DIRITTO D'AUTORE


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20 novembre 2022

37/22. Avvocato-mediatore che ha assistito in giudizio una delle parti: illecito deontologico? (Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2022)

=> Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 70 del 23 maggio 2022 

Il divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi anche solo potenziale (art. 24 cdf, già art. 37 codice previgente) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla loro apparenza (in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente), dovendosi in assoluto proteggere, tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone, quindi a tutela dell’immagine complessiva della categoria forense, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni specifica vicenda professionale. Conseguentemente: 1) poiché si tratta di un valore (bene) indisponibile, neanche l’eventuale autorizzazione della parte assistita, pur resa edotta e, quindi, scientemente consapevole della condizione di conflitto di interessi, può valere ad assolvere il professionista dall’obbligo di astenersi dal prestare la propria attività; 2) poiché si intende evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato, perché si verifichi l’illecito (c.d. di pericolo) è irrilevante l’asserita mancanza di danno effettivo [massima ufficiale] (I).

(I) Per approfondimenti si veda:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Consiglio Nazionale Forense
(pres. f.f. Picchioni, rel. Arena)
Sentenza n. 70
23 maggio 2022
(pubbl. 24.8.2022)

Omissis 

FATTO

1. L’Avv. [RICORRENTE] impugna la decisione del CDD di Salerno con la quale gli è stata

inflitta la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per due mesi, a

conclusione del procedimento disciplinare aperto con il seguente capo di incolpazione: A)

art. 9 (dovere di probità, dignità e decoro) per non aver osservato i doveri di probità,

dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della

professione forense nello svolgimento della vicenda relativa alla sottoscrizione della

scrittura transattiva del 14.2.1; B) art. 24 (conflitto di interessi) in relazione all’art. 62

(mediazione) per non essersi astenuto dall’attività professionale di mediatore svolta con la

scrittura privata sottoscritta in data 14.2.11 in palese conflitto di interessi, avendo egli

difeso gli interessi di [AAA] nel giudizio definito con sentenza del Tribunale di Nocera

Inferiore [OMISSIS]/05 ed avendo assunto successivamente il patrocinio del medesimo

[AAA] nell’insorgenda vicenda sempre relativa al medesimo oggetto e tra le stesse parti di

cui alla comparsa di costituzione allegata alla scrittura transattiva in data 14.2.11. Fatti

avvenuti in Pagani ed in Angri in data 14.2.2011 o in data ad essa prossima.

Il procedimento disciplinare veniva aperto su esposto presentato al COA di Nocera

Inferiore (il 25.5.15) da [BBB], titolare della ditta individuale [ALFA].

Nell’esposto si riferiva che, all’esito di un giudizio per finita locazione di un immobile ove

era esercitata l’attività di impresa, e prospettate - da parte dell’esponente - una serie di

contestazioni circa la presenza di amianto nell’immobile, venivano avviate trattative tra

l’esponente e il locatore [AAA]. Trattative che venivano svolte con l’intervento dell’avv.

[RICORRENTE], che aveva assistito il proprietario nell’ambito dell’azione di sfratto.

L’esponente lamentava che l’incolpato, in tale contesto, avesse svolto, sostanzialmente,

funzioni di arbitro / conciliatore, favorendo la conclusione di un accordo transattivo,

sottoscritto il 14.2.2011.

Nell’occasione, l’incolpato avrebbe “preteso ed ottenuto” la sottoscrizione di un atto di

citazione, a dire dell’esponente predisposto nel suo interesse dallo stesso Avv.

[RICORRENTE], così come pure il medesimo difensore avrebbe predisposto una

comparsa di risposta - con domanda riconvenzionale - nell’interesse di [AAA] (originario

locatore), allo scopo di documentare la potenziale insorgenza di un contenzioso. L’accordo

prevedeva anche il pagamento della somma di euro 23.015,00, quale indennità di

avviamento offerta al conduttore. Somma effettivamente corrisposta con assegno

circolare, ma pretesa poi in restituzione - per un pari importo in contanti - dall’Avv.

[RICORRENTE], al quale era consegnata, in studio, in assenza del locatore.

L’esponente ha offerto, a supporto delle contestazioni, copia degli atti indicati,

documentazione fotografica e trascrizione giurata della registrazione relativa alla

conversazione che sarebbe intervenuta nello studio dell’Avv. [RICORRENTE] (avente ad

oggetto il conteggio della somma versata in contanti, che sarebbe stata pretesa in

restituzione per la consegna dell’accordo sottoscritto).

L’Avv. [RICORRENTE] si è difeso allegando, tra gli altri, il decreto di archiviazione di un

procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, su

denuncia-querela proposta nei suoi confronti, per truffa, dal Sig. [BBB], chiedendo

l’archiviazione anche del procedimento disciplinare.

Il CDD comunicava – il 15 marzo 2016 - all’Avv. [RICORRENTE] il capo di incolpazione e,

successivamente, disponeva la citazione a giudizio dell’incolpato, cui procedeva sulla

scorta dei presupposti qui di seguito elencati:

- procura lesione alla propria reputazione professionale e alla dignità dell’intera classe

forense l’avvocato difensore di interessi che, anche se non direttamente contrapposti,

abbiano carattere di potenziale conflittualità e possono sfociare in concrete situazioni di

contrasto;

- l’incolpato ha commesso consapevolmente le violazioni deontologiche che gli sono state

contestate;

- l’archiviazione del procedimento penale è stata disposta senza che fosse valutato il

merito della vicenda, ma con la motivazione di “tardività della querela presentata dopo

circa 3 anni dai fatti”;

- l’incolpato ha confermato di aver predisposto una comparsa di costituzione nell’interesse

del Sig. [AAA] contro [BBB], in risposta ad un atto di citazione che non risulta notificato, e

tali atti sono stati allegati alla scrittura transattiva in data 14.2.11;

- dalla documentazione prodotta dall’incolpato, nel dettaglio dall’atto di transazione datato

14.2.2011, risulta che lo stesso ha svolto incarico di “mediazione, consulenza, assistenza,

redazione, stesura, dei singoli atti redatti e qui uniti, ad eccezione dell’atto di [BBB] steso

per le sue rivendicazioni”;

- non risulta smentita l’operazione riferita dall’esponente relativa al conteggio della somma

di euro 23.000,00 in contanti avvenuta nello studio dell’Avv. [RICORRENTE] ed effettuata

dal figlio [CCC].

L’esponente, in sede dibattimentale, ha confermato integralmente l’esposto e tutti i

documenti ad esso allegati - tra cui le fotografie che ritraggono il Sig. [CCC] contare il

denaro (le stesse non sono mai state contestate dall’incolpato) e la trascrizione integrale

del colloquio che si è svolto in quel giorno (1.4.2011) - e ha riferito non solo di aver avuto

pressioni a sottoscrivere la transazione del 14.2.2011, ma anche che la presenza di un

suo difensore di fiducia era stata osteggiata dall’incolpato.

Il nodo della questione disciplinare è stato individuato, dal CDD di Salerno, nella scrittura

transattiva del 14.2.2011. Atto nel quale l’incolpato ha assunto la veste di mediatore o

conciliatore, per incarico di entrambe le parti. A tale scrittura è allegato un “atto di

citazione” di [BBB], sfornito di mandato alle liti e della sottoscrizione dello stesso Sig.

[BBB], privo della data di redazione e mai notificato al destinatario, con l’effetto della

processuale inesistenza.

Di tanto il mediatore, ovvero l’incolpato, secondo il CDD, nella scrittura non dà atto e, per

di più, su incarico del sig. [AAA], suo cliente e parte dell’atto di citazione (in

contrapposizione al [BBB] anch’esso chiamato nell’atto di citazione), redige, e allega alla

transazione, una comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale in

relazione ad un giudizio in realtà mai avviato.

Sentito durante il dibattimento, l’incolpato - evidenzia il CDD - non ha saputo addurre una

valida spiegazione. Essendo stato incaricato da entrambe le parti di svolgere una funzione

conciliativa, ad avviso del CDD non si comprende - sotto il profilo logico e quello giuridico

– come un avvocato abbia dato credito ad una citazione sostanzialmente inesistente

(apparentemente proveniente dal Sig. [BBB]) e in risposta alla stessa abbia predisposto

poi - per il solo Michele [AAA], suo cliente - una comparsa di risposta con domanda

riconvenzionale.

Sull’argomento l’incolpato, secondo il CDD, si è difeso con approssimazione e, in più, la

restituzione della somma di euro ventitremila ne testimonierebbe inequivocabilmente la

mala fede, poi concretizzatasi nel fatto che - quale mediatore o conciliatore di entrambe le

parti – ha finito con il favorire il suo vecchio cliente, imponendo all’esponente la

restituzione della somma menzionata (restituzione peraltro documentata fotograficamente

anche con la presenza dell’Avv. - allora praticante avvocato - [CCC]), per ottenere la copia

della transazione del 14.2.2011.

Lo stesso incolpato, sottolinea il CDD, in sede di audizione dinanzi al consigliere istruttore

(come risulta dal verbale del 26.4.2016) ha implicitamente ammesso di aver tutelato, nella

stesura della transazione del 14.2.2011, solo una delle parti costituite (il suo cliente

[AAA]), trascurando di aver concretamente assunto la veste di mediatore o conciliatore.

Inoltre, nella memoria difensiva dell’8.7.2015, l’incolpato, assume ancora il CDD,

implicitamente ammette che i germani [BBB] e [CCC] avessero portato del denaro, pur se

ha affermato di non averne avuto la materiale disponibilità (il denaro è stato però

conteggiato dal figlio dell’incolpato nello studio del legale).

 In buona sostanza, motiva il decidente di primo grado a sostegno della sanzione irrogata,

l’incolpato non avrebbe dovuto accettare l’incarico di negoziatore, mediatore o conciliatore

della vertenza, assumendolo contemporaneamente dal Sig. [BBB] e dal suo originario

cliente [AAA], essendosi concretizzato – il risultato della sua opera – in un vantaggio

esclusivo per il suo originario cliente.

Sul presupposto della violazione delle regole disciplinari indicate, il CDD di Salerno ha

sospeso l’incolpato dall’esercizio della professione, per un periodo di due mesi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Asserita errata ricostruzione fattuale da parte del CDD. Vizi della motivazione adottata e

insussistenza delle contestazioni. Errata valutazione delle prove.

Le censure avanzate possono essere scrutinate congiuntamente, afferendo tutte al criterio

di valutazione degli elementi di fatto e probatorio acquisiti al procedimento.

La difesa dell’incolpato riepiloga – a sostegno del ricorso - le vicende fattuali dei rapporti

reciprocamente intrattenuti dai signori [AAA], lamentando che il decidente di primo grado

non ne abbia tenuto adeguatamente conto. Nel dettaglio, si duole del (dis)valore intrinseco

assegnato: i) alla citazione e alla comparsa di risposta (relativi, giova ricordare, ad un

giudizio in realtà mai avviato) apparentemente redatti, rispettivamente, a nome di [AAA] e

[BBB]; ii) alla transazione datata 14-02-2011. Lamenta, anche, che non si sarebbe tenuto

conto degli elementi di prova addotti dall’incolpato a sostegno della correttezza della

condotta tenuta.

Le censure, a vario titolo avanzate, sono tutte infondate.

Risulta dalla motivazione resa che il CDD di Salerno abbia fatto buon governo –

nell’esercizio del suo potere discrezionale - degli elementi fattuali e dell’impianto

probatorio complessivamente acquisito, dando atto dei criteri di valutazione e rilevanza

delle prove dedotte.

In disparte la questione sulla paternità della citazione, resta oggettivamente

incomprensibile la predisposizione della comparsa di risposta (il giudizio non era mai stato

avviato) che è stata allegata all’atto transattivo, se non con il tentativo di voler giustificare

l’attività professionale indirizzata alla composizione di una lite insorta tra i contendenti (che

era, in realtà, insussistente), ergendosi a conciliatore su incarico di entrambi i contraenti.

E, soprattutto, documenta la violazione delle regole di condotta deontologica la implicita

ammissione resa dall’incolpato in sede di audizione innanzi al consigliere istruttore (si

rimanda al verbale del 26-4-16), allorché ha dato atto di aver concretamente assistito solo

il proprio cliente [AAA] nell’ambito della attività stragiudiziale posta in essere.

Ricognizione, quest’ultima, radicalmente incoerente con i criteri di diligenza e imparzialità

che dovrebbero informare l’attività dell’avvocato, quando questi assume un incarico a

carattere sostanzialmente conciliativo nell’interesse di tutte le parti coinvolte (e ciò a

prescindere dal fatto che alle altre parti sia, oppure no, derivato un pregiudizio economico

concreto, o uno svantaggio negoziale, dalla sua opera).

Il ricorrente si duole della erronea valutazione, da parte del CDD, dei fatti e delle prove

raccolte.

Come si è anticipato, la censura è infondata. Il Decidente di prima istanza, restando

nell’alveo del proprio potere valutativo discrezionale (Cass. SS.UU. n. 5200/19), ha dato

conto esaustivamente dei fatti (contrastanti con le regole deontologiche) e delle prove

acquisite, che militano tutte nel senso della responsabilità – positivamente accertata -

dell’incolpato.

Resta in disparte la questione della “datio” della somma in denaro contante, che

costituisce pure motivo di censura in questa sede, dal momento che nessun addebito

deontologico formale viene ascritto all’incolpato dal CDD, che ne dà atto, esplicitamente,

nella decisione impugnata. Il CDD non ha, quindi, in alcun modo violato il principio di

corrispondenza tra l’addebito contestato e la decisione adottata, che viene in rilievo solo

quando un fatto “naturalisticamente inteso”, sul quale l’incolpato non si sia potuto

difendere, costituisca il presupposto della condanna (Cass. SS.UU. n. 11024/2014).

Mentre, al contrario, è adeguatamente motivato l’addebito della responsabilità disciplinare

per avere operato in palese conflitto di interessi, allorché l’incolpato ha predisposto la

scrittura transattiva tra le parti, senza possedere gli indefettibili requisiti della imparzialità e

della indipendenza (è agli atti la ricognizione dell’incolpato circa il fatto di aver assistito

esclusivamente il proprio cliente nell’ambito dell’attività stragiudiziale posta in essere).

Giova ricordare, sul punto, che la regola deontologica presidia la condizione astratta di

imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola apparenza del

conflitto ne costituisce violazione – per il significato anche sociale che essa incorpora e

trasmette alla collettività.

Sulla sanzione comminata dal CDD di Salerno

La censura dell’incolpato non coglie nel segno, atteso che la sanzione irrogata appare

certamente adeguata alla complessiva gravità dell’illecito posto in essere e resta coerente

anche avuto riguardo al tenore delle regole disciplinari previgenti alla novella deontologica.

Consegue la infondatezza del ricorso proposto dall’Avv. [RICORRENTE].

P.Q.M.

visto l’art. 54 del R.D.L. 27/11/1933 n. 1578, gli artt. 44, 59 e segg. del R.D. n. 37/1934 e

gli artt. 36 e 37 della L. n. 247/12;

il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso e conferma la decisione impugnata.

Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità

di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione

elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli

interessati riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 febbraio 2020;

 IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.

 f.to Avv. Rosa Capria f.to Avv. Giuseppe Picchioni

Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,

oggi 23 maggio 2022.

 LA CONSIGLIERA SEGRETARIA

 f.to Avv. Rosa Capria

Copia conforme all’originale

 LA CONSIGLIERA SEGRETARIA

 Avv. Rosa Capria 


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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