DIRITTO D'AUTORE


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14 dicembre 2022

41/22. Simmetria tra fatti (principali) narrati in mediazione ed esposti in giudizio: la domanda di mediazione generica comporta l’improcedibilità e non interrompe le decadenze (Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2022)

=> Tribunale di Roma, 11 gennaio 2022 

L’art. 4, d.lgs. 28/2010, comma 2 del medesimo articolo specifica che: "L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". Il contenuto del suddetto articolo è praticamente equivalente a quello dell'art. 125 c.p.c., circa il contenuto degli atti processuali, fatta eccezione per i soli "elementi di diritto". L'applicazione di detta norma impone, quindi, una simmetria tra fatti narrati in sede di mediazione ed i fatti esposti in sede processuale, almeno per quelli principali; diversamente, dovrebbe essere dichiarata l'improcedibilità, per mancato assolvimento della condizione prevista dal legislatore (l'art. 4 pretende, infatti, l'indicazione delle "ragioni della pretesa", con ciò potendosi solo intendere l'allegazione di una situazione latamente ingiusta per la quale si prospetti una futura, possibile azione di merito, non risultando necessario inquadrare giuridicamente il fatto: come detto, l'istanza di mediazione non richiede anche l'indicazione di "elementi di diritto"). In particolare, l'istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, includendo tutti, e gli stessi, elementi fattuali che saranno introdotti nel futuro giudizio. In tema di mediazione c.d. obbligatoria, quindi, una domanda processuale diversa, che esuli, anche solo in parte, da quella prospettata in sede di mediazione, va considerata una domanda nuova rispetto a quella passata per il filtro della mediazione, così come una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o della causa petendi (come nella specie), va sanzionata con l'improcedibilità della stessa. Orbene, se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l'improcedibilità, potendo il giudice demandare un nuovo esperimento della mediazione e, solo in caso di mancato (valido) esperimento di tale nuova mediazione, pronunciare l'improcedibilità della domanda, è anche vero che (fattispecie in tema di impugnazione di delibera condominiale) l’effetto interruttivo della decadenza connesso alla "comunicazione" dell’istanza di mediazione alla controparte, può essere riconosciuto solo ad una procedura validamente espletata ed in relazione all'istanza comunicata che sia simmetrica alla domanda giudiziale (tenuto conto della natura deflattiva dell'istituto della mediazione, volto ad instaurare già dinanzi al mediatore un effettivo contraddittorio sulle questioni oggetto di lite), così come l’interruzione, per una sola volta, delle decadenze; diversamente, si incentiverebbe l’uso uso meramente dilatorio della mediazione (I) (II).

(I) Si veda l’art. 4, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

(II) Nel caso di specie l'istanza di mediazione non contiene, diversamente dalla domanda giudiziale, alcun riferimento alle singole delibere condominiali impugnate ed ai vizi ad esse imputati con la conseguenza che la mediazione non può ritenersi validamente svolta e, quindi, non impedita la decadenza dell'impugnazione ex art. 1137 c.c.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Roma
sentenza n. 259
11 gennaio 2022

Omissis 

Con atto di citazione omissis ha impugnato la delibera assembleare omissis.

Tanto premesso, deve ritenersi preliminare ed assorbente l'esame dell'eccepita improcedibilità della domanda e della conseguente tardività dell'impugnazione della delibera.

L'art.4 del D.Lgs. n. 28 del 2010 riguardante la mediazione dispone che: "La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'art.2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del Giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza.". Il comma 2 del medesimo articolo specifica che: "L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". Il contenuto del suddetto articolo è praticamente equivalente a quello dell'art. 125 c.p.c., circa il contenuto degli atti processuali, fatta eccezione per i soli "elementi di diritto".

L'applicazione di detta norma impone, quindi, una simmetria tra fatti narrati in sede di mediazione ed i fatti esposti in sede processuale, almeno per quelli principali; diversamente, dovrebbe essere dichiarata l'improcedibilità, per mancato assolvimento della condizione prevista dal legislatore.

L'art. 4 pretende, infatti, l'indicazione delle "ragioni della pretesa", con ciò potendosi solo intendere - in un procedimento deformalizzato - come fatti l'allegazione di una situazione latamente ingiusta per la quale si prospetti una futura, possibile azione di merito, non risultando necessario inquadrare giuridicamente il fatto: ciò in quanto, come già detto, l'istanza di mediazione non richiede anche l'indicazione di "elementi di diritto", come invece avviene per la citazione ex art. 163 c.p.c., e per il ricorso, ex art. 414 c.p.c. (ovvero per gli atti in generale, ex art. 125 c.p.c.).

Gli accadimenti narrati in fase di mediazione, pero`, perché si possa verificare in giudizio l'esatto adempimento della condizione di procedibilità, devono essere corrispondenti, "simmetrici" a quelli che saranno poi esposti in fase processuale, per le materie obbligatorie.

Pur non richiedendosi l'equivalente di un atto giudiziario sotto il profilo formale (e dell'indicazione degli elementi di diritto), l'istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, includendo tutti, e gli stessi, elementi fattuali che saranno introdotti nel futuro giudizio e ciò sia per consentire all'istituto della mediazione di svolgere efficacemente la funzione deflattiva affidatagli dal legislatore (rafforzata dalla eventuale sanzione della improcedibilità della domanda), sia per consentire alla controparte evocata in mediazione di conoscere la materia del futuro contendere e di prendere posizione su di essa già nel corso della procedura, svolgendo le opportune difese che possono condurre ad una soluzione conciliativa o anche solo far ridurre il thema decidendum nella eventuale fase processuale.

Una domanda processuale diversa, che esuli, anche solo in parte, da quella prospettata in sede di mediazione, va quindi considerata una domanda nuova rispetto a quella passata per il filtro della mediazione ed in grado di superare, almeno in astratto, il giudizio sulla procedibilità.

Una domanda di mediazione generica sotto il profilo del petitum o, come nel caso di specie, della causa petendi, non può considerarsi validamente espletata e comporta l'improcedibilità della domanda. Orbene, se è vero che per la mediazione ante causam è sempre possibile sanare l'improcedibilità, potendo il giudice demandare un nuovo esperimento della mediazione e, solo in caso di mancato (valido) esperimento di tale nuova mediazione, pronunciare l'improcedibilità della domanda, è anche vero che nel caso di impugnazione di delibera condominiale sussiste un termine di decadenza che viene interrotto (e non sospeso, come ormai chiarito dalla giurisprudenza anche di questo tribunale) dalla "comunicazione" (che può essere fatta sia dall'organismo di mediazione che direttamente dall'istante) della istanza di mediazione alla controparte una sola volta e che inizia a decorrere nuovamente dal deposito del verbale conclusivo della mediazione. Tale effetto interruttivo, però, può essere riconosciuto solo ad una procedura validamente espletata ed in relazione all'istanza comunicata che sia simmetrica alla futura domanda giudiziale, tenuto conto della natura deflattiva dell'istituto della mediazione, volto ad instaurare subito, già dinanzi al mediatore e prima del processo, un effettivo contraddittorio sulle questioni che saranno oggetto del futuro ed eventuale giudizio di merito. Ed è sempre in virtù della fine della procedura che il legislatore ricollega, per una sola volta, alla mediazione l'interruzione delle decadenze. Diversamente, consentire alla parte di avvalersi del beneficio dell'impedimento delle decadenze con la mera presentazione di una "istanza" che non presenti i requisiti sopra indicati, significherebbe svilire l'istituto della mediazione ad un mero adempimento burocratico, in contrasto con la ratio ad esso sotteso, ed incentivare il suo uso meramente dilatorio, a beneficio di una sola parte.

Nel caso di specie l'istanza di mediazione versata in atti si presenta del tutto generica, non contiene alcun riferimento alle singole delibere impugnate ed ai vizi ad esse imputati; la domanda giudiziale, invece, contiene l'impugnativa di più deliberati (si tratta, infatti, di più delibere assunte su diversi ordini del giorno della stessa seduta) e l'esposizione, per ciascuna di essi, dei singoli vizi denunciati (contemplando, peraltro, in alcuni casi, anche censure che non si sostanziano, strictu sensu, in vizi di legittimità delle delibere).

Mancando la necessaria simmetria tra l'istanza di mediazione e la domanda giudiziale in concreto formulata, la mediazione non può ritenersi validamente svolta e, quindi, non impedita la decadenza dell'impugnazione ex art. 1137 c.c. (per cui sarebbe risultato inutile demandare alle parti una nuova mediazione che mai avrebbe potuto sanare la decadenza nella quale è incorsa la parte attrice).

Per tali ragioni, va dichiarata improcedibile la domanda e inammissibile l'impugnazione per intervenuta decadenza. Le spese, tenuto conto della novità della questione, possono essere compensate. 

PQM 

Il Tribunale omissis dichiara inammissibile la domanda attorea. Compensa le spese.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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