Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 50/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.
Osservatorio nazionale sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali .............................................................................. ISSN 2281-5139 - Direzione scientifica: Giulio Spina ...........................................................................................................................................................
Dall’inizio del 2021, si registrano 121.948 procedimenti iscritti.
Nella rendicontazione si dà atto che nel periodo di riferimento le iscrizioni collegate a inadempienti legati al COVID sono state 3.749, pari al 3% del totale. Il dato è ottenuto sommando le 730 iscrizioni nella specifica materia «Inadempimenti dovuti alle misure di contenimento COVID d.l.6/20 art. 3 co. 6bis e 6ter» , introdotta nel terzo trimestre 2020, e le iscrizioni nelle materie già esistenti, dovute a inadempimenti connessi con le misure di contenimento COVID, pari a 3.019 (2).
Tra le controversie
maggiormente trattate in mediazione rimangono poi quelle in tema di diritti reali (14,1%), contratti bancari (13,7%), locazione (12,7%), e condominio (12,5%). Si tratta di dati
sostanzialmente in linea con le ultime rilevazioni ministeriali e, quindi, di
un dato di fatto ormai consolidato.
Si segnala, inoltre, la crescita dei procedimenti in tema di contratti assicurativi che nel 2021 hanno superato la soglia del 10%.
Nel periodo in questione l’aderente compare nel 46,5% dei casi.
In tali casi (ovvero in caso di aderente
comparso), nel 26,8% dei
procedimenti si raggiunge l’accordo
conciliativo.
Da un’analisi a campione, però, risulta che quando le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione anche dopo il primo incontro si giunge all’accordo conciliativo nel 44,9% dei casi. Tale dato risulta sostanzialmente in linea con le ultime rilevazioni ministeriali e si ribadisce, pertanto, che alle parti conviene svolgere con fiducia e serietà il tentativo conciliativo, senza fermarsi al primo incontro, ma proseguendo il percorso mediatizio anche oltre; qualcosa in più, però, si ritiene, potrebbe farsi (a livello normativo) per favorire maggiormente la scelta delle parti di proseguire la mediazione oltre il primo incontro, oltre che nel fornire strumenti alle parti e agli organismi per raggiungere, quantomeno, la soglia – che sarebbe significativa, anche mediaticamente – del 50% di successo (3).
Tra le controversie nelle quali si registra
una maggiore percentuale di comparizione
dell’aderente (superiore al 50%) si confermano quelle che riguardano
rapporti familiari, nonché le liti relative, in generale, a rapporti sociali o
contrattuali, destinati a durare nel tempo, caratterizzati dalla particolare
rilevanza soggettiva delle parti (successioni ereditarie, divisione, diritti
reali, condominio, affitto di aziende, locazione).
Si confermano poi le alte percentuali di comparizione
dell’aderente in procedimenti in materia di inadempimenti dovuti alle misure di contenimento COVID d.l.6/20 art. 3
co. 6bis e 6ter (pari al 60,8%), sebbene nella rendicontazione annuale 2020
la percentuale riscontrata era addirittura pari al 70,3%.
A ciò si aggiungono anche le liti in tema di Contratti bancari, con una percentuale di comparizione dell’aderente del 53%.
In merito alla categorie di mediazione, nel periodo di riferimento la maggior parte dei procedimenti definiti (circa 85%) afferisce alla mediazione c.d. obbligatoria ex lege o ante causam (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), mentre poco meno dell’1% dei procedimenti definiti nel periodo in questione afferisce alla c.d. mediazione delegata o demandata dal giudice (art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010). Il 13,1% dei procedimenti definiti afferisce alla mediazione volontaria o facoltativa.
La maggiore
percentuale di raggiungimento dell’accordo conciliativo si registra quando
la mediazione viene svolta prima dell’instaurazione del processo: mediazione volontaria o facoltativa e mediazione obbligatoria ex art. 5,
comma 1-bis, d.lgs. 28/2010 (circa 30% dei casi).
In generale, dai dati emerge che la mediazione ha maggiore probabilità di successo se svolta prima del processo (in modo volontario o obbligatorio), mentre i casi in cui più difficilmente si giunge all’accordo sono invece quelli in cui le parti vengono inviate in mediazione dal giudice (invio in mediazione in quanto materia soggetta a mediazione c.d. obbligatoria, ovvero mediazione demandata).
Questi i numeri relativi agli Organismi di mediazione presenti in Italia.
Tipologia Organismi di conciliazione
|
Organismi al 30.6.2019 |
Procedimenti definiti |
ORGANISMI DELLE
CAMERE DI COMMERCIO
|
73 |
8.842 |
ORGANISMI PRIVATI
|
357 |
66.581 |
ORDINE AVVOCATI
|
106 |
36.919 |
ALTRI ORDINI
PROFESSIONALI
|
37 |
554 |
Totale complessivo
|
573 |
112.896 |
Quanto alla presenza dell’avvocato in mediazione, nelle mediazione volontarie nell’82% dei casi i proponenti sono assistiti dal proprio legale, mentre l’88% i chiamati in mediazione è assistito da un avvocato.
Quanto alla durata delle mediazione, rispetto agli 882 gg (dato 2016 relativo al contenzioso in Tribunale, sceso rispetto al 2015 in cui durata era registrata in 921 gg), la procedura ADR, con aderente comparso e accordo raggiunto, dura 173 giorni; dato sostanzialmente in linea con le rendicontazioni precedenti, anche se si registra un lieve, costante, trend di aumento della durata delle mediazioni.
La rilevazione statistica ministeriale è consultabile sul sito web del Ministero della Giustizia al seguente indirizzo:
https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20Civile%20al%2030%20settembre%202021.pdf
(1)
Le analisi curate dall'Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile di
tutte le precedenti rilevazioni statistiche sono consultabili a questo indirizzo.
MEDIA Magazine
Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 12/21 – dicembre 2021
L’Osservatorio compie 10 anni di attività. Grazie a tutti!
GIURISPRUDENZA
Interruzione della decadenza: cosa si intende per comunicazione della domanda di mediazione alle altre parti? (Osservatorio Mediazione Civile n. 44/2021)
=> Tribunale di Busto Arsizio, 23 aprile 2021
Controversie riguardanti i contratti di locazione di beni mobili: mediazione obbligatoria? (Osservatorio Mediazione Civile n. 43/2021)
=> Tribunale di Bologna, 22 aprile 2021
NORMATIVA E
PRASSI
COMMENTI
SEGNALAZIONI dal Centro Studi Diritto Avanzato (link diretti al sito dell’editore)
PRIMO ORALE ESAME AVVOCATO - CASI DI DIRITTO CIVILE E PENALE (L. VIOLA)
REDAZIONE APERTA
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L’obbligo di comunicazione della domanda di mediazione e del primo incontro alla parte chiamata
(nota a circolare Ministero giustizia 9.9.2021)
di Giulio SPINA
in La Nuova Procedura Civile, 3, 2021
L’articolo è consultabile gratuitamente al seguente URL:9 settembre 2021
Dipartimento
per gli affari di giustizia
Direzione
generale degli affari interni
Ufficio II – Reparto V
Albi e Registri
Agli Organismi di Mediazione
OGGETTO: Obbligo di comunicazione di cui all’articolo
8, comma 1 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (“Attuazione
dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”).
Circolare interpretativa.
Pervengono a questo Ufficio molteplici esposti e quesiti in ordine alla corretta interpretazione da attribuire all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (“Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”), disposizione concernente, per quanto qui interessa, l’obbligo di comunicazione, alla parte chiamata in mediazione, dell’avvenuta proposizione della domanda a opera della parte istante e della fissazione della data del primo incontro di mediazione a opera del responsabile dell’organismo.
In particolare, è oggetto di contrasto se, alla luce della disposizione
normativa richiamata, tale obbligo gravi in via esclusiva sull’organismo, con
la conseguenza di una totale irrilevanza della comunicazione eventualmente
effettuata dalla parte istante alla parte chiamata, oppure se tale ultima
comunicazione possa produrre un qualche effetto nei confronti della parte
chiamata, alla stessa stregua della comunicazione proveniente dall’organismo.
Ebbene, al fine di dirimere ogni questione interpretativa, pare
opportuno anzitutto richiamare la lettera della disposizione normativa de
qua, nonché, nell’ottica di una interpretazione sistematica, le ulteriori
norme rilevanti contenute nel medesimo decreto legislativo.
Si rammenta pertanto che, ai sensi del citato articolo 8, comma 1, “all'atto
della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo
designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta
giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono
comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione,
anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi,
fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza
dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la
funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre
nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi
sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo,
procede con lo svolgimento …”.
Inoltre, il comma 2 della stessa disposizione prevede che “il
procedimento si svolge senza formalità ...”.
L’articolo 5, poi, prevede al comma 1-bis che, in alcune
materie ivi specificamente determinate, “l'esperimento del procedimento di
mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”, e al
comma 2 che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la
natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti,
può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso,
l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità
della domanda giudiziale anche in sede di appello”; precisa poi al comma 2-bis che
“quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di
procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se
il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”.
Infine, il comma 6 dispone che “dal momento della comunicazione alle
altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti
della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce
altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda
giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza,
decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria
dell'organismo”.
Pare da ultimo opportuno rammentare anche quanto disposto dall’articolo
16 del decreto ministeriale 18 ottobre 2010, n. 180 (“Regolamento recante la
determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro
degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione,
nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi
dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”), il quale
stabilisce, ai commi 1 e 2, che “l'indennità comprende le spese di avvio del
procedimento e le spese di mediazione. Per le spese di avvio, a valere
sull'indennità complessiva, è dovuto da ciascuna parte per lo svolgimento del
primo incontro un importo di euro 40,00 per le liti di valore fino a 250.000,00
euro e di euro 80,00 per quelle di valore superiore, oltre alle spese vive
documentate che è versato dall'istante al momento del deposito della domanda di
mediazione e dalla parte chiamata alla mediazione al momento della sua adesione
al procedimento. L'importo è dovuto anche in caso di mancato accordo”.
Tanto premesso, deve ribadirsi, come finora sempre sostenuto da questo
Dicastero, che l’obbligo di comunicazione in questione grava senz’altro, in via
principale, sull’organismo di mediazione, il cui responsabile, ricevuta la
domanda di mediazione, è tenuto – ai sensi del tenore letterale dell’articolo
8, comma 1, cit. – a designare il mediatore e fissare il primo incontro,
essendo così, almeno inizialmente, l’unico soggetto in possesso dei dati (in
particolare, il tempo, il luogo e le modalità dell’incontro) da comunicare alla
parte chiamata.
È sull’organismo che grava infatti la responsabilità del buon andamento
della procedura di mediazione o, quantomeno, dell’espletamento di un serio
tentativo affinché essa abbia esito positivo, risultati che presuppongono
entrambi che la parte chiamata sia portata a conoscenza della pendenza della
procedura e sia posta in condizioni di parteciparvi. Di tal ché l’an e
il quando dell’avvenuta comunicazione assumono importanza
dirimente sia per il soddisfacimento della condizione di procedibilità di cui
all’articolo 5, commi 1-bis, 2 e 2-bis, sia ai fini della
interruzione della prescrizione e dell’impedimento della decadenza ai sensi del
successivo comma 6.
Ritiene, tuttavia, questo ufficio, di dover rivedere, anche alla luce
della più recente giurisprudenza di merito (v. Trib. Roma 4 giugno 2019 n.
11790, Corte d’Appello di Genova 13 giugno 2018 n. 946, Trib. Savona 24
novembre 2017 n. 1387, Trib. Parma 22 maggio 2017 n. 726), la propria posizione
in ordine all’efficacia della eventuale comunicazione effettuata dalla parte
istante.
Se è vero, infatti, che è il responsabile dell’organismo il soggetto
gravato dell’obbligo di dare comunicazione alla parte chiamata, è vero anche
che l’interesse della parte istante a soddisfare la condizione di
procedibilità, interrompere la prescrizione ed evitare di incorrere in
decadenza non può rischiare di restare frustrato ove il responsabile rimanga
inerte, ritardando od omettendo di adempiere all’obbligo suddetto. In tal caso,
infatti, sarebbe irragionevole non consentire alla parte istante, avuta notizia
della fissazione del primo incontro, di darne comunicazione alla parte
chiamata, adoperandosi in proprio per la produzione degli effetti suddetti in
punto di procedibilità della domanda giudiziale, di prescrizione e di
decadenza, con la conseguenza dunque che la comunicazione de qua si
configura, a carico della parte istante, alla stregua di un onere (diversamente
dall’obbligo gravante sul responsabile dell’organismo).
In tale ottica, re melius perpensa, deve pertanto ritenersi
che l’eventuale comunicazione effettuata dalla parte istante sostituisca quella
in ipotesi omessa o ritardata dall’organismo.
Paiono deporre in tal senso la lettera dell’articolo 8, comma 1 (“la
domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte … anche a
cura della parte istante”), e il principio dell’assenza di formalismo
di cui all’articolo 8, comma 2, cit. che caratterizza in via generale la
procedura di mediazione e che risulta peculiarmente specificato con riferimento
proprio alle modalità della comunicazione (“con ogni mezzo idoneo ad
assicurarne la ricezione”), fermo restando che la modalità prescelta dovrà
comunque garantire certezza dell’an e del quando ai
fini sopra precisati, risultato peraltro vieppiù garantito dall’assistenza
obbligatoria dell’avvocato ora richiesta dal ridetto articolo 8, comma 1.
Di tal ché, qualora nessuna comunicazione venga effettuata – nemmeno
dalla parte istante, che pure non ha alcun obbligo in tal senso – la
responsabilità dell’inadempimento graverà interamente sull’organismo, il quale
non potrà invocare a sua giustificazione in nessun caso l’inerzia della parte
(nemmeno se appositamente delegata); tuttavia, qualora quest’ultima abbia, di
propria iniziativa o per richiesta dell’organismo, provveduto a effettuare la
comunicazione, tenuto conto del dato testuale delle norme e in ottica di tutela
sostanzialistica nel contesto di un procedimento deformalizzato, non è
revocabile in dubbio la regolarità e l’efficacia del suddetto atto ai fini
della instaurazione della procedura.
Non sembra invece di ostacolo alla ricostruzione ermeneutica qui
proposta l’articolo 16 del decreto ministeriale n. 180/2010, il quale
giustifica l’obbligo posto a carico delle parti di versare all’organismo le
spese di avvio del procedimento attraverso la locuzione “per lo svolgimento
del primo incontro”, il quale non può intendersi limitato al solo invio
della comunicazione in questione, ma ricomprende tutta l’ulteriore attività
prodromica alla comparizione delle parti: tanto è vero che tale obbligo di
pagamento sorge a carico della parte istante “al momento del deposito della
domanda di mediazione”, quindi anteriormente e a prescindere
dall’invio della comunicazione da parte dell’organismo.
Tanto chiarito, si invitano gli organismi di mediazione ad attenersi
d’ora innanzi ai principi suesposti, confidando nel comune impegno volto
all’implementazione dell’istituto della mediazione, al fine ultimo di garantire
il raggiungimento degli obiettivi di riduzione e tempestiva definizione dei
procedimenti giudiziari.
Roma, lì 9 settembre 2021
Il Direttore
generale
Giovanni Mimmo
=> Tribunale di Bergamo, 13 maggio 2021
La mediazione
obbligatoria non è prevista dalla legge per la causa revocatoria ordinaria ex
art. 2901 c.c., posto che tale azione non rientra nell’elencazione
prevista dall’art. 5, d.lgs. 28 del 2010 sulle condizioni
di procedibilità dell’azione civile (nella specie il giudice nota che oggetto della
presente causa infatti non è né un contratto bancario o finanziario, né un
contratto di fideiussione, perché l’azione ex art. 2901 c.c. ha quale
petitum la declaratoria di inefficacia di un atto dispositivo del patrimonio
- donazione nel caso di specie - e
quale causa petendi il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore; nell’azione
revocatoria ordinaria non è minimamente in discussione il contratto di
fideiussione, che ha invece costituito il presupposto per l’ottenimento del
decreto ingiuntivo, che costituisce il titolo esecutivo, da cui deriva il
credito dell’attore (I).
(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Nel merito della causa va preliminarmente confermata l’ordinanza del
03/08/2018 con cui sono state rigettate le eccezioni di improcedibilità della
domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria,
nonché l’istanza di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. Infatti come già
ivi osservato la mediazione obbligatoria non è prevista dalla legge per la
causa revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., posto che tale azione non
rientra nell’elencazione prevista dall’art. 5 della Legge n. 28 del 04/03/2010
sulle condizioni di procedibilità dell’azione civile.
Oggetto della presente causa infatti non è né un contratto bancario o
finanziario, né un contratto di fideiussione, perché l’azione ex art. 2901 c.c.
ha quale petitum la declaratoria di inefficacia di un atto dispositivo del
patrimonio (donazione nel caso di specie) e quale causa petendi il pregiudizio
arrecato alle ragioni del creditore. Nell’azione revocatoria ordinaria non è
minimamente in discussione il contratto di fideiussione, che ha invece
costituito il presupposto per l’ottenimento del decreto ingiuntivo, che
costituisce il titolo esecutivo, da cui deriva il credito dell’attore.
E’ perimenti infondata l’istanza di sospensione necessaria ex art. 295
c.p.c., in quanto anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è
idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore che abilita
all'esperimento dell'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 c.c., contro
l'atto di disposizione compiuto dal debitore, vale a dire che è sufficiente
l'esistenza di una ragione di credito, ancorché non accertata giudizialmente.
Ne consegue che il giudizio promosso con l'azione revocatoria non è
soggetto a sospensione necessaria a norma dell'art. 295 c.p.c. per il caso di pendenza
di controversia avente ad oggetto l'accertamento del credito per la cui
conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione
del giudizio sull'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile
antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo
d'altra parte da escludere l'eventualità di un conflitto di giudicati tra la
sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace
l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito (così
Cass. Civ. sez. U. ordinanza del 18/05/2004 n. 9440; Cass. Civ. sez. III del
10/03/2006 n. 5246; Cass. Civ. sez. III del 17/07/2009 n. 16722; Cass. Civ.
sez. VI – III del 26/01/2012 n. 1129; Cass. Civ. sez. III del 14/05/2013 n.
11573; Cass. Civ. sez. I del 12/07/2013 n. 17257; Cass. Civ. sez. III n. 2673
del 10/02/2016; Cass. Civ. sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3369 del 05/02/2019).
Passando a trattare la domanda di merito vanno innanzitutto richiamati
i principi in materia di revocatoria ordinaria applicabili al caso di specie.
L'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la
sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità. Pertanto,
prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore
principale, gli atti dispositivi del fideiussore (nella specie, la donazione
della nuda proprietà dell’immobile) successivi alla prestazione della
fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono
soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'art. 2901, n. 1, prima parte,
c.c., in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore
di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni).
L'acquisto della qualità di debitore da parte del fideiussore nei
confronti del creditore procedente risale al momento della nascita del credito,
sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l'atto
pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito (in tal senso
Cass. Civ. sez. VI – III Ordinanza del 09/10/2015 n 20376; Cass. Civ. sez. III
del 15/02/2011 n. 3676; Cass. Civ. sez. III del 29/01/2010 n. 2066; Cass. Civ.
sez. III del 09/04/2009 n. 8680).
“In tema di azione revocatoria ordinaria, allorché l'atto di disposizione
sia successivo al sorgere del credito, l'unica condizione per l'esercizio della
stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio per le ragioni del
creditore, e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse
consapevole il terzo. La prova di tale atteggiamento soggettivo ben può essere
fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al Giudice di
merito, ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato ed
immune da vizi logici e giuridici” (Cass. Civ. n. 27546 del 30/12/2014; nello
stesso senso Cass. Civ. n. 17327 del 17/08/2011; Cass. Civ. n. 15257 del
06/08/2004, Cass. Civ. n. 7452 del 05/06/2000; Cass. Civ. n. 6272 del
10/07/1997).
“In tema di azione revocatoria, la consapevolezza dell'evento dannoso
da parte del terzo contraente – prevista quale condizione dell'azione dall'art.
2901, comma 1°., n. 2, c.c. – consiste nella generica conoscenza del
pregiudizio che l'atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni
dei creditori, non essendo necessaria la collusione tra terzo e debitore;
d'altra parte, il requisito della scientia damni può essere provato per
presunzioni” (Cass. Civ. n. 1068 del 18/01/2007), dal soggetto che lo allega
(Cass. Civ. n. 24757 del 07/10/2008; Cass. Civ. n. 11577 del 09/05/2008; Cass.
Civ. n. 11916 del 21/09/2001); e rimangono invece irrilevanti tanto
l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del
creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo
(così Cass. Civ. sez. III del 30/06/2015 n. 13343).
In relazione all’eventus damni per esperire l’azione revocatoria non
occorre la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore,
ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il
soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione
quantitativa del patrimonio del debitore (per es. a seguito della dismissione
di beni), ma anche in una modificazione qualitativa di esso, per es. in caso di
conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili o in una prestazione
di facere infungibile, come la vendita di diritti reali su beni immobili, che
determina il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una
futura azione esecutiva (in tal senso Cass. Civ. Sez. III Ordinanza n. 19207
del 19/07/2018; Cass. Civ. Sez. III n. 1896 del 09/02/2012¸ Cass. Civ. sez. III
del 07/10/2008 n. 24757; Cass. Civ. sez. III del 15/02/2007 n. 3470; Cass. Civ.
sez. III del 17/01/2007 n. 966).
In tale ultimo caso incombe sul debitore, e non sul creditore, l'onere
probatorio di dimostrare che il proprio patrimonio residuo è sufficiente a
soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (così Cass. Civ. sez. II del
27/03/2007 n. 7507; Cass. Civ. Sez. III Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018).
Applicando i sopra esposti principi al caso oggetto della presente
decisione va osservato che X S.p.A. ha prodotto in giudizio il decreto
ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bergamo n. 6847/2014 del 10/11/2014,
dichiarato provvisoriamente esecutivo il 19/05/2016 nel corso del giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo (doc. n. 1 e n. 2 fascicolo attore). Detto
decreto ingiuntivo è stata confermato nel giudizio di primo grado con sentenza
del Tribunale di Bergamo n. 450/2017 del 22/02/2017 (doc. n. 3 fascicolo
attore). Inoltre nel giudizio di appello promosso da --- avverso la sentenza n.
450/2017, la Corte di Appello di Brescia, con provvedimento del 13/12/2017, ha
ritenuto prima facie non fondati i motivi di appello, respingendo l’istanza di
sospensione della provvisoria esecutività della sentenza appellata (doc. n. 13
fascicolo attore). Infine il giudizio di appello è stato definito con la
sentenza della Corte di Appello di Brescia n. 1192/2020 del 28/10/2020, che ha
respinto l’appello proposto dalla signora --- (pag. 9 comparsa conclusionale
attorea).
La documentazione prodotta è ampiamente sufficiente a ritenere idonea
la legittimazione del creditore a proporre l’azione revocatoria sulla base del
credito litigioso portato dal decreto ingiuntivo.
E per tale motivo sono irrilevanti nella presente causa tutte le
deduzioni di parti convenute, con cui vengono contestati il credito della
banca, la falsità della sottoscrizione della fideiussione rilasciata da --- e
la sua conseguente nullità: tali questioni potranno eventualmente essere
coltivate nella causa di impugnazione pendente avanti alla Corte di Appello di
Brescia.
Infatti “la ragione di credito costituisce titolo di legittimazione
dell’azione revocatoria, per cui non vi è da parte del Giudice di quest’ultima,
un accertamento sia pure incidentale del credito, ma un accertamento in via
principale in ordine alla non manifesta pretestuosità della ragione di credito
quale titolo di legittimazione dell’azione” (in motivazione Cass. Civ.
Ordinanza sez. III-VI n. 4212 del 19/02/2020).
Con riferimento al requisito dell’eventus damni va osservato che la
circostanza dell’avvenuta spoliazione, a titolo gratuito, della nuda proprietà
di un immobile (nello specifico un’abitazione civile e un’autorimessa - doc. 8
e 9 fascicolo attore) è operazione potenzialmente pregiudizievole alle ragioni
del creditore e segnatamente della banca attrice, in quanto ha ridotto l’entità
del patrimonio complessivo del debitore.
Il requisito dell’eventus damni presuppone, dal punto di vista
processuale, non tanto una valutazione sull’effettivo pregiudizio arrecato alle
ragioni del creditore istante, bensì la mera dimostrazione da parte di quest’ultimo
della pericolosità dell’atto impugnato, in termini di una possibile eventuale
infruttuosità della futura azione esecutiva.
A riguardo era preciso onere probatorio della convenuta --- indicare
gli eventuali ulteriori beni di sua proprietà, che potevano costituire la
garanzia patrimoniale a favore del credito della banca attrice, in luogo dei
beni immobili donati al figlio ---.
Ne consegue che detta operazione di vendita è revocabile a norma dell’art.
2901 c.c. Quanto alla scientia damni, va osservato che ---, cedendo gratuitamente
al figlio --- un immobile facente
parte del suo patrimonio, ha certamente avuto la consapevolezza di pregiudicare
le ragioni della U S.p.A., posto che con detto atto dispositivo ha fatto venire
meno la garanzia patrimoniale generica del creditore costituita, a norma dell’art.
2740 c.c., dall’intero patrimonio del debitore.
A riguardo non possono condividersi le considerazioni di parte
convenuta --- in ordine al fatto che essa non avesse mai inteso rendersi
garante della Società omissis
Immobiliare S.r.l. (sul presupposto della falsità della sottoscrizione della
fideiussione del 25/02/2010), cosicché essa non avrebbe affatto potuto agire
con l’intento di diminuire le proprie garanzie patrimoniali in favore di un
soggetto che, in realtà non sarebbe suo creditore.
Va infatti ricordato che, nonostante la contestazione di ---, la
validità della fideiussione del 25/02/2010 è già stata oggetto di accertamento
giudiziale nella sentenza del Tribunale di Bergamo n. 450/2017 del 22/02/2017 (doc.
n. 3 fascicolo attore), che ha confermato il decreto ingiuntivo opposto. Detta
sentenza, come sopra riportato, è stata anche confermata in sede di appello.
Può pertanto ragionevolmente ritenersi plausibile che la fideiussione
del 25/02/2010 sia stata effettivamente sottoscritta da ---, con tutte le
conseguenze del caso.
In conclusione la domanda attorea è meritevole di accoglimento.
A norma dell’art. 2655 c.c. la sentenza va annotata in margine alle
trascrizioni dell’atto revocato.
Quanto all’intervento volontario di omissis.
PQM
Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e
deduzione disattesa, in accoglimento della domanda di parte attrice, revoca e
quindi dichiara inefficace a norma dell’art. 2901 c.c. e seg. nei confronti di
U S.p.A. e del suo successore a titolo particolare omissis Finance s.r.l., l’atto pubblico di donazione omissis, con il quale --- ha donato al
figlio --- la nuda proprietà, riservandosi l’usufrutto generale e vitalizio,
delle unità immobiliari facenti parte del complesso immobiliare omissis; ordina omissis la trascrizione della presente sentenza a margine della
trascrizione dell’atto revocato omissis;
condanna parti convenute --- e ---, in solido fra loro, al pagamento a favore
di parte attrice U S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
delle spese e competenze di causa liquidate in complessivi € 17.000,00, oltre
15% per spese generali, IVA e CPA come per legge ed oltre € 1.686,00 per
rimborso spese documentate.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.
=> Tribunale di Busto Arsizio, 23 aprile 2021
L’art.5, comma 6, d.lgs. 28 del 2010 individua il momento interruttivo del
termine decadenziale in quello della comunicazione della domanda di
mediazione “alle altre parti”. La formulazione della norma induce, da un
lato, a respingere la tesi giurisprudenziale che attribuisce l’effetto
interruttivo al mero deposito della domanda di mediazione presso
l’Organismo competente e, dall’altro, a escludere che tale effetto consegua
alla comunicazione della “domanda e della data del primo incontro” trasmessa
dall’Organismo di Mediazione ex art.8, d.lgs. 28 del 2010. Sotto il primo angolo visuale, la giurisprudenza di
legittimità ha di recente precisato che “in tema di equa riparazione per la non
ragionevole durata del processo, l'istanza di mediazione che preceda la
relativa domanda interrompe, ai sensi dell'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28
del 2010, il decorso del termine semestrale di decadenza di cui all'art. 4
della l. n. 89 del 2001 dal momento della sua comunicazione alle altre parti
e non da quello del suo deposito” (Cassazione civile sez. II, 28/01/2019,
n. 2273). La massima ora evocata, pienamente aderente alla lettera della
disposizione, dev’essere qui ribadita, con la precisazione tuttavia che la
“comunicazione” cui allude l’art.
5, comma 6, è quella trasmessa dalla parte istante alle altre parti ed
avente ad oggetto la mera informazione circa l’avvenuto deposito dell’istanza.
Essa pertanto non coincide con la comunicazione di cui all’art.
8, comma 1, del medesimo decreto, che può esser trasmessa direttamente
dall’Organismo di mediazione oppure anche “a cura della parte istante”, e che
ha ad oggetto la domanda di mediazione e la data del primo incontro (I).
(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 44/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
1.1 Legittimazione, interesse ad agire e competenza.
Parte convenuta ha tempestivamente eccepito l’incompetenza del
Tribunale adito, spettante invece al Giudice di Pace in base al criterio del
valore. Assume parte attrice che l’importo della domanda dovrebbe determinarsi
avendo riguardo non già all’intero ammontare del riparto, bensì all’importo che
l’attore sarebbe tenuto a corrispondere in ragione della delibera impugnata,
nel caso di specie pari ad euro 793,85.
Parte attrice ha contestato la fondatezza dell’eccezione, rilevando
come l’impugnazione della delibera sia volta non solo a contestare il riparto,
ma anche ad impugnare la nomina dell’amministratore, da considerarsi materia di
valore indeterminabile e pertanto soggette alla cognizione del Tribunale.
Ad avviso di questo Giudice l’eccezione di incompetenza è infondata.
La giurisprudenza di legittimità, ribadendo un risalente orientamento
(Cass. 2646 del 1973), ha di recente ribadito la competenza residuale del
Tribunale ai sensi dell’art. 9 comma 2 c.p.c. nell’ipotesi in cui, fra i vizi
della delibera condominiale impugnata, alcuni siano insuscettibili di
valutazione economica, poiché il loro accoglimento non è di per sé idoneo a
risolversi in un diretto effetto incrementativo sul patrimonio dell’attore (in
questi termini, Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 15434 del 20/07/2020, Rv. 658730
- 01). In particolare l’assunto giurisprudenziale appena evocato concerne le
doglianze relative ai “vizi formali” della delibera (quale nel caso di specie
la mancata indicazione dei nominativi dei votanti e delle quote millesimali):
“in tema di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali,
posta la sussistenza dell'interesse ad agire anche quando la relativa azione
sia volta esclusivamente alla loro rimozione, ove il vizio abbia carattere
meramente formale e la delibera impugnata non abbia "ex se" alcuna
incidenza diretta sul patrimonio dell'attore, la domanda giudiziale appartiene
alla competenza residuale del tribunale, non avendo ad oggetto la lesione di un
interesse suscettibile di essere quantificato in una somma di denaro per il
danno ingiustamente subito ovvero per la maggior spesa indebitamente imposta”
(Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 15434 del 20/07/2020, cit.).
Tale massima giurisprudenziale, seppur riferita ad un motivo
d’impugnazione differente da quello relativo alla nomina dell’amministratore,
risulta pienamente applicabile anche al caso di specie, atteso che anche la
nomina dell’amministratore è inidonea a produrre effetti patrimoniali
quantificabili e diretti sul patrimonio dei condomini. La doglianza,
intrinsecamente indeterminabile, impedisce la quantificazione economica
dell’intera domanda, con conseguente applicazione della competenza residuale
del Tribunale ex art. 9 comma 2 c.p.c. Parte convenuta ha altresì eccepito la
carenza di legittimazione ed interesse ad agire in capo al convenuto, sia in
generale che con particolare riguardo alla contestata violazione dell’art. 1123
c.c. Anche tale eccezione risulta infondata. Parte attrice risulta interessata
all’annullamento della delibera impugnata, in ragione del vantaggio economico
che assume possa derivarne, e che si evicne dall’atto di citazione. Con
particolare riguardo alla doglianza relativa all’art. 1123 c.c., l’interesse
sussiste a prescindere dalla ripartizione delle spese, considerato che in
relazione a quel medesimo punto della delibera è contestata dall’attore non
solo l’erronea ripartizione della spesa, ma prima ancora la stessa approvazione
della spesa, che secondo la tesi attorea risulta illegittima per violazione
degli artt. 1129 e 1130 c.c. Sussiste inoltre il requisito della
legittimazione, da ravvisarsi sul piano delle asserzioni attoree. Nel caso di
specie l’attore risulta (per circostanza incontestata) condomino, e risulta
altresì dissenziente rispetto all’approvazione della delibera in parola, con
riguardo a tutti i punti che di essa sono stati contestati in questa sede.
Sussistono pertanto i presupposti per l’impugnazione ex art. 1337 c.c.
1.2 Decadenza.
Parte convenuta ha altresì tempestivamente eccepito la decadenza ex
art. 1137 comma 2 c.c., letto in combinato disposto con l’art. 5 comma 6 d.lgs.
28 del 2010, deducendo che la delibera impugnata sia stata adottata in data
21.6.2018, e che l’istanza di mediazione e l’avviso di fissazione del primo
incontro sia stato comunicato al Condominio in data 24.7.2018.
Parte attrice assume la tempestività della propria domanda, atteso che
il deposito dell’istanza di mediazione presso l’Organismo competente è avvenuto
in data 20.7.2018. Deduce altresì che la comunicazione dell’avvenuto deposito
dell’istanza di mediazione era stata comunque trasmessa dal difensore di parte
attrice al Condominio in data 20.7.2018, prima della successiva comunicazione
ufficiale avvenuta in data 24.7.2018.
Anche l’eccezione di decadenza, ad avviso dello Scrivente, è infondata.
L’art. 5 comma 6 d.lgs. 28 del 2010 individua il momento interruttivo
del termine decadenziale in quello della comunicazione della domanda di
mediazione “alle altre parti”.
La formulazione della norma induce, da un lato, a respingere la tesi
giurisprudenziale che attribuisce l’effetto interruttivo al mero deposito della
domanda di mediazione presso l’Organismo competente (vedasi Corte appello
Brescia sez. II, 30/07/2018, n.1337), e dall’altro a escludere che tale effetto
consegua alla comunicazione della “domanda e della data del primo incontro”
trasmessa dall’Organismo di Mediazione ex art. 8 d.lgs. 28 del 2010.
Sotto il primo angolo visuale, la giurisprudenza di legittimità ha di
recente precisato che “in tema di equa riparazione per la non ragionevole
durata del processo, l'istanza di mediazione che preceda la relativa domanda
interrompe, ai sensi dell'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28 del 2010, il
decorso del termine semestrale di decadenza di cui all'art. 4 della l. n. 89
del 2001 dal momento della sua comunicazione alle altre parti e non da quello
del suo deposito” (Cassazione civile sez. II, 28/01/2019, n.2273).
La massima ora evocata, pienamente aderente alla lettera della
disposizione, dev’essere qui ribadita, con la precisazione tuttavia che la
“comunicazione” cui allude l’art. 5 comma 6 è quella trasmessa dalla parte
istante alle altre parti ed avente ad oggetto la mera informazione circa
l’avvenuto deposito dell’istanza. Essa pertanto non coincide con la
comunicazione di cui all’art. 8 comma 1 del medesimo decreto, che può esser
trasmessa direttamente dall’Organismo di mediazione oppure anche “a cura della
parte istante”, e che ha ad oggetto la domanda di mediazione e la data del
primo incontro.
Tale soluzione interpretativa, recentemente accolta nella
giurisprudenza di merito (Corte appello Milano sez. III, 27/01/2020, n.253) si
impone alla luce di un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo, la lettera dell’art. 5 comma 6, nel sintagma “alle
altre parti”, induce a ritenere che la comunicazione idonea a produrre
l’effetto interruttivo debba provenire dalla parte istante, la quale risulta
pertanto gravata dell’onere di provvedervi.
In secondo luogo, alla luce della ratio della disposizione e del
diritto costituzionalmente tutelato di cui all’art. 24 Cost., non potrebbe
ammettersi che l’effetto interruttivo della decadenza sia rimesso – almeno in
parte – all’autonoma iniziativa di un soggetto terzo (ovvero l’Organismo di
mediazione) rispetto al titolare del diritto azionato. La comunicazione di cui
all’art. 8 è infatti successiva alla fissazione della data del primo incontro
da parte dell’Organismo.
Orbene, nel caso di specie è incontestato (ed in ogni caso emerge
documentalmente dal doc. 14 attoreo) che la comunicazione dell’avvenuto
deposito dell’istanza di mediazione sia stata trasmessa da parte attrice a
parte convenuta in data 20.7.2018, cioè nella stessa data del deposito
dell’istanza di mediazione. Tale comunicazione risulta tempestiva rispetto al
termine di cui all’art. 1337 comma 2 c.c., considerato che la delibera è stata
adottata (per circostanza pacifica ed incontestata) in data 21.6.2018.
2. Esame nel merito della domanda.
In assenza di ulteriori questioni ostative, la domanda può essere
esaminata nel merito omissis.
L’art. 1129 comma 10 c.c. prevede che l’incarico dell’amministratore,
di durata annuale, “si intende rinnovato per eguale durata”. La lettera della
disposizione depone nel senso di un rinnovo automatico, fondato sulla
presunzione (semplice) di assenso al rinnovo da parte dell’assemblea; tale
presunzione può essere vinta da una contraria manifestazione di volontà
contraria dei condomini, diretta a revocare l’incarico o a prevedere
espressamente nel regolamento condominiale la non rinnovabilità dello stesso.
Un’interpretazione della norma nel senso inverso – cioè nel senso di escludere
di regola il rinnovo, salvo che l’assemblea si determini espressamente nel
senso di disporlo – risulta in contrasto con il tenore della disposizione.
Nel caso di specie, non è dato rinvenire nel regolamento condominiale
(doc. 5 attoreo) alcuna espressione ostativa al rinnovo. L’art. 25, in linea
con la previsione normativa, prevede infatti la durata annuale dell’incarico,
ma non disciplina il suo rinnovo, né nel senso di riconoscerlo, né nel senso di
escluderlo.
Pertanto la previsione di un rinnovo automatico nella delibera
assembleare è in linea con il disposto normativo di cui all’art. 1129 comma 10
c.c., del quale recepisce il contenuto, e non contrasta con il regolamento condominiale.
2.2 Spese relative al consumo di acqua potabile.
L’attore contesta che, sia nel consuntivo 2017-2018 che nel preventivo
2018-19 (punti 1 e 4 dell’o.d.g.), le spese dell’acqua potabile gli siano state
addebitate in base a 2 quote, in violazione dell’art. 14 del Regolamento
Condominiale. Osserva l’attore che l’addebito doveva avvenire in base ad 1
quota, considerato che ( a partire dal 2001) egli abita da solo nel proprio
appartamento.
Il Condominio eccepisce l’infondatezza di tale asserzione, alla luce
della prassi condominiale consolidata di far gravare sui condomini proprietari
di terrazzo (come l’attore) una quota aggiuntiva nel riparto spese di acqua
potabile, a prescindere dal numero dei componenti del nucleo familiare.
Ad avviso di questo Giudice, anche tale doglianza attorea è priva di
fondamento.
Da.’art. 14 del regolamento condominiale (doc. 5 attoreo) si ricava che
“salvo usi particolari la spesa per il consumo dell’acqua potabile (…) sarà
ripartita fra i condomini in base ai componenti della famiglia”. E’ altresì
incontestato che l’appartamento attoreo sia munito di terrazzo.
E’ incontestato che l’attore, almeno a partire dal 2001, costituisca da
solo nucleo familiare a sé stante.
Tuttavia, dalla documentazione prodotta dal convenuto, si evince
l’esistenza di una prassi condominiale, che prevede l’addebito a Ul. e a taluni
altri condomini di una componente di spesa aggiuntiva nel riparto delle spese
dell’acqua potabile. Emerge altresì che al consolidamento di tale prassi abbia
contribuito anche lo stesso attore, approvando in sede di riunione assembleare
i consuntivi che disponevano tale ripartizione delle spese.
Dal consuntivo approvato nel 2004 (doc. 4 pag. 14) si evince
l’attribuzione a carico di omissis di
una quota aggiuntiva (pertanto di complessive 2 quote). Analogamente è a dirsi
per il consuntivo approvato nel 2008, con particolare riguardo al doc. 5 pag.
17, e per il consuntivo approvato nel 2014, con riferimento al doc. 6 pag. 15.
Tali consuntivi – come emerge dai verbali di assemblea inseriti nei
documenti ora citati – risultano approvati (anche) dall’attore, il quale in
ogni caso non risulta aver formulato in sede di assemblea alcuna osservazione
in merito al riparto delle spese dell’acqua potabile.
Pertanto deve concludersi che la previsione di un carico aggiuntivo di
spesa costituisca una consolidata prassi condominiale, e può ragionevolmente
concludersi che tale prassi sia giustificata dalla circostanza (non contestata)
che l’appartamento attoreo sia dotato di terrazzo.
Tale prassi si presenta conforme al disposto del regolamento condominiale,
che all’art. 14 fa per l’appunto salvi gli “usi particolari”.
2.3 Spese di manutenzione della porta del vano pattumiere e di
fornitura e posa della guaina bituminosa del garage. Preventivo omissis.
2.4 Compensi extra dell’amministratore.
Parte attrice lamenta che la fattura n. 206-17, inerente alla voce
“creazione registro anagrafico”, sia stata ingiustamente conteggiata nel
consuntivo 2017-18 (punto 1 dell’ordine del giorno), trattandosi di attività
non contemplata nel prospetto di compenso contenuto nell’offerta trasmessa
dall’amministratore al Condominio, con conseguente violazione degli artt. 1129
e 1130 c.c.. Contesta inoltre che tale spesa sia stata erroneamente ripartita
su tutti i condomini in parti uguali, in violazione dell’art. 1123 c.c.
Contesta l’attore inoltre che le fattura n. 132-17 e n. 16-18 sia stata
erroneamente conteggiata nel consuntivo fra le spese generali, contenendo
oltretutto un importo eccessivo ed inadeguato.
Il Condominio eccepisce l’attinenza di tali questioni al merito delle
decisioni assembleari, come tale insindacabile; rileva in ogni caso come tale
spese siano giustificate, e che essa siano state adeguatamente vagliate
dall’assemblea.
Ad avviso di questo Giudice, la doglianza attorea è infondata con
riguardo alle fatture n. 132-17 e n. 16-18. Essa è invece fondata con
riferimento alla fattura n. 206-17.
Per quanto attiene alle fatture n. 132 del 2017 e n. 16 del 2018, sia
l’opportunità di includere una data spesa fra le “spese generali”, che la
valutazione di congruità della spesa, afferiscono al merito della decisione
assembleare, e pertanto si sottraggono al sindacato di questo Giudice. La
giurisprudenza ha sul punto più volte precisato che “il sindacato dell'autorità
giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla
valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea
esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al
riscontro della legittimità” (così Cass. n. 454 del 2017).
Aderendo a tale assunto di fondo, la giurisprudenza di merito ha anche
di recente concluso che “esulano dall'ambito del sindacato giudiziale sulle
deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta
operata dall'assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese
relative alle cose e ai servizi comuni” (Tribunale Roma sez. V, 12/05/2020,
n.7106).
Con riguardo invece alla fattura n. 206-17, deve anzitutto evidenziarsi
come la delibera assembleare impugnata contenga, seppur per relationem, un
espresso e specifico elenco delle attività demandate all’amministratore. La
delibera impugnata (doc. 2 attoreo, pag. 2), individua infatti i compensi
dell’amministratore “come da offerta del 10.1.2014”. Quest’ultima (doc. 11
attoreo) prevede l’indicazione analitica di tutte le attività demandate
all’amministratore, suddivise fra attività remunerate dal compenso “ordinario”
ed attività extra di carattere “straordinario”. Nell’ambito delle attività di
carattere ordinario, il doc. 11 prevede “le prestazioni di legge di cui
all’art. 1130 c.c.”.
Orbene, tale ultima disposizione, al comma 1 n. 6), prevede appunto fra
le prestazioni rimesse all’amministratore la tenuta del registro di “anagrafe
condominiale”.
Pertanto, non può ravvisarsi violazione dell’art. 1129 comma 14 c.c.,
considerato che sia il compenso nel suo insieme, quanto la specifica
prestazione attinente alla cura dell’anagrafe condominiale risultano
individuati - o in ogni caso inequivocamente evincibili – nella delibera
assembleare e nell’offerta da essa richiamata.
Deve ritenersi sussistente, invece, la violazione dell’art. 1130 c.c.
Tale disposizione, come si è detto, annovera fra le attività istituzionali
dell’amministratore quella di tenuta dell’anagrafe condominiale. In accordo con
la giurisprudenza di legittimità, deve interpretarsi tale disposizione nel
senso che “l'attività dell'amministratore, connessa ed indispensabile allo
svolgimento dei suoi compiti istituzionali deve ritenersi compresa, quanto al
suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento
dell'incarico per tutta l'attività amministrativa di durata annuale e non deve,
pertanto, essere retribuita a parte. Peraltro, non opera, ai fini del
riconoscimento di un compenso suppletivo, in mancanza di una specifica delibera
condominiale, la presunta onerosità del mandato allorché (…) è stabilito un
compenso forfettari a favore dell'amministratore” (Cassazione civile sez. II,
30/09/2013, n.22313; ma v. anche Trib. Milano, 25 gennaio 2018, n. 828).
Orbene, come si evince dalla fattura contestata (doc. 10 attoreo) la
“creazione del registro anagrafico”, strettamente attinente (anzi, del tutto
coincidente) con l’attività istituzionale di tenuta dell’anagrafe condominiale,
è stata tuttavia fatturata come voce separata e aggiuntiva rispetto al
“compenso ordinario”. Nel consuntivo (doc. 1 attoreo) essa è liquidata
separatamente (a pag. 10, sotto la voce di spesa “creazione registro
anagrafico”) rispetto al compenso ordinario per l’amministratore (liquidato a
pag. 3 con la voce “Mariani Basilico s.r.l. compenso ordinario”).
Pertanto la delibera impugnata dev’essere annullata in relazione alla
parte in cui approva nel rendiconto consuntivo 2017-18 la spesa relativa alla
“creazione del registro anagrafico” per l’importo di euro 1189,50.
Si considera assorbita l’ulteriore doglianza attorea, relativa alla
medesima parte della delibera, e riguardante la ripartizione della predetta
spesa in relazione all’art. 1123 c.c. 3. Spese di lite.
Le spese sono decise a mente degli artt. 91 e ss. c.p.c. attualmente vigente, successiva alla novella del 2014: in forza di tali disposizioni, la parte che all’esito della decisione è soccombente deve rifondere le spese della parte vittoriosa, salva solo la soccombenza reciproca, la novità della questione trattata, il revirement della giurisprudenza su questioni decisive ovvero, come sancito dalla sentenza C. Cost. n. 77/2018, altre gravi ed eccezionali ragioni da esplicitarsi in motivazione. La disciplina delle spese si basa sul principio di causalità, in virtù del quale chi ha promosso un processo perso, o ha costretto altri a promuovere un processo per affermare il suo buon diritto, ne deve sopportare le conseguenze economiche, a prescindere dall’elemento soggettivo della colpa del soccombente o da profili sanzionatori: il principio di causalità risponde ad una funzione indennitaria o ripristinatoria, nel senso che la parte vittoriosa deve essere tenuta indenne delle spese sostenute per l’accertamento del suo buon diritto (o per l’accertamento dell’inesistenza del diritto altrui), pena la vanificazione del diritto di azione e di difesa in giudizio, di cui all’art. 24 Cost. (Cass. civ., sez. 3, 15.07.2008, n. 19456; conf.: Cass. civ, sez. 3, 20.02.2014, n. 4074) omissis.
PQM
Il Giudice, definitivamente pronunciando per quanto di ragione, ogni
diversa domanda, istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così decide:
accoglie parzialmente la domanda omissis
volta all’annullamento della delibera dell’assemblea condominiale omissis; per l’effetto, annulla la
delibera dell’assemblea condominiale omissis,
limitatamente alla parte in cui, in relazione al punto 1) dell’ordine del
giorno, approva nel rendiconto consuntivo 2017-18 la spesa relativa alla
“creazione del registro anagrafico” per l’importo di euro 1189,50; rigetta
tutti gli altri motivi di impugnazione avanzati da omissis; letti gli artt. 91 e ss cpc e il d.m. 10.03.2014 n. 55,
condanna CONDOMINIO TIGLI A a pagare a favore di UL. JE. CL. a titolo di
refusione di 1/5 delle spese del processo, la somma di: € 1356,60 per compenso;
€ 545,00 per rimborso spese vive ex actis; il 15% del compenso per rimborso
forfetario spese generali, oltre CPA ed IVA, se e come dovuti per legge;
compensati fra le parti i restanti 4/5 delle spese per compenso professionale.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.