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15 dicembre 2019

52/19. Mancanza di tempo per prepararsi al primo incontro: sanzione economica per la mancata partecipazione alla mediazione; rileva solo l’impedimento oggettivo (Osservatorio Mediazione Civile n. 52/2019)

=> Tribunale di Verona, 21 maggio 2019

Con riferimento alla mancata partecipazione al procedimento di mediazione va osservato che l’impedimento che rileva ai sensi dell'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 è esclusivamente quello alla materiale partecipazione al primo incontro dinanzi al mediatore. Pertanto, per andare esente dall'applicazione della sanzione prevista da detta norma, la parte deve allegare e comprovare la sussistenza di un impedimento oggettivo alla sua comparizione dinanzi al mediatore, non rilevando a tal fine giustificazioni attinenti al diverso profilo relativo alla ritenuta utilità o meno del tentativo di mediazione. Ciò posto non è certo idonea a giustificare la mancata comparizione dinanzi al mediatore la dichiarazione della parte (nella specie un’azienda ospedaliera chiamata in giudizio per il risarcimento danni in materia di responsabilità sanitaria da parte del paziente) secondo cui, essendo stata informata dell'iniziativa dell'attore solo nel mede precedente all’incontro, non avrebbe avuto il tempo necessario per procedere all'istruttoria interna in merito ai fatti avvenuti, sicché il tentativo di mediazione sarebbe risultato senz'altro inutile (in tal caso va quindi applicata la sanzione di cui alla norma sopra citata) (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 52/2019

Tribunale di Verona
Sentenza
21 maggio 2019

Omissis

La domanda attorea è fondata.
Il CTU, all'esito di un'indagine esaustiva e condotta secondo metodologia che appare assolutamente corretta, ha in primo luogo accertato la sicura sussistenza del rapporto di causalità materiale tra la condotta dei medici che avevano eseguito l'intervento e l'evento dannoso. Non vi è dubbio, quindi, che la perforazione del colon (per rimediare alla quale l'attore si era dovuto sottoporre a intervento di laparotomia d'urgenza) fosse stata provocata dalle manovre e dalle operazioni di asportazione dei due polipi eseguite nel corso dell'intervento omissis. Si tratta quindi di verificare se nel caso di specie la condotta dei sanitari sia stata scorretta omissis e sussista quindi condotta colposa degli stessi omissis.
In ogni caso, poiché l'Azienda Ospedaliera convenuta deve rispondere a titolo di responsabilità contrattuale nei confronti dell' attore (in forza del contratto di spedalità con lo stesso concluso e dovendo essa rispondere delle condotte dei sanitari suoi dipendenti che avevano eseguito la prestazione medica, ai sensi dell' art 1228 cc: cfr Cass. 13066/04, Cass. 2042/05, Cass. 1698/06, Cass. 13953/07, Cass 8826/07, Cass. 18610/15), grava sulla stessa, ai sensi dell'art 1218 c.c. e dei principi generali in tema di prova in materia contrattuale, l' onere di dimostrare di avere correttamente adempiuto alla propria prestazione e quindi, in concreto, che nel caso di specie la condotta dei sanitari era stata corretta e esente da censure (cfr Cass. SU 577/08, Cass. 10297/04, Cass. 15993/11, Cass. 27855/13, Cass. 24073/17). Di conseguenza, l'eventuale dubbio in merito alla commissione di errori da parte dei sanitari (e , quindi, in merito alla sussistenza di condotta colposa degli stessi) non potrebbe che risolversi a danno della convenuta, spettando ad essa l'onere di dimostrare che la condotta dei sanitari era esente da censure ovvero non in rapporto eziologico con l'evento dannoso (ipotesi, quest'ultima, da escludersi sicuramente, per quanto sopra osservato).
D'altra parte la conclusione del CTU (che, come detto, ha infine ritenuto sussistenti profili di colpa in capo al sanitario, per avere scorrettamente eseguito la manovra di asportazione del polipo) non è stata contestata dai CTP delle parti, sicché non vi è ragione di dubitare della correttezza della stessa. In conclusione, quindi, va senz'altro affermata la responsabilità contrattuale della convenuta per i danni patiti dall' attore in conseguenza dell'intervento omissis.
L'importo del risarcimento accertato all'esito del giudizio è praticamente doppio rispetto alla somma (€ 12.884, 97) che la convenuta aveva offerto in via transattiva all'inizio del giudizio medesimo. Deve perciò ritenersi che l'attore abbia legittimamente instaurato la presente causa e poi rifiutato l' offerta risarcitoria di controparte, in quanto inadeguata.
Di conseguenza non vi è ragione di derogare, nella fattispecie, al criterio della soccombenza nella ripartizione delle spese di lite. Pertanto la convenuta va condannata a rimborsare per intero all'attore le spese di lite (sia della fase di mediazione, sia del presente giudizio di merito) che si liquidano nell'importo omissis.
Non sussistono invece i presupposti per l'applicazione della maggiorazione di cui all'art 4, c. 8 DM 55/14, tenuto conto anche del fatto che, all'esito del giudizio, il risarcimento è stato comunque quantificato in importo sensibilmente inferiore a quello richiesto da parte attrice. Anche le spese di CTU, come liquidate dal Giudice con decreto in data 8.3.2018, vanno integralmente poste a carico di parte convenuta.
La convenuta, seppur ritualmente intimata, non è comparsa all'udienza del 12.1.16 dinanzi all'Organismo veronese di mediazione forense adito da parte attrice per il tentativo obbligatorio di mediazione ai sensi del D.lgs. 28/10. A giustificazione della mancata comparizione la convenuta ha addotto il fatto che, essendo stata informata dell'iniziativa dell'attore solo nel dicembre 2015, non aveva avuto il tempo necessario per procedere all'istruttoria interna in merito ai fatti avvenuti, sicché il tentativo di mediazione sarebbe risultato senz'altro inutile e, quindi, la stessa ha per tale ragione preferito non parteciparvi.
In proposito va osservato che l'impedimento che rileva ai sensi dell'art, 8, c. 4bis D.lgs. 28/10 è esclusivamente quello alla materiale partecipazione al primo incontro dinanzi al mediatore. Pertanto, per andare esente dall'applicazione della sanzione prevista da detta norma, la parte deve allegare e comprovare la sussistenza di un impedimento oggettivo alla sua comparizione dinanzi al mediatore, non rilevando a tal fine giustificazioni attinenti al diverso profilo relativo alla ritenuta utilità o meno del tentativo di mediazione.
La giustificazione addotta dalla Azienda convenuta, quindi, non è certo idonea a giustificare la sua mancata comparizione dinanzi al mediatore, sicché a carico della stessa va applicata la sanzione di cui alla norma sopra citata. La condotta dei sanitari accertata all'esito del presente giudizio integra astrattamente ipotesi di reato (lesioni colpose), del che può darsi atto nel dispositivo ai sensi e per gli effetti di cui all' art. 59, comma 1, lett d) DPR 131/86, come da richiesta di parte attrice.

PQM

Pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione: accerta e dichiara la responsabilità contrattuale dell'Azienda Ospedaliera omissis; per l'effetto, condanna l'Azienda Ospedaliera al pagamento della somma di euro 25.700,00, oltre interessi legali dalla data di redazione della presente sentenza sino al saldo effettivo, a favore di omissis, a titolo di risarcimento del danno; condanna l'Azienda Ospedaliera a rimborsare a omissis per intero le spese di lite per l'importo di euro 6.041,00, oltre spese generali 15%, cpa e Iva se dovuta. Il tutto disponendo il pagamento diretto dell'intero importo a favore dell'avv. omissis, dichiaratosi antistatario ex art 93 c.p.c.; pone le spese di CTU, come liquidate con decreto in data 8.3.2018, ad integrale carico di parte convenuta; visto l'art. 8, 4bis D.lsg. 28/10 condanna parte convenuta al pagamento a favore dell'Erario dell'importo di euro 759, 00, pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio; dà atto che il fatto illecito accertato all'esito del presente giudizio configura in astratto ipotesi di reato (lesioni colpose).

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

8 dicembre 2019

51/19. SPINA, Prime considerazioni sul DDL di riforma del processo civile (C.d.M. 5.12.2019) con particolare riferimento alla mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2019)

Prime considerazioni sul DDL di riforma del processo civile 
(C.d.M. 5.12.2019) con particolare riferimento alla mediazione

di Giulio Spina

Il Consiglio dei Ministri è strato convocato giovedì 5 dicembre 2019 per l'esame, tra l’atro del disegno di legge “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (GIUSTIZIA)”.
Tra le novità in materia di mediazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha reso noto, rispetto a quanto approvato nella detta seduta, esclusivamente la seguente novità: “Escluso ricorso obbligatorio in materia di: responsabilità sanitaria, contratti finanziari, bancari e assicurativi”.

Al riguardo – come prime considerazioni a caldo e spunto di riflessione, nella speranza di contribuire all’ampiamento del dibattito sul tema della riforma del funzionamento dell’istituto della mediazione e del suo rapporto col processo civile – si sottolinea quanto segue.

La scelta del Consiglio dei Ministri potrebbe essere stata dettata dalla considerazione per cui – alla luce delle trimestrali rilevazioni ministeriali (Ministero della Giustizia - Dipartimento della Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi - Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa) – le dette materie risultano quelle in cui l’accordo in mediazione viene più difficilmente raggiunto (con percentuali intorno al 10% di raggiungimento dell’accordo, che salgono intorno al 20-30% quando le parti accettano di sedersi al tavolo delle mediazioni anche dopo il primo incontro) (1).
Se questa è la motivazione sottesa alla scelta dell’Esecutivo (ricordando che la materia della responsabilità sanitaria è stata da poco oggetto di riforma (2)), preme sottolineare, quantomeno, che:
  • i contratti bancari risultano da tempo tra le controversie maggiormente trattate in mediazione (ad esempio, dalla rendicontazione ministeriale relativa al primo trimestre 2019, ben il 13,2% del totale delle iscrizioni afferisce a tale materia, peraltro seconda solo ai diritti reali, con dato, come detto, assestatosi nel corso del tempo); da ciò consegue che anche la bassa percentuale di accordi raggiunti potrebbe apparire significativa alla luce dell’obiettivo di deflazionare il contenzioso pendente dinanzi ai tribunali (3);
  • quanto ai contratti finanziari, la percentuale di raggiungimento dell’accordo (alla luce della detta rendicontazione ministeriale relativa al primo trimestre 2019) sale al 34% quando le parti accettano di sedersi al tavolo delle mediazioni anche dopo il primo incontro: si tratta dato, sebbene inferiore rispetto a molte altre materie, non del tutto trascurabile.

Ad ogni modo, si ritiene che eliminare qualche materia dal novero di quelle assoggettate alla disciplina della mediazione c.d. obbligatoria dall’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010 (4) non incida efficacemente sui meccanismi problematici che l’istituto della mediazione ha mostrato nei suoi primi anni di operatività.
Si ritiene, invece, prioritario in tal senso agire normativamente sulle seguenti tematiche (strettamente connesse tra loro):
  • questione della presenza personale delle parti e della rappresentanza in mediazione (anche ai fini del soddisfacimento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale);
  • questione relativa ai poteri del mediatore di formulare la proposta di mediazione qualora le parti non vogliano proseguire nella mediazione.
  • collegamento tra comportamento in mediazione, rifiuto della proposta formulata dal mediatore e art. 116 c.p.c.;
  • compenso del mediatore, specie in caso di formulazione della proposta conciliativa;
  • formazione e responsabilità del mediatore;
  • responsabilità degli organismi di mediazione;
  • analisi predittiva della questione oggetto di mediazione, ai fini di agevolare il raggiungimento dell’accordo conciliativo;
  • studio della questione oggetto di mediazione da parte del mediatore prima dello svolgimento della prima seduta.

Si ritiene inoltre prioritario lavorare sulla tematica della diffusione della cultura della conciliazione e della mediazione nel nostro Paese (professionisti del diritto e cittadini ed imprese) e su un diverso approccio comunicativo, informativo e formativo in tal senso.

(1) Le analisi curate dall'Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile di tutte le precedenti rilevazioni statistiche sono consultabili a questo indirizzo.




Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2019
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

5 dicembre 2019

50/19. MEDIA Magazine n. 12 del 2019 (Osservatorio Mediazione Civile n. 50/2019)


MEDIA Magazine
Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 12/19  Dicembre 2019


L’OSSERVATORIO COMPIE 8 ANNI DI ATTIVITÀ!
L’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile nasce come luogo di approfondimento dedicato a tutti i Professionisti, gli Operatori e gli Studiosi della mediazione civile e commerciale, con la finalità – sulla base di un costante aggiornamento (con particolare attenzione all’evoluzione normativa e giurisprudenziale) – di agevolare il dibattito e la conoscenza dell'istituto (inteso quale una delle componenti del sistema di risoluzione delle controversie civili), analizzando, in particolare, gli aspetti connessi ai rapporti tra mediazione (quale strumento di a.d.r.) e diritto (processo civile).
Grazie a tutti i Collaboratori
Grazie a tutti i Professionisti che quotidianamente consultano le nostre pagine.


GIURISPRUDENZA

=> Tribunale di Roma, 29 maggio 2019

=> Tribunale di Mantova, 22 gennaio 2019

=> Tribunale di Milano, 4 gennaio 2019


COMMENTI E APPROFONDIMENTI



DATI E STATISTICHE



SEGNALAZIONI editoriali (Diritto Avanzato, 2019)

L. VIOLA (a cura di), GIUSTIZIA PREDITTIVA E INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE CON MODELLI MATEMATICI (con Introduzione di Giovanni MAMMONE, Primo Presidente Suprema Corte di Cassazione), Diritto Avanzato, Milano, 2019 (link al sito dell’Editore)

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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 50/2019
(http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.it)

30 novembre 2019

49/19. In mediazione si può domandare meno di quanto si chiederebbe nel processo? Improcedibilità in caso di non piena identità tra l’istanza di mediazione e l’atto di citazione? (Osservatorio Mediazione Civile n. 49/2019)

=> Tribunale di Mantova, 22 gennaio 2019

Posto quanto previsto dall’art. 4, d.lgs. 28/2010, qualora in mediazione gli attori abbiano compiutamente illustrato i fatti relativi alla controversia insorta tra le parti e chiesto il ristoro del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale subito a seguito del decesso della congiunto, ma nell'atto di citazione abbiano chiesto la condanna dell'azienda sanitaria convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio da perdita del rapporto parentale, oltre che del danno non patrimoniale iure hereditatis per le sofferenze patite dalla congiunta nel periodo intercorso tra l'intervento chirurgico subito e la morte, va affermato che la condizione di procedibilità si è avverata, sussistendo tra il procedimento di mediazione ed il presente giudizio piena identità di causa petendi e parziale identità di petitum, a nulla rilevando che nell'istanza di mediazione gli attori abbiano quantificato le somme richieste diversamente rispetto all'atto di citazione, ovvero non abbiano domandato il risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis. La parte istante, infatti, al fine di addivenire alla conciliazione, può domandare meno di quanto chiederebbe in sede processuale e, in ogni caso, parte convenuta ha avuto, in sede di mediazione, piena cognizione dei fatti posti a fondamento della pretesa attorea e, quindi è stata messa nelle condizioni di valutare l'opportunità della conciliazione.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 49/2019

Tribunale di Mantova
Sentenza
22 gennaio 2019

Omissis

Con atto di citazione ritualmente notificato, omissis e omissis, rispettivamente figlio e marito della defunta omissis, omissis hanno dedotto: la sussistenza di una condotta gravemente negligente, imperita ed imprudente dei sanitari che ebbero in cura la loro congiunta, per avere il dott. omissis proceduto all'asportazione della massa ovarica destra nonostante la stessa aderisse eccessivamente all' intestino - così cagionando la perforazione addominale - senza interpellare un chirurgo addominale e senza prescrivere il posizionamento di drenaggi o del sondino naso gastrico, e per non avere i sanitari, successivamente al predetto intervento, sottoposto la paziente agli accertamenti necessari - con particolare riferimento alla radiografia addominale - che avrebbero consentito di individuare tempestivamente la patologia infettiva in atto; la sussistenza di un nesso di causalità tra le condotte gravemente negligenti dei sanitari e l'evento infausto; la conseguente responsabilità dell' Ospedale, sulla base del contratto di spedalità, per tutti i danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali, vantati sia iure proprio - per la definitiva perdita del rapporto parentale -, che iure hereditatis - per le sofferenze patite dalla loro congiunta nei giorni intercorrenti tra il primo intervento chirurgico e la morte (danno biologico da inabilità temporanea); di avere esperito il procedimento di mediazione obbligatorio, con esito negativo, come da verbale del 21.09.2015. Pertanto, gli attori hanno chiesto all'intestato Tribunale di condannare l'Azienda omissis, al risarcimento dei danni subiti, quantificati in euro 216.315,00 a favore di omissis ed in euro 291.555, 00 a favore di omissis a titolo di danno non patrimoniale da perdita parentale iure proprio; oltre al danno non patrimoniale iure hereditatis, da liquidarsi in via equitativa, oltre al rimborso delle spese mediche, oltre interessi e rivalutazione, con vittoria di spese, da distrarsi a favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Si è costituita in giudizio l'Azienda omissis, eccependo, preliminarmente, la nullità della notifica dell' atto di citazione e l' improcedibilità della domanda, ai sensi dell' art. 5, comma 1, D.lgs. 28/2010, e, nel merito, contestando la domanda e chiedendone la reiezione, anche sulla scorta delle risultanze contenute nella relazione del consulente tecnico del PM, disposta nell' ambito del procedimento penale, successivamente archiviato.
La causa, istruita sulla documentazione versata in atti dalle parti e con una CTU medico-legale (depositata in data 23.09.2017), è stata trattenuta in decisione all' udienza del 2.10.2018, sulle conclusioni delle parti trascritte in epigrafe, con concessione dei doppi termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Tanto premesso, osserva il Tribunale quanto segue.
Per quanto attiene alle eccezioni preliminari di nullità della notifica dell'atto di citazione e di improcedibilità dell'azione, formulate dalla convenuta in comparsa di costituzione e risposta, si rinvia integralmente all'ordinanza del 20.09.2016, con la quale dette eccezioni sono state integralmente respinte: omissis " in ordine all'eccezione di improcedibilità della domanda attorea sollevata da parte convenuta in comparsa di costituzione e risposta e ribadita all'odierna udienza, per pagina non esservi stata identità tra la domanda oggetto del procedimento di mediazione e quella avanzata in via giudiziaria: rilevato che l'istanza di mediazione, ai sensi dell' art. 4 D.lgs. 28/2010, deve contenere l' indicazione dell' oggetto e delle ragioni della pretesa, al fine di consentire alle parti di poter raggiungere un accordo conciliativo; rilevato che, con la memoria allegata all' istanza di mediazione, gli attori hanno compiutamente illustrato i fatti relativi alla controversia insorta tra le parti e chiesto il ristoro del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale subito a seguito del decesso della congiunta; rilevato che, nell' atto di citazione, i medesimi hanno chiesto la condanna dell' azienda sanitaria convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio da perdita del rapporto parentale, oltre che del danno non patrimoniale iure hereditatis per le sofferenze patite dalla congiunta nel periodo intercorso tra l' intervento chirurgico subito e la morte; ritenuto che, nella fattispecie, anche alla luce del principio di ragionevole durata del processo, la condizione di procedibilità si sia avverata, sussistendo tra il procedimento di mediazione ed il presente giudizio piena identità di causa petendi e parziale identità di petitum, a nulla rilevando che nell' istanza di mediazione gli attori abbiano quantificato le somme richieste diversamente rispetto all' atto di citazione, ovvero non abbiano domandato il risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis; potendo la parte istante, al fine di addivenire alla conciliazione, domandare meno di quanto chiederebbe in sede processuale ed avendo, in ogni caso, parte convenuta avuto, in sede di mediazione, piena cognizione dei fatti posti a fondamento della pretesa attorea ed essendo stata messa, pertanto, nelle condizioni di valutare l' opportunità della Conciliazione".
Venendo al merito, secondo l'orientamento tradizionale affermatosi in tema di responsabilità civile derivante da attività medica (da ultimo messo in discussione, con riferimento alla posizione dei sanitari, a seguito dell' entrata in vigore del c.d. decreto Balduzzi, il quale contiene un espresso rinvio all' art. 2043 c.c.), l'attore deve provare l' esistenza del contratto, ovvero il contatto sociale, l'insorgenza della patologia ed allegare un inadempimento qualificato del sanitario, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, restando a carico del medico o della struttura sanitaria la prova che tale inadempimento non si sia verificato, ovvero che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essere mosso, o che il mancato o inesatto adempimento sia stato determinato da un evento imprevedibile ed inevitabile secondo l'ordinaria diligenza (cfr. Cass. Civ., III, 20.10.2014, N. 22222; Cass. Civ., III, 30.9.2014, N. 20547; Cass. Civ., III, 12.12.2013, N. 27855). Per quanto attiene specificamente alla responsabilità della struttura sanitaria, si evidenzia che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospedaliero ha la propria fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive, con effetti protettivi nei confronti del terzo, dal quale insorgono a carico dell' ente, accanto a quelli di tipo latu sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell' apprestamento di tutte le attrezzature necessarie.
Ne consegue che la responsabilità - di natura contrattuale - della struttura nei confronti del paziente può discendere sia dall' inadempimento delle obbligazioni direttamente incombenti a suo carico, ex art. 1218 c.c., sia, ex art. 1228 c.c., dall' inadempimento della prestazione medico professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario, sussistendo un collegamento tra la prestazione effettuata dai sanitari e l' organizzazione aziendale.
Con riferimento al nesso di causalità, si è affermato che, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l' onere di provare il nesso di causalità tra l' evento di danno (aggravamento della patologia preesistente, ovvero insorgenza di una nuova patologia) e l' azione o l' omissione dei sanitari, non potendosi predicare, rispetto a tale elemento della fattispecie, il principio della maggiore vicinanza della prova al debitore, in virtù del quale, invece, incombe su quest' ultimo l' onere della prova contraria solo relativamente alla colpa ex art. 1218 cod. civ. (Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 20812 del 20/08/2018, Rv. 650417 - 01). omissis Ancora, sulla scorta di un condivisibile e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, si rileva che, nel caso in cui l'attore abbia chiesto con l'atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell'esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall' inadempimento, da parte dello stesso medico, del dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico), si verifica una "mutatio libelli" e non una mera "emendatio", in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l'oggetto sostanziale dell'azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza (Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 24072 del 13/10/2017, Rv. 645833 - 01). Tanto premesso, si osserva che, nel caso in esame, né in atto di citazione, né nella prima memoria ex art. 183, comma VI, c.p.c. vi sono allegazioni relative all' inadempimento, da parte dei sanitari, del dovere di informazione necessario ad ottenere un consenso informato, né la relativa domanda risarcitoria risulta proposta; soltanto nella formulazione del quesito da sottoporre al CTU, contenuto nella seconda memoria ex art. 183, comma VI, c.p.c. di parte attrice, si fa riferimento al profilo relativo al consenso informato, con conseguente tardività della relativa allegazione, successiva alla maturazione delle preclusioni relative alla definizione del thema probandum e decidendum. Ancora, ritiene il Tribunale di aderire all' orientamento di legittimità secondo il quale la domanda di risarcimento del danno da perdita delle chance di guarigione di un prossimo congiunto, in conseguenza d' una negligente condotta del medico che l' ebbe in cura, deve essere formulata esplicitamente e non può ritenersi implicita nella richiesta generica di condanna del convenuto al risarcimento di "tutti i danni" causati dalla morte della vittima (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21245 del 29/11/2012, Rv. 624449 -01). Infatti "la domanda per perdita di chances è ontologicamente diversa dalla domanda di risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato, perché in questo secondo caso l' accertamento è incentrato sul nesso causale, mentre nel primo oggetto dell' indagine è un particolare tipo di danno, e segnatamente una distinta ed autonoma ipotesi di danno emergente, incidente su di un diverso bene giuridico, quale la mera possibilità del risultato finale". Né può reputarsi che, nella fattispecie, tale domanda sia stata esplicitamente proposta, per il solo fatto che a pag. 12 dell' atto di citazione la parte abbia incidentalmente fatto riferimento al "crollo irreversibile delle chances di vita della predetta". Pertanto, le domande attoree devono essere rigettate, non essendo emersa, sulla base delle risultanze istruttorie, la prova della sussistenza del nesso di causalità tra le condotte colpose imputate ai sanitari ed i danni lamentati dagli attori, con conseguente assorbimento di ogni altra eccezione e/o domanda. Spese processuali Tenuto conto della natura del giudizio, della qualità delle parti e della complessità delle questioni trattate, sia in fatto, che in diritto, sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare integralmente le spese di lite tra le parti, ai sensi dell' art. 92, comma 2, c.p.c., come interpretato a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 77/2018. Deve, infine, darsi atto che, con decreto del 24.04.2018, è stata rigettata l' istanza di liquidazione presentata dal CTU, per essere stata la stessa presentata oltre il termine previsto, a pena di decadenza, dall'art. 71, comma 2, D.P.R. 115/2002 (ovvero oltre i 100 giorni dal compimento delle operazioni).

PQM

Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni altra eccezione, domanda o istanza rigettata o assorbita, così dispone: rigetta le domande attoree; compensa integralmente le spese di lite tra le parti.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

26 novembre 2019

48/19. Convalida di sfratto per morosità, opposizione: l'onere di attivare la mediazione obbligatoria grava sul locatore-intimante (Osservatorio Mediazione Civile n. 48/2019)

=> Tribunale di Roma, 29 maggio 2019

Il Tribunale ritiene che in un procedimento di sfratto per morosità, ove il Giudice abbia disposto il mutamento del rito conseguente all'opposizione presentata dal conduttore e invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, spetta al locatore-intimante l'onere di introdurre la mediazione, a pena di improcedibilità delle domande avanzate in sede di intimazione di sfratto (I) (II.


(II) In senso conforme Tribunale Busto Arsizio, 20 Marzo 2018. Il Tribunale osserva al riguardo che sussistono posizioni contrastanti in giurisprudenza, che oscillano da valutazioni in cui si accollano al locatore sia l'onere della mediazione che le conseguenze del suo mancato esperimento, con dichiarazione di improcedibilità e condanna alle spese in caso di mancato avveramento della condizione (Trib. Mantova 15.1.2015) sino a per pervenire a letture, invece, in totale favore della parte attrice, nelle quali - ritenuta improcedibile la domanda, si considerano comunque consolidati gli effetti del provvedimento provvisorio reso ex art. 665 c.p.c e sostanzialmente vittoriosa l'intimante a cui devono essere riconosciute le spese (Tribunale Bologna 17.11.2015 n. 21324), sino a posizioni intermedie che, pur a fronte del consolidarsi degli effetti del provvedimento interinale, ritengono sussistenti idonee ragioni per provvedere a totale compensazione delle spese (Trib. Rimini 24 maggio 2016).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 48/2019

Tribunale di Roma
Sentenza
29 maggio 2019

Omissis

Omissis intimava nei confronti della omissis lo sfratto per morosità relativamente all'immobile omissis. Deduceva che il prezzo della locazione veniva fissato omissis mensili, comprensivi di condominio e che dal gennaio 2018 la convenuta sospendeva interamente il pagamento del canone di locazione, risultando morosa fino all'intimazione della somma omissis.
Si costituiva la conduttrice che deduceva il recesso dal contratto di locazione sin dal 25 giugno 2018 ed il rifiuto della locatrice a ottenere la consegna dell'immobile; contestava, altresì, la morosità.
All'udienza omissis i procuratori delle parti davano atto del rilascio dell'immobile in data 12.11.2018.
Denegato il rilascio, veniva disposto il mutamento del rito: solo parte convenuta depositava memorie integrative.
Alla prima udienza successiva al mutamento del rito, il Giudice fissava il termine per l'esperimento della mediazione, ai sensi ell'art.5 D.Lgs. n. 28 del 2010. Non veniva espletata la procedura di mediazione obbligatoria.
La causa veniva decisa all'udienza del 29.05.2019 e il Giudice dava lettura in udienza del dispositivo e della contestuale motivazione.
E' dirimente rilevare l'improcedibilità della domanda d'intimazione di sfratto per morosità svolta, dalla parte attrice, nell'atto introduttivo del giudizio, per omesso esperimento della procedura di media-conciliazione ex D.Lgs. n. 28 del 2010, vertendosi di controversia soggetta a tale obbligatoria condizione di procedibilità (art. 5 comma 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010), il cui mancato avveramento è preclusivo dell'esame del merito della lite. Ed infatti, con provv. del 4 febbraio 2019, il Giudice assegnava termine di giorni 15 per la proposizione della domanda di mediazione, ai sensi dell'articolato legislativo sopra indicato.
Tale incombente non risulta esser stato mai eseguito, né prima, né dopo la scadenza del termine indicato nel detto provvedimento; non v'è dubbio, d'altronde, che la materia locatizia sia annoverata tra le controversie soggette a mediazione obbligatoria, ex lege.
Il D.Lgs. n. 28 del 2010, all'art. 5, infatti, ha introdotto, quale condizione di procedibilità per le controversie aventi ad oggetto i contratti locativi, l'esperimento di un procedimento di mediazione, prevedendo che, altresì, qualora il mancato esperimento della mediazione venga eccepito dal convenuto o rilevato dal Giudice entro la prima udienza, quest'ultimo assegni alle parti il termine di quindici giorni per l'avvio del procedimento in parola. L'articolo in questione, infatti, recita: "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di...locazione...è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione (comma 1′)... I commi 1 e 2 non si applicano: b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile (comma 2)".
Dunque, la domanda attrice deve essere dichiarata improcedibile.
La tematica che qui si pone, però, è quella dell'individuazione della parte su cui grave l'onere di attivare la mediazione obbligatoria nel procedimento per convalida di sfratto per morosità in caso di opposizione.
Il Tribunale osserva che sussistono posizioni contrastanti in giurisprudenza, che oscillano da valutazioni in cui si accollano al locatore sia l'onere della mediazione che le conseguenze del suo mancato esperimento, con dichiarazione di improcedibilità e condanna alle spese in caso di mancato avveramento della condizione (Trib. Mantova 15.1.2015) sino a per pervenire a letture, invece, in totale favore della parte attrice, nelle quali - ritenuta improcedibile la domanda, si considerano comunque consolidati gli effetti del provvedimento provvisorio reso ex art. 665 c.p.c e sostanzialmente vittoriosa l'intimante a cui devono essere riconosciute le spese (Tribunale Bologna 17.11.2015 n. 21324), sino a posizioni intermedie che, pur a fronte del consolidarsi degli effetti del provvedimento interinale, ritengono sussistenti idonee ragioni per provvedere a totale compensazione delle spese (Trib. Rimini 24 maggio 2016).
Ebbene, il Tribunale ritiene che in un procedimento di sfratto per morosità, ove il Giudice abbia disposto il mutamento del rito conseguente all'opposizione presentata dal conduttore e invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, spetta al locatore-intimante l'onere di introdurre la mediazione, a pena di improcedibilità delle domande avanzate in sede di intimazione di sfratto (v. Tribunale Busto Arsizio, 20 Marzo 2018).
Con la sentenza che dichiara l'improcedibilità il Giudice, poi, è tenuto a regolare le spese di lite e, facendo applicazione del principio della soccombenza, si dovrà condannare l'attore che ha promosso l'azione di risoluzione del contratto.
Si consideri, peraltro, che, nel caso di specie, la locatrice non otteneva ordinanza provvisoria di rilascio (intervenuto nelle more della fase sommaria), per cui non risulta vittoriosa avuto riguardo alla propria domanda di condanna al rilascio dell'immobile.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda omissis, così decide: dichiara improcedibile la domanda di parte attrice ex art.5 D.Lgs. n. 28 del 2010; condanna la parte attrice alla rifusione, in favore della controparte, delle spese di lite che liquida in Euro 515,00 per compensi legali, oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

19 novembre 2019

47/19. Impedimento della decadenza (caso di impugnazione di delibera condominiale): rileva la comunicazione sia della domanda che della data del primo incontro (Osservatorio Mediazione Civile n. 47/2019)

=> Tribunale di Milano, 4 gennaio 2019

Il solo deposito della domanda di mediazione o la sua comunicazione al convenuto non possono spiegare l'effetto di impedire la decadenza dalla facoltà di esercitare la impugnativa della delibera condominiale nel termine di cui all'art. 1137 c.c., perché dal combinato disposto degli artt. 5, comma 6 e 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010 si evince che lo stesso si produce solo dal momento della comunicazione sia della domanda che della data del primo incontro di mediazione, fissata dall'organismo di conciliazione. Comunicazione che può avvenire sia a cura di quest'ultimo che della parte istante, con qualsiasi modalità idonea ad assicurarne la ricezione, ma, agli effetti in esame, solo dopo che il responsabile dell'organismo abbia nominato il mediatore e fissato la data del primo incontro davanti allo stesso (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 47/2019

Tribunale di Milano
Sentenza
4 gennaio 2019

Omissis

La presente controversia prende origine dalla impugnativa della delibera assembleare del condominio convenuto del 7/03/2017, in via principale per tardiva convocazione della società attrice e perché la assemblea avrebbe deliberato in ordine a spese che riguarderebbero un bene di cui la società attrice non sarebbe comproprietaria, attribuendole invece quota parte delle stesse; nonché, in via subordinata, per violazione dei requisiti per la approvazione della delibera di cui all'art. 117-ter c.c. e per eccesso di potere.
Alle deduzioni della società attrice ha replicato il condominio convenuto, chiedendone il rigetto e, comunque, la declaratoria di cessazione della materia del contendere per essere intervenuta la Delib. del 27 giugno 2017 che ha sostituito quella impugnata, approvando nuovamente quanto oggetto della stessa.
omissis
In tema di governo delle spese di lite va però osservato che parte convenuta ha eccepito che sussisterebbe invece la soccombenza virtuale della società attrice atteso che la stessa aveva notificato l'atto di citazione senza attendere lo svolgimento della mediazione dalla stessa incardinata con domanda del 12/04/2017. Mediazione che, invece, a detta del Condominio, avrebbe potuto condurre ad una composizione della lite. Sul punto va rilevato che la delibera impugnata, come pacifico in atti, è venuta a conoscenza di parte attrice solo in data 22/03/2017 e conseguentemente il termine per impugnare la stessa per i vizi dedotti in citazione e rilevanti sotto il profilo della sua annullabilità, sarebbe scaduto il successivo 21/04/2017; mentre per quelli ivi sollevati e rilevanti sotto il profilo della sua nullità, come è noto, non esiste alcun termine decadenziale. Successivamente, parte attrice ha proposto la domanda di mediazione sopra richiamata e l'organismo di mediazione ha fissato la data di mediazione ed effettuato la convocazione per la stessa, portandola a conoscenza di entrambe le parti, in data 20/04/2017. Attività che sono state svolte compiutamente prima della scadenza del suddetto termine decadenziale. Invece, parte attrice, dopo essere venuta a conoscenza della data di convocazione per la mediazione e della sua comunicazione a parte convenuta, ha proposto la impugnativa giudiziale chiedendo la notifica della citazione il successivo 21/04/2017.
Ciò posto in fatto, va osservato in punto di diritto che il solo deposito della domanda di mediazione o la sua comunicazione al convenuto da parte della società attrice, non avrebbero potuto spiegare l'effetto di impedire la decadenza dalla facoltà di esercitare la impugnativa della delibera condominiale nel termine di cui all'art. 1137 c.c., perché dal combinato disposto degli artt. 5, comma 6 e 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010 si evince che lo stesso si produce solo dal momento della comunicazione sia della domanda che della data del primo incontro di mediazione, fissata dall'organismo di conciliazione. Comunicazione che può avvenire sia a cura di quest'ultimo che della parte istante, con qualsiasi modalità idonea ad assicurarne la ricezione, ma, agli effetti in esame, solo dopo che il responsabile dell'organismo abbia nominato il mediatore e fissato la data del primo incontro davanti allo stesso.
Ne consegue che, solo una volta effettuata la convocazione da parte dell'organismo di mediazione si sono prodotti anche nel caso in esame gli effetti sospensivi del termine decadenziale di impugnativa della delibera assembleare previsti dalla citata normativa.
Così che, in mancanza di diversa allegazione e prova, la notifica della citazione da parte della società attrice entro il suddetto termine non risultava necessaria ai detti fini di impedimento della possibile decadenza dalla impugnazione. Con conseguente carenza di interesse ad agire della stessa al momento della proposizione della domanda, quantomeno in ordine ai vizi della delibera rilevanti ai fini della sua annullabilità.
Interesse ad agire che, come è noto, quale condizione dell'azione prevista dall'art. 100 c.p.c., va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da una lesione del diritto e consistente nel fatto che senza il processo e l'esercizio della giurisdizione l'attore soffrirebbe un danno e che, conseguentemente, deve avere necessariamente carattere attuale al momento in cui è proposta la azione (vedi: Cass. civ. Sez. Unite, 28/04/2017, n. 10553; Cass. civ. Sez. I, 30/07/2015, n. 16162; Cass. civ. Sez. II, 25/09/2013, n. 21951; Cass. civ. Sez. Unite, 29/11/2006, n. 25278), poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione e valutazione soggettive, assurgendo, invece, a giuridica ed oggettiva consistenza.
Peraltro, in mancanza di allegazione e prova incombente sull'attore, va anche rilevato che l'interesse ad agire non è divenuto attuale neppure all'esito della procedura di mediazione, atteso che, ben prima del suo esaurimento con verbale negativo del 30/11/2017, è poi intervenuta la sostituzione della delibera impugnata con quella del 27/6/2017.
Di qui l'accoglimento della doglianza di parte convenuta ai fini del governo delle spese di lite, con soccombenza virtuale della società attrice sul punto.
Con assorbimento, di ogni altra domanda ed eccezione sollevata nel presente in giudizio, in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida" (Cass. Sez. U, n. 9936 del 08/05/2014; Cass. n. 12002 del 28/05/2014; Cass. civ. Sez. V Ord., 08/06/2018, n. 15008).
Attesa la reciproca soccombenza delle parti ed il carattere meramente processuale della presente pronuncia, vanno compensate integralmente tra di esse le spese e competenze del presente giudizio e quelle di mediazione, ai sensi dell'art. 92 c.p.c.

PQM

Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra istanza disattesa, rigettata o assorbita, così provvede sulle domande formulate in atti: dichiara la cessazione della materia del contendere, come in motivazione; compensa integralmente tra le parti le spese e competenze di lite e di mediazione. Sentenza immediatamente esecutiva come per legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

14 novembre 2019

46/19. SPINA, Onere della mediazione e improcedibilità in caso di domanda riconvenzionale: contrasto giurisprudenziale (Osservatorio Mediazione Civile n. 46/2019)


Onere della mediazione e improcedibilità in caso di domanda riconvenzionale:
contrasto giurisprudenziale

Articolo di Giulio Spina
(Direttore editoriale Diritto Avanzato; Coordinatore unico di Redazione La Nuova Procedura Civile; Direttore Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile)

in La Nuova Procedura Civile, 4, 2019

Abstract
Si è posto il problema se il riferimento fatto dall’art. 5, comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 all’“esercitare in giudizio di un’azione” vada collegato alla sola domanda attorea o anche alle altre domande proposte nel corso del giudizio quali, tra le altre ipotesi (si pensi, ad esempio, alle domande del terzo), le domande riconvenzionali.
In estrema sintesi, qualora la domanda riconvenzionale verta su una materia assoggettata dall’art. 5, comma 1-bis, cit. alla disciplina della mediazione c.d. obbligatoria (meglio, ex lege o ante causam), il convenuto sarà tenuto ad esperire il procedimento di mediazione a pena di improcedibilità della detta domanda?

L’articolo è consultabile gratuitamente sul portale della Rivista  La Nuova Procedura Civile al seguente URL:




Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 46/2019