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29 ottobre 2021

41/21. Azione per inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare di vendita: mediazione obbligatoria? (Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2021)

=> Tribunale di Milano, 13 aprile 2021 

L'eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria è infondata perché i giudizi aventi ad oggetto un’azione per inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare di vendita, non rientrano tra le ipotesi soggette alla mediazione obbligatoria. Infatti la presente controversia ha ad oggetto l'inadempimento alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, che non rientra nella categoria dei diritti reali ma, al contrario, in quella dei rapporti obbligatori e di conseguenza la controversia non è soggetta alla mediazione obbligatoria ex art. 5, d.lgs. 28/2010. (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Milano
Sentenza
13 aprile 2021

Omissis

Devono innanzitutto essere esaminate le eccezioni preliminari di parte convenuta, che devono essere respinte in quanto infondate.

L'eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria è infondata perché i giudizi aventi ad oggetto un’azione per inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare di vendita, non rientrano tra le ipotesi soggette alla mediazione obbligatoria. Infatti la presente controversia ha ad oggetto l'inadempimento alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, che non rientra nella categoria dei diritti reali ma, al contrario, in quella dei rapporti obbligatori e di conseguenza la controversia non è soggetta alla mediazione obbligatoria ex art. 5 d.lgs 28/2010.

L'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di Aosta è infondata perché le parti, con l'art. 11 del preliminare, ove hanno convenuto la competenza del foro di Milano “per ogni controversia relativa alla interpretazione ed esecuzione del contratto”, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 28 e 29 cpc, hanno chiaramente introdotto un foro alternativo in aggiunta a quelli ordinari.

E' infondata anche l'ulteriore eccezione di incompetenza territoriale secondo la quale la clausola 11 del contratto preliminare attribuiva al Tribunale di Milano solo la competenza a conoscere “ogni controversia relativa alla interpretazione ed esecuzione di questo contratto” e non quelle attinenti la risoluzione del contratto preliminare che esulano dal concetto di interpretazione ed esecuzione del contratto. La clausola non deve, infatti, essere interpretata in senso letterale/restrittivo perché in sede di stipula della clausola, considerate le esigenze di sintesi, le espressioni usate non assumono lo scopo di circoscrivere il contenuto analitico della clausola stessa. Una controversia in tema di “interpretazione” del contratto è necessariamente collegata ad una lite sull’adempimento oppure sulla validità o sull’efficacia del contratto medesimo; una vertenza in tema di “esecuzione” è normalmente connessa ad una domanda di risoluzione del contratto e di condanna al risarcimento danni. Una interpretazione restrittiva della clausola comporterebbe la possibilità di sottoporre a diversi giudici, anche contestualmente, la decisione di questioni strettamente collegate tra loro “interpretazione ed esecuzione del contratto” e “risoluzione del contratto” con una dilatazione dei tempi di giudizio e rischio di giudicati contrastanti. Infatti, qualora, in presenza di una siffatta clausola, una delle parti volesse agire per ottenere la risoluzione del contratto ed il risarcimento danni e l’altra eccepisse la nullità del contratto stesso, un’interpretazione letterale restrittiva della clausola imporrebbe irragionevolmente alle parti di ricorrere ad altro giudice solo per interpretare il contratto e verificarne la validità o meno. In definitiva, in assenza di specifica esclusione, deve ritenersi che le parti abbiano inteso devolvere al Tribunale di Milano, quale foro alternativo, tutte le controversie, contrattuali e non, derivanti, in modo diretto o indiretto, dal contratto.

L'eccezione di nullità del contratto preliminare inter partes per la mancata consegna della fideiussione ai sensi dell'ex art. 2 d.lg. n. 122/2005 sembra essere stata rinunciata nelle conclusioni e negli scritti conclusivi e comunque è infondata. Infatti, in linea generale, una lettura sistematica e teleologica del d.lg. n. 122/2005 fa propendere per una interpretazione estensiva della normativa la quale deve trovare applicazione, non solo alle costruzioni ex novo, ma, anche alle ristrutturazioni edilizie c.d. maggiori, ossia a quegli interventi complessi, come quello oggetto di causa, incidenti sugli elementi tipologici, strutturali e formali, dell’immobile, tali da determinare una vera e propria "trasformazione" radicale del bene preesistente. Ciò posto, è però insussistente nel caso in esame la invocata nullità del preliminare per l'omesso rilascio della fideiussione considerato che il Legislatore agli art. 2 e 3 del D. Lgs. 122/05 ha previsto l'obbligo per il venditore di garantire la restituzione delle somme versate dall’acquirente tramite la conclusione di un contratto di fideiussione per l'ipotesi in cui il costruttore dovesse risultare incapiente prima del compimento dell’opera, ma, nel caso di specie, è assolutamente pacifico che la convenuta Be. non ebbe a versare alcuna somma e di conseguenza non gli era dovuta alcuna fideiussione.

Anche l'eccezione di nullità del contratto preliminare inter partes per difetto di forma ex lege è infondata. L'art 6 del D. Lgs. 122/05 invocato dalla convenuta, ove prevede la forma dell'atto pubblico o scrittura privata autenticata, è entrato in vigore il 16 marzo 2019 e non trova applicazione per i contratti già in essere per i quali era stato già chiesto il titolo abilitativo, come quello oggetto di causa.

Nel merito, la domanda attorea è fondata  omissis. 

PQM 

Il Tribunale di Milano omissis: dichiara la risoluzione di diritto ex art. 1456 c.c. del contratto preliminare di compravendita omissis; condanna la convenuta a rimborsare in favore di omissis s.r.l. le spese di registrazione del contratto per complessivi € 364,36, oltre interessi al tasso legale dal 27.3.2019 al saldo; condanna parte convenuta a rimborsare in favore di omissis s.r.l. le spese condominiali per complessivi euro 5.254,37, oltre a quelle che risulteranno dovute fino alla data di rilascio, oltre agli interessi al tasso legale dal 27.3.2019 al saldo;condanna parte convenuta al risarcimento del danno per l'occupazione sine titolo in favore di omissis s.r.l. nella misura di euro 6.360,00 (Euro 265,00 mensili per 24 mesi), oltre alle successive mensilità dall’aprile 2021 al rilascio effettivo, ed agli interessi al tasso legale dalle singole scadenze mensili sino al saldo; condanna la convenuta omissis alla rifusione delle spese del giudizio a favore di omissis s.r.l., che liquida in € 9.650,00 per compensi, € 545,00 per spese, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

25 ottobre 2021

40/21. Domanda riconvenzionale: sì alla mediazione c.d. obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2021)

=> Corte Appello di Torino, 13 aprile 2021 

Alla luce dell’art. 5, comma 2bis, d.lgs. 28/2010, qualora sia stato effettivamente esperito il procedimento di mediazione, sebbene dal soggetto non gravato da tale onere, non può essere conseguita l’improcedibilità della domanda (il Giudice rileva che le Sezioni Unite, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, nell’individuare il soggetto gravato dell’onere di promuovere la procedura in esame onde evitare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, non esclude che tale iniziativa possa essere intrapresa anche dalla controparte; nella specie l’opponente aveva prodotto il verbale dell’incontro di mediazione da cui risultava come detta procedura fosse stata validamente instaurata tra le parti, entrambe presenti alla convocazione dinanzi al mediatore, ed assistite dai rispettivi difensori, sebbene la sola parte opponente avesse dichiarato, in quella sede, di voler entrare nel merito della controversia, mentre la parte opposta aveva dichiarato di non voler aderire all’invito) (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte Appello di Torino
Sentenza
13 aprile 2021

Omissis 

Con il primo motivo d’appello omissis sostiene che omissis non abbia offerto idonea prova documentale del proprio credito; lamenta altresì il mancato accoglimento dell’istanza formulata ex art. 210 c.p.c. e la mancata ammissione della consulenza tecnica contabile richiesta, sostenendo che l’assenza dei documenti richiesti gli avrebbe impedito di effettuare una perizia di parte; eccepisce, infine, l’erronea applicazione, da parte del giudice di prime cure, del principio dell’onere della prova.

Il Tribunale di Aosta ha osservato che omissis, oltre ai contratti di finanziamento omissis ha prodotto “l’estratto conto completo delle operazioni relative ai due finanziamenti dalla data di stipulazione dei relativi contratti sino alla data di cessione dei crediti da essi nascenti in favore della omissis, da cui risulta che sono stati applicati in specie interessi corrispettivi e moratori compresi nei limiti fissati con decreti ministeriali 18.03.2008 (per il trimestre aprile-giugno 2008) e 23.06.2008 (per il trimestre luglio-settembre 2008) ex lege n. 108/1996, anche tenuto conto della penale, delle commissioni di sollecito e dei costi anche assicurativi del credito” (v. docc. n. 4 e 5 allegati al ricorso monitorio).

Ha pertanto rilevato il primo giudice che “La documentazione così prodotta, non contestata specificamente dalla parte opponente in relazione alle componenti del credito ivi evidenziate, siccome estesa all’intero svolgimento dei rapporti in esame pare esaustiva ai fini della compiuta liquidazione dei crediti esposti, laddove le avverse richieste di documentazione, come già inoltrate anche in sede stragiudiziale all’omissis (v. documento n. 14 allegato all’atto di citazione in opposizione), risultano in effetti formulate in termini generici in riferimento ad una massa documentale non individuabile specificamente”.

A tale riguardo ha inoltre rilevato come “le istanze di esibizione documentale formulate dall’opponente risultassero in effetti confusamente esposte in relazione ad una pletora di documenti non bene identificabili (“originali delle copie dei contratti…”; “aperture di credito e fideiussione connessi ai conti”, “estratti conto mensili e trimestrali”), laddove ex art. 210 c.p.c. è richiesto invece, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza, che il Giudice sia posto in grado di valutare la necessità di acquisire i documenti richiesti ai fini del decidere, risultando perciò solo inammissibile l’istanza di esibizione relativa a documenti non compiutamente individuabili”.

Dichiarava altresì “inammissibile l’indagine peritale invocata dalla parte opponente per il ricalcolo dell’intero rapporto intercorso tra le parti in relazione ai finanziamenti erogati, non essendo specificamente indicate le poste in discussione ed i motivi di contestazione allegati”.

Osservava il giudice di prime cure che l’opponente aveva chiesto l’ammissione di detto mezzo di prova “elencando questioni generiche ed in parte palesemente non conferenti con la natura e qualità dei rapporti in contestazione (cfr. pag. 20 della citazione ove si fa riferimento, fra l’altro a “variazioni di condizioni non concordate”, “delta interessi…tra uso piazza e l’interesse legale”, “tassi ultrafido”), ovvero comunque enunciate senza riferimento alcuno a specifiche operazioni o fasi della lunga evoluzione dei rapporti in contestazione, non consentendo così l’individuazione delle poste in discussione ai fini di una specifica formulazione dei quesiti di indagine”.

Evidenziava il Tribunale di Aosta che, “tenuto conto che la consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di offrire al giudice l'ausilio delle specifiche conoscenze tecnico-scientifiche che si rendono necessarie al fine del decidere, tale mezzo istruttorio - presupponendo che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive richieste - non può essere utilizzato per compiere indagini esplorative dirette all'accertamento di circostanze di fatto, la cui dimostrazione rientri, invece, nell'onere probatorio delle parti”, richiamando il consolidato orientamento di legittimità (cfr. Cass civ. Sez. 2, Sentenza n. 212 del 11/01/2006; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 12921 del 23/06/2015).

L’appellante censura la sentenza di primo grado sia sotto il profilo dell'art. 50 TUB sia sotto il profilo dell'omessa valutazione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e, comunque, per aver leso il diritto di difesa dell'opponente. In particolare, ritiene che l'istanza di cui all'art. 210 c.p.c., contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, fosse specifica, individuabile e soprattutto non correttamente valutata dal giudice di prime cure.

Contesta, poi, la lesione del diritto di difesa, sub specie di inversione dell’onere probatorio, non essendosi tenuto conto del comportamento ostruzionistico della banca che non avrebbe fornito i documenti all'opponente al fine di eseguire una consulenza di parte.

La CTU richiesta, infatti, lungi dall'essere esplorativa rappresenterebbe, ad avviso dell’opponente, l'unico mezzo possibile per dimostrare quanto a livello presuntivo appare già evidente, ovvero un’operazione usuraria in relazione ad interessi e costi non specificamente pattuiti e, se pattuiti, del tutto nulli.

Le censure sollevate dall’appellante non sono fondate.

È infatti condivisibile la valutazione espressa nella sentenza appellata dal Tribunale di Aosta, che ha ritenuto le contestazioni e le istanze di parte opponente del tutto generiche e come tali inidonee a fondare il richiesto ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e la sollecitata CTU.

A tale riguardo si evidenzia, in primo luogo, la completezza delle produzioni documentali della omissis SRL, che comprendono i documenti negoziali e gli estratti riportanti nel dettaglio, per ciascuno dei finanziamenti, oltre alle voci di incasso rate, ogni addebito di spesa previsto dalle condizioni generali di contratto, corredato dei relativi storni se intervenuto l’incasso, nonché gli importi addebitati a titolo di interessi.

Le difese dell’appellante, in gran parte aventi ad oggetto generiche dissertazioni per lo più non pertinenti al caso di specie, non contengono puntuali critiche di quanto affermato dal primo giudice e, segnatamente, non indicano perché i documenti ritenuti dal Tribunale di Aosta completi ed esaurienti al fine della ricostruzione dei rapporti di finanziamento dovrebbero al contrario considerarsi insufficienti (gli estratti conto prodotti vengono definiti “foglietti” o “banali riepiloghi”); né l’appellante ha precisato quale sarebbe la documentazione che ritiene mancante o, comunque, laddove lo ha fatto, ha indicato documenti non pertinenti ai rapporti in discussione, lamentandosi della mancata produzione degli estratti conto mensili e degli estratti conto trimestrali scalari, dai quali si dovrebbero ricavare gli importi della commissione di massimo scoperto, il rispetto della disciplina delle valute, la capitalizzazione degli interessi passivi, verificare se si siano applicati interessi passivi mediante richiami ad uso piazza, et alias, tutte questioni attinenti la disciplina del contratto di conto corrente bancario, laddove nella specie si controverte di contratti di finanziamento.

D’altro canto, già nel giudizio di prime cure l’attuale appellante aveva fatto riferimento a fattispecie non attinenti il caso di specie (contratti di conto corrente - fideiussione – carta di credito – affidamenti bancari) e, condivisibilmente, il Tribunale aveva respinto l’istanza ex art. 210 c.p.c., con cui l’opponente aveva chiesto “di ordinare l’esibizione alla banca degli originali delle copie dei contratti di conto corrente, aperture di credito e fideiussione (non presenti nel caso di specie) connessi ai conti indicati nelle premesse degli atti nonché la produzione degli estratti conto mensili con indicazione della specifica delle operazioni contabilizzate e trimestrali con il conteggio degli interessi scalari mai consegnati all’attore…” (cfr. atto di citazione in opposizione di primo grado).

Di conseguenza, anche la richiesta di disporre consulenza tecnica d’ufficio non può essere accolta, condividendosi la valutazione negativa del primo giudice.

La consulenza d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo essa la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, e pertanto deve avere ad oggetto accertamenti per quanto possibile specifici, poiché un quesito eccessivamente generico conduce ad una indagine meramente esplorativa alla ricerca di elementi, fatti e circostanze non provati, e quindi inammissibile (in questo senso, oltre alle pronunce richiamate nella sentenza appellata, v. Cass. 12.2.2008 n. 3374; Cass. ord. n. 26839/2016).

Nella specie, inoltre, l’indagine peritale è diretta a dimostrare l’applicazione di interessi usurari (v. atto di appello pag. 16), eventualità esclusa dal primo giudice con analitica motivazione (come sopra riportato), che non è stata oggetto di specifica censura da parte dell’appellante.

Il motivo è pertanto infondato e non può essere accolto.

Con il secondo motivo d’impugnazione, 1.4.  lamenta che la società appellata avrebbe tenuto, in sede di mediazione, un comportamento ostruzionistico: chiede l’appellante che la Corte ne tenga conto ex artt. 88 e 91 c.p.c. ai fini della liquidazione delle spese di lite, e comunque sostiene che il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità della domanda, stante la condotta di adesione solo formale alla procedura di mediazione, indice di malafede ed intesa ad aggirare l’obbligo di cui all’art. 13 d.lgs. n. 28 del 4.3.2010.

Nella comparsa conclusionale l’appellante ha inoltre richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 19596 del 18.09.2020 (ove si afferma che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, della pronuncia di improcedibilità e della revoca del decreto ingiuntivo), evidenziando come 1.4.  non abbia introdotto la mediazione pur essendovi tenuta e si sia altresì rifiutata di svolgere una concreta trattativa a seguito dell'introduzione della stessa da parte dell'appellante, violando in tal modo lo spirito della norma, con conseguente improcedibilità del giudizio.

Il motivo è infondato.

A fronte dell’eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione preventiva obbligatoria, sollevata in primo grado, il Tribunale ha rilevato che lo stesso opponente aveva prodotto il verbale dell’incontro di mediazione tenutosi il 19.09.2017, da cui risultava come detta procedura fosse stata validamente instaurata tra le parti, entrambe presenti alla convocazione dinanzi al mediatore, ed assistite dai rispettivi difensori, sebbene la sola parte opponente avesse dichiarato, in quella sede, di voler entrare nel merito della controversia, mentre la parte opposta aveva dichiarato di non voler aderire all’invito.

Il Tribunale ha correttamente ritenuto che l’iter della procedura fosse stato idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1 - bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2 - bis del medesimo provvedimento, secondo cui “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”, a nulla rilevando a tal fine che una delle parti avesse rifiutato, nel corso di detto incontro, di entrare nel merito della procedura di mediazione.

Pertanto, essendo stato effettivamente esperito il procedimento di mediazione, sebbene dal soggetto non gravato da tale onere, non ne può essere conseguita l’improcedibilità della domanda: infatti, la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, nell’individuare il soggetto gravato dell’onere di promuovere la procedura in esame onde evitare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, non esclude che tale iniziativa possa essere intrapresa anche dalla controparte, integrando il tal modo la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1 - bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2 - bis del medesimo provvedimento.

Tanto meno, la condotta tenuta dalla società appellata in sede di mediazione può essere valutata negativamente ai fini della liquidazione delle spese di lite, anche in considerazione della inconsistenza delle contestazioni dell’attuale appellante.

In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto, con conferma dell’appellata sentenza n. 84/2019 del Tribunale di Aosta.

Consegue, ex art. 91 c.p.c., la condanna dell'appellante al rimborso delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate con riferimento ai valori medi del relativo scaglione previsto dal DM 55/2014 (da € 26.001 ad € 52.000), dovendosi escludere il compenso per la fase istruttoria (non svolta) e per quella decisionale, non avendo parte appellata depositato gli scritti conclusivi.

Sussistono altresì i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 - quater del D.P.R. 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all'importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione. 

PQM 

Definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta omissis, la Corte d'Appello di Torino, Prima Sezione Civile, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, così decide: respinge l'appello proposto da omissis avverso la sentenza omissis del Tribunale di Aosta, pubblicata il 12 marzo 2019, che integralmente conferma; condanna parte appellante al rimborso, in favore di omissis, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi € 3.310,00 di cui € 1.960,00 per la fase di studio e € 1.350,00 per la fase introduttiva, oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA sulle somme imponibili; dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 - quater del D.P.R. 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all'importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

18 ottobre 2021

39/21. Fideiussione: no alla mediazione c.d. obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2021)

=> Corte di appello di Milano, 30 marzo 2021 

Con riferimento alla questione dell’applicabilità in tema di fideiussione della procedura obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010 (che come noto prevede espressamente, tra l’altro, che il procedimento di mediazione obbligatoria si applica alle controversie che riguardino contratti assicurativi, bancari e finanziari), va confermato che la polizza fideiussoria, al di là del fatto strutturale (i.e. il fatto di potere essere emessa solo da una compagnia assicurativa) non è un contratto assicurativo, integrando una mera garanzia (I). 

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello di Milano
Sentenza
30 marzo 2021

Omissis

L’avvenuto pagamento da parte di --- della somma di euro 71.161,44 oggetto dell’ordinanza ingiunzione non è contestato dalla parte appellata.

Deve pertanto dichiararsi la cessazione della materia del contendere in relazione alla controversia oggetto del giudizio, rimanendo da vagliare la fondatezza dell’appello ai soli fini della regolamentazione delle spese, in base al criterio della soccombenza virtuale (Cass. 8034/2020).

Sul primo motivo di appello.

Con il primo motivo, parte appellante ha eccepito l’erronea pronuncia in ordine all’eccezione d’improcedibilità per mancato esperimento della procedura obbligatoria prevista dald. lgs 28/2010.

Il giudice di prime cure ha ritenuto che il contratto di polizza fideiussoria, non avendo causa finanziaria, bancaria o assicurativa (trattandosi dell’escussione di una garanzia), non sia assoggettato alla mediazione obbligatoria prevista dal d.lgs. 28/2010.

L’applicabilità della procedura obbligatoria prevista dal decreto lgs. n. 28/2010 in tema di fideiussione è controversa nella giurisprudenza di merito, mentre non constano precedenti della Suprema Corte. Il decreto lgs. n. 28/2010 prevede espressamente che il procedimento di mediazione obbligatoria si applichi alle controversie che riguardino contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Per quanto attiene alla fideiussione, la giurisprudenza di merito si divide tra chi sostiene che essa, avendo ad oggetto un rapporto di garanzia, non rientri nell’alveo dell’obbligatorietà della disciplina dettata dal d.lgs. n. 28/2010 (ex multis, Trib. Milano 13.1.2016; Trib. Palermo 18.1.2018) e chi invece, attribuendo rilievo al criterio soggettivo, ossia al soggetto che rivesta la qualifica professionale di impresa di assicurazione, afferma che, laddove la fideiussione sia inerente a contratti bancari o assicurativi, debba essere assoggettata all’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 (Tribunale di Verona, ord. 4 aprile 2012, Trib. Roma 2.10.2019).

La Corte ritiene che l’orientamento seguito dal Tribunale sia condivisibile, anche considerando l’interpretazione restrittiva della Suprema Corte con riguardo ad altre tipologie di contratti. Infatti, nel pronunciarsi sulla riconducibilità alla disciplina della mediazione obbligatoria, ad esempio, del contratto di leasing immobiliare, la suprema Corte ha ritenuto che esso non debba ritenersi compreso nell’ambito di applicazione dell’ art. 5d.lgs. n. 28/2010, affermando che: “il riferimento della norma (ndr. art. 5, d.lgs. n. 28/2010) ai contratti “bancari e finanziari” contiene un chiaro richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel TUB (d.lgs. n. 385 del 1993), nonché alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al TUF (d.lgs. n. 58 del 1998), sicché non è estensibile alla diversa ipotesi del leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento, specificamente funzionali, però, all’acquisto ovvero alla utilizzazione dello specifico bene coinvolto” (cfr. Cass. 20149/2020, Cass. 14904/2019).

Va pertanto confermata la sentenza di prime cure per avere affermato che, alla luce di “un’interpretazione restrittiva delle relative eccezioni, la polizza fideiussoria, al di là del fatto strutturale (i.e. il fatto di potere essere emessa solo da una compagnia assicurativa) non è un contratto assicurativo, integrando una mera garanzia”.

In ogni caso giova osservare che l’eccezione di mancato esperimento del procedimento di mediazione non conduce, di per sé, alla sanzione dell’improcedibilità, ma dà luogo, quando fosse fondata -e sempre che fosse eccepita o rilevata d’ufficio tempestivamente, entro la prima udienza- alla concessione del termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione; concessione che può avvenire, anche nel giudizio di appello, se il giudice di seconde cure ritenesse fondata l’eccezione tempestivamente sollevata.

Nel caso in esame, però, non solo l’appellante non ha dedotto alcuna concreta lesione che gli sia derivata dal mancato esperimento del procedimento di mediazione, ma l’avvenuta cessazione della materia del contendere, per avvenuta estinzione del debito garantito dalla polizza fideiussoria, determina altresì il venire meno dell’interesse a sollevare l’eccezione, il cui accoglimento avrebbe determinato, non l’improcedibilità del giudizio, ma esclusivamente la concessione di un termine per la presentazione della domanda di mediazione.

Il primo motivo deve pertanto essere rigettato.

Sul secondo motivo di appello. Con il secondo motivo, parte appellante si è doluta dell’invalidità della richiesta di escussione in quanto tardiva e non conforme alle modalità previste dall’art. 6.6 delle Condizioni generali di Polizza.

Il motivo non è fondato.

L’art. 2, infatti, stabilisce che l’efficacia della garanzia decorra dalla data di presentazione dell’offerta e abbia validità di “almeno 180 giorni o quella maggiore indicata nel bando di gara”, ossia 360 giorni dalla data di presentazione della domanda ed il bando di gara prevede un deposito cauzionale provvisorio “con validità non inferiore a 360 giorni decorrenti dalla data di presentazione dell’offerta” (v. bando di gara, doc. 3 ).

La richiesta di escussione inviata dal Comune in data 19.10.2016 è, quindi, tempestiva in quanto avvenuta nel termine indicato.

La richiesta inviata dal Comune è stata pacificamente ricevuta da China, che non ha contestato la ricevuta di accettazione, inviata tramite pec La circostanza che sia stata inviata con pec, invece che tramite “lettera raccomandata alla sede del Garante” come previsto dall’art 6 delle Condizioni generali di Polizza, non assume alcun rilievo a tantomeno può inficiare la validità dell’escussione. L’avvenuta ricezione è invero pacifica. Tantomeno può essere revocata in dubbio l’ equipollenza tra pec e lettera raccomandata. In questo senso, si veda, da ultimo, Cass. 26506/2020, secondo cui “la notifica a mezzo PEC è equiparata alla notifica per mezzo della posta, salvo che la legge non disponga altrimenti; equivalenza che, come è di facile rilievo, trova la sua ragione nel fatto che la PEC offre le medesime certezze della raccomandata in ordine all’identificazione del mittente e all’avvenuta ricezione dell’atto (documentabile, in caso della PEC, attraverso la produzione del rapporto di consegna al destinatario e ricevuta di accettazione)”.

Si rileva infine che l’affermazione di parte appellante secondo cui l’indirizzo pec utilizzato dal comune per l’invio della richiesta (ossia ---) non sia valido è sfornita di prova. La visura prodotta da China (all. 2 memoria di replica primo grado) dimostra infatti che quell’indirizzo pec non risulta nel registro INIPEC alla data del 18.3.2019, ma nulla prova in ordine alla validità dell’indirizzo pec alla data di invio della richiesta di escussione (ossia 19.10.2016).

Alla luce dell’infondatezza dell’appello, le spese di lite del presente giudizio devono essere poste a carico dell’appellante ---, secondo il criterio della soccombenza virtuale. Esse vengono liquidate, come in dispositivo, in applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto dell’assenza della fase istruttoria e secondo valori prossimi ai minimi tariffari tenuto conto della semplicità della controversia.

Tenuto conto della soccombenza virtuale dell’appellante, è altresì confermata la regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado, nonché la liquidazione delle medesime, come statuite dal giudice di prime cure.

In considerazione del sopravvenuto versamento al Comune dell’importo di cui alla somma ingiunta, a parziale modifica della sentenza impugnata, è revocata l’ordinanza ingiunzione di pagamento emessa dal Comune di Milano il 6 luglio 2018 avente ad oggetto il pagamento di euro 71.161,44. 

PQM 

La Corte di appello di Milano, definitivamente decidendo sulla causa proposta in grado di appello da --- nei confronti di Comune di Milano, dato atto dell’avvenuta percezione da parte del Comune dell’importo di cui all’ingiunzione di pagamento emessa il 6 luglio 2018, in parziale modifica della sentenza impugnata, revoca l’ordinanza ingiunzione: conferma il capo della sentenza impugnata relativo alla condanna di --- al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado; condanna --- alla rifusione, in favore del Comune di Milano, delle spese processuali del presente giudizio di appello, liquidate in complessive euro 5.100,00 per compensi, oltre rimborso spese generali ed oneri riflessi. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

14 ottobre 2021

38/21. 15 OTTOBRE 2021: S. ROSARIO NAZIONALE NELLA PIAZZA DEL DUOMO DELLA TUA CITTÀ (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2021)

L’Osservatorio aderisce all’iniziativa e suggerisce di aderire e divulgare.

   

Ci scusiamo con i Lettori per la segnalazione di un evento a carattere non tecnico-scientifico, ma siamo certi dell'importanza dell'evento.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

12 ottobre 2021

37/21. Domanda riconvenzionale: sì alla mediazione c.d. obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2021)

=> Tribunale di Reggio Calabria, 30 marzo 2021 

Ritiene il Giudicante che il tentativo di mediazione deve essere esperito (anche) per la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto in relazione a materie per le quali esso è obbligatorio, sia perché il termine “convenuto” è riferibile anche all’attore rispetto alla riconvenzionale, sia perché bisogna garantire parità di trattamento dell’attore posto che, ai fini della valutazione sulla necessaria attivazione del tentativo, occorre tener conto del contenuto della domanda e non della parte da cui essa proviene, sia – infine – perché la norma non esclude l’esperibilità del procedimento per le domande cumulate (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Reggio Calabria
Sentenza
30 marzo 2021

Omissis

È dirimente rilevare l’improcedibilità della domanda di intimazione di sfratto per finita locazione svolta dalla parte attrice nell’atto introduttivo del giudizio, per omesso esperimento della procedura di mediazione ex art.5 comma 1 bis D.Lgs. n.28 del 2010, vertendosi in materia di controversie soggette a tale obbligatoria condizione di procedibilità, il cui mancato espletamento è preclusivo dell’esame del merito della lite.

Ed infatti, con ordinanza del 02.10.2018 è stato assegnato all’attrice il termine di 15 giorni per la proposizione della domanda di mediazione, ai sensi dell’articolato legislativo sopra indicato.

Orbene, ad esame degli atti risulta incontestata la circostanza che tale incombente non sia stato mai eseguito, né prima, né dopo la scadenza del termine indicato nel detto provvedimento; non v’è dubbio, d’altronde, che la materia locatizia sia annoverata tra le controversie soggette a mediazione obbligatoria, ex lege.

Ed infatti, il D.Lgs. n.28 del 2010, all’art.5 ha introdotto, quale condizione di procedibilità per le controversie aventi ad oggetto i contratti locativi, l’esperimento di un procedimento di mediazione, prevedendo, altresì, che qualora il mancato esperimento della mediazione venga eccepito dal convenuto o rilevato dal giudice entro la prima udienza, quest’ultimo assegni alle parti il termine di quindici giorni per l’avvio del procedimento in parola.

La disposizione normativa in questione, infatti, recita: “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di...locazione...è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione (comma 1)... I commi 1 e 2 non si applicano: b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile (comma 2)”.

Dunque, la domanda attrice deve essere dichiarata improcedibile.

Alle medesime conclusioni deve poi pervenirsi per ciò che concerne la domanda spiegata in via riconvenzionale dal La., non avendo quest’ultimo, a sua volta, esperito il tentativo di mediazione con riguardo alla domanda di riconoscimento in suo favore dell’indennità per l’avviamento commerciale pari a 18 mensilità.

Ed invero, ritiene il Giudicante che il tentativo di mediazione deve essere esperito (anche) per la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto in relazione a materie per le quali esso è obbligatorio, sia perché il termine “convenuto” è riferibile anche all’attore rispetto alla riconvenzionale, sia perché bisogna garantire parità di trattamento dell’attore posto che, ai fini della valutazione sulla necessaria attivazione del tentativo, occorre tener conto del contenuto della domanda e non della parte da cui essa proviene, sia –infine- perché la norma non esclude l’esperibilità del procedimento per le domande cumulate (Trib.Bari 28.11.2016).

Avuto riguardo alla reciproca soccombenza, si reputa di giustizia compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio. 

PQM 

Il Tribunale di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando nella causa tra le parti di cui all’epigrafe, così provvede; dichiara improcedibili la domanda principale e la domanda spiegata in via riconvenzionale, per le causali di cui in parte motiva; compensa interamente tra le altre parti le spese di giudizio.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

5 ottobre 2021

36/21. MEDIA Magazine n. 8-9-10 del 2021 (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2021)

MEDIA Magazine

Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139

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N. 8-9-10/21  ottobre 2021 

 

Un caloroso ai nuovi iscritti degli ultimi mesi e buona lettura a tutti. 

 

GIURISPRUDENZA


Il limite della prima udienza vale sia per il mancato esperimento che il mancato completamento della procedura (Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2021)
=> Corte appello Bari, 24 marzo 2021, n. 593

La partecipazione alla mediazione è un valore in sé: si tratta di un principio ormai immanente dell'ordinamento giuridico (Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2021)
=> Tribunale Torino, 25 marzo 2021

Precedenti tentativi di mediazione non andati a buon fine: giusto motivo di mancata partecipazione? (Osservatorio Mediazione Civile n. 32/2021)
=> Tribunale Roma, 15 gennaio 2021

COMMENTI E APPROFONDIMENTI

BARNI, Le conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2021)


SEGNALAZIONI dal Centro Studi Diritto Avanzato (link diretti al sito dell’editore)


Ruggero STINCARDINI, <<MODI DI ESTINZIONE DELLE OBBLIGAZIONI DIVERSI DALL’ADEMPIMENTO>>, Diritto Avanzato, Milano, 2021 (ottobre)
L’opera è interamente dedicata alla trattazione delle vicende, diverse dall’adempimento, che comportano l’estinzione del vincolo obbligatorio… [continua]

Luigi VIOLA, <<VALUTAZIONE DELLE PROVE SECONDO PRUDENTE APPREZZAMENTO>>. Dal più probabile che non alla sommatoria di prove, Diritto Avanzato, Milano, 2021 (luglio)
Ogni questione giuridica è composta da Fatto e Diritto… [continua]


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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2021

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