DIRITTO D'AUTORE


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10 febbraio 2012

36/12. Mediazione obbligatoria, accesso alla giustizia, onerosità, disuguaglianza tra attore e convenuto, questioni di legittimità costituzionale, non manifesta infondatezza (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2012)

è G.d.P. Catanzaro 1 settembre 2011

Si dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale (1) (2) (3) (4) (5):
  1. dell'art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010, in relazione agli arti. 24 e 77 della Costituzione;
  2. dell'art. 16, comma 4 DM 180/2010, in relazione agli arti. 3 e 24 della Costituzione.
SUL PUNTO 1.

Se l'art. 60 della l. 69/09 aveva stabilito che la mediazione doveva farsi "senza precludere l'accesso alla giustizia", essa, evidentemente, non faceva riferimento alla possibilità della parte di adire il giudice dopo la mediazione, ma faceva riferimento alla necessità che la mediazione non condizionasse il diritto di azione, e quindi non fosse costruita come condizione dì procedibilità. Né può argomentarsi che il problema non sussiste per la brevità del termine di quattro mesi, perché il termine breve di quattro mesi era già stato fissato dalla legge delega. Nel rispetto dell'art. 60 della legge delega 69/09, l'obbligatorietà del procedimento di mediazione in tutte le ipotesi dell'art. 5 del d.lgs. 28/10 non poteva dunque darsi (6).

SUL PUNTO 2.

L'imposizione del pagamento di una somma di denaro per l'esercizio di un diritto in sede giurisdizionale, quale oggi si realizza con la media-conciliazione in forza del combinato disposto dell'art. 5 d.lgs. 28/10 e art. 16 d.m. 180/10, si pone in contrasto con tutti i parametri di costituzionalità, in quanto si tratta di un esborso che: non può essere ricondotto né al tributo giudiziario, né alla cauzione; non può considerarsi di modestissima, e nemmeno di modesta, entità; non va allo Stato, bensì ad un organismo, che potrebbe addirittura avere natura privata; non può considerarsi "razionalmente collegato alla pretesa dedotta in giudizio allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione (7) (8).

SUL PUNTO 3.

L'art. 16 DM 180/10 suddivide le stesse in "spese di avvio del procedimento" e "spese di mediazione": le prime, dovute da "ciascuna parte", ma versate "dall'istante al momento del deposito della domanda"; le seconde, “dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento". Dunque, il decreto ministeriale espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento.
Cosicché, ai sensi dell'art. 3 Cost.: a) o si ritiene che anche l'attore possa non aderire al procedimento, e quindi possa versare la sola spesa di avvio del procedimento ai fini dell'art, 5 del d.lgs. 28/10 con contestuale dichiarazione di non voler avvalersi del servizio; b) oppure il sistema è in violazione dei principio d'eguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento, ma non alla parte attrice, che si vedrebbe comunque obbligata al procedimento di mediazione per poter far valere in giudizio un suo diritto.

(1) Si riporta il testo dell’art. 3 Cost.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

(2) Si riporta il testo dell’art. 24 Cost.
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

(3) Si riporta il testo dell’art. 77 Cost.
Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.




(7) In argomento si veda Corte Cost. n. 67 del 1960.

(8)  Sulla compatibilità tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale dei propri diritti e singole norme che impongono determinati incombenti (anche di natura economica) a carico di coloro che tale tutela richiedano si veda Corte Cost. n. 522 del 2002 e Corte Cost. n. 333 del 2001).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2012

Giudice di Pace di Catanzaro
Sezione I
Ordinanza
1 settembre 2011
sul ricorso numero di registro generale 1189 del 2011, proposto da:
Avv. A.A. Parte attrice
Contro 
Avv. F.E. Parte convenuta
Esaminato  il contenuto dell'atto introduttivo dei presente giudizio,
nonché  la comparsa di costituzione e risposta ritualmente versati in
atti, a scioglimento della riserva di cui al verbale che precede
osserva

I -. L'avv. A.A. con atto di citazione ritualmente notificalo evocava in giudizio l'avv. F.E. al fine di sentir accertare e dichiarare il suo buon diritto ad ottenere la restituzione di due libri concessi in comodato qualche tempo prima. Aggiungeva, a tal proposito, che i numerosi solleciti e tentativi effettuati per rientrare in possesso dei predetti beni non avrebbero sortito alcun esito. Sulla scorta di tali promesse in punto di fatto concludeva per l'accoglimento delle richiamate conclusioni.

II -. Radicatosi il contraddittorio, la parte convenuta, pur contestando decisamente nel merito il contenuto della domanda avversaria, eccepiva, in via preliminare, la improcedibilità della domanda per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione."
La relativa eccezione veniva posta in tali esatti termini: "Giova Preliminarmente osservare che la domanda prima ancora che infondata e improcedibile.
Invero, l'art. 5 del d.Lgs. 28/2010 cosi dispone: "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con alito mezzo di pubblicità contratti assicurativi, bancari e finanziari, e tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto... L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'imprevedibilità "deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non. oltre la prima udienza... Il giudice ove rilevi che la mediazione e'gia'iniziala, ma non si e conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine ih quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione...".

Nessun dubbio può esservi in ordine all'applicabilità della suddetta disposizione nel presente giudizio.
Invero, l'atto introduttivo del giudizio risulta essere stato notificato in data successiva all'entrata in vigore (20/3/2011 delle disposizioni di cui al d.l. 4.3.2010 n. 23 ("Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali"), come determinate dall'art. 24, comma 1, del decreto medesimo.
Nel caso di specie, poi, si verte in materia di contratto di comodato e, per di più la materia in considerazione non risulta rientrare tra quelle in riferimento alle quali l'art. 2, comma 16 decies, del d.l. 29.12.2010, n. 225 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1. L. 26.2.2011, n. 10) ha previsto la proroga di dodici mesi del termine di entrata in vigore stabilito dal citato art. 24, comma 1, del d.lgs 28/2010 (dal momento in proroga in questione e stabilita" ...limitatamente alle controversie vi materni di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti").
Ne segue che la controversia in esame rientra nell'alveo applicativo dell'art. 5 del d.Lgs. 28/2010, di talché l'odierna parte attrice avrebbe dovuto preliminarmente esperire il procedimento di mediazione.

Ora, ai sensi del citato art. 5, 1° comma, d.Lgs 28/2010, "l'esperimento del procedimento di mediazione e "condizione di procedibilità "della domanda giudiziale", con la precisazione che "l'improcedibilità" deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza"; alla stregua di tali previsioni e peri auto imposto a questo pudico il rilievo d'ufficio dell'improcedibilità della domanda.
Il predetto art. 5, 1° comma, prevede inoltre che "il giudice ove rilevi che la mediazione e già iniziata, ma non si e ancora conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine ili cm all'art. 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e stata esperita, assegnando contestualmente alle partì il termine di quindici giorni pei la presentazione della domanda di mediazione"; ili conseguenza, a prescindere dalla qualificazione normativa in termini di "improcedibilità" della sanzione processuale correlata al mancato esperimento della procedura di mediazione, sotto un profilo sostanziale non vi e "luogo ad emettere un formale provvedimento di improcedibilità, dovendosi invece assegnare un termine per l'inizio di procedimento di mediazione, con i contestuale fissazione dell'udienza per una data successiva alla scadenza del termine di quattro mesi previsto dall'art. 6, comma 1, del d.Lgs. 28/2010."

III -. Nel corso della udienza fissata por gli incombenti di cui all'art. 320 c.p.c., preso atto dell'impossibilita di addivenire ad una conciliazione, la parte attrice sollevava questione di legittimità "costituzionale della disposizione dì cui all'art. 5 del d.Lgs. 28/2010, nonché degli artt. 4 e 16 del DM 180/2010 nei seguenti precisi termini:
"l'avv. A.A. eccepisce l'incostituzionalità'dell'art. 5 del d.lgs. 28/10, anche in combinato disposto con l'art. 60 della l. 18 giugno 2009 n. 69, nonché con gli arti. 4 e 16 del DM 10 ottobre 2010 n. 180, per violazione degli artt. 77, 24, 3 e 97 Cost., per le ragioni che si passano ad esporre.

Violazione dell'art. 17 Cost.

V'è, in primo luogo, un eccesso di delega, che, nel caso di specie, si concretizza addirittura in un contrasto tra la legge delega e il decreto legislativo. Ed infatti, l'art. 60 l. 69/00 disponeva di "prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione", fosse realizzata "senza precludere l'accesso alla giustizia".
L'art. 5 del d.lgs. 28/10, al contrario, ha reso in molti casi la mediazione una condizione di procedibilità della domanda, e dunque ha disciplinato oltre i limiti fissati dalla legge delega, ed anzi, e più precisamente, in contrasto con la stessa nella parte in cui, appunto, non voleva che la mediazione precludesse l'accesso alla giustizio.
Né, in senso contrario, può argomentarsi che la mediazione di cui all'art. 5 del d.lgs. 28/10 non preclude l'accesso alla giustizia, poiché attivato il procedimento di mediazione e trascorsi i quattro mesi di cui all'art. 6, l'accesso alla giustizia e possibile, e io condizione ih procedibilità della domanda e assolta.
Ed infatti, che dopo d procedimento di mediazione la parte possa adire il giudice e circostanza del tutto evidente, e certamente non v'era bisogno che la legge ricordasse una ovvietà del genere, poiché nel nostro sistema e indispensabile che dopo una condizione di procedibilità, non si possa procedere, ovvero non si dia alla parte il diritto della tutela giurisdizionale.
Pertanto, se l'art. 60 della l. 69/09 aveva stabilito che la mediazione doveva darsi "senza precludere l'accesso alla giustizia", essa, evidentemente, non faceva riferimento alla possibilità della parte di adire il giudice dopo la mediazione, cosa scontata e ovvia, ma faceva riferimento alla necessità che la mediazione non condizionasse il diritto di azione, e quindi non fosse costruita come condizione di procedibilità.
Né, sempre in senso contrario, può argomentarci che il problema non sussiste per la brevità del termine ili quattro mesi, cosicché "la condizione di procedibilità dell'art. 5 sarebbe compensata dal termine breve fissato nell'art. 6.
Ciò, infatti, non può sostenersi perché il termine breve in quattro mesi era già stato fissato dalla legge delega, e precisamente nella lettera q) dell'art. 60. la quale, al tempo stesso; però voleva che il procedimento di mediazione si desse comunque senza 'precludere l'accesso alla giustizia.
Dunque, la legge delega voleva sia che il procedimento di mediazione non durasse più di quattro mesi, sia che il procedimento di mediazione non precludesse l'accesso alla giustizia.
L'argomento della brevità del termine non può quindi essere utilizzato per escludere l'eccesso di delega, poiché al contrario, il d.lgs. 28/10, mantenendo il termine già fissato nella lettera q) dell'art. 60 della l. 69/09, non ha però rispettato la medesima disposizione di legge nella parte in cui escludeva che il procedimento potesse costituire condizione di procedibilità della domanda, ovvero fosse in grado di precludere, per tutta la sua durata, l'accesso al giudice.
Nel rispetto dell'art. 60 della legge delega 69/09 l'obbligatorietà dei procedimento in mediazione in tutte le ipotesi dell'art. 5 del d.lgs, 28/10 non poteva dunque darsi. L'art. 5 del d.lgs. 28/10, in contrasto con l'art. 60 della l. 69/09, e pertanto incostituzionale per violazione dell'art. 77 Cost.

Violazione dell'art. 24 Cast.

In secondo luogo si deve prendere atto che la mediazione di cui al d.lgs. 28/10 ha un costo, e lo ha anche nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, visto che lo stesso art. 76, 4° comma del DM 10 ottobre 2010 n. 180 espressamente prevede che detto costo "deve essere ridotto di un terzo nelle materie di cui all'art. 5, comma 1, del d.lgs.".
Si eccepisce, al riguardo, che la mediazione può essere obbligatoria, oppure onerosa, ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione, come nel nostro caso, e'tanto obbligatoria quanto onerosa, allora e incostituzionale.
Sembra evidente, infatti, che il legislatore possa prevedere la mediazione come scelta libera e cosciente della parte, e in questi casi, quindi, anche prevedere che, chi la scelga, debba pagare il servizio; oppure il legislatore può subordinare l'esercizio della funzione giurisdizionale ad un previo adempimento, se questo e 'razionale e funzionale ad un miglioramento del servizio giustizia; ed in questo senso, come e avvenuto con l'art. 410 C.p.c., può anche prevedere un tentativo obbligatorio dà conciliazione, ma senza costi.
Se viceversa il tentativo obbligatorio di conciliazione ha un costo, e questo costo non è meramente simbolico, come avviene con l'art. 16 DM 180/10, allora, nella sostanza, il sistema subordina l’esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una somma di denaro.
E poiché il nostro sistema non può subordinare l'accesso al giudice al pagamento di una somma di denaro, la media-conciliazione sia in contrasto con i nostri valori costituzionali, e in violazione dell'art. 24 Cost.

Ciò è detto anche alla luce degli orientamenti che la Corte costituzionale ha già avuto su questi temi.
Sostanzialmente, il legislatore può pretendere denari per la definizione giurisdizionale civile solo se questi sono riconducibili a tributi giudiziari o a cauzioni volte a garantire l'adempimento dell'obbligazione dedotta in giudizio.
In tutti gli altri casi, e fin da Corte costituzionale 29 novembre 1960 n. 67, lo Stato non può pretendere denari per adempiere al suo primo e fondamentale dovere di rendere giustizia.
L'imposizione del pagamento di una somma di denaro per l'esercizio di un diritto in sede giurisdizionale, quale oggi si realizza con la mediazione illazione in forza del combinato disposto dell'art. 5 d.lgs. 28/10 e art. 16 DM 180/10, si pone pertanto in contrasto con tutti i parametri di costituzionalità per come già definitivo in precedenti decisioni dalla Corte costituzionale, in quanto:
a) si tratta di un esborso che non può essere ricondotto ne' al tributo giudiziario, ne' alla cauzione;
b) si tratta di un esborso clic non può considerarsi di modestissima, e nemmeno di modesta, entità;
c) si tratta di un esborso che non va allo Stato, bensì ad un organismo, che potrebbe addirittura avere natura privata;
d) e si fratta infine di un esborso che nemmeno può considerarsi "razionalmente collegato alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione", poiché questi esborsi, di nuovo, sono da rinvenire solo nelle cauzioni e nei tributi giudiziari, non in altre cause di pagamento, e perché un esborso che non va allo Stato ma ad un organismo, anche di natura privata, non può mai avere queste caratteristiche.

Violazione dell'art. 3 Cost.

In terzo luogo la media-conciliazione rompe altresì il trattamento paritario nel processo tra attore e convenuto.
Ciò già avviene con il d.lgs. 28/10, che prevede la condizione di procedibilità ex art. 5 per la domanda principale e non per la domanda riconvenzionale, ma oggi, più gravemente, avviene con l'art. 16 DM 180/10. concernente i criteri di determinazione delle indennità.
Tale disposizione, infatti, divide le indennità del procedimento di mediazione tra "spese di avvio del procedimento" e "spese di mediazione".
Le "spese di avvio del procedimento" sono dovute da "ciascuna parte" ma sono versate "dall'istante al momento del deposito della domanda" (2° comma).
Parimenti "le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento".
Dunque, il decreto ministeriale espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento.
Cosicché, ai sensi dell'art. 3 Cost.: a) o si ritiene che anche l'attore possa non aderire al procedimento, e quindi possa versare la sola spesa di avvio del procedimento ai fini dell'art. 5 del d.lgs. 28/10 con contestuale dichiarazione di non voler avvalersi del servizio; b) oppure il sistema è in violazione del principio d'eguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento, ma non alla parte attrice, che si vedrebbe oh torto collo obbligata al procedimento di mediazione per poter far valere in giudizio un suo diritto.
L'istituto della media-conciliazione di cui all'art. 5 del d.lgs. 28/10, in combinato disposto con l'art. 16 DM 180/10, in questi termini, non viola cosi solo l'art. 24 Cost. (per essere, al tempo stesso, obbligatoria e onerosa), ma viola anche l'art. 3 Cost., perché pone su piani diversi, e tratta diversamente, la parte attrice rispetto a quella convenuta.
Né, contro questo argomento, si può sostenere che la diversità "di trattamento dipende dalla diversità " delle pretese, perché e l'attore che vuol adire il giudice, non il convenuto.
Un rilievo del genere può esser fatto solo da chi veda nell'attore un rompiscatole da arginare e non la parte che ha subito un torto e chiede giustizia.
Adire il giudice è un diritto costituzionale, e chi intende farlo non deve subire pregiudizi rispetto alle altre parti processuali, che possono essere proprio quelle che hanno causato l'insorgere della lite per una violazione di legge.
Altrimenti il sistema, oltre ad infrangere il trattamento paritario delle parti in giudizio, rischia altresì di compromettere seriamente l'elementare dovere del rispetto delle obbligazioni, con gravi ripercussioni non solo sul diritto, ma anche sull'economia.

Violazione dell'art. 97 Cost.

Un quarto aspetto di incostituzionalità attiene all'organizzazione interna degli organismi di conciliazione, anche per come defunti con l'art. 4 del DM 180/10. Ed infatti, nel momento in cui la procedure di mediazione resa obbligatoria al fine di far valere in giudizio di diritto, e nel momento in cui le attività dei mediatore interferiscono con l'esercizio della funzione giurisdizionale (i verbali di conciliazione, infatti, costituiscono titolo esecutivo (art. 12, d. lgs. 28/10), le proposte di conciliazione, inoltre, hanno conseguenze sulla liquidazione delle spese del giudizio (art. 13, d.lgs. 28/10) ed, infine, la mancata partecipazione al procedimento di mediazione può rilevare ex art. 116, 2° comma c.p.c. (art. 8. d.lgs. 28/10), va da se che il procedimento ha funzione pubblica, e deve pertanto rispondere ai requisiti di buon andamento e di imparzialità di cui all'art. 97 Cast., soprattutto quando l'organismo è ente pubblico.
Ora, niente di questo si trova nell'art. 4 del DM 180/10, che usa talune espressione elastiche, e fissa blandi criteri di professionalità dei mediatori, ma niente più, senza prescrivere come doverose le condizioni minime di trasparenza, eguaglianza e imparzialità dovute all'esercizio di una funzione pubblica.
In particolare il decreto ministeriale doveva prevedere criteri oggettivi circa l'assegnazione delle pratiche fra i veri mediatori dell'organismo, nonché criteri oggettivi circa il reclutamento degli aspiranti mediatori presso gli organismi costituiti da enti pubblici.
Sopratutto, sotto il primo aspetto, l'assegnazione della pratica al singolo mediatore all'interno dell'organismo andava fissata con criteri oggettivi, analoghi, seppur in forma semplificata, a quelli che sussistono nei tribunali con il sistema cd. tabellare, visto che, come detto, l'attività di mediatore interferisce con la giurisdizione.
Il DM 180/10 è rimasto viceversa silente sul punto, lasciando così la questione alla discrezionalità dell'organismo, che la regolerà m base al proprio statuto.
In questo modo si potranno avere statuti che prevedranno l'assegnazione delle pratiche su designazione discrezionale del presidente, oppure di un garante, singolo o collegiale, o di altro soggetto, all'uopo istituito.
L'art. 5 d.lgs. 28/10, in combinato disposto con l'art. 4 del DM 180/10, si pone pertanto in contrasto con l'art. 97 COst., visto che l'assenza di un meccanismo oggettivo e predeterminato per l'assegnazione delle pratiche rischia di compromettere l'indipendenza e la terzietà del mediatore, attribuendo un potere gestionale inammissibile all'organismo.
È la violazione dell'art. 97 Cost., si evidenzia come fondata ove solo si considera che l'attività del mediatore interferisce come detto con quella giurisdizionale, e quindi ha la necessità di essere esercitata alla luce di detti criteri di trasparenza, indipendenza e imparzialità.

P.Q.M.

si chiede che l'ill.ma Giudice di pace Voglia rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 del d.lgs. 28/10, anche in combinato disposto con l'art. 60 della l. 18 giugno 2009 n. 69. nonché 'con gli artt. 4 e 16 del DM 10 ottobre 2010 n. 180, per violazione degli artt. 77, 24, 3 e 97 Cosi, secondo le ragioni sopra esposte.

A seguito della proposizione di tale eccezione lo scrivente Giudice di pace tratteneva la causa in riserva.

IV -. La questione posta dalla parte attrice e sicuramente rilevante.

Invero, come innanzi accennato, la presente controversia riguarda, pacificamente, un contratto di comodato e, pertanto, rientra nell'ambito di applicazione della disposizione contemplata dall'art. 5 del d.Lgs. 28/2010 che così recita: "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di ... comodato ... e tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto... L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza... Il giudice ove rilevi dir la mediazione e già iniziata, ma non si e conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni pei la presentazione della domanda di mediazione... "

La proposizione della domanda introduttiva del giudizio è, poi, successiva all'entrata in vigore della predetta disposizione e, infine, il convenuto ha tempestivamente sollevato l'improcedibilità della domanda stessa.

Di qui la rilevanza che la disposizione censurata assume nel presente giudizio che, evidentemente, non può essere definito senza che ne sia valutata la eventuale compatibilità con la Carta costituzionale.

V -. La questione di legittimità costituzionale della norma in esame appare non manifestamente infondata per le ragioni che seguono.

VI -. Cionondimeno, prima di entrare nel merito della questione, pare, opportuno illustrare, sia pure sinteticamente, il quadro normativo di riferimento.

VII -. Com'è noto, la direttiva 21 maggio 2008, n. 2008/52/CF del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea ha disciplinato alcuni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.
La direttiva chiarisce innanzitutto che l'obiettivo di garantire un miglior accesso alla giustizia sia giudiziale che extragiudiziale, e, segnatamente, la disponibilità del servizio di mediazione, nel contesto della politica dell'Unione europea volta a istituire uno spazio di libertà; sicurezza e giustizia, e'un importante contributo al corretto funzionamento del mercato interno (quinto considerando).
Alla luce del sesto considerando della direttiva, la mediazione è infatti, ritenuta una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale, poiché le relative procedure sono concepite in base alle esigenze delle parti, e gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente, oltre a preservare più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti, benefici che diventano anche più evidenti nelle questioni di portata transfrontaliera.
La direttiva intende indi delinearne gli elementi chiave, per rendere cerio il relativo contesto giuridico (settimo considerando).
Sotto il profilo sostanziale, in positivo, si afferma che la direttiva dovrebbe applicarsi alle controversie transfrontaliere, ma che nulla dovrebbe vietare agli Stati membri di estenderla ai "procedimenti di mediazione interni" (ottavo considerando).
In negativo, si afferma che la mediazione non dovrebbe applicarsi: "ai diritti e agli obblighi su cui le parti non hanno la facoltà di decidere da sole in base alla pertinente legge applicabile. Tali diritti ed obblighi sono particolarmente frequenti in materia di diritti di famiglia e del lavoro" (decimo considerando); "alle trattative precontrattuali o ai procedimenti di natura arbitrale quali talune forme di conciliazione dinanzi ad un organo giurisdizionale, i reclami dei consumatori, l'arbitrato e la valutazione di penti o i procedimenti gestiti da persone od organismi che emettono una raccomandazione formale, sia essa legalmente vincolante o meno, per la risoluzione della controversia" (undicesimo considerando).
Quanto agli elementi chiave della mediazione, vengono in evidenza, sempre tra i considerando, la differenza tra mediatore e giudice (dodicesimo considerando), la possibilità di rendere il ricorso alla mediazione obbligatorio ovvero soggetto a incentivi o sanzioni, purché non venga impedita alle parti "di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario" (quattordicesimo considerando) ovvero non si impedisca alle parti, nell'incoraggiare la mediazione, in relazione ai termini di prescrizioni e di decadenza, "di adire un organo giurisdizionale o di ricorrere all'arbitrato in caso di infruttuoso tentativo di mediazione" (ventiquattresimo considerando), la fissazione di un termine al processo di mediazione (tredicesimo considerando), la riservatezza del relativo procedimento, anche in relazione all'eventuale successivo procedimento giudiziario od arbitrale (ventitreesimo considerando), l'esecutività dell'accordo scritto raggiunto, fatta salva l'ipotesi di contrasto tra lo stesso e il diritto nazionale ovvero quella che l'obbligo contemplato nell'accordo non possa essere per sua natura reso esecutivo (diciannovesimo considerando); ai fini erariali, la tendenziale neutralità finanziaria in relazione agli stati membri della mediazione, che può includere "il ricordo a soluzioni basate sul mercato" (diciassettesimo considerando).
Viene inoltre in rilievo l'assistenza del mediatore (decimo considerando), la sua formazione e l'introduzione di efficaci meccanismi di controllo della qualità della fornitura del servizio (sedicesimo considerando), la flessibilità del procedimento di mediazione e l'autonomia delle parti, nonché l'efficacia l'imparzialità e la competenza della mediazione (diciassettesimo considerando).
La direttiva 2008/52/CE regola la materia con 14 articoli.
In particolare:
- l'art. 1 enuncia l'obiettivo della regolazione ("...facilitare l'accesso della risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e - garantendo un'equilibrata relazione tra me di mediazione e procedimento giudiziario") e ne delinea il campo di applicazione ... [controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale tranne per i diritti e gli obblighi non riconosciuti alle parti dalla pertinente legge applicabile. Essa non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa ne alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell'esercizio di pubblici poteri (acto iure imperii)].
- l'art. 3, dedicato alle definizioni, dispone che per mediazione, al di là della denominazione, si intende un procedimento strutturato ove "...due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base coloniaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l'assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinati) da un organo giurisdizionale o prescritto di diritto da uno Stato membro";
- Lo stesso art. 3 esplicita che per mediatore si intende " ...qualunque terzo cui è chiesto di condurre in mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato. (lett. b), che comunque incoraggia " ...la formazione iniziale e successivi dei mediatori allo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e competente in relazione alle parti" (par. 2).
- l'art. 5, dedicato al ricorso alla mediazione, esplicitando l'intendimento già anticipato dal preambolo, prevede che "L'organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia..." e che "La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l'inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario".
- l'art. 6 delinea la esecutività degli accordi risultanti dalla mediazione, che e, peraltro, esclusa laddove "il contenuto dell'accordo è contraria alla legge dello Stato membro hi cui viene presentata la richiesta o se la legge di detto Stato membro non ne prevede l'esecutività",
- l'art. 8 dispone che "Gli Stati membri provvedono affinché alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in relazione a tale controversia per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza".

VIII -. Con la legge 18 giugno 2009, n. 69, titolata "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materni di processo civile", e, segnatamente, con l'art. 60, il legislatore nazionale ha delegato il Governo ad adottare uno o più"decreti legislativi in materia di mediazione e- di conciliazione in ambito civile e commerciale (comma 1), nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai principi e criteri direttivi enunciati al comma 3 (comma 2).
Tra questi ultimi, sono attinenti alla materia dell'odierno contendere i principi e criteri direttivi dettati dalle lettere:
"a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia;
b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione;
c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione...;
d) prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia;
e) prevedere la possibilità, per i consigli degli aldini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli;
f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro;
g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali;
h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro;
n) prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione;
p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente il contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vinti tare che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta, dello stesso, condannandolo altresì e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente... e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato...;
q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi;
r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l'indipendenza e l'imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni;
s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale".

IX -. La delega in parola è stata esercitata con il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
L'art. 2. del d.lgs. 28/2010 recita che "1. Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto".
L'art. 4 chiarisce che "1. La domanda di mediazione...e presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo... 2. L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa. 3. All'atto del conferimento dell'incarico, l'avvocato e'tenuto a informare l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cm agli articoli 17 e 20.
L'avvocato informa altresì l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione condizione di procedibilità della domanda giudiziale...".
L'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, che, in continuità "logica con l'ultima disposizioni1 appena richiamata, sancisce al comma 1 che "Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad unii controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditane, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivali le dalla cu colazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e dalla diffamazione con il mezzo della stampe o con nitro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari, e finanziari, e tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, giudiziale. L'improcedibilità elevo essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata l'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza...
Esclusa, ai sensi dell'ultimo periodo del ridetto comma .1 dell'art. 5 la sua applicazione alle azioni previste dagli artt. 37, 140 e 140-bis del codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), il successivo comma 4 dispone ancora che lo stesso comma 1 (nonché il comma 2) non si applica:
"a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida.......di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
e) nei procedimenti in camera di consiglio;
f) nell'azione civile esercitata nel processo penale".
Regolati, poi, agli artt. 6, 8, 11, 12 e 13, il procedimento di mediazione, anche sotto il profilo temporale (art. 6: durata massima di quattro mesi), gli effetti dalla legge ricondotti ai suoi possibili esiti [a) mancata partecipazione senza giustificato motivo, art. 8, comma 5; b) raggiungimento dell'accordo amichevole, formazione del relativo processo verbale anche sulla base di una proposta di mediazione, ed efficacia esecutiva ed esecuzione dell'accordo, non contrario all'ordine pubblico e a norme imperative, previa omologazione, art. 11, commi 1, 2, 3 e art. 12; c) mancato raggiungimento dell'accordo, art. 11, comma 4j, nonché le spese dell'eventuale giudizio che fa seguito al procedimento di mediazione nel quale non si e raggiunto un accordo (art. 13), il capo III del d.lgs. 28/2010 e'dedicato agli organismi di mediazione.
Al riguardo, viene in rilievo la previsione dell'art. 16, comma 1, della costituzione da parte di enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà "ed efficienza, di organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all'art. 2.
Tali organismi devono essere iscritti nel registro, con separate sezioni, disciplinato da appositi decreti del Ministro della.....giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico, che regola anche le indennità loro spettanti (art. 16, commi 1 e 2).
Dette amministrazioni costituiscono, per la parte di competenza, le autorità vigilanti sul registro (art. 16, comma 4).
Ai fini dell'iscrizione, secondo il comma 3 dello stesso art. 16, gli organismi, unitamente alla relativa domanda, sono tenuti a depositare il proprio regolamento di procedura, la cui idoneità "forma oggetto di specifica valutazione da parte del Ministero della giustizia, e il codice etico. Al regolamento devono inoltre essere allegate le tabelle delle indennità "spettanti agli organismi costituiti da enti privati, che sono a loro volta proposte per l'approvazione, a norma del successivo art. 17.
Invero, l'art. 17, disposto ai commi 2 e 3 che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, e che il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro (altrimenti l'imposta e'dovuta per la parte eccedente), prevede ai comma 4 che con il decreto di cui all'art. 16, comma 2, sono determinati.
"a) l'ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti;
b) i criteri per l'approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati;
c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al venticinque per cento, nell'ipotesi eh successo della mediazione;
d) le riduzioni mimine delle indennità dovute nelle ipotesi in cui le. mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell'articolo 5, comma 1".
La disposizione di cui alla appena citata lett. d.) si correla al comma 5, che dispone che, quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'art. 5, comma 1, all'organismo non e'dovuta alcuna indennità "dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

X -. Con decreto 18 ottobre 2010, n. 180 il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ha adottato il regolamento recante la determinazione dei criteri o delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonché l'approvazione delle indennità "spettanti agli organismi.

XI -. Ciò premesso, è da precisare che la parte attrice espone che l'art. 5 del d.lgs. 28/2010 e gli artt. 4 e lo del DM 10 ottobre 2010 n. 180 non sfuggirebbero a censure di legittimità "costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 77 e 97 Cost.

In particolare;

a) l'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, nel prevedere che l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità, rilevabile anche d'ufficio, della domanda giudiziale in riferimento alle controversie nelle previste materie (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditane, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, responsabilità medica e diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari), precluderebbe l'accesso diretto alla giustizia, disattendendo espressamente le previsioni della legge delega, art. 60 della 1. n. 69 del 2009, e, segnatamente, il principio e criterio direttivo di cui alla q) la quale voleva che il procedimento di mediazione non potesse mai "precludere l'accesso alla giustizia";

b) l'attore sostiene, poi, che l'art. 16, comma 4", del DM 180/2010 viola il canone dell'art. 24 Cost. in quanto, a suo dire, la mediazione può" essere obbligatoria, oppure onerosa, ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione, come nel nostro caso, è tanto obbligatoria quanto onerosa, allora è incostituzionale.

c) La suddetta .disposizione si porrebbe, poi, in contrasto con la disposizione di cui all'art. 3 Cost. in quanto espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento. Dal ricorrere di tale evenienza, il convenuto non è tenuto al pagamento di alcuna indennità," di qui l'indicata disparita di trattamento.

d) La parte attrice censura, poi, l'art. 4 del DM 180/10. Sostiene, infatti, che nel momento in cui la procedura di mediazione e resa obbligatoria al fine di far valere in giudizio un diritto, e nel momento in cui le attività del mediatore interferiscono con l'esercizio della funzione giurisdizionale il procedimento ha funzione pubblica, e dove pertanto rispondere ai requisiti di buon andamento e di imparzialità "di cui all'art. 97 Cost.
Nulla di ciò sarebbe invece imposto dalla citata disposizione che, anzi, usa talune espressione elastiche, e fissa blandi criteri di professionalità dei mediatori, ma niente più," senza prescrivere come doverose le condizioni minime di trasparenza, eguaglianza e imparzialità dovute all'esercizio di una funzione pubblica.

XII -. Ritiene lo scrivente che le questioni di costituzionalità sollevate dalla parte attrice non appaiano manifestamente infondate.

XIII -. Anzitutto appare evidente la violazione degli arti. 76 e 77 Cost. per contrasto tra la legge delega e il decreto legislativo 28/10.
Va, in proposito, osservalo che l'art. 60 della legge 69/09 (legge delega) al terzo comma lett. a) prescrive che nell'esercizio della delega il Governo si attenga, tra gli altri, al seguente principio e criterio direttivo" ... a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia".
Orbene, in contrasto con la prescrizione della legge delega, l'art. 5 del d.lgs. 28/10 configura il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, di fatto precludendo l'immediato accesso alla giustizia.
Il d.lgs. 28/10, concependo il procedimento di mediazione quale propedeutico alla domanda giudiziale, rischia di compromettere l'effettività della stessa tutela giudiziale.

Non può argomentarsi, in senso contrario, che la mediazione di cui all'art. 5 del d.lgs. 28/10 non preclude l'accesso alla giustizia, poiché attivato il procedimento di mediazione e trascorsi i quattro mesi di cui all'art. 6, l'accesso alla giustizia è possibile, e la condizione di procedibilità della domanda è assolta. Ed infatti, che dopo il procedimento di mediazione la parte possa adire il giudice e "circostanza del tutto evidente, e certamente non v'era bisogno che la legge ricordasse una ovvietà del genere, poiché nel nostro sistema è impensabile che non si dia alla parte il diritto della tutela giurisdizionale.
Pertanto, se l'art. 60 della l. 69/09 aveva stabilito che la mediazione doveva darsi "senza precludere l'accesso alla giustizia", essa, evidentemente, non faceva riferimento alla possibilità" della parte di adire il giudice dopo la mediazione,, ma taceva riferimento alla necessita che la mediazione non condizionasse - il diritto di azione, e quindi non fosse costruita come condizione dì procedibilità.
Né può argomentarsi che il problema non sussiste per in brevità "del termine di quattro mesi, cosicché la condizione di procedibilità dell'art. 5 sarebbe compensata dal termine breve fissato nell'art. 6.
Ciò, infatti, non può sostenersi perché il termine breve di quattro mesi era già stato fissato dalla legge delega, e precisamente nella lettera q) dell'art. 60, la quale, al tempo stesso, però voleva che il procedimento di mediazione si desse comunque senza "precludere l'accesso alla giustizia".
Nel rispetto dell'art. 60 della legge delega 69/09, l'obbligatorietà "del procedimento di mediazione in tutte le ipotesi dell'art. 5 del d.lgs. 28/10 non poteva dunque darsi.
L'art. 5 del d.lgs. 28/10 appare, dunque, in contrasto con l'art. 60 della I. 69/09, è pertanto incostituzionale per violazione.....degli artt. 76 e 77 Cost.

XIV -. Si deve, poi, convenire con la parte attrice allorché censura la compatibilità delle disposizioni in argomento con il fondamentale canone di cui all'art. 24 Cost.
Invero, come dalla stessa ben argomentato, se il tentativo obbligatorio di conciliazione ha un costo, e questo costo non e meramente simbolico, come avviene con l'art. 16 DM 180/10, allora, nella sostanza, il sistema subordina l'esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una somma di denaro. A tal proposito, non può non convenirsi con l'affermazione secondo cui il nostri) sistema non può subordinare l'accesso al giudice al pagamento di una somma di denaro.
Già con la pronuncia n. 67 del 1960 la Corte costituzionale ebbe modo di chiarire che "il principio, secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e la difesa e diritto inviolabile m ogni stato e grado del procedimento, deve trovare attuazione uguale per tutti, indipendentemente da ogni differenze, di condizioni personali e sociali" e, saggiamente, aggiungeva "la esclusione dell'applicazione dell'istituto nella ipotesi che l'attore sia stato ammesso al gratuito patrocinio non elimina la disparità di condizioni, sia perché tale ammissione è subordinata alla dimostrazione dello stato di povertà dell'interessato, e perciò dovrebbe essere rifiutata a chi non si trovasse in tale condizione, sia perché il procedimento preliminare per la concessione del beneficio non e sempre rapido come sarebbe desiderabile".
Peraltro, e "noto che il problema della compatibilità tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale dei propri diritti e singole norme che impongono determinati incombenti (anche di natura economica) a carico di coloro che tale tutela richiedano, sia stato risolto alla luce della distinzione fra gli oneri che sono "razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare ai processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione", da ritenere evidentemente consentiti, e quelli che tendono, invoco, "alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette", i quali - conducendo al risultato "di preludere o ostacolare gravemente l'esperimento della tutela giurisdizionale" - incorrono "nella sanzione dell'incostituzionalità" (cfr, sentenze n. 522 del 2002 e n. 333 del 2001).
Ebbene, come correttamente rilevato dalla parte attrice, nel caso di specie, l'imposizione del pagamento di una somma di denaro per l'esercizio di un diritto in sede giurisdizionale, quale oggi si realizza con la media-conciliazione in forza del combinato disposto dell'art. 5 d.lgs. 28/10 e art. 16 d.m. 180/10, si pone in contrasto con tutti ì parametri di costituzionalità, in quante:
a) si tratta di un esborso che non può essere ricondotto ne al tributo giudiziario, nella cauzione;
b) si tratta di un esborso che non può considerarsi di modestissima, e nemmeno di modesta, entità;
c) si tratta di un esborso che non va allo Stato, bensì ad un organismo, che potrebbe addirittura avere natura privata;
d) e si tratta infine di un esborso che nemmeno può considerarsi "razionalmente collegato alla pretesa dedotta in giudizio allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione", poiché questi esborsi, di nuovo, sono da rinvenire solo nelle cauzioni e nei tributi giudiziari, non in altre cause di pagamento, e perché un esborso che non va allo Stato ma ad un organismo, anche di natura privata, non può'mai avere queste1 caratteristiche.

XV -., Del pari merita adesione l'argomentazione della parte attrice che ravvede In violazione dell'art. 3 della Cost.
L'art. 16 DM 180/10, concernente i criteri di determinazione delle indennità, suddivide le stesse in "spese di avvio del procedimento" e "spese di mediazione".
Le "spese di avvio del procedimento" sono dovute da "ciascuna parte", ma sono versate "dall'istante al momento del deposito della domanda" (2 comma).
Parimenti "le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento". Dunque, il decreto ministeriale espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento.
Cosicché, ai sensi dell'art. 3 Cost.: a) o si ritiene che anche l'attore possa non aderire al procedimento, e quindi possa versare la sola spesa di avvio del procedimento ai fini dell'art, 5 del d.lgs. 28/10 con contestuale dichiarazione di non voler avvalersi del servizio; b) oppure il sistema e' in violazione dei principio d'eguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento, ma non alla parte attrice, che si vedrebbe comunque obbligata al procedimento di mediazione per poter far valere in giudizio un suo diritto.
L'istituto della media-conciliazione di cui all'art. 5 del d.lgs, 28/10, in combinato disposto con l'art. 16 D.M. 180/10, in questi termini, non viola così solo l'art. 24 Cost. (per essere, al tempo stesso, obbligatoria e onerosa), ma viola anche l'art. 3 Cost., perché pone su piani diversi, e tratta diversamente, la parti1 attrice rispetto a quella convenuta.
XVI-. Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla questione.

P.T.M.

Il Giudice di pace di Catanzaro, interlocutoriamente pronunciando nel giudizio di cui in epigrafe, così dispone:
1) dichiara rilevante e non manifestamente infondata., in relazione agli arti. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art 5 del d.lgs. n. 28 del 2010;
2) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli arti. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità "costituzionale dell'art, 16, comma 4 del DM 180/2010;
3) dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
4) ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parli costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e dei Senato della Repubblica.

Così deciso in Catanzaro in data 30/08/2011

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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