Difformità tra istanza di mediazione ed atto introduttivo del giudizio:
quali conseguenze sull’impugnazione della delibera assembleare?
di Edoardo Luigi BARNI
Mediatore Civile e Commerciale,
Amministratore di Sostegno, Curatore di Eredità Giacenti
Introduzione al tema
Tra le questioni più delicate in materia di mediazione civile e commerciale, si può certamente annoverare quella inerente alla relazione, sul piano contenutistico, tra l’istanza di mediazione, ovverossia l’atto mediante il quale si instaura il procedimento descritto e disciplinato dal D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, e l’atto introduttivo del successivo giudizio. L’importanza di tale questione è legata anche e soprattutto al soddisfacimento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale espressamente prevista dall’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 e da intendersi nel senso che vi è l’obbligo, in capo a chi intenda esperire in sede giudiziale un’azione relativa ad una controversia attinente ad una delle materie elencate dalla medesima disposizione normativa, di esperire, in via preliminare, il procedimento di mediazione ai sensi del succitato decreto.
Il presente contributo si propone, anzitutto, di trattare il tema della relazione, quanto a contenuti, tra l’istanza di mediazione e l’atto introduttivo del successivo processo, con particolare attenzione ad una recente pronuncia del Tribunale di Roma ed operando un raffronto tra le rispettive disposizioni normative di riferimento, al fine di mettere a fuoco fino a che punto il contenuto dell’atto propulsivo del giudizio possa discostarsi da quello dell’istanza mediante la quale si è precedentemente dato avvio al procedimento di mediazione affinché possa comunque ritenersi soddisfatta la condizione di procedibilità ex art. 5 D. Lgs. 28/2010. In secondo luogo, focalizzandosi su controversie in materia condominiale, che notoriamente costituisce una delle materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria ex lege, si intende, sempre con riferimento alla giurisprudenza (e soprattutto a quella più recente ), individuare fino a che punto è tollerabile lo scostamento di contenuti in ipotesi di impugnazione di delibera assembleare.
Gli elementi riguardo ai quali vi deve essere simmetria tra istanza di mediazione ed atto introduttivo del processo
Nell’ambito della giurisprudenza di merito sul tema, la sentenza Trib. Mantova, 22 gennaio 2019, in Osservatorio Mediazione Civile, n. 49/2019 (il cui testo è riportato integralmente su https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/21680), aveva affermato che, nel caso di specie, la condizione di procedibilità della domanda giudiziale dovesse considerarsi avverata dal momento che sussisteva, tra il procedimento di mediazione svoltosi precedentemente e il giudizio, piena identità di causa petendi e parziale identità di petitum, a nulla rilevando invece la circostanza che parte attrice, nella domanda di mediazione, avesse quantificato in maniera diversa le somme richieste rispetto all’atto di citazione. Ciò in quanto, come sottolineato dal Tribunale di Mantova, parte istante, al fine di giungere alla conciliazione, può ben chiedere, in sede di mediazione, meno di quello che chiederebbe in sede giudiziale, mentre a rilevare davvero è che parte convenuta sia posta nelle condizioni di avere, già in sede di mediazione, piena cognizione dei fatti a fondamento della pretesa fatta valere da controparte, così da poter valutare l’opportunità o meno della conciliazione.
La questione concernente la relazione che deve intercorrere, sul piano dei contenuti, tra istanza ( o, se si preferisce, domanda ) di mediazione e atto introduttivo del successivo ed eventuale giudizio è stata trattata, in maniera più ampia, dalla sentenza Trib. Roma, 11 gennaio 2022, n. 259 (il cui testo è presente in misura integrale su https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione/vi-deve-essere-simmetria-tra-il-contenuto-dell-istanza-di-mediazione-l-atto-introduttivo-del-giudizio-1083.aspx, e di cui vi è un commento su https://www.condominioweb.com/deve-esserci-corrispondenza-tra-listanza-di-mediazione-e-la-citazione.18962), relativa ad una controversia in ambito condominiale, e pertanto attinente ad una delle materie per le quali si prevede la mediazione obbligatoria ex lege, dovendo quindi l’eventuale esperimento dell’azione giudiziale essere necessariamente preceduto da un tentativo di mediazione. Tralasciando momentaneamente profili specifici inerenti all’ipotesi di impugnazione della delibera dell’assemblea condominiale, costituenti oggetto del paragrafo successivo, ci si concentra ora sulle disposizioni normative di riferimento per quanto riguarda l’istanza di mediazione e l’atto introduttivo del processo, operando un raffronto tra le stesse.
Per quanto concerne la domanda di mediazione, la disposizione che deve essere presa in esame, tra quelle facenti parte del tessuto normativo del D. Lgs. 28/2010, è l’art. 4, avente appunto rubrica “Accesso alla mediazione” e che, al comma 1, individua l’ambito territoriale ove deve essere ubicato l’organismo presso cui viene depositata l’istanza, tenendo conto che, con la Riforma Cartabia, è stata inserita, tra il primo e l’ultimo periodo di tale comma, la previsione secondo cui vi è la possibilità, su accordo delle parti, di derogare alla competenza dell’organismo. La stessa disposizione normativa specifica poi, al comma 2, i contenuti essenziali dei quali la domanda di mediazione non può difettare. Si tratta dell’indicazione dell’organismo, delle parti, dell’oggetto e delle ragioni della pretesa.
Per quanto concerne invece l’atto introduttivo del processo, occorre innanzitutto fare riferimento ad una disposizione del Codice di rito civile che rientra nel novero di quelle riguardanti gli atti processuali in generale e che, tra l’altro, individua i contenuti degli atti di parte. Si tratta dell’art. 125 c.p.c., che quindi non riguarda una specifica tipologia di atto ma riguarda la generalità degli atti promananti dalle parti, i cui contenuti, salvo che la legge disponga altrimenti, consistono nell’indicazione dell’ufficio giudiziario, delle parti, dell’oggetto, delle ragioni della domanda ed anche delle conclusioni. Vi è poi, all’interno del Codice di rito, una specifica disposizione normativa di riferimento quanto ai contenuti richiesti per ogni tipologia di atto: ad esempio, per l’atto di citazione è l’art. 163, per il ricorso è l’art. 366, per la comparsa di costituzione e risposta è l’art. 167, ecc. Il Codice prevede poi notoriamente, per ciascuna tipologia, determinate conseguenze qualora non siano soddisfatti i requisiti richiesti con riferimento a quello specifico atto.
Venendo quindi a quanto osservato dal Tribunale di Roma nella summenzionata sentenza, si rileva che il contenuto dell’art. 4 D. Lgs. 28/2010 è “praticamente equivalente” a quello dell’art. 125 c.p.c., e, muovendo da questa constatazione derivante dal raffronto tra le due disposizioni normative, il Tribunale capitolino è dunque giunto ad affermare che l’applicazione dell’art. 4 comporta che vi deve essere una simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e ciò che viene esposto in sede processuale, precisando che tale simmetria debba riguardare quantomeno i fatti principali. Qualora, al contrario, dovesse ravvisarsi una evidente asimmetria tra le rappresentazioni offerte nelle due sedi, ne deriverebbe, come conseguenza, l’improcedibilità della domanda giudiziale, poiché questa non potrà considerarsi passata attraverso il filtro della mediazione obbligatoria. Non si richiede, invece, che l’istanza di mediazione sia l’equivalente, sotto il profilo strettamente formale, di un atto giudiziario, e ciò è evidentemente spiegabile considerando che quello descritto e disciplinato dal D. Lgs. 28/2010 è un procedimento stragiudiziale. Parimenti, non si richiede l’indicazione degli “elementi di diritto”, ovverossia l’inquadramento giuridico dei fatti, come nel caso, invece, dell’atto di citazione e del ricorso.
Il disposto dell’art. 4, che richiede l’indicazione delle ragioni della pretesa, deve quindi essere inteso nel senso che la domanda di mediazione deve introdurre gli elementi fattuali che saranno poi introdotti in sede processuale se si agirà in giudizio. Tutto ciò nell’ottica sia di consentire che si realizzi appieno la funzione deflattiva del contenzioso giudiziario propria dell’istituto della mediazione, sia di porre la parte chiamata in mediazione nelle condizioni di avere cognizione della materia del contendere e, di conseguenza, di poter prendere in maniera adeguata posizione su di essa.
Asimmetria tra istanza di mediazione ed atto introduttivo del giudizio in ipotesi di impugnazione di delibera assembleare
Si prendono ora in considerazione pronunce giurisprudenziali di merito inerenti a controversie in materia condominiale. Il primo provvedimento, svolgendo tale disamina in ordine cronologico, che si intende prendere in esame è la sentenza Trib. Roma, 29 dicembre 2021, n. 20160 (il cui testo è riportato interamente su https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione/l-istanza-di-mediazione-deve-avere-gli-stessi-elementi-parti-oggetto-e-ragioni-proposti-in-sede-processuale-poiche-in-caso-contrario-l-implementazione-1046.aspx e di cui è presente un commento su https://www.condominioweb.com/difformita-tra-mediazione-e-atto-di-citazione-conseguenze.18878). Nel caso di specie, parte attrice, in qualità di proprietaria di appartamenti facenti parte di uno stabile condominiale, a seguito dell’esito negativo del procedimento di mediazione avviato avverso una delibera assembleare, aveva impugnato in sede giudiziale la medesima delibera, mediante la quale l’assemblea condominiale aveva approvato la proposta transattiva, avanzata da un altro condomino in sede di mediazione, per la correzione e rettifica delle tabelle millesimali precedentemente approvate dall’assemblea condominiale stessa. Venuta poi a mancare l’originaria attrice, e quindi verificatosi uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e 300 c.p.c. quali cause di interruzione del processo, il giudizio veniva proseguito, ai sensi dell’art. 302, dagli eredi della stessa.
Quanto all’impugnazione della delibera assembleare, la disposizione normativa a cui deve essere fatto riferimento consiste nell’art. 1137 c.c., che, al comma 2, prevede espressamente che ogni condomino assente, dissenziente od astenuto possa adire l’autorità giudiziaria chiedendo l’annullamento della delibera impugnata entro il termine perentorio di trenta giorni, decorrente, per i dissenzienti e gli astenuti, dalla data della deliberazione, e, per gli assenti, dalla data di comunicazione della deliberazione. Nel caso di specie, parte attrice poneva a fondamento dell’impugnazione il difetto del quorum deliberativo, osservando che la proposta transattiva di rettifica delle tabelle millesimali era stata adottata con una maggioranza inferiore rispetto a quella prevista per legge. Si tratta di un motivo di impugnazione che, in generale, costituisce certamente motivo di annullabilità della delibera assembleare, ma deve essere proposto entro il termine decadenziale di trenta giorni, il che veniva contestato dai convenuti, i quali ritenevano invece tale motivo inammissibile in quanto proposto tardivamente, dal momento che esso non rientrava tra i motivi specificamente individuati nell’istanza di mediazione.
Veniva così ad inserirsi, in questo quadro, il tema della simmetria tra istanza di mediazione ed atto introduttivo del processo, ampiamente trattato nell’ambito della parte motiva della decisione in esame. Il Tribunale di Roma, partendo dalla sottolineatura del parallelismo tra il disposto dell’art. 4, comma 2, D. Lgs. 28/2010 ed il disposto dell’art. 125 c.p.c., ha affermato che l’istanza di mediazione deve presentare gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni stanti alla base della pretesa), che verranno poi eventualmente riproposti nell’ambito del successivo processo (ovverossia personae, petitum e causa petendi). Gli elementi presenti nell’istanza possono anche essere riportati in forma succinta. In particolare, vi si deve necessariamente riscontrare una coincidenza quanto alla causa petendi, ossia le ragioni della domanda, così che la parte chiamata in mediazione sia posta nelle condizioni di conoscere, nell’ipotesi di mediazione avviata prima del giudizio, “tutte le questioni costitutive della pretesa dell’altra parte”. In definitiva, affinché l’istituto della mediazione assolva appieno alla propria funzione ed affinché quindi sia concretamente reso possibile il raggiungimento di un accordo di conciliazione che risolva la lite senza che la si porti in sede giudiziale, caratteristiche dell’istanza di mediazione debbono essere sintesi, completezza, interezza e coerenza.
Nel caso di specie, in sede di mediazione erano state indicate in maniera dettagliata le ragioni della richiesta, che ricalcavano il contenuto trasfuso all’interno dell’atto introduttivo del giudizio, mancando però il motivo di impugnazione concernente il difetto di quorum deliberativo, sollevato dagli attori solo con l’atto di citazione, configurando quindi una implementazione dell’oggetto della controversia e costituendo un motivo nuovo. Veniva rilevata, pertanto, la decadenza dall’impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c. per vizio derivante dal mancato rispetto del quorum deliberativo ex art. 1136, co. 2, c.c., poiché tale vizio non era stato prospettato in sede di mediazione obbligatoria. Ne derivava il rigetto della domanda attorea in parte qua per tardività dell’impugnazione.
Successivamente, a fronte di un’altra controversia in ambito condominiale, un altro Giudice del Tribunale capitolino ha prospettato una soluzione in parte differente nella sentenza Trib. Roma, 11 ottobre 2022, n. 14811 (su https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione/e-contrario-al-principio-di-speditezza-ed-economia-processuale-ritenere-che-il-modesto-ampliamento-della-causa-petendi-possa-comportare-l-1232.aspx ) rispetto a quella prospettata nella pronuncia esaminata sopra. In questo caso, un condomino conveniva in giudizio il condominio chiedendo che fosse dichiarata la nullità ovvero l’annullamento di delibere assembleari adottate in sua assenza deducendo l’illegittimità delle stesse sulla base di determinati motivi, tra cui l’irrituale ricezione dell’avviso di convocazione all’assemblea, il fatto che un condomino avesse ricevuto un numero eccessivo di deleghe per quella assemblea, lamentate irregolarità relative all’approvazione del bilancio consuntivo. Il Condominio convenuto, dal canto suo, eccepiva, tra l’altro, l’improcedibilità della domanda giudiziale in ragione dell’asimmetria rispetto all’istanza di mediazione. Il Tribunale, partendo da un raffronto tra la domanda di mediazione e l’atto introduttivo del processo, ha escluso l’improcedibilità, giacché, sebbene l’art. 4 D. Lgs. 28/2010 richieda espressamente l’indicazione delle “ragioni della pretesa” tra i contenuti dell’istanza di mediazione, non può considerarsi necessario, quanto all’istanza, l’equivalente di un atto giudiziario sotto il profilo strettamente formale, e nemmeno l’indicazione degli “elementi di diritto”, ed ha altresì affermato che, sarebbe contrastante con i principi di speditezza ed economia processuale ritenere che un modesto ampliamento della causa petendi possa comportare, come conseguenza, l’improcedibilità dell’intera domanda giudiziale (soprattutto laddove, come nel caso di specie, la mediazione si sia conclusa con verbale negativo).
Infine, la recentissima sentenza Trib. Roma, 2 gennaio 2023, in Osservatorio Mediazione Civile, n. 7/2023 (il cui testo è riportato integralmente su https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione/in-tema-di-impugnazione-di-delibera-assembleare-e-tollerabile-un-margine-di-scostamento-fra-l-oggetto-della-citazione-e-quello-dell-istanza-di-1230.aspx), ancora in materia condominiale e con riferimento alla questione concernente la corrispondenza tra contenuto dell’istanza di mediazione ed atto introduttivo del processo in ipotesi di impugnazione di una delibera, individua espressamente gli elementi la cui indicazione è da ritenersi necessaria all’interno dell’istanza giacché debbono essere portati a conoscenza di parte invitata, ovverossia: i) la delibera che si intende impugnare; ii) l’indicazione del provvedimento (dichiarazione di nullità ovvero annullamento della delibera impugnata) che si intende chiedere in sede giudiziale qualora il procedimento di mediazione abbia poi esito negativo; iii) l’indicazione, in forma sintetica, dei motivi di impugnazione della delibera assembleare, dal momento che è da ritenersi tollerabile un margine di scostamento tra l’oggetto dell’atto introduttivo del giudizio e l’oggetto dell’istanza di mediazione.
Pavia, 29/03/2023
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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2023 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)