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26 ottobre 2020

42/20. Mediazione c.d. obbligatoria: è precluso al giudice d'appello rilevare l'improcedibilità della domanda (Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2020)

=> Tribunale di Latina, 19 giugno 2020 

L'improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione nelle controversie comprese in quelle materie per le quali è prevista come obbligatoria dalla legge deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, se il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice d'appello rilevare l'improcedibilità della domanda.

(I) In tal senso si veda Corte di Cassazione 13 dicembre 2019, n. 32797 (Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2020).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2020 
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Latina 
Sentenza 
19 giugno 2020 

Omissis

Va poi osservato che ai sensi dell'art 5 del D.lgs. n. 28/2010 l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

In tal senso va osservato che l'improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione nelle controversie comprese in quelle materie per le quali è prevista come obbligatoria dalla legge deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, se il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice d'appello rilevare l'improcedibilità della domanda (Cass, civ. 32797/2019).

La richiamata disposizione va tuttavia coordinata con l'ulteriore previsione secondo cui l'obbligatorietà della mediazione nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo sorge solo dopo la concessione dei provvedimenti di cui all'art. 648/649 c.p.c. (art 5 comma 4 lett. a).

Ne consegue che, nella fattispecie, essendo stato concesso il termine per introdurre la mediazione con ordinanza fuori udienza del 12.09.2017, la prima e unica difesa utile nella quale tempestivamente eccepire l'improcedibilità della domanda per omesso era quella del 19.04.2018, nella quale come rilevato parte opposta dava atto dell'esito negativo della mediazione.

Ne consegue, in ogni caso, la tardività della relativa eccezione.

Sempre in via preliminare omissis.

Nella fattispecie, la titolarità sostanziale del diritto controverso permane (circostanza incontestata) in capo alla Unicredit titolare del credito e orignaria parte contrattuale; la procura in questione ed il relativo mandato con rappresentanza ha difatti ad oggetto unicamente ad oggetto “ la gestione, anche stragiudiziale dei propri crediti anomali e delle proprie cause passive connesse a posizioni per cui sussistono tali crediti anomali”; ne consegue che un' eventuale declaratoria di nullità della suddetta procura si riverbera sulla legittimazione della parte ad agire in giudizio, stante la natura sostanziale e processuale del potere rappresentativo concesso; ne consegue dunque la rilevabilità della questione d' ufficio in ogni stato e grado.

Sul punto va osservato che in una recentissima sentenza della Suprema Corte, relativa a fattispecie del tutto sovrapponibile a quella oggetto d' esame, in quanto avente ad oggetto la medesima procura allegata in questa sede o comunque del tutto identica (all. 13 fascicolo monitorio), è stato affermato che “E'nulla, per indeterminatezza dell'oggetto, la procura con la quale una banca conferisce ad una società il potere di gestione anche stragiudiziale dei propri crediti, definiti semplicemente come "crediti anomali", poiché tale espressione non consente di individuare i rapporti oggetto dell'impegno negoziale, senza che possa utilmente richiamarsi la definizione di "crediti anomali" formulata dalla Banca d'Italia nelle proprie circolari, atteso che si tratta di disposizioni rivolte unicamente agli istituti di credito, quale espressione del suo potere di vigilanza, senza alcun riflesso sul piano negoziale (Cass. civ. 0rd. 28803/2019).

In particolare, osservano i giudici della Suprema Corte che “il lemma «crediti in default» - inteso come nozione in cui «rientrano Ab sofferenze, gli incagli, i crediti ristrutturati e i crediti scaduti o sconfinanti» - non risulta di per sé in grado di dare sufficienti gradi di determinatezza al negozio di procura in questione (d'altronde, una cosa è vigilare sull'organizzazione delle imprese, un'altra disciplinare gli atti negoziali, con tutte le diversità di metodo e di funzione normativa che ne conseguono, ben al di là dei differenti contesti lessicali dei relativi settori)”.

Ne consegue che applicando il suddetto principio alla fattispecie in esame, in ragione della declaratoria di nullità della procura rilasciata dalla omissis spa alla omissis spa (ora omissis spa) la citata mandataria ha agito in assenza del relativo potere rappresentativo con conseguente difetto della legittimazione ad agire sin dalla fase monitoria.

In merito ad una possibile sanatoria del citato difetto di procura va osservato che in tema di difetto di rappresentanza processuale, mentre, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., il giudice che rilevi d'ufficio tale difetto deve promuovere la sanatoria, assegnando alla parte un termine di carattere perentorio, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale, nel diverso caso in cui detto vizio sia stato tempestivamente eccepito da una parte, l'opportuna documentazione va prodotta immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto o, comunque, assegnato dal giudice, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire (in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto che la nullità della procura alle liti, fosse divenuta insanabile poiché, nonostante il convenuto avesse sollevato la relativa questione, l'attore non aveva spontaneamente depositato la necessaria documentazione nel prosieguo del processo di merito, essendosi egli limitato a discutere di altri diversi profili giuridici (Cass. civ. n. 24212/2018). Ne consegue che in difetto di sanatoria del suddetto vizio della procura il decreto ingiuntivo deve essere revocato.

L' accoglimento della preliminare eccezione di carenza di legittimazione attiva comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Spese di lite come di norma seguiranno la soccombenza e sono a carico di parte opposta, liquidate come da dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede: in accoglimento dell' opposizione revoca il decreto ingiuntivo opposto; condanna l'opposta al pagamento delle spese processuali in favore di parte opponente, liquidate in € 3000,00 per competenze € 100,00 per esboirsi documentati oltre accessori di legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

19 ottobre 2020

41/20. Immotivata mancata partecipazione alla mediazione: abuso del processo e condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3 (Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2020)

=> Tribunale di Massa, 15 giugno 2020 

Attesa l'immotivata mancata partecipazione dei convenuti al procedimento di mediazione, in vicenda che per rilevanza, contenuti e conflittualità personale tendenzialmente emulativa (si vedano le querele, i referti e le stesse modalità narrative e argomentazioni spese nei rispettivi atti) ben poteva essere risolta senza abuso del processo, appare opportuno condannare i convenuti ex art 96 comma III c.p.c.

(I) Si veda l’art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2020
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Massa 
Sentenza 
15 giugno 2020

Omissis

Le domande avanzate da parte attrice risultano per buona parte infondate e possono essere accolte solo nei limitatissimi termini che seguono.

Non vi è dubbio che tutte le parti del processo, sino alla data del provvedimento presidenziale emesso nella separazione fra omissis, costituissero un nucleo familiare convivente, sorto con il mutuo consenso delle parti e in virtù del rapporto di affinità che lega il omissis ai parenti della coniuge omissis.

Nell'ambito di tale nucleo familiare, da intendersi tale alla luce di quanto disposto dagli artt. 78 e 433 c.c. e dei più recenti orientamenti in tema di famiglia, unito da un vincolo affettivo e di coabitazione, pare applicabile con difficoltà il mero paradigma del comodato precario nei confronti degli affini del coniuge, anche alla luce della lettura della giurisprudenza di legittimità, che fa prevalere le esigenze di durata e certezza sottese alla esistenza stessa di un nucleo legato da rapporti affettivi e da esigenze primarie che devono ritenersi prevalenti sulle esigenze del proprietario dell'immobile: il vincolo di destinazione alle esigenze familiari, impresso dalle parti, è del tutto incompatibile con un godimento caratterizzato da incertezza, tipico della fattispecie del comodato precario; ne consegue che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento di cui al contratto, salvo un urgente ed imprevisto bisogno (Cass. Civ., 2 ottobre 2012, n. 16769; Cass. Civ., 7 agosto 2012, n. 14177).

Va peraltro sottolineato che, anche ove si volesse ricondurre l'ipotesi alla fattispecie del mero comodato, lo stesso risulterebbe, per facta concludentia, pacificamente stipulato per il soddisfacimento di esigenze abitative e deve quindi esser ricondotto all'ipotesi di cui all'art. 1809 c.c., in forza del quale il contratto avrà durata parametrata al permanere delle esigenze abitative per il cui soddisfacimento è stato stipulato (Cass. civ. Sez.Un. 29 settembre 2014 n. 20448): in tale ipotesi il comodante potrà ottenere restituzione anticipata solo ove alleghi il sopravvenire di una esigenza imprevista, grave ed urgente.

Il discrimine temporale circa la cessazione delle esigenze abitative, per l'intero nucleo, non può che ravvisarsi nel provvedimento presidenziale del 6 giugno 2019, che autorizza i coniugi a vivere separati, anche se nulla dispone in ordine alla casa coniugale (in assenza di prole affidata o di altre esigenze specifiche delineate dalle parti), dovendosi comunque ritenere che la sospensione del vincolo coniugale sia fatto idoneo ad interrompere anche le esigenze abitative del nucleo "allargato", che in quel vincolo - e nelle connesse solidarietà - aveva trovato ragione.

La raccomandata del 15.1.2019, con cui il omissis intimava alla suocera e al figlio della omissis di lasciare l'immobile, non indica invece alcuno dei presupposti che, alla luce della giurisprudenza testé richiamata, legittimano la risoluzione del vincolo contrattuale in anticipo rispetto alla cessazione delle esigenze abitative.

Dal momento della emanazione dei provvedimenti provvisori resi in sede di separazione, pertanto, sorge il diritto del omissis a vedersi restituito il bene da parte della coniuge omissis e dei di lei parenti, mentre tutti costoro risultano (dato incontestato) aver lasciato l'immobile del omissis in data 1 settembre 2019.

Va ancora rilevato che le parti, in tal modo, e sempre per facta concludentia, hanno dato luogo a risoluzione del vincolo, sì che alla data di deposito del ricorso, nel novembre 2019, non vi era ravvisabile in capo al ricorrente alcun concreto interesse ad agire per far accertare tout court l'intervenuta risoluzione del vincolo, evento che - di fatto - si era già concretizzato e risultando, invece, infondata, la pretesa di veder retrodatare l'intervenuta risoluzione, per i motivi anzidetti.

Quanto alla domanda di pagamento di indennità per occupazione senza titolo e di risarcimento del danno, che per quanto sin qui rilevato, atterrebbe semmai ai soli mesi di giugno, luglio e agosto 2019, va rilevato che parte attrice non ha affatto assolto agli oneri probatori che alla stessa incombevano, né in ordine all'an né relativamente al quantum, anche se il primo aspetto risulta in sé dirimente: il danno da indebita occupazione non può affatto riconoscersi in maniera automatica sulla sola scorta della (co)dentenzione del bene:" "...il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l'evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un'effettiva lesione del proprio patrimonio, per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l'occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli" (Cass 13071/2018).

Parte attrice non solo non ha offerto tale prova, ma neanche ha dedotto le relative circostanze, di talché non ha assolto all'onere probatorio che alla stessa incombeva, mancanza che va rilevata - peraltro - anche sotto il profilo del quantum, posto che il ricorrente indica un importo di euro cinquecento mensili, riferendosi ad una somma che la omissis versava quale contributo al mantenimento, anche alimentare, del nucleo familiare e non certo quale corrispettivo per il godimento del bene.

Le domande in punto di danno dovranno pertanto essere integralmente respinte, non potendo il Giudice ricorrere a principi di equità ove sia onere della parte fornire specifica prova (Cass. 22638/2016).

Sotto tale profilo risultano del tutto ininfluenti le (poco commendevoli) contestazioni reciproche circa la molteplicità di dispetti e soprusi che le parti si sarebbero inflitti, dalla data del deposito del ricorso per separazione, e che hanno chiesto di provare con inammissibili deduzioni (per le ragioni indicate nell'ordinanza 10.2.2020, da intendersi ribadite), poiché l'unico dato rilevante - ed incontestato - è che costoro abbiano tutti fruito del bene sino al 1 settembre 2019 (né avendo alcuno dimostrato che lo stesso fosse parziariamente e separatamente fruibile per avere più ingressi o servizi igienici o cucine).

Gli altri dati rilevanti, e sostanzialmente non contestati, risultano che l'importo di 500 euro non sia più stato versato dalla omissis quale contributo alle spese di casa e al mantenimento, che il contatore elettrico servisse anche l'immobile della sorella del omissis, che il omissis si facesse intero carico delle spese della linea telefonica fissa di cui fruiva anche il omissis, che dal gennaio 2019 le due fazioni omissis provvedessero in via autonoma al proprio sostentamento alimentare (non valendo a smentire tali assunti, ex art 115 c.c., la genericissima contestazione effettuata dall'attore alla prima udienza, arg. da Cass. 16162/2019).

Ne deriva omissis. Tale importo potrà essere imputato alla omissis e al omissis per i sei mesi dal febbraio 2019 al settembre 2019, mentre alla Pe., dovendosi intendere paritario l'apporto dei coniugi sino alla sospensione del vincolo coniugale, potrà essere imputato per i soli mesi di giugno, luglio e agosto 2019.

Le spese del giudizio, attesa la parziale reciproca soccombenza, vengono compensate per tre quarti e, per il restante quarto, poste a carico delle parti convenute; tenuto conto delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate sono liquidate in misura prossima ai minimi di scaglione di cui al D.M. 55/2014 e succ. mod., avuto riguardo allo scaglione di valore relativo al decisum (1.100-5200, rito lavoro)

Attesa l'immotivata mancata partecipazione dei convenuti al procedimento di mediazione, in vicenda che per rilevanza, contenuti e conflittualità personale tendenzialmente emulativa (si vedano le querele, i referti omissis e le stesse modalità narrative e argomentazioni spese nei rispettivi atti) ben poteva essere risolta senza abuso del processo, appare opportuno condannare i convenuti ex art 96 comma III c.p.c. al pagamento dell'importo omissis in via solidale fra loro, in favore dell'attore.

PQM

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe, dichiarato risolto il contratto di comodato relativo all'immobile di proprietà dell'attore in data 6.6.2019, condanna i convenuti omissis al pagamento in favore dell'attore dell'importo di euro 440 (60 euro mensili, per sette mesi e 10 giorni) ciascuno a titolo di contributo utenze e spese per il godimento dell'immobile di parte attrice dal mese di gennaio 2019 ad agosto 2019 e la convenuta omissis, per le stesse ragioni, al pagamento dell'importo di omissis (60 euro mensili, per due mesi e 24 giorni) relativamente ai mesi di giugno, luglio e agosto 2019, oltre interessi ex lege da ogni scadenza mensile al saldo; respinge ogni altra domanda delle parti; condanna le parti convenute a rifondere a parte attrice le spese di lite che liquida in omissis. Condanna i convenuti, in via solidale fra loro, a pagare a parte attrice l'importo di euro 1.500ex art 96 comma III c.p.c, nonché a versare all'Erario l'importo omissis. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

11 ottobre 2020

40/20. La banca vuole partecipare alla mediazione senza l'assistenza del legale: assenza ingiustificata da sanzionare (Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2020)

=> Tribunale di Milano, 28 aprile 2020 n. 2629

In tema di mediazione c.d. obbligatoria, nel caso in cui la parte (nella specie una banca) abbia chiesto di partecipare senza l'assistenza di un legale, va affermato che trattasi di circostanza non consentita dall'art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010 e che non può quindi costituire un giustificato motivo. L’assenza ingiustificata della parte, pertanto, comporta la condanna al pagamento a favore dell'Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per la causa, a norma dell'art. 8, comma 4- bis, d.lgs. 28/2010 (I).

(I) Si vedano l’art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2020

 Tribunale di Milano
Sentenza n. 2629
28 aprile 2020

Omissis

Oggetto di causa sono due conti correnti bancari omissis. In relazione a tali rapporti parte attrice ha lamentato addebiti ingiustificati per interessi, commissioni, spese e valute ed ha chiesto il ricalcolo del saldo e anche la condanna alla restituzione dell'indebito con riferimento al solo conto chiuso omissis.

Le spese, anche quelle esenti, seguono la soccombenza e si liquidano secondo i parametri medi del d.m. 55/2014, sulla base della differenza dei saldi accertati dal ctu La condotta della banca ha dato luogo alla necessità della ctu contabile, di modo che essa ne sopporta il costo. Le spese della ctu grafologica, invece, atteso l'esito, restano in via definitiva a carico di parte attrice.

La difesa della banca non è connotata da colpa grave, né ha abusato del processo: non ricorrono quindi le condizioni per la condanna ex art. 96 c.p.c. invocata da parte attrice.

La condanna qui pronunciata nei confronti della banca ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro: difetta pertanto il presupposto richiesto dall'art. 614-bis c.p.c. per la pronuncia di un provvedimento di coercizione indiretta, come richiesto da parte attrice.

La banca non ha partecipato all'incontro di mediazione (v. verbale, doc. 6 att.) e non ha dato prova di aver giustificato la mancata adesione.

Risulta dal verbale che la banca aveva chiesto di partecipare senza l'assistenza di un legale, circostanza però non consentita dall'art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010 e che non può quindi costituire un giustificato motivo.

La sua assenza ingiustificata comporta la condanna al pagamento a favore dell'Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per la causa, a norma dell'art. 8, comma 4- bis, d.lgs. 28/2010.

PQM

Il Tribunale di Milano in composizione monocratica VI sezione civile definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: condanna parte convenuta a pagare in favore di parte attrice la somma di euro 4.892,09 oltre interessi legali dal 6/12/2006; accerta e dichiara che il saldo al 31/12/2016 del c/c omissis è pari ad euro 16.027,29 a credito del correntista; condanna parte convenuta a rimborsare in favore di parte attrice le spese di giudizio, che liquida in € 4.835,00 per compensi ed € 264,00 per spese esenti, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA sugli importi imponibili; pone le spese della ctu contabile in via definitiva a carico di parte convenuta; pone le spese della ctu grafologica in via definitiva a carico di parte attrice; condanna parte convenuta al pagamento in favore dell'Erario della somma di euro 237,00. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

7 ottobre 2020

39/20. È onere del locatore proporre il procedimento di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2020)

=> Tribunale di Roma, 7 maggio 2020

Con il D.Lgs.4 marzo 2010, n. 28 è stata sancita l'obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione tra le parti per chi intende rivolgersi al giudice in caso di controversie sorte in tutta una serie di materie: le cause in materia di locazione rientrano tra quelle in cui l'esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Va al riguardo confermata la giurisprudenza che evidenzia come sia onere del locatore/attore proporre procedimento di mediazione. È infatti la procedibilità della domanda di parte attrice che viene dalla legge subordinata al previo esperimento della procedura obbligatoria di mediazione. In altri termini è la legge stessa a determinare il soggetto "onerato" alla proposizione della procedura di mediazione (I).

(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2020
(http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.it

Tribunale di Roma
Sentenza 
7 maggio 2020

Omissis

omissis concedeva in locazione per uso abitativo al omissis l'immobile omissis, ad un canone annuo omissis.

Nel detto contratto di locazione gli oneri condominiali venivano posti contrattualmente a carico del conduttore come per legge; detti oneri da imputare al omissis ammontano ad omissis.

Pertanto la omissis, richiesto infruttuosamente il pagamento di tali oneri al conduttore, dopo essere sollecitata ella stessa al pagamento dalla gestione condominiale, con atto di intimazione di sfratto per morosità conveniva all'udienza del omissis il Sig. omissis il quale si costituiva in giudizio contestando tutto quanto ex adverso dedotto e chiedendo rigettarsi la domanda di convalida di sfratto dell'immobile. All'esito dell'udienza, stante l'opposizione del convenuto, il Giudice disponeva il mutamento del rito, rinviando il procedimento all'udienza del 27.6.2019 con concessione i termini perentori per il deposito di memorie in cancelleria ai sensi dell'art. 426 c.p.c.

Nello specifico, prudenzialmente, non si dava accoglimento alla richiesta formulata da parte attrice dell'emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio dell'immobile in quanto, come rilevato da parte convenuta nella propria comparsa di risposta e ribadito nelle note ex art. 426 c.p.c. il Tribunale Civile di Roma - sez. VI Giudice dott.ssa Salvadori - nel giudizio RGN 76630/2016, aveva già emesso ordinanza di convalida di sfratto per morosità tra le medesime parti del presente giudizio e relativamente al medesimo immobile.

Tuttavia avverso tale provvedimento l'odierno intimato aveva nelle more proposto azione - sempre dinanzi al Tribunale civile di Roma sezione VI - volta ad ottenere la revocazione della domanda di convalida e tale procedimento risultava ancora pendente nelle more del presente giudizio.

Successivamente il Giudice, con provvedimento del 27 giugno 2019, inviava le parti presso gli organismi preposti all'instaurazione del procedimento di mediazione, invitandole, in caso di esito negativo, a depositare copia del verbale negativo della mediazione stessa.

Parte attrice non proponeva alcun procedimento di mediazione ed all'udienza del 04 dicembre 2019 chiedeva che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere in ragione del fatto che, a seguito del restringimento dell'azione revocatoria proposta, era divenuta definitivamente efficace l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità.

Nella medesima udienza parte convenuta, rilevato il mancato esperimento del tentativo di mediazione come disposto dal giudice con ordinanza del 27.06.2020, chiedeva che venisse dichiarata l'improcedibilità del giudizio con condanna della parte attrice alle spese di lite, in ordine alla quale effettuava dichiarazione di antistatarietà.

Di contro parte attrice chiedeva che, in caso di accoglimento della domanda di parte convenuta, il giudice dichiarasse la compensazione delle spese di lite.

Con provvedimento del 20/04/2020 il Tribunale confermava la data fissata per la discussione al 07 maggio 2020 e, dichiarata l'urgenza del procedimento, disponeva che la discussione finale tra le parti avvenisse, in ragione delle attuali previsioni normative causate dell'emergenza Covid 19, mediante scambio di note da depositarsi cinque giorni prima della data fissata per l'udienza.

La causa, sufficientemente istruita, viene decisa all'odierna udienza.

Con il D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 è stata sancita l'obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione tra le parti per chi intende rivolgersi al giudice in caso di controversie sorte in tutta una serie di materie: le cause in materia di locazione rientrano tra quelle in cui l'esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La giurisprudenza di questo Tribunale e nello specifico quella della VI sezione, evidenzia come sia onere del locatore/attore proporre procedimento di mediazione. È infatti la procedibilità della domanda di parte attrice che viene dalla legge subordinata al previo esperimento della procedura obbligatoria di mediazione. In altri termini è la legge stessa a determinare il soggetto "onerato" alla proposizione della procedura di mediazione.

In tal senso si è recentemente pronunciato il Tribunale di Roma sez. VI Giudice dott.ssa Caiffa, ove si legge "È dirimente rilevare l'improcedibilità della domanda d'intimazione di sfratto per morosità svolta dalla parte attrice per omesso esperimento della procedura di media-conciliazione ex D.Lgs. n. 28 del 2010, vertendosi di controversia soggetta a tale obbligatoria condizione di procedibilità (art. 5 comma 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010), il cui mancato avveramento è preclusivo dell'esame del merito della lite"; prosegue statuendo che "il Tribunale ritiene che in un procedimento di sfratto per morosità, ove il Giudice abbia disposto il mutamento del rito conseguente all'opposizione presentata dal conduttore e invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, spetta al locatore-intimante l'onere di introdurre la mediazione, a pena di improcedibilità delle domande avanzate in sede di intimazione di sfratto (v. Tribunale Busto Arsizio, 20 Marzo 2018). Con la sentenza che dichiara l'improcedibilità il Giudice, poi, è tenuto a regolare le spese di lite e, facendo applicazione del principio della soccombenza, si dovrà condannare l'attore che ha promosso l'azione di risoluzione del contratto" (sentenza n. 11506/2019 Tribunale civile di Roma).

PQM

Il Tribunale di Roma, dichiara l'improcedibilità della causa n.r.g. 71947/18 stante il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione di cui all'art. 5, commi 1 bis e 4, D.lgl, 28/2010, come disposto con ordinanza del 27.06.2020; condanna omissis al pagamento in favore di omissis delle spese di giudizio, liquidate in complessivi omissis.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

4 ottobre 2020

38/20. MEDIA Magazine n. 8-9-10 del 2020 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2020)

MEDIA Magazine

Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139

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N. 8-9-10/20  Ottobre 2020


Numero dedicato alle Sezioni Unite 2020 sull’onere della mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo. 


GIURISPRUDENZA

Sezioni Unite, opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere della mediazione grava sul creditore opposto (Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2020) => Corte di Cassazione, sezioni unite, 18 settembre 2020, n. 19596


COMMENTI E APPROFONDIMENTI

SPINA, Le Sezioni Unite su mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: prime osservazioni tra prevedibilità delle decisioni e overruling (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2020)

Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo: tutte le soluzioni adottatedalla giurisprudenza fino alle Sezioni Unite 2020 (Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2020)

 

SEGNALAZIONI da Diritto Avanzato (link diretti al sito dell’editore)

DIRITTO DI FAMIGLIA

Adriana SCAMARCIO, COMPENDIO DI DIRITTO DI FAMIGLIA. Matrimonio, separazione e divorzio, Diritto Avanzato, Milano, 2020

ESAME AVVOCATO

Intervista a P. GILLI: Tecniche di redazione atti e pareri (evento gratuito)

L. VIOLA, CASI DI DIRITTO CIVILE E PENALE con soluzioni dimostrate (Esame avvocato 2020), Diritto Avanzato, Milano, 2020

 

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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2020  (http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.it