=> Cassazione civile, 26 gennaio 2018, n. 2030
Il fatto che l’ordinanza di condanna alla pena pecuniaria di cui all'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 in tema di mancata partecipazione alla mediazione, sia non impugnabile è smentito
dal tenore della norma, che non fa menzione di tale connotazione del
provvedimento di condanna e, ancor più, a contrario, dalla mancata conversione
in legge del D.L. n. 212 del 2011, secondo cui la sanzione andava comminata
"con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di
comparazione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'art. 5,
comma 1". Una volta riconosciuto che l'ordinanza
in questione è impugnabile, va affermato che essa lo debba essere attraverso l'appello della sentenza che definisce il
giudizio che è seguito al procedimento di mediazione: sentenza che deve contenere anche la comminatoria della pena pecuniaria
di cui all'art. 8, comma 4 bis in esame. Non può di contro essere condivisa
la tesi per cui, richiamando l'art. 179 c.p.c., comma 2, contro l'esercizio del
potere sanzionatorio in questione potrebbe proporsi ricorso straordinario per
cassazione a norma dell'art. 111 Cost., comma 7 (I).
La mancata conversione in legge del D.L. n. 212 del
2011, secondo cui la sanzione andava comminata "con ordinanza non
impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparazione delle
parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'art. 5, comma 1",
costituisce elemento per poter affermare che il provvedimento sanzionatorio di cui all'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 costituisca capo accessorio della sentenza. Ove il provvedimento venga poi adottato non già con sentenza, in esito al
giudizio, ma con ordinanza, nel corso della trattazione di questo, il mancato rispetto dei tempi e delle forme
del processo, che imporrebbe al
giudice di emettere la sanzione allorquando definisce il giudizio, non può
costituire argomento per affermare che l'irrogazione della pena pecuniaria sia
in questo caso inappellabile, dal momento che il contenuto del provvedimento è,
nelle due ipotesi, il medesimo. Se è impugnabile
con l'appello il capo della sentenza che ha ad oggetto il versamento del
contributo, sarà allo stesso modo impugnabile il provvedimento che,
impropriamente, nella forma dell'ordinanza, disponga nel medesimo senso nel
corso del giudizio (I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 52/2018
Cassazione civile
Sezione VI
Ordinanza
26 gennaio 2018, n. 2030
Omissis
Fatti di causa
E' impugnato per cassazione il provvedimento con cui il Tribunale di
Chieti, sezione distaccata di Ortona, in applicazione del D.Lgs. n. 28 del
2010, art. 8, comma 4 bis constatato che la Banca --- aveva mancato di
partecipare al procedimento di mediazione introdotto prima dell'instaurazione
del giudizio civile, ha condannato la stessa al versamento all'entrata del
bilancio dello Stato, dell'importo di Euro 759,00, corrispondente al contributo
unificato dovuto per il giudizio.
Il ricorso è fondato su due motivi.
Non vi sono controricorrenti.
Ragioni della decisione
Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n.
28 del 2010, art. 8, comma 4 bis nella parte in cui il Tribunale ha condannato
la banca al versamento all'entrata del bilancio dello Stato della somma
corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, nonostante la
ricorrente stessa avesse evidenziato un giustificato motivo circa il proprio
rifiuto a presenziare. Osserva, in proposito, l'istante che la ragione della
propria mancata comparizione era stata comunicata formalmente all'organismo di
mediazione e che la giustificazione addotta dava conto di un impedimento avente
i caratteri dell'assolutezza e della non temporaneità.
Il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza per violazione o
falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, comma 4 bis nonchè per
violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del principio di integrità
del contraddittorio (art. 101 c.p.c.). L'istante si duole del fatto che il
Tribunale abbia pronunciato la condanna con provvedimento non definitivo, nel
corso dell'udienza del 15 dicembre 2016, senza attendere la decisione del
merito della causa.
Il ricorso è inammissibile.
La disposizione di cui ha fatto applicazione il giudice di prime cure è
il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, comma 4 bis comma che è stato aggiunto dal
D.L. n. 69 del 2013, art. 84, comma 1, lett. i) convertito con modificazioni in
L. n. 98 del 2013. Dispone la norma testé richiamata: "Dalla mancata
partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il
giudice puoi desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi
dell'art. 116 c.p.c., comma 2. Il giudice condanna la parte costituita che, nei
casi previsti dall'art. 5, non ha partecipato al procedimento senza
giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una
somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il
giudizio". Dunque, e per quanto qui interessa, il cit. art. 8, comma 4 bis
accorda al giudice uno speciale potere sanzionatorio, a fronte della diserzione
dell'incontro programmato avanti all'organismo di mediazione da parte dei
contendenti che si siano costituiti in giudizio. Si tratta di un potere
officioso che deve essere esercitato obbligatoriamente - l'espressione
"condanna" non lascia spazio a dubbi in proposito - in presenza della
condizione legittimante individuata dalla norma: e cioè della mancata
partecipazione al procedimento senza giustificato motivo.
Assume la banca ricorrente che contro l'esercizio di tale potere
sanzionatorio essa potrebbe proporre ricorso straordinario per cassazione a
norma dell'art. 111 Cost., comma 7. Lo sostiene osservando come l'ordinanza
pronunciata dal giudice è stata emessa alla presenza del proprio procuratore:
il che renderebbe applicabile l'art. 179 c.p.c., comma 2, secondo cui l'ordinanza
pronunciata in udienza in presenza dell'interessato non è impugnabile, ma pur
sempre ricorribile per cassazione, incidendo con efficacia di giudicato su
diritti soggettivi.
Tale tesi non può essere condivisa.
L'art. 179 c.p.c. fa riferimento alle condanne a pene pecuniarie
previste nel codice di rito: si tratta delle sanzioni comminate dal giudice
nell'esercizio di un potere latamente disciplinare (il quale, secondo risalente
ma autorevole dottrina, avrebbe un suo fondamento testuale nei poteri di polizia
di cui all'art. 128 c.p.c., comma 2 e di direzione del procedimento, previsti
dall'art. 175 c.p.c., comma 1) e di cui costituiscono espressione, a livello
esemplificativo, le pene pecuniarie prescritte per la mancata esecuzione
dell'incarico da parte del custode (art. 67 c.p.c., comma 1) o il rifiuto del
terzo di consentire all'ispezione (art. 118 c.p.c., comma 3). Di contro, nella
fattispecie si fa questione di una sanzione che è prevista da una legge
speciale, che non ha nulla a che vedere col richiamato potere disciplinare e
che colpisce condotte di inerzia anteriori all'instaurazione del processo ed
esterne ad esso.
Che l'ordinanza di condanna alla pena pecuniaria di cui all'art. 8,
comma 4 bis sia non impugnabile è, del resto, smentito dal tenore della norma,
che non fa menzione di tale connotazione del provvedimento di condanna e, ancor
più, a contrario, dalla mancata conversione in legge del D.L. n. 212 del 2011,
secondo cui la sanzione andava comminata "con ordinanza non impugnabile
pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparazione delle parti, ovvero
all'udienza successiva di cui all'art. 5, comma 1".
Una volta riconosciuto che l'ordinanza in questione è impugnabile, va
affermato che essa lo debba essere attraverso l'appello della sentenza che
definisce il giudizio che è seguito al procedimento di mediazione: sentenza che
deve contenere anche la comminatoria della pena pecuniaria di cui all'art. 8,
comma 4 bis in esame. Va detto, in proposito, che la mancata conversione del
cit. D.L. n. 212 del 2011 costituisce elemento per poter pure affermare che il
provvedimento sanzionatorio costituisca capo accessorio della sentenza, come
affermato da più parti in dottrina e come ritenuto in alcune delle poche
pronunce di merito edite intervenute sull'argomento. Del resto,
significativamente, la disciplina normativa non individua per la statuizione di
cui trattasi uno speciale mezzo di reclamo.
Ove - come nella fattispecie è avvenuto - il provvedimento venga poi
adottato non già con sentenza, in esito al giudizio, ma con ordinanza, nel
corso della trattazione di questo, le conclusioni non muteranno. Il mancato
rispetto dei tempi e delle forme del processo, che imporrebbe al giudice di
emettere la sanzione allorquando definisce il giudizio, non può costituire
argomento per affermare che l'irrogazione della pena pecuniaria sia in questo
caso inappellabile, dal momento che il contenuto del provvedimento è, nelle due
ipotesi, il medesimo. Se è impugnabile con l'appello il capo della sentenza che
ha ad oggetto il versamento del contributo, sarà allo stesso modo impugnabile
il provvedimento che, impropriamente, nella forma dell'ordinanza, disponga nel
medesimo senso nel corso del giudizio.
Il ricorso è quindi inammissibile.
Nulla deve statuirsi in punto di spese.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228,
art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità. I collegamenti
ipertestuali nel corpo della pronuncia sono a cura della Redazione
dell’Osservatorio.