Alessandra
GRASSI
Le
Negoziazioni paritetiche: quadro normativo, caratteristiche,
esperienze in settori specifici
estratto
da
A.
GRASSI, La conciliazione in materia di consumo e delle liti transfrontaliere. Le dispute tra consumatori e imprese nell’era della globalizzazione e del commercio elettronico: dinamiche, sfide e soluzioni, Diritto Avanzato, Milano, 2024 (dicembre) [link diretto al sito dell'editore]
(...)
La
direttiva ADR, volta all’armonizzazione minima, riconosce
l’esistenza di una pluralità di modelli, frutto non soltanto
dell’esperienza maturata in vari contesti giuridici ma anche dalla
prassi applicativa.
Rispetto
alle negoziazioni paritetiche, la scelta operata dal legislatore
europeo si pone in linea con il principio di sussidiarietà così
l’art. 2, par. 2, lett. A statuisce che “la
presente direttiva non si applica: a) alle procedure dianzi a
organismi di risoluzione delle controversie in cui le persone fisiche
incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o
retribuite esclusivamente dal professionista a meno che gli Stati
membri decidano di consentire tali procedure come procedure ADR ai
sensi della presente Direttiva e siano rispettati i requisiti di cui
al capo II, inclusi i requisiti specifici di indipendenza e
trasparenza di cui all’articolo 6, paragrafo 3”.
Pertanto,
la direttiva ha rimesso alla discrezionalità
dei singoli Stati membri la
possibilità di disciplinare negli ordinamenti nazionali procedure
paritetiche alla stregua di quelle oggetto dell’intervento
comunitario, nel rispetto dei principi fondamentali dettati dalla
normativa sovranazionale.
In
attuazione di tale specifico principio di delega, il legislatore
delegato, nell’ambito della disciplina dettata dal d. lgs. 6 agosto
2015, n. 130, ha stabilito all’art. 141, comma 5, che “le
disposizioni di cui al presente titolo si applicano altresì alle
procedure di conciliazione paritetica di cui all'art. 141-ter”.
L’art.
141-ter, comma 1, consegna per la prima volta una definizione
di negoziazioni paritetiche,
le quali vengono qualificate come “le procedure svolte dinanzi agli
organismi ADR in cui parte delle persone fisiche incaricate della
risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite
esclusivamente dal professionista o da un'organizzazione
professionale o da un'associazione di imprese di cui il
professionista è membro, sono considerate procedure ADR, ai sensi
del presente codice, se, oltre all'osservanza delle disposizioni di
cui al presente titolo, rispettano i seguenti ulteriori requisiti
specifici di indipendenza e trasparenza (...)”.
L’inserimento
delle negoziazioni paritetiche all’interno di un quadro
tendenzialmente organico delle ADR di consumo, infatti, non solo dà
ad esse pieno diritto di cittadinanza nell’ordinamento italiano, ma
attribuisce loro le necessarie garanzie giuridiche affinchè queste
possano ancora svilupparsi nella gestione delle controversie tra
consumatori ed imprese, all’interno di un mercato sempre più
articolato e complesso.
In
particolare, il legislatore italiano è intervenuto su più fronti.
Con
una norma di carattere “generale”, qual è quella di cui
all'art. 2, comma 2, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, recante attuazione
dell’art. 60 l. 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali stabilendo che “il presente decreto non preclude le
negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie
civili e commerciali”.
Si
tratta, anche in tal caso, di un riconoscimento indiretto, posto che
– pur dichiarando la legittimità del ricorso alla procedura di
negoziazione – lo esclude dall’ambito di applicazione della
disciplina della mediazione civile e commerciale.
In
tal modo, dunque, il legislatore ha inteso salvaguardare tali
procedure, senza in alcun modo pregiudicarle, nella più ampia
prospettiva di favorire tutti gli strumenti di risoluzione
stragiudiziale dei conflitti.
Anche
la normativa attuativa, portata dal DM 150 del 2023, contiene un
riferimento espresso alle negoziazioni paritetiche; infatti, l’art.
22 lettera s) statuisce che l’organismo deve indicare nel
regolamento gli eventuali accordi in base ai quali è possibile
utilizzare i risultati delle negoziazioni paritetiche basate su
protocolli di intesa tra le associazioni riconosciute ai sensi
dell’art. 137 del Codice del Consumo e le imprese, o loro
associazioni, e aventi per oggetto la medesima controversia”.
Successivamente
alla normativa “generale” in materia di mediazione delle
controversie civili e commerciali, i riconoscimenti legislativi della
legittimità delle procedure di negoziazione paritetica si sono
moltiplicati, nell’ambito di settori specifici ove la tutela del
consumatore è fondamentale: contratti di multiproprietà, trasporto,
viaggi ecc.
Le differenze
tra tali procedure e tutte le altre ADR di consumo oggetto
possono essere colte sia rispetto alla loro struttura,
sia rispetto alle attività
concretamente poste in
essere ai fini della composizione stragiudiziale della lite.
Sotto
il primo profilo, le procedure paritetiche non richiedono la presenza
di un terzo, inteso come soggetto o collegio distinto rispetto alle
parti coinvolte, in condizioni di neutralità ed indipendenza.
La
commissione, cui viene demandata la soluzione delle controversie, è
composta paritariamente da rappresentanti dell’associazione dei
consumatori e da funzionari delle aziende.
Dunque,
tale organismo non è propriamente terzo: esso è costituito, da un
lato, da soggetti che – muniti di apposito mandato – agiscono in
nome e per conto del consumatore al fine di individuare una soluzione
alla lite; dall’altro esso è costituito da funzionari che
agiscono in forza di poteri conferiti dall’azienda, nell’ambito
del rapporto organico tra questa ed i suoi dipendenti.
Rispetto
al ruolo concretamente svolto, deve sottolinearsi che la commissione
non assume il compito di fornire un ausilio alle parti affinchè esse
trovino in maniera autonoma una soluzione; essa assume un ruolo
attivo ed esclusivamente volto a delineare una proposta di soluzione,
basata sull’analisi degli elementi di fatto e di diritto relativi
alla controversia.
La
proposta di soluzione può ben essere fondata non solo su aspetti di
natura giuridica, ma può tener conto anche del migliore
assetto degli interessi.
La
proposta di soluzione ha un carattere essenzialmente valutativo
proprio perché basato sull’analisi compiuta dalla
commissione e decisorio perché è la commissione che formula una
decisione con cui si prospetta la soluzione della controversia; essa,
tuttavia, non ha natura vincolante, poiché viene sottoposta
successivamente al consumatore, il quale può far pervenire la
propria accettazione, in seguito alla quale il contratto può dirsi
concluso, e la lite definitivamente risolta.
In
ragione delle richiamate differenze rispetto alle altre procedure ADR
oggetto della disciplina in esame, è dunque ben comprensibile la
rilevanza del riconoscimento espresso operato dal legislatore
nell’art. 141-ter codice del consumo, il quale è comunque
sottoposto a specifici requisiti quali: la composizione
collegiale paritaria; un incarico per i componenti della commissione
di durata almeno triennale; l’insussistenza di rapporti lavorativi
tra il rappresentante dei consumatori ed il professionista, o
un’associazione di cui questi faccia parte; la trasparenza delle
procedure di finanziamento; l’esistenza di un organo di garanzia
che presieda al regolare svolgimento delle attività della
commissione priva di personalità giuridica.
Il
rispetto di detti requisiti, oltre che di quelli dell’intero Titolo
II-bis, come previsto dall’art. 141, comma 5, codice consumo è
volto ad assicurare che, nonostante l’assenza del requisito di
terzietà, sia comunque osservato da un lato il principio di
indipendenza e l’assenza di conflitti di interessi in capo ai
componenti della commissione e dall’altro il principio di
trasparenza nelle fonti di finanziamento al fine di garantire la
gratuità delle stesse per i consumatori.
Nel
mutato contesto normativo, le Autorità di settore – quali autorità
competenti nei settori dalle stesse regolamentati ai sensi dell’art.
141-octies codice consumo – hanno istituito i rispettivi elenchi
degli organismi ADR, tra i quali sono annoverate anche le
negoziazioni paritetiche come ad esempio la delibera
661/15/Cons dell’AGCom in materia di telefonica, nonché la
delibera 620/15/E/com e 580/2016/E/com dell’Arera, nel settore
energetico.
La
conciliazione paritetica nasce, quindi da
protocolli d'intesa sottoscritti tra le associazioni dei consumatori
e l'azienda o associazioni di aziende,
per la gestione di specifiche tipologie di controversie di consumo
(riferite ad esempio ad un disservizio o un guasto di linea
telefonica, piuttosto che di servizi non richiesti, ecc.).
Per
avviare la procedura di conciliazione è necessario innanzitutto che
il consumatore presenti un reclamo all’azienda; se questo non viene
considerato o se la risposta fornita risulta inadeguata, si può
attivare, contattando le Associazioni dei consumatori, la procedura
di conciliazione che deve necessariamente concludersi entro un
termine prestabilito in base ai singoli protocolli.
Veniamo
ai vantaggi
per il consumatore che
intraprende questa scelta per tutelare i propri diritti:
accessibilità
della procedura: la procedura è gratuita o comunque poco onerosa
per il consumatore, semplice e attivabile attraverso la compilazione
della relativa domanda. L’unico requisito indispensabile per poter
accedere alla procedura è aver già inoltrato formale reclamo al
quale l’azienda non ha dato riscontro nei tempi stabiliti o se la
soluzione fornita non è stata ritenuta soddisfacente dal
consumatore;
tempi
brevi per lo svolgimento della procedura;
la
formazione dei conciliatori che compongono la Commissione di
Conciliazione assicura l’assistenza del consumatore da parte di
personale qualificato;
la
composizione della commissione di conciliazione: per ridurre le
eventuali asimmetrie informative tra i componenti delle commissioni
paritetiche, le Autorità di settore intervengono con appositi
programmi formativi a questi diretti;
contraddittorio:
il consumatore ha la possibilità di essere ascoltato direttamente
dall’organo deputato alla gestione della controversia e di
rappresentare il proprio punto di vista;
trasparenza
e informazione riguardo lo svolgimento della procedura;
libertà
di scelta: il consumatore è libero in ogni momento di rifiutare di
partecipare alla procedura di conciliazione, di recedere dalla
stessa o di adire il sistema giudiziario; è inoltre informato della
possibilità di poter accettare o meno la proposta conciliativa
formulata dalla Commissione senza alcuna conseguenza negativa;
diritto
alla riservatezza: ogni argomentazione, informazione o proposta
relativa alla controversia è coperta dalla riservatezza;
efficacia
giuridica dell’accordo: il verbale ha efficacia di accordo
transattivo ai sensi dell’art. 1965 codice civile;
riequilibrio
del potere negoziale: l’intervento delle associazioni di
consumatori, dal momento della stipula del protocollo con l’azienda
al momento dell’assistenza in fase di reclamo e procedura
conciliativa, rappresenta nei fatti un riequilibrio del potere
negoziale. Il potere negoziale del consumatore, assente nel momento
della sottoscrizione del contratto di adesione, viene in qualche
misura recuperato in fase di gestione della controversia con il
modello di conciliazione paritetica.
Va
segnalato anche il buon andamento dei risultati in termini di alta
percentuale degli accordi raggiunti e soddisfazione del consumatore.
(...)
PER
APPROFONDIMENTI: Alessandra GRASSI,
La
conciliazione in materia di consumo e delle liti transfrontaliere.
Le dispute tra consumatori e imprese nell’era della globalizzazione
e del commercio elettronico: dinamiche, sfide e soluzioni,
Diritto
Avanzato, Milano, 2024 (dicembre) [link diretto al sito dell'editore]
Fonte:
Osservatorio
Mediazione Civile n. 1/2025
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)