Omissis
Con il settimo motivo di appello,
l'appellante ha lamentato che il Giudice aveva sbagliato nel ritenere
ingiustificata la sua partecipazione al procedimento di mediazione, con
conseguente condanna dello stesso al pagamento della sanzione di cui all'art.
8, co. 5, DLgs 28/10.
Infatti, la mancata partecipazione si
giustificava, come anticipato da lettera inviata al mediatore, sia in
considerazione del fatto che ogni questione era già stata risolta con la
sentenza 208/08, sia per l'inutilità della procedura conciliativa alla luce
delle pretese temerarie della sig.ra omissis
nei confronti dell'appellante.
I motivi indicati a supporto dell'assenza
della parte al procedimento di mediazione sono inconsistenti.
Va premesso che, secondo la Cassazione (si
vedano le ord. 2030/18 e 2031/18), tali sanzioni sono impugnabili con
l'appello, non essendo applicabile la previsione di cui all'art. 179 c.p.c. Nel
merito, il ricorso è infondato.
Infatti, ritenere che la parte, che sostenga
di avere dalla sua tutte le ragioni del mondo o che non abbia alcuna intenzione
di fare concessioni alla controparte, possa astenersi dal partecipare alla
mediazione, significherebbe tradire lo spirito della riforma.
La funzione della mediazione è proprio quella
di comporre la lite, riattivando il dialogo tra le parti e inducendole ad una
reciproca comprensione delle rispettive opinioni, proprio quando ciascuna di
queste è convinta della bontà delle proprie ragioni. Lo scopo della mediazione
obbligatoria è evitare il ricorso al Giudice, innanzi al quale verranno in
rilievo le argomentazioni in ordine alla fondatezza delle rispettive pretese.
In sostanza, il fatto che il diritto reale di
servitù fosse contestato non impediva la transazione; anzi, ne costituiva
l'indefettibile presupposto.
Oltre tutto, nel caso di specie, la
valutazione compiuta da omissis di
manifesta infondatezza delle ragioni della controparte è stata clamorosamente
smentita dall'esito del giudizio.
Analogamente, irrilevante è la prognosi di
impossibilità di una conciliazione, in quanto l'introduzione di tale istituto è
stata determinata dalla necessità di consentire alle parti di trovare un
accordo amichevole, proprio laddove questo non sia raggiungibile con i soli
mezzi di cui i contendenti ed i loro procuratori dispongono.
In sostanza, nello spirito della norma che
disciplina lo svolgimento del procedimento di mediazione (art. 8), la
partecipazione delle parti, sia al primo incontro che agli incontri successivi,
rappresenta una condotta assolutamente doverosa, che le stesse non possono
omettere, se non in presenza di un giustificato motivo impeditivo che abbia i
caratteri della assolutezza e della non temporaneità.
Con l'ultimo motivo, l'appellante ha
contestato la sua condanna alle spese di lite.
Infatti, all'udienza del 25 febbraio del
2015, omissis aveva offerto la
costituzione della servitù sul suo fondo secondo il percorso indicato poi nella
ctu geom. omissis a condizione che omissis
si assumesse i costi di realizzazione e le spese legali e tecniche.
Tale proposta non era stata accettata dalla
controparte.
Inoltre, mentre a suo carico non era
addebitabile alcuna scorrettezza processuale, era evidente l'inconsistenza
delle pretese della ricorrente.
Per queste ragioni, era omissis che doveva essere condannata a rifondere le spese di lite a
suo favore.
Anche in questo caso, l'appellato ha chiesto
di rigettare l'appello, richiamandosi alle motivazioni del provvedimento di
primo grado.
Il Giudice ha dato atto, nel motivare la
propria decisione sulle spese, che, sin ab origine, omissis aveva contestato la sussistenza del requisito
dell'interclusione; tale contestazione, come visto, è continuata,
immotivatamente, in appello; la sua condanna alle spese è conseguenziale,
quindi, alla sua soccombenza sul punto ai sensi dell'art. 91 c.p.c.
Irrilevante, poi, è la circostanza che l'appellata abbia rifiutato una proposta
transattiva; l'art. 91 c.p.c. dà rilievo a tale condotta, ai fini della disciplina
delle spese, solo quando la domanda sia accolta in sentenza in misura non
superiore al contenuto della proposta rifiutata. Nel caso di specie, invece,
parte appellata, accettando la proposta dell'appellante, avrebbe dovuto
rinunciare alle spese di lite, poste a suo carico nell'accordo transattivo,
soluzione, questa, difforme da quella adottata nel provvedimento impugnato.
Ne discende, quindi, che la norma sopra
richiamata non è applicabile al caso di specie.
Si devono esaminare gli appelli proposti da omissis.
omissis ha interesse ad impugnare l'ordinanza in
esame solo in punto spese e condanna ex art. 8, D.lgs. 28/10.
Quanto alla sanzione ex art. 8, stante
l'identità di ragioni richieste per la riforma del relativo capo con i motivi
indicati da omissis, si richiama
quanto già detto sopra.
Per quanto riguarda, invece, la compensazione
delle spese di lite, il Giudice di primo grado ha contestato la condotta
preprocessuale di omissis,
evidenziandone la scorrettezza per non aver comunicato da subito, sin dalla
mediazione cui non aveva partecipato, che il terreno non era più di sua
proprietà. Inoltre, nulla era stato comunicato neppure nel periodo antecedente
l'instaurazione della causa.
Parte appellata ha evidenziato la legittimità
della propria pretesa, ad una valutazione ex ante, dal momento che la ctu del geom. omissis aveva evidenziato che la costituzione di una servitù
avrebbe dovuto coinvolgere il terreno che all'epoca sembrava appartenere a omissis.
Inoltre, lo stesso omissis non si era limitato a negare la propria legittimazione, ma
aveva speso difese nel merito in relazione alla insussistenza dei requisiti per
la costituzione coattiva della servitù.
Il ragionamento seguito dal Tribunale per
compensare le spese di lite è condivisibile.
omissis avrebbe potuto agevolmente evitare la sua
partecipazione al presente giudizio partecipando alla mediazione e lì rendere
edotta la controparte dell'intervenuta cessione.
Non avendo tenuto tale comportamento doveroso
con una condotta che ha effetti processuali, come si evince dall'art. 8 del
Dlgs 28/10, ha dato causa alle sue spese di lite; a questo, deve aggiungersi
che omissis ha proposto una domanda
ex art. 96 c.p.c. sulla quale è risultato soccombente ed ha interloquito nel
merito dell'esistenza del diritto alla costituzione della servitù, mentre la
parte appellata ha da subito rinunciato ad ogni domanda nei suoi confronti (si
veda verbale del 10 giugno 2013).
Tali circostanze giustificano la
compensazione delle spese di lite.
Non è stato evidenziato in cosa consisterebbe
il danno subito ex art. 96 c.p.c., ragion per cui la relativa domanda deve
essere respinta.
Anche omissis
ha impugnato la sentenza, in relazione alla decisione del Tribunale di
compensare le spese di lite.
Parte appellante ha contestato la statuizione
sul punto, sia per la temerarietà della pretesa di parte appellata, che avrebbe
voluto che la servitù passasse sul fondo di sua proprietà mapp. omissis quando era evidente ictu oculi
che questo era inadeguato, sia perché non aveva applicato correttamente il
principio della soccombenza.
Il Tribunale ha motivato la compensazione
delle spese di lite sulla base della considerazione che la omissis aveva instaurato il presente giudizio sulla base della ctu disposta nel corso del giudizio di
divisione, che aveva riconosciuto l'interclusione dei suoi fondi ed
identificato il percorso per la costituzione della servitù di passo facendo
riferimento anche al terreno di proprietà del omissis.
Secondo il Tribunale, solo nel corso di nuove
indagini tecniche disposte nel corso del giudizio, era emersa la possibilità di
un diverso e più adeguato passaggio.
L'argomentazione è coerente con la normativa
sulle spese di lite.
La possibilità di realizzare il percorso
indicato dal geom. omissis è una
novità fattuale emersa solo nel corso del giudizio e conoscibile solo per il
tramite di nozioni tecniche, non nella disponibilità della parte (tant'è che si
è reso necessaria una ctu che è
arrivata a conclusioni diverse da quelle fatte da altro esperto del Tribunale).
Tale circostanza giustifica la compensazione
delle spese di lite.
La giurisprudenza infatti, afferma che “Ai
sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009
("ratione temporis" applicabile), la compensazione delle spese legali
può essere dispo sta, in difetto di soccombenza reciproca, per "gravi ed
eccezionali ragioni", tra le quali, trattandosi di nozione elastica,
rientra la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso omissis. Considerato, peraltro, che sono
state esaminate questioni comuni, la liquidazione dei compensi si è attenuta ai
minimi di valore indeterminabile complessità bassa, esclusa la fase istruttoria
dell'appello.
Le parti appellanti sono, poi, tenute al
versamento del doppio del contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, co. 1
quater, dpr 115/02.
PQM
Respinge gli appelli proposti e per l'effetto
conferma la ordinanza ex art. 702 bis c.p.c del Tribunale di Massa omissis; condanna omissis a rifondere a omissis
le spese di lite, spese di lite che liquida, per ciascun soccombente, in euro
3.308,00 oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto che
sussistono i presupposti per il pagamento da parte degli appellanti, di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, dpr 115/02.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.