi rivestano la qualità di consumatori, mentre la convenuta opposta ha la qualità di professionista e che la controversia ha ad oggetto obbligazioni contrattuali.
Parimenti si può affermare che la procedura di mediazione presenta le caratteristiche di indipendenza imparzialità, trasparenza, efficacia, rapidità ed equità richieste dalla direttiva 2013/11 poiché è affidata ad organismi iscritti in apposito registro ministeriale.
Nessuno di questi organismi però è specializzato per la trattazione delle procedure sulle controversie bancarie di cui siano parti dei consumatori, con la conseguenza che ad essi non si applica, secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia, la direttiva 2013/11.
Occorre peraltro evidenziare che il novellato art. 141, comma 4, cod. consumo, nel recepire la direttiva A.d.r. consumatori, ha precisato che essa si applica anche «agli organismi di mediazione per la trattazione degli affari in materia di consumo iscritti nella sezione speciale di cui all'articolo 16, commi 2 e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 … previa la verifica della sussistenza dei requisiti e della conformità della propria organizzazione e delle proprie procedure alle prescrizioni del presente titolo».
La norma regolamentare succitata però a suo tempo non aveva istituito una “sezione speciale” di organismi specializzati nella materia del consumo bensì due sezioni analoghe (nelle rispettive “parti” del registro destinate agli enti pubblichi ed a quelli privati) di elenchi di «mediatori esperti nella materia dei rapporti di consumo» (art. 3, comma 3, D.m. 180/2010).
Ciò ha comportato che, perlomeno fino alla data della pronuncia della Corte di Giustizia, non esistevano organismi iscritti ad una “sezione speciale” del registro ministeriale dediti alla materia del consumo, bensì mediatori iscritti nella sezione dei mediatori “esperti” nella detta materia (ma senza alcuna riserva di competenza) per il singolo organismo nel cui elenco sono inseriti.
Alla luce di quanto appena detto è evidente anche che perlomeno fino a quel momento la direttiva 2013/11 era di fatto inattuata con riguardo alle procedure di A.d.r., di tipo sia facilitativo che aggiudicativo, aventi lo specifico ambito di cui si è detto.
Qualora nel frattempo si fosse provveduto ad ovviare a tale lacuna e se gli attori, nel termine loro assegnando, adissero un organismo di mediazione avente le caratteristiche sopra elencate la procedura dovrà svolgersi secondo le modalità indicate dalla Corte di Giustizia.
In particolare gli attori-consumatori potranno parteciparvi senza dover essere assistiti da un avvocato e potranno ritirarsi dopo il primo incontro anche in assenza di un giustificato motivo, non essendo passibili delle conseguenze pregiudizievoli di cui all’art. 8, comma 4, d. lgs. 28/2010.
La Corte di Giustizia nella sentenza citata in premessa ha rimesso a questo giudice (punto 62 della sentenza 457/2017)anche la valutazione sulla compatibilità con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’istituto della mediazione obbligatoria, verifica da compiersi sulla scorta dei principii già affermati dalla sentenza Alassini, del 18 marzo 2010, in tema di tentativo di conciliazione obbligatoria per le liti in materia di telecomunicazioni, ed espressamente richiamati nella sentenza 457/2017.
Secondo la Corte un simile giudizio può essere espresso qualora la procedura soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni: 1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti; 2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; 3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione; 4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
Ciò detto, ad avviso di questo giudice la disciplina nazionale della mediazione obbligatoria, come modificata dal d.l. 98/2013, non rispetta la penultima delle predette condizioni, laddove prevede l’assistenza difensiva obbligatoria (art. 5, comma 1 bis e art. 8, comma 1, d. lgs. 28/2010), poiché una simile modalità di svolgimento comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti.
E’ vero che, stranamente, alla predetta previsione non è stata accompagnata quella sulle conseguenze della eventuale mancata assistenza difensiva ma, anche senza considerare l’unico precedente noto (Trib. Torino 30 marzo 2016), che ha ritenuto che, a fronte di una simile situazione, la condizione di procedibilità non è realizzata, di fatto gli organismi di mediazione richiedono che le parti si presentino agli incontri assistite dai loro avvocati e non danno corso alla procedura se ciò non accade.
Sul punto è allora opportuno innanzitutto evidenziare come la sentenza n.457/2017, nel ribadire la necessità che la A.d.r. obbligatoria determini costi non ingenti per le parti, non abbia inteso considerare le diverse modalità di svolgimento della procedura che possano essere state previste dalle leggi nazionali, lasciando così intendere che siffatto presupposto è imprescindibile. Tale osservazione di carattere generale non pare essere smentita dal disposto dell’art. 141 quater, comma 4, lett. b), del d. lgs. 130/2015, che, in attuazione della corrispondente norma della direttiva 2013/11, esclude espressamente che nelle A.d.r. di consumo i consumatori siano obbligati ad avvalersi di un avvocato. Da esso infatti può desumersi che le norme nazionali che prevedono l’assistenza difensiva obbligatoria, in linea generale, sono compatibili con le procedure di A.d.r. obbligatorie, ma sempre a condizione che non generi costi elevati.
Né potrebbe validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo in esame, che i costi per l’assistenza difensiva possono essere recuperati dalla parte che, dopo aver preso parte alla mediazione, risulti vittoriosa nel successivo giudizio o, in alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la controparte poiché tali esiti sono incerti nell’an e nel quando mentre ciò che la Corte di Giustizia, con le indicazioni sopra riportate, ha inteso evitare è che ciascuna delle parti che partecipano alla procedura di A.d.r. debba sostenere un onere economico immediato, o meglio sia gravata dalla relativa obbligazione.
Non è dubitabile poi che l’esborso al quale le parti sono tenute nei confronti dei rispettivi legali sia consistente se si considerano, in difetto della evidenza di un accordo sul punto, gli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal d.m. 55/2014, sia che si abbia riguardo a quelli previsti per l’attività stragiudiziale, sul presupposto che si tratti di quelli utilizzabili per la liquidazione del compenso per l’assistenza legale in fase di mediazione, sia che si ricorra in via analogica a quelli per l’attività giudiziale.
E’ appena il caso di precisare poi che tale valutazione va effettuata ex ante, ossia con riguardo all’ipotesi in cui il procedimento di mediazione si svolga effettivamente, senza arrestarsi al primo incontro.
Peraltro il d.m. 55/2014 non prevede nemmeno un compenso ridotto per l’avvocato che assista la parte in quel solo momento della procedura cosicchè per la relativa quantificazione occorre far riferimento sempre ai sopra citati valori medi di liquidazione, da ridursi adeguatamente ma sempre con risultati di una certa consistenza.
Ad un contenimento dei costi di assistenza difensiva non può giovare il carattere ampiamente discrezionale dei parametri poiché esso inevitabilmente determina soluzioni diversificate mentre per raggiunger quell’obiettivo sarebbe necessaria la fissazione per via normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una sorta di calmiere, analogamente a quanto è stato previsto per le spese di mediazione.
Palese risulta infatti la differenza del suddetto regime con quello relativo alle modalità di determinazione del compenso per i mediatori atteso che il d.m. 180/2010 ha stabilito marcate riduzioni di esso per i casi in cui la mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 16, comma 4, lettera d], del d.m. n. 180/2010) ed una indennità fissa, di importo esiguo, per l’ipotesi in cui il procedimento si arresti al primo incontro. Tali scelte si giustificano proprio per l’esigenza di contenere dei costi dell’A.d.r. di cui si è detto e risultano quindi anche pienamente compatibili con i principii comunitari.
Le norme che prevedono l’assistenza difensiva obbligatoria nella mediazione obbligatoria invece, essendo fonti di costi non contenuti per le parti, vanno pertanto disapplicate in quanto in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La copertura costituzionale di esse, che alcuni hanno ravvisato, e che invece ad avviso di questo giudice appare dubbia, non osta a tale conclusione, data la sovra-ordinazione dei principii di diritto dell’Ue sulle norme costituzionali.
Alla luce delle superiori considerazioni il procedimento di mediazione potrà svolgersi ma alle parti va rappresentato che potranno parteciparvi senza essere obbligate a farsi assistere da un avvocato, ferma restando la loro facoltà di avvalersi di tale assistenza.

PQM

Assegna alle parti termine di 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per presentare l’istanza di mediazione e rinvia la causa all’udienza del 15 febbraio 2018 h.9.30.
Precisa che: nel caso in cui gli attori adissero un organismo di mediazione avente le caratteristiche proprie dell’A.d.r. del consumo, come meglio esplicitate in motivazione, essi potranno parteciparvi senza dover essere assistiti da un avvocato e potranno ritirarsi dopo il primo incontro anche in assenza di un giustificato motivo, non essendo passibili delle conseguenze pregiudizievoli di cui all’art. 8, comma 4, d. lgs. 28/2010; nel caso in cui le parti adissero un qualsiasi altro organismo di mediazione potranno partecipare al procedimento senza dover essere assistite da un avvocato, fatta salva la loro facoltà di avvalersi dell’assistenza difensiva.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

14 novembre 2017

57/17. Corso di formazione professionale sulla mediazione delegata, Bergamo, 28.11.2017 (Osservatorio Mediazione Civile n. 57/2017)

Bergamo, 28 NOVEMBRE 2017
CENTRO CONGRESSI GIOVANNI XXIII
dalle ore 15,00 alle 18,00

Corso di formazione professionale sul teme
“LA MEDIAZIONE DEMANDATA DAL GIUDICE”

Relatore DOTT. GIULIO SPINA

DIRETTORE EDITORIALE DIRITTO AVANZATO
FONDATORE E DIRETTORE DI “OSSERVATORIO NAZIONALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE”
COORDINATORE UNICO DI REDAZIONE DE “LA NUOVA PROCEDURA CIVILE”



Evento accreditato dal
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo
con il riconoscimento di nr. 3 crediti

QUOTA DI PARTECIPAZIONE: € 50,00 OLTRE IVA


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alla Redazione all'indirizzo: osservatoriomediazionecivile@gmail.com
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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 57/2017
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

9 novembre 2017

56/17. Risoluzione 12.9.2017 del Parlamento europeo sull'attuazione della direttiva 2008/52/CE (Osservatorio Mediazione Civile n. 56/2017)

Di seguito alcuni dei passaggi più significativi della risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017:

- “esistono alcune difficoltà in relazione al funzionamento pratico dei sistemi di mediazione nazionali, principalmente dovute alla tradizione del contraddittorio e all'assenza di una cultura della mediazione negli Stati membri, al basso livello di conoscenza della mediazione nella maggioranza degli Stati membri … meccanismi di controllo della qualità per i mediatori”;

- “molti Stati membri forniscono alle parti incentivi finanziari affinché ricorrano alla mediazione, sotto forma di riduzione dei costi o di assistenza legale, o prevedendo sanzioni per il rifiuto ingiustificato di valutare il ricorso alla mediazione … i risultati conseguiti in questi paesi dimostrano che la mediazione può garantire una risoluzione extragiudiziale delle controversie rapida e con un buon rapporto costi-efficacia, grazie a procedure adeguate alle necessità delle parti”;

- “ritiene che l'adozione di codici di condotta costituisca un importante strumento per assicurare la qualità della mediazione; osserva a tale riguardo che il Codice europeo di condotta per mediatori è direttamente utilizzato dalle parti in causa o è fonte di ispirazione per i codici nazionali o di settore”;

- “deplora la difficoltà di ottenere dati statistici globali sulla mediazione, inclusi il numero di casi mediati, la durata media e le percentuali di successo delle procedure di mediazione; osserva che, in assenza di una banca dati affidabile, è molto difficile promuovere ulteriormente la mediazione e accrescere la fiducia dei cittadini nella sua efficacia”;

- “si compiace della particolare importanza della mediazione nell'ambito del diritto di famiglia”;

- “ferma restando la natura volontaria della mediazione, è necessario adottare ulteriori misure per garantire l'esecutività degli accordi mediati in maniera rapida e accessibile, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del diritto dell'Unione e nazionale”;

- “invita gli Stati membri a profondere maggiori sforzi per incoraggiare il ricorso alla mediazione nelle controversie civili e commerciali, anche attraverso opportune campagne di informazione che forniscano ai cittadini e alle persone giuridiche informazioni adeguate e complete sulla validità della procedura e sui suoi vantaggi in termini di economicità dei tempi e delle spese, nonché per assicurare una migliore cooperazione tra i professionisti della giustizia a tal fine; sottolinea al riguardo la necessità di uno scambio di migliori pratiche nelle varie giurisdizioni nazionali, sostenuto da misure adeguate a livello di Unione, al fine di aumentare la consapevolezza dell'utilità della mediazione”.


Di seguito il testo della Risoluzione.

Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017 sull'attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (la "direttiva sulla mediazione") (2016/2066(INI))

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 56/2017

Il Parlamento europeo,

–  vista la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale(1) (la "direttiva sulla mediazione"),

–  vista la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull'applicazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (COM(2016)0542),

–  vista la raccolta di analisi approfondite della direzione generale delle Politiche interne dal titolo "The implementation of the Mediation Directive – 29 November 2016" (L'attuazione della direttiva sulla mediazione – 29 novembre 2016)(2) ,

–  visto lo studio della Commissione dal titolo "Study for an evaluation and implementation of Directive 2008/52/EC – the 'Mediation Directive'"(Studio per una valutazione e attuazione della direttiva 2008/52/CE – la "direttiva sulla mediazione") del 2014(3) ,

–  visto lo studio della direzione generale delle Politiche interne dal titolo "Rebooting the Mediation Directive: Assessing the limited impact of its implementation and proposing measures to increase the number of mediations in the EU" (Riesame della direttiva sulla mediazione: valutazione dell'impatto limitato della sua attuazione e proposta di misure per incrementare il numero di mediazioni nell'UE)(4) ,

–  vista la valutazione dell'attuazione europea della direttiva sulla mediazione elaborata dall'unità Valutazione d'impatto ex post dei Servizi di ricerca del Parlamento europeo (EPRS)(5) ,

–  visto lo studio della direzione generale delle Politiche interne dal titolo "Quantifying the cost of not using mediation – a data analysis" (Quantificare i costi derivanti dal mancato ricorso alla mediazione – un'analisi dei dati)(6) ,

–  visti l'articolo 67 e l'articolo 81, paragrafo 2, lettera g), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visti l'articolo 52 del suo regolamento, nonché l'articolo 1, paragrafo 1, lettera e), e l'allegato 3 della decisione della Conferenza dei presidenti del 12 dicembre 2002 sulla procedura relativa alla concessione dell'autorizzazione ad elaborare relazioni di iniziativa,

–  vista la relazione della commissione giuridica (A8-0238/2017),

A.  considerando che la direttiva 2008/52/CE è stata un'importante pietra miliare per quanto riguarda l'introduzione e l'uso delle procedure di mediazione nell'Unione europea; che, sebbene la sua attuazione differisca notevolmente tra gli Stati membri, in funzione della previa esistenza o meno di sistemi di mediazione nazionali, e che alcuni Stati membri hanno optato per un'applicazione relativamente letterale delle sue disposizioni, altri per una revisione approfondita di modalità alternative di risoluzione delle controversie (come, ad esempio, nel caso dell'Italia, dove il ricorso alla procedura di mediazione è sei volte superiore rispetto al resto d'Europa), mentre altri ancora hanno ritenuto che le disposizioni nazionali in vigore fossero già in linea con la direttiva sulla mediazione;

B.  considerando che la maggior parte degli Stati membri ha esteso l'ambito di applicazione delle rispettive misure di recepimento nazionali anche ai casi nazionali e solo tre Stati membri hanno scelto di trasporre la direttiva unicamente per quanto riguarda i casi transfrontalieri(7) , producendo un impatto decisamente positivo sugli ordinamenti degli Stati membri e sulle categorie di controversie interessate;

C.  considerando che le difficoltà emerse nella fase di trasposizione della direttiva riflettono in larga parte le divergenze di cultura giuridica tra gli ordinamenti nazionali; che occorre pertanto dare priorità al cambiamento di mentalità giuridica attraverso lo sviluppo di una cultura della mediazione basata sulla risoluzione amichevole delle controversie – una questione che è stata ripetutamente sollevata dalle reti europee di professionisti del diritto fin dalla genesi della direttiva dell'Unione e poi nella sua trasposizione nazionale da parte degli Stati membri;

D.  considerando che l'applicazione della direttiva sulla mediazione ha apportato un valore aggiunto dell'UE sensibilizzando i legislatori nazionali in merito ai vantaggi della mediazione e determinando un certo grado di armonizzazione per quanto riguarda il diritto procedurale e le varie pratiche negli Stati membri;

E.  considerando che la mediazione, in quanto procedura extragiudiziale alternativa, volontaria e confidenziale, può essere uno strumento utile per alleviare il carico dei sistemi giudiziari in taluni casi e fatte salve le necessarie misure di salvaguardia, dal momento che consente alle persone fisiche e giuridiche di comporre le controversie rapidamente e a basso costo – tenuto conto che l'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari viola la Carta dei diritti fondamentali – garantendo nel contempo un migliore accesso alla giustizia e contribuendo alla crescita economica;

F.  considerando che è evidente che gli obiettivi enunciati all'articolo 1 della direttiva sulla mediazione, vale a dire promuovere il ricorso alla mediazione e in particolare garantire "un'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario", non sono stati raggiunti, visto che la mediazione è utilizzata mediamente in meno dell'1 % dei casi nei tribunali della maggior parte degli Stati membri(8) ;

G.  considerando che la direttiva sulla mediazione non ha creato un sistema dell'Unione per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in senso stretto, ad eccezione dell'introduzione di disposizioni specifiche riguardanti i termini di prescrizione e decadenza nei procedimenti di mediazione e per quanto riguarda gli obblighi di riservatezza per i mediatori e il loro personale amministrativo;

Conclusioni principali

1.  si compiace che, in molti Stati membri, i sistemi di mediazione siano stati recentemente sottoposti a modifiche e revisioni, mentre in altri siano previste modifiche della legislazione applicabile(9) ;

2.  deplora che solo tre Stati membri abbiano scelto di trasporre la direttiva solo per quanto riguarda i casi transfrontalieri e osserva che esistono alcune difficoltà in relazione al funzionamento pratico dei sistemi di mediazione nazionali, principalmente dovute alla tradizione del contraddittorio e all'assenza di una cultura della mediazione negli Stati membri, al basso livello di conoscenza della mediazione nella maggioranza degli Stati membri, nonché a un'insufficiente conoscenza di come trattare i casi transfrontalieri e del funzionamento dei meccanismi di controllo della qualità per i mediatori(10) ;

3.  sottolinea che tutti gli Stati membri prevedono la possibilità che gli organi giurisdizionali invitino le parti a ricorrere alla mediazione o, almeno, a partecipare a sessioni informative sulla mediazione; osserva che, in determinati Stati membri, la partecipazione a dette sessioni informative è obbligatoria, su ordine del giudice(11) o per legge per determinate controversie, come nel caso del diritto di famiglia(12) ; rileva altresì che determinati Stati membri fanno obbligo agli avvocati di informare i propri clienti circa la possibilità di ricorrere alla mediazione o richiedono che nelle domande presentate all'organo giurisdizionale sia indicato se il tentativo di mediazione è stato esperito o se sussistono motivi che lo ostacolano; osserva che l'articolo 8 della direttiva sulla mediazione assicura che alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di essere ascoltate in tribunale a causa del tempo trascorso in mediazione; sottolinea che, a tale riguardo, gli Stati membri non hanno segnalato nessun problema;

4.  constata altresì che molti Stati membri forniscono alle parti incentivi finanziari affinché ricorrano alla mediazione, sotto forma di riduzione dei costi o di assistenza legale, o prevedendo sanzioni per il rifiuto ingiustificato di valutare il ricorso alla mediazione; osserva che i risultati conseguiti in questi paesi dimostrano che la mediazione può garantire una risoluzione extragiudiziale delle controversie rapida e con un buon rapporto costi-efficacia, grazie a procedure adeguate alle necessità delle parti;

5.  ritiene che l'adozione di codici di condotta costituisca un importante strumento per assicurare la qualità della mediazione; osserva a tale riguardo che il Codice europeo di condotta per mediatori è direttamente utilizzato dalle parti in causa o è fonte di ispirazione per i codici nazionali o di settore; osserva inoltre che la maggior parte degli Stati membri dispone di procedure di accreditamento obbligatorie per i mediatori e di registri di mediatori;

6.  deplora la difficoltà di ottenere dati statistici globali sulla mediazione, inclusi il numero di casi mediati, la durata media e le percentuali di successo delle procedure di mediazione; osserva che, in assenza di una banca dati affidabile, è molto difficile promuovere ulteriormente la mediazione e accrescere la fiducia dei cittadini nella sua efficacia; sottolinea, d'altro canto, il ruolo sempre più importante della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale nel migliorare la raccolta dei dati nazionali sull'applicazione della direttiva sulla mediazione;

7.  si compiace della particolare importanza della mediazione nell'ambito del diritto di famiglia (soprattutto in procedimenti riguardanti la custodia dei figli, i diritti di accesso e i casi di sottrazione di minore), in quanto può creare un'atmosfera costruttiva di discussione e garantire rapporti equi tra i genitori; osserva inoltre che le composizioni amichevoli tendono a essere durature e nell'interesse superiore del minore, dal momento che possono riguardare, oltre alla residenza principale del minore, le disposizioni di visita o gli accordi relativi al mantenimento del minore; sottolinea al riguardo l'importante ruolo svolto dalla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, che elabora raccomandazioni intese a incrementare l'uso della mediazione familiare in un contesto transfrontaliero, in particolare nei casi di sottrazione di minore;

8.  sottolinea l'importanza di sviluppare e mantenere una sezione separata del portale europeo della giustizia elettronica dedicata alla mediazione transfrontaliera nell'ambito del diritto di famiglia, che fornisca informazioni sui sistemi di mediazione nazionali;

9.  accoglie con favore, pertanto, l'impegno della Commissione di cofinanziare diversi progetti volti a promuovere la mediazione e la formazione per i giudici e altri operatori della giustizia negli Stati membri;

10.  sottolinea che, ferma restando la natura volontaria della mediazione, è necessario adottare ulteriori misure per garantire l'esecutività degli accordi mediati in maniera rapida e accessibile, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del diritto dell'Unione e nazionale; rammenta a tale riguardo che l'esecutività a livello nazionale di un accordo raggiunto dalle parti in uno Stato membro è, di norma, subordinata all'omologazione di un'autorità pubblica, il che dà origine a costi supplementari e richiede molto tempo per le parti dell'accordo, e può pertanto influire negativamente sulla circolazione di accordi di mediazione esteri, soprattutto nel caso di controversie minori;

Raccomandazioni

11.  invita gli Stati membri a profondere maggiori sforzi per incoraggiare il ricorso alla mediazione nelle controversie civili e commerciali, anche attraverso opportune campagne di informazione che forniscano ai cittadini e alle persone giuridiche informazioni adeguate e complete sulla validità della procedura e sui suoi vantaggi in termini di economicità dei tempi e delle spese, nonché per assicurare una migliore cooperazione tra i professionisti della giustizia a tal fine; sottolinea al riguardo la necessità di uno scambio di migliori pratiche nelle varie giurisdizioni nazionali, sostenuto da misure adeguate a livello di Unione, al fine di aumentare la consapevolezza dell'utilità della mediazione;

12.  invita la Commissione a valutare la necessità di elaborare norme di qualità a livello di Unione relative alla fornitura di servizi di mediazione, segnatamente sotto forma di norme minime a garanzia della coerenza, pur tenendo conto del diritto fondamentale di accesso alla giustizia e delle differenze locali nelle culture della mediazione, così da promuovere ulteriormente il ricorso a tale istituto;

13.  invita inoltre la Commissione a valutare la necessità per gli Stati membri di creare e mantenere registri nazionali dei procedimenti mediati, che potrebbero costituire una fonte di informazione per la Commissione, ma anche essere utilizzati dai mediatori nazionali per trarre vantaggio dalle migliori pratiche europee; sottolinea che qualsiasi registro deve essere creato nel pieno rispetto del regolamento generale sulla protezione dei dati (regolamento (UE) 2016/679)(13) ;

14.  chiede alla Commissione di effettuare uno studio dettagliato sugli ostacoli alla libera circolazione degli accordi di mediazione esteri nell'Unione e sulle varie opzioni esistenti per promuovere l'utilizzo della mediazione quale modalità valida, accessibile ed efficace di risoluzione delle controversie interne e transfrontaliere nell'Unione, tenendo conto dello Stato di diritto e degli attuali sviluppi internazionali in questo ambito;

15.  invita la Commissione, nel contesto della riflessione sulla revisione normativa, a trovare soluzioni al fine di estendere, se possibile, l'ambito di applicazione della mediazione anche ad altre questioni civili o amministrative; sottolinea tuttavia che è necessario prestare particolare attenzione ai risvolti che la mediazione può avere su alcune tematiche sociali, ad esempio il diritto di famiglia; raccomanda al riguardo alla Commissione e agli Stati membri di applicare e mettere in atto misure di salvaguardia adeguate nei processi di mediazione al fine di limitare i rischi per le parti più deboli e proteggerle da eventuali abusi di processo o di posizione imputabili alle parti più forti, nonché di fornire dati statistici pertinenti ed esaustivi; sottolinea inoltre l'importanza di assicurare il rispetto di criteri di equità in materia di costi, con particolare riguardo alle tutele per le categorie svantaggiate; osserva tuttavia che la mediazione potrebbe perdere attrattività e valore aggiunto se dovessero essere introdotti standard troppo stringenti per le parti;

16.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)     GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3.
(2)     PE 571.395.
(3)     http://bookshop.europa.eu/en/study-for-an-evaluation-and-implementation-of-directive-2008-52-ec-the-mediation-directive--pbDS0114825/
(4)     PE 493.042.
(5)     PE 593.789.
(6)     PE 453.180.
(7)     Si veda COM(2016)0542, pag. 5.
(8)     PE 571.395, pag. 25.
(9)     Croazia, Estonia, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Ungheria.
(10)    Si veda COM(2016)0542, pag. 4.
(11)    Ad esempio nella Repubblica ceca.
(12)    Ad esempio in Lituania, Lussemburgo, Inghilterra e Galles.
(13)    GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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