DIRITTO D'AUTORE


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17 gennaio 2020

4/20. Il difetto di genericità o asimmetria della domanda di mediazione rispetto alla domanda giudiziale deve riferirsi al contenuto dell'istanza, non a quello del verbale di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2020)

=> Tribunale di Milano, 16 settembre 2019, n. 8252

Posto che l'art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010 stabilisce che l'istanza di mediazione deve indicare “l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa”, va affermato che l’esplicitazione di tali “ragioni – che costituisce dunque requisito di validità della procedura di mediazione – deve avvenire nell'istanza e non nel verbale (che si limita a dare atto dell’esito della stessa). Pertanto, ai fini della valutazione dell’eccepita improcedibilità della domanda in caso di mediazione c.d. obbligatoria, non può fondarsi il difetto di genericità o asimmetria della domanda di mediazione proposta dall'attore su di una censura del verbale di mediazione, dovendo piuttosto riferirsi al contenuto dell'istanza (nella specie il giudice non condivide la tesi della banca convenuta che aveva eccepito l'improcedibilità delle domande attoree per il mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 4 cit., sostenendo la mancanza di simmetria tra l'oggetto della controversia indicato nel verbale di mediazione e quello oggetto del giudizio, stante l'assoluta genericità della dicitura "contratti bancari" indicata nel verbale quale "oggetto della controversia") (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2020

Tribunale di Milano
Sentenza n. 8252
16 settembre 2019

Omissis

La domanda di parte attrice è da ritenersi fondata nei limiti di seguito esposti.
Banca omissis eccepisce in via preliminare l'improcedibilità delle domande attoree per il mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 4 D. Lgs. n. 28/2010 nella domanda di mediazione.
La stessa sostiene invero la mancanza di simmetria tra l'oggetto della controversia indicato nel verbale di mediazione versato in atti (doc. 7 fasc. attore) e quello oggetto del giudizio, stante l'assoluta genericità della dicitura "contratti bancari" indicata nel verbale quale "oggetto della controversia".
La tesi non può essere condivisa.
L'art. 4 comma 2° del D. Lgs. 28/2010, disposizione invocata dalla convenuta a sostegno della propria argomentazione, stabilisce che "L'istanza [di mediazione] deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". L'esplicitazione di tali ragioni, che costituisce dunque requisito di validità della procedura di mediazione, deve quindi avvenire nell'istanza e non nel verbale che si limita a dare atto dell'esito della stessa.
Non può dunque considerarsi generica o asimmetrica la domanda di mediazione proposta dall'attore non potendo tale difetto fondarsi, come vorrebbe l'Istituto, su di una censura del verbale di mediazione, dovendo piuttosto riferirsi al contenuto dell'istanza.
In ogni caso quest'ultima, che risulta versata in atti (doc. 10 fasc. attore), si appalesa specifica e circostanziata laddove contiene l'indicazione di tutte le contestazioni di parte attrice compresa l'indicazione del quantum della pretesa, elementi che sono del tutto simmetrici al petitum del presente giudizio.
L'eccezione di parte convenuta è pertanto infondata e va respinta.
Parimenti infondata appare l'eccezione di prescrizione dell'azione di ripetizione di indebito mossa dalla Banca convenuta relativamente agli importi di cui al c/c antecedenti al 15.7.2005, data anteriore di dieci anni il primo atto idoneo ad interrompere il decorso del termine di prescrizione costituito dalla lettera di diffida trasmessa dal procuratore di parte attrice alla Banca (doc. 2 fasc. attrice).
In proposito va ricordato che il conto corrente è un rapporto unitario sebbene trovi esecuzione frazionata in una molteplicità di operazioni sicché il termine prescrizionale per la ripetizione di indebiti decorre dalla chiusura (Cass. sez. un. n. 24418/ 2010).
Nel caso di specie il conto corrente n. 19221 è stato estinto nel mese di dicembre 2007 (è del 24.12.2007 la data della missiva con cui C.C. ha richiesto l'estinzione del conto - doc. 3 fasc. attore) e non può dunque ritenersi maturata la prescrizione decennale essendo stata notificata la citazione in data 20 aprile 2016.
Peraltro diversa disciplina devono avere i versamenti solutori perché effettuati su conto scoperto per assenza o superamento del fido. In tal caso, invero, tale versamento non si limita a ripristinare la provvista, ma estingue un debito esigibile del correntista, assumendo quindi la natura di autonomo pagamento, per cui limitatamente a questo genere di operazioni la prescrizione decorre dalla data di esecuzione e quindi opera l'eccepita prescrizione decennale (ancora Cass. sez. un. n. 24418/ 2010).
Sul punto l'accertamento peritale svolto in corso di causa ha evidenziato che " omissis ". Quanto invece al periodo intercorrente tra il 28 febbraio 2003 ed il 15 luglio 2005 il saldo del conto n. omissis è rimasto costantemente a debito del cliente, ne consegue che stante l'esistenza di un c.d. "fido di fatto" le rimesse afferenti a tale lasso di tempo debbano considerarsi ripristinatorie e dunque ripetibili.  Invero, pur in assenza di specifica pattuizione scritta sul punto, come osservato anche dal c.t.u., si può verosimilmente ritenere che il conto corrente di cui è causa fosse implicitamente affidato. "Questa ipotesi è supportata dalla considerazione secondo la quale non risulta plausibile che una banca consenta stabilmente scoperture sul conto corrente acceso a nome del cliente in misura non irrilevante [...] in assenza di un affidamento accordato dalla funzione organizzativa competente" (pag. 11 ctu). La prova del fido può infatti essere fornita anche per il tramite di prove indirette dalle quali emerga in modo univoco tale evidenza non essendo, diversamente da quanto sostenuto dalla convenuta, la forma scritta obbligatoria per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti, quale quelli di c/c, la cui redazione è prevista per iscritto.
Relativamente ai contratti di apertura di credito invero l'art. 6 delle Norme Uniformi Bancarie (NUB) per il contratto di c/c ne contiene la disciplina essenziale.  Come noto, l'art. 10 della Delibera CICR 4.3.2003, in attuazione dell'art. 117 comma 2 TUB, ha autorizzato la Banca d'Italia ad individuare forme diverse per operazioni e servizi effettuati sulla base di contratti redatti per iscritto e le Istruzioni di vigilanza, al Titolo X, cap. 1, sezione III.2, hanno sancito la non obbligatorietà della forma scritta per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto, fra i quali rientrano le operazioni regolate in conto corrente, quali sono appunto le aperture di credito.  A partire dal 29.7.2009 le medesime disposizioni sono state inserite nel provvedimento di Banca d'Italia rubricato "Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari" dove alla sezione III, par. 2, è espressamente previsto che "La forma scritta non è obbligatoria per: a) le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti redatti per iscritto". Non sussiste, quindi, alcun obbligo di forma scritta per i contratti di affidamento potendo l'esistenza degli stessi essere dimostrata anche mediante prove indirette.  Da ciò deriva che la doglianza della Banca in punto di prescrizione è solo parzialmente fondata e che le rimesse eseguite dalla correntista per il periodo tra il 28 febbraio 2003 ed il 15 luglio 2005 sono da considerare tutte ripristinatorie e dunque ripetibili. omissis
Pertanto correttamente il Consulente tecnico d'ufficio ha epurato il conto corrente degli interessi attivi e passivi unilateralmente scelti e applicati dalla Banca e li ha sostituiti con i tassi legali pro tempore vigenti.
Per ciò che attiene alla capitalizzazione degli interessi parte attrice sostiene in primo luogo che mancherebbe la relativa pattuizione di cui all'art. 2 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000 e che, in ogni caso, le clausole in punto di anatocismo di cui al conto corrente n. 19221 sarebbero state stipulate in violazione dell'art. 1283 c.c..
La tesi non merita di essere condivisa.
Va in primo luogo chiarito che, quanto all'asserita violazione dell'art. 1283 c.c., la disposizione menzionata si occupava di disciplinare, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, le clausole anatocistiche stipulate anteriormente alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 attuativa del d.lgs. 342/1999 le quali sono da considerarsi nulle proprio perché in violazione dell'art. 1283 c.c. in quanto basate su un uso negoziale e non su un uso normativo, mancando di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella convinzione di tenere un comportamento giuridicamente obbligatorio, perché conforme ad una norma già esistente nell'ordinamento (Cass. sez. un. 21095/2004).
Tuttavia con l'entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000, che ha consentito esplicitamente la capitalizzazione periodica degli interessi a condizione di reciprocità delle condizioni contrattuali tra le parti, non vi è motivo di ritenere la prassi anatocistica illegittima per contrasto con l'art. 1283 c.c. purché venga fornita la prova che la Banca ha correttamente adempiuto, ex art. 7 comma 2 della citata delibera, al dovere di fornire "opportuna notizia per iscritto alla clientela" della nuova modalità di regolazione dei rapporti di dare e avere relativi al conto corrente.
Nel caso di specie dalle evidenze documentali risultano chiaramente sia la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'adeguamento dell'Istituto alla delibera CICR del 9 febbraio 2000, sia la comunicazione al correntista avvenuta mediante l'estratto conto del 30.6.2000, adeguamento che non risulta peraltro essere mai stato oggetto di contestazione da parte del cliente.
Ne consegue che, delle quattro ipotesi di ricalcolo fornite dal consulente tecnico d'ufficio (ipotesi n. 1 in assenza di fido di fatto, ipotesi n. 2 con fido di fatto e capitalizzazione trimestrale degli interessi, ipotesi n. 3 con fido di fatto e capitalizzazione annuale e ipotesi n. 4 con fido di fatto ma senza alcuna capitalizzazione) va dato seguito all'ipotesi n. 2 a fronte della già chiarita esistenza di un c.d. "fido di fatto" e della corretta pattuizione in punto di capitalizzazione trimestrale emergente dagli atti. omissis
Va infine rigettata la richiesta di parte attrice volta all'ottenimento della condanna della Banca al risarcimento del danno stante l'assoluta genericità della domanda peraltro non supportata da alcun riscontro probatorio circa il pregiudizio che l'addebito di illegittime voci di costo da parte della convenuta avrebbe arrecato all'attore.
In conclusione le doglianze dell'attore appaiono fondate nei limiti sopra descritti.
All'esito dei riconteggi effettuati nell'elaborato, il saldo del conto corrente omissis va rideterminato nella misura indicata dal C.t.u. che ha individuato, alla data del 27 dicembre 2007, una differenza a credito del correntista pari a complessivi € 10.468,69 (importo ottenuto sommando le differenze a favore del correntista alle diverse date del 28.2.04 e 27.12.07)-ipotesi n. 2 dell'elaborato peritale-.
Le conclusioni della C.t.u. appaiono congrue e logicamente motivate e sono integralmente condivise dal Tribunale.
omissis S.p.A. è pertanto tenuta a corrispondere all'attore la somma di € 10.468,69 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo.
Le spese di lite e di Ctu seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: accerta e dichiara la prescrizione dell'azione di ripetizione omissis; dichiara la nullità delle clausole di capitalizzazione degli interessi, della clausola di commissioni di massimo scoperto e della clausola in punto di interessi; ridetermina il saldo omissis; condanna Banca omissis a corrispondere a omissis la suddetta somma, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; rigetta ogni altra domanda; pone definitivamente a carico della convenuta soccombente le spese di C.t.u. come liquidate in corso di causa; condanna la convenuta Banca omissis a rifondere all'attore le spese di lite liquidate in complessivi € omissis oltre accessori di legge, IVA e CPA.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

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