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27 gennaio 2020

6/20. DM 23.12.2019 sull’istituzione del Tavolo Tecnico In tema di procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale: TESTO + SCHEMA + CALL FOR PAPER (Osservatorio Mediazione Civile n. 6/2020)


Con Decreto del Ministero della Giustizia del 23.12.2019 è stato istituito il Tavolo Tecnico sulle procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale.

Il testo del DM, con lo schema esplicativo di SPINA e la CALL FOR PAPER in collaborazione col Centro Studi Diritto Avanzato è consultabile gratuitamente <<qui>>.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 6/2020

21 gennaio 2020

5/20. Primo incontro, parere negativo degli avvocati sulla possibilità di iniziare la mediazione: improcedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2020)


=> Tribunale di Modena, 30 ottobre 2019

Nel suo significato testuale l’art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010 appare sufficientemente trasparente nell’imporre la dualità di parti ed avvocati. Ciò anche alla luce di quanto prescritto in ordine all’attività del mediatore di chiarire alle parti funzione e modalità di svolgimento della mediazione, nell’ottica di imporre una partecipazione attiva da parte delle stesse parti personalmente. D’altronde, il significato stesso dell’istituto risulterebbe compromesso se alla mediazione dovessero partecipare unicamente gli avvocati (I).


La sentenza Tribunale di Modena, 30 ottobre 2019 è scaricabile gratuitamente <<qui>>.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2020

17 gennaio 2020

4/20. Il difetto di genericità o asimmetria della domanda di mediazione rispetto alla domanda giudiziale deve riferirsi al contenuto dell'istanza, non a quello del verbale di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2020)

=> Tribunale di Milano, 16 settembre 2019, n. 8252

Posto che l'art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010 stabilisce che l'istanza di mediazione deve indicare “l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa”, va affermato che l’esplicitazione di tali “ragioni – che costituisce dunque requisito di validità della procedura di mediazione – deve avvenire nell'istanza e non nel verbale (che si limita a dare atto dell’esito della stessa). Pertanto, ai fini della valutazione dell’eccepita improcedibilità della domanda in caso di mediazione c.d. obbligatoria, non può fondarsi il difetto di genericità o asimmetria della domanda di mediazione proposta dall'attore su di una censura del verbale di mediazione, dovendo piuttosto riferirsi al contenuto dell'istanza (nella specie il giudice non condivide la tesi della banca convenuta che aveva eccepito l'improcedibilità delle domande attoree per il mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 4 cit., sostenendo la mancanza di simmetria tra l'oggetto della controversia indicato nel verbale di mediazione e quello oggetto del giudizio, stante l'assoluta genericità della dicitura "contratti bancari" indicata nel verbale quale "oggetto della controversia") (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2020

Tribunale di Milano
Sentenza n. 8252
16 settembre 2019

Omissis

La domanda di parte attrice è da ritenersi fondata nei limiti di seguito esposti.
Banca omissis eccepisce in via preliminare l'improcedibilità delle domande attoree per il mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 4 D. Lgs. n. 28/2010 nella domanda di mediazione.
La stessa sostiene invero la mancanza di simmetria tra l'oggetto della controversia indicato nel verbale di mediazione versato in atti (doc. 7 fasc. attore) e quello oggetto del giudizio, stante l'assoluta genericità della dicitura "contratti bancari" indicata nel verbale quale "oggetto della controversia".
La tesi non può essere condivisa.
L'art. 4 comma 2° del D. Lgs. 28/2010, disposizione invocata dalla convenuta a sostegno della propria argomentazione, stabilisce che "L'istanza [di mediazione] deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". L'esplicitazione di tali ragioni, che costituisce dunque requisito di validità della procedura di mediazione, deve quindi avvenire nell'istanza e non nel verbale che si limita a dare atto dell'esito della stessa.
Non può dunque considerarsi generica o asimmetrica la domanda di mediazione proposta dall'attore non potendo tale difetto fondarsi, come vorrebbe l'Istituto, su di una censura del verbale di mediazione, dovendo piuttosto riferirsi al contenuto dell'istanza.
In ogni caso quest'ultima, che risulta versata in atti (doc. 10 fasc. attore), si appalesa specifica e circostanziata laddove contiene l'indicazione di tutte le contestazioni di parte attrice compresa l'indicazione del quantum della pretesa, elementi che sono del tutto simmetrici al petitum del presente giudizio.
L'eccezione di parte convenuta è pertanto infondata e va respinta.
Parimenti infondata appare l'eccezione di prescrizione dell'azione di ripetizione di indebito mossa dalla Banca convenuta relativamente agli importi di cui al c/c antecedenti al 15.7.2005, data anteriore di dieci anni il primo atto idoneo ad interrompere il decorso del termine di prescrizione costituito dalla lettera di diffida trasmessa dal procuratore di parte attrice alla Banca (doc. 2 fasc. attrice).
In proposito va ricordato che il conto corrente è un rapporto unitario sebbene trovi esecuzione frazionata in una molteplicità di operazioni sicché il termine prescrizionale per la ripetizione di indebiti decorre dalla chiusura (Cass. sez. un. n. 24418/ 2010).
Nel caso di specie il conto corrente n. 19221 è stato estinto nel mese di dicembre 2007 (è del 24.12.2007 la data della missiva con cui C.C. ha richiesto l'estinzione del conto - doc. 3 fasc. attore) e non può dunque ritenersi maturata la prescrizione decennale essendo stata notificata la citazione in data 20 aprile 2016.
Peraltro diversa disciplina devono avere i versamenti solutori perché effettuati su conto scoperto per assenza o superamento del fido. In tal caso, invero, tale versamento non si limita a ripristinare la provvista, ma estingue un debito esigibile del correntista, assumendo quindi la natura di autonomo pagamento, per cui limitatamente a questo genere di operazioni la prescrizione decorre dalla data di esecuzione e quindi opera l'eccepita prescrizione decennale (ancora Cass. sez. un. n. 24418/ 2010).
Sul punto l'accertamento peritale svolto in corso di causa ha evidenziato che " omissis ". Quanto invece al periodo intercorrente tra il 28 febbraio 2003 ed il 15 luglio 2005 il saldo del conto n. omissis è rimasto costantemente a debito del cliente, ne consegue che stante l'esistenza di un c.d. "fido di fatto" le rimesse afferenti a tale lasso di tempo debbano considerarsi ripristinatorie e dunque ripetibili.  Invero, pur in assenza di specifica pattuizione scritta sul punto, come osservato anche dal c.t.u., si può verosimilmente ritenere che il conto corrente di cui è causa fosse implicitamente affidato. "Questa ipotesi è supportata dalla considerazione secondo la quale non risulta plausibile che una banca consenta stabilmente scoperture sul conto corrente acceso a nome del cliente in misura non irrilevante [...] in assenza di un affidamento accordato dalla funzione organizzativa competente" (pag. 11 ctu). La prova del fido può infatti essere fornita anche per il tramite di prove indirette dalle quali emerga in modo univoco tale evidenza non essendo, diversamente da quanto sostenuto dalla convenuta, la forma scritta obbligatoria per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti, quale quelli di c/c, la cui redazione è prevista per iscritto.
Relativamente ai contratti di apertura di credito invero l'art. 6 delle Norme Uniformi Bancarie (NUB) per il contratto di c/c ne contiene la disciplina essenziale.  Come noto, l'art. 10 della Delibera CICR 4.3.2003, in attuazione dell'art. 117 comma 2 TUB, ha autorizzato la Banca d'Italia ad individuare forme diverse per operazioni e servizi effettuati sulla base di contratti redatti per iscritto e le Istruzioni di vigilanza, al Titolo X, cap. 1, sezione III.2, hanno sancito la non obbligatorietà della forma scritta per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto, fra i quali rientrano le operazioni regolate in conto corrente, quali sono appunto le aperture di credito.  A partire dal 29.7.2009 le medesime disposizioni sono state inserite nel provvedimento di Banca d'Italia rubricato "Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari" dove alla sezione III, par. 2, è espressamente previsto che "La forma scritta non è obbligatoria per: a) le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti redatti per iscritto". Non sussiste, quindi, alcun obbligo di forma scritta per i contratti di affidamento potendo l'esistenza degli stessi essere dimostrata anche mediante prove indirette.  Da ciò deriva che la doglianza della Banca in punto di prescrizione è solo parzialmente fondata e che le rimesse eseguite dalla correntista per il periodo tra il 28 febbraio 2003 ed il 15 luglio 2005 sono da considerare tutte ripristinatorie e dunque ripetibili. omissis
Pertanto correttamente il Consulente tecnico d'ufficio ha epurato il conto corrente degli interessi attivi e passivi unilateralmente scelti e applicati dalla Banca e li ha sostituiti con i tassi legali pro tempore vigenti.
Per ciò che attiene alla capitalizzazione degli interessi parte attrice sostiene in primo luogo che mancherebbe la relativa pattuizione di cui all'art. 2 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000 e che, in ogni caso, le clausole in punto di anatocismo di cui al conto corrente n. 19221 sarebbero state stipulate in violazione dell'art. 1283 c.c..
La tesi non merita di essere condivisa.
Va in primo luogo chiarito che, quanto all'asserita violazione dell'art. 1283 c.c., la disposizione menzionata si occupava di disciplinare, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, le clausole anatocistiche stipulate anteriormente alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 attuativa del d.lgs. 342/1999 le quali sono da considerarsi nulle proprio perché in violazione dell'art. 1283 c.c. in quanto basate su un uso negoziale e non su un uso normativo, mancando di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella convinzione di tenere un comportamento giuridicamente obbligatorio, perché conforme ad una norma già esistente nell'ordinamento (Cass. sez. un. 21095/2004).
Tuttavia con l'entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000, che ha consentito esplicitamente la capitalizzazione periodica degli interessi a condizione di reciprocità delle condizioni contrattuali tra le parti, non vi è motivo di ritenere la prassi anatocistica illegittima per contrasto con l'art. 1283 c.c. purché venga fornita la prova che la Banca ha correttamente adempiuto, ex art. 7 comma 2 della citata delibera, al dovere di fornire "opportuna notizia per iscritto alla clientela" della nuova modalità di regolazione dei rapporti di dare e avere relativi al conto corrente.
Nel caso di specie dalle evidenze documentali risultano chiaramente sia la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'adeguamento dell'Istituto alla delibera CICR del 9 febbraio 2000, sia la comunicazione al correntista avvenuta mediante l'estratto conto del 30.6.2000, adeguamento che non risulta peraltro essere mai stato oggetto di contestazione da parte del cliente.
Ne consegue che, delle quattro ipotesi di ricalcolo fornite dal consulente tecnico d'ufficio (ipotesi n. 1 in assenza di fido di fatto, ipotesi n. 2 con fido di fatto e capitalizzazione trimestrale degli interessi, ipotesi n. 3 con fido di fatto e capitalizzazione annuale e ipotesi n. 4 con fido di fatto ma senza alcuna capitalizzazione) va dato seguito all'ipotesi n. 2 a fronte della già chiarita esistenza di un c.d. "fido di fatto" e della corretta pattuizione in punto di capitalizzazione trimestrale emergente dagli atti. omissis
Va infine rigettata la richiesta di parte attrice volta all'ottenimento della condanna della Banca al risarcimento del danno stante l'assoluta genericità della domanda peraltro non supportata da alcun riscontro probatorio circa il pregiudizio che l'addebito di illegittime voci di costo da parte della convenuta avrebbe arrecato all'attore.
In conclusione le doglianze dell'attore appaiono fondate nei limiti sopra descritti.
All'esito dei riconteggi effettuati nell'elaborato, il saldo del conto corrente omissis va rideterminato nella misura indicata dal C.t.u. che ha individuato, alla data del 27 dicembre 2007, una differenza a credito del correntista pari a complessivi € 10.468,69 (importo ottenuto sommando le differenze a favore del correntista alle diverse date del 28.2.04 e 27.12.07)-ipotesi n. 2 dell'elaborato peritale-.
Le conclusioni della C.t.u. appaiono congrue e logicamente motivate e sono integralmente condivise dal Tribunale.
omissis S.p.A. è pertanto tenuta a corrispondere all'attore la somma di € 10.468,69 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo.
Le spese di lite e di Ctu seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: accerta e dichiara la prescrizione dell'azione di ripetizione omissis; dichiara la nullità delle clausole di capitalizzazione degli interessi, della clausola di commissioni di massimo scoperto e della clausola in punto di interessi; ridetermina il saldo omissis; condanna Banca omissis a corrispondere a omissis la suddetta somma, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; rigetta ogni altra domanda; pone definitivamente a carico della convenuta soccombente le spese di C.t.u. come liquidate in corso di causa; condanna la convenuta Banca omissis a rifondere all'attore le spese di lite liquidate in complessivi € omissis oltre accessori di legge, IVA e CPA.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

12 gennaio 2020

3/20. Appello: il giudice non può rilevare l’improcedibilità per omessa mediazione in primo grado (Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2020)

=> Corte di Cassazione 13 dicembre 2019, n. 32797

Giusto il disposto di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. Pertanto, in mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, ove il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice di appello rilevare l’improcedibilità (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2020

Corte di Cassazione
Sentenza n. 32797
13 dicembre 2019

Omissis

Fatti di causa

1. XXX convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Pesaro YYY chiedendo la condanna al pagamento di Euro 17.532,00, pari a trentasei mensilità dell'ultimo canone corrisposto, a titolo risarcitorio ai sensi dell'art. 3, commi 3 e 5, legge n. 431 del 1998 per non avere la convenuta, in qualità di proprietaria dell'immobile locato all'attore, venduto l'immobile nei dodici mesi previsti dalla legge nonostante la mancata rinnovazione del rapporto per la volontà della YYY di procedere alla vendita.
Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.
2. Il Tribunale adito rigettò la domanda, motivando nel senso che il termine di dodici mesi decorreva dall'esaurimento della procedura di sfratto.
3. Avverso detta sentenza propose appello il XXX.
Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell'appello.
4. Con sentenza di data 22 agosto la Corte d'appello di Ancona dichiarò l'improcedibilità della domanda. Osservò la corte territoriale che il XXX aveva omesso ingiustificatamente di partecipare personalmente alla procedura di mediazione di cui all'art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010 e che non era precluso al giudice di appello rilevare la nullità della sentenza per il difetto di rituale mediazione non rilevato dal giudice di primo grado.
5. Ha proposto ricorso per cassazione XXX sulla base di tre motivi.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 5, commi 1 e 1 bis, d.lgs. n. 28 del 2010, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza e che né controporte, né tanto meno il giudice di primo grado, avevano sollevato alcuna eccezione sul punto.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 5, comma 1 bis, d.lgs. n. 28 del 2010, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che nessuna disposizione normativa impone la presenza personale della parte alla procedura di mediazione e che la volontà delle parti nella procedura era stata espressa per il tramite dei difensori delegati.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 5, comma 2, d. Igs. n. 28 del 2010, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che il giudice di appello, nel caso ravvisi un'ipotesi di improcedibilità della domanda per mancato e/o errato esperimento della mediazione, ha facoltà di sanare il vizio rinviando le parti alla mediazione e comunque deve indagare sulla possibilità di consentire nuovamente la mediazione tenendo conto della natura della causa, dello stato dell'istruzione e del comportamento delle parti.
4. Il primo ed il terzo motivo, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono fondati.
L'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010 prevede quanto segue: «chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 , e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 , e successive modificazioni, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. A decorrere dall'anno 2018, il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni del presente comma. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 . Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37 , 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 , e successive modificazioni». Come risulta evidente dalla disposizione, l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In tal senso è l'orientamento di questa Corte (Cass. 13 novembre 2018, n. 29017; 13 aprile 2017, n. 9557; 2 febbraio 2017, n. 2703). In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, ove il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è pertanto precluso al giudice di appello rilevare l'improcedibilità della domanda.
Nel caso di specie sono mancati alla prima udienza del giudizio di primo grado sia l'eccezione della parte che il rilievo d'ufficio da parte del giudice. Come affermato da Cass. 30 ottobre 2018 n. 27433, nello stadio d'appello è prevista solo una facoltà del giudice di creare la condizione di procedibilità alla luce di una valutazione discrezionale. Viene infatti stabilito dall'art. 5 comma 2 che «il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello».
5. L'accoglimento di primo e terzo motivo determina l'assorbimento del secondo motivo.

PQM

Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

5 gennaio 2020

2/20. MEDIA Magazine n. 1 del 2020 (Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2020)

MEDIA Magazine
Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 1/20  Gennaio 2020


Buon inizio anno a tutti!


GIURISPRUDENZA

=> Tribunale di Verona, 21 maggio 2019


COMMENTI E APPROFONDIMENTI




SEGNALAZIONI

L. VIOLA (a cura di), GIUSTIZIA PREDITTIVA E INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE CON MODELLI MATEMATICI (con Introduzione di Giovanni MAMMONE, Primo Presidente Suprema Corte di Cassazione), Diritto Avanzato, Milano, 2019 (link al sito dell’Editore)

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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2020

1/20. Locazione, sfratto, mediazione c.d. obbligatoria e improcedibilità della domanda: i contrastanti orientamenti interpretativi giurisprudenziali (Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2020)


di Giulio Spina
(Direttore editoriale Diritto Avanzato; Coordinatore di Redazione La Nuova Procedura Civile; Direttore Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile)


L’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010 dispone che “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di (…)  locazione (…) è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”, come “condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
Il comma 4 del medesimo art. 5 precisa poi che tale disposizione non si applica, tra l’altro, nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’art. 667 del codice di rito[1].

Posto il dato normativo sopra riportato, non vi è un orientamento interpretativo unanime circa la parte in capo alla quale grava l’onere di esperire il procedimento di mediazione, né in ordine alle conseguenze connesse al mancato adempimento di tale onere.

[continua…]

L’articolo è consultabile gratuitamente al seguente URL:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2020
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)



[1] Il richiamato art. 667 c.p.c. dispone che “pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666, il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell'art. 426”, laddove il menzionato art. 665 dispone che “se l'intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto” (comma 1).