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17 marzo 2021

14/21. Procedibilità della domanda: l'oggetto della mediazione e del giudizio devono corrispondere esattamente? (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2021)

=> Tribunale di Pistoia, 19 ottobre 2020 

Nessuna norma di legge impone che l'oggetto della procedura di mediazione debba corrispondere esattamente e unicamente a quello di un singolo giudizio contenzioso, essendo ben possibile e perfino auspicabile (anche in ottica di economia di tempi e di costi di attivazione e svolgimento della procedura stragiudiziale) che le parti in un medesimo contesto conciliativo versino il complesso dei rapporti giuridici fra sé intercorrenti, in modo da cercare una composizione complessiva degli stessi senza che ciò, ovviamente, precluda – in caso di esito negativo della procedura di mediazione – l'introduzione di diversi giudizi contenziosi con riferimento ai diversi aspetti coinvolti nei rapporti inter partes (I).

(I) Si veda l’art. 2, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Pistoia
Sentenza
19 ottobre 2020

Omissis

La domanda di accertamento negativo oggetto del presente contendere è fondata e merita accoglimento nel contenuto e per le ragioni di seguito esposti.

Sulle varie questioni preliminari interessanti la controversia in essere, può agevolmente ed esaustivamente richiamarsi quanto dedotto a verbale d'udienza c.d. cartolare dell'1.10.2020, nel quale si è osservato che:

a) la domanda riconvenzionale spiegata da parte convenuta è da dichiarare inammissibile, non avendo la parte osservato il disposto di cui all'art. 418 c.p.c. ossia non avendo rivolto al giudice richiesta di fissazione di nuova udienza, adempimento espressamente previsto ex lege “a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima”. Nella nitidezza del dettato legislativo, che non meriterebbe altri commenti, è comunque intervenuto l'insuperato chiarimento giurisprudenziale delle S.U. n. 13025/1991 per le quali “Nel rito del lavoro, l'inosservanza del convenuto, il quale formuli domanda riconvenzionale, all'onere di chiedere la fissazione di una nuova udienza, secondo le previsioni dell'art. 418 primo comma cod. proc. civ., implica decadenza e, quindi, inammissibilità della domanda medesima, che è rilevabile anche d'ufficio ed in sede di legittimità”. Tanto basta per chiudere ogni ulteriore disquisizione sul punto;

b) l'eccezione di parte convenuta di inammissibilità/improcedibilità del giudizio per mancato previo esperimento della procedura di mediazione obbligatoria è, da un lato, priva di oggetto prima ancora che infondata relativamente alla domanda riconvenzionale azionata dalla convenuta stessa, poiché all'evidenza l'inammissibilità di questa per le ragioni spiegate sub a) travolge ogni altra discettazione in merito, ivi compreso il profilo concernente le condizioni di procedibilità della domanda sub specie di obbligatorio esperimento della procedura di mediazione ante causam; dall'altro lato, ossia con riferimento alla domanda azionata da parte ricorrente, è smentita per tabulas dalla documentazione versata in giudizio dalla ricorrente stessa e attestante, per contro, la rituale introduzione della procedura di mediazione sull'oggetto del presente contendere in relazione alla domanda di parte ricorrente, secondo quanto ampiamente esposto a verbale d'udienza 1.10.2020. Ed infatti, sotto un primo profilo è da dire come nessuna norma di legge imponga che l'oggetto della procedura di mediazione debba corrispondere esattamente e unicamente a quello di un singolo giudizio contenzioso, essendo ben possibile e perfino auspicabile (anche in ottica di economia di tempi e di costi di attivazione e svolgimento della procedura stragiudiziale) che le parti in un medesimo contesto conciliativo versino il complesso dei rapporti giuridici fra sé intercorrenti, in modo da cercare una composizione complessiva degli stessi senza che ciò, ovviamente, precluda – in caso di esito negativo della procedura di mediazione – l'introduzione di diversi giudizi contenziosi con riferimento ai diversi aspetti coinvolti nei rapporti inter partes; sotto un secondo profilo, non può fare a meno di osservarsi come, anche a prescindere da quanto appena osservato, la domanda di mediazione presentata dall'odierna ricorrente appare del tutto idonea a costituire condizione di procedibilità del presente specifico contenzioso, atteso che detta domanda è riferita testualmente ad annullamento di fatture emesse dalla omissis s.r.l. in spregio del contratto di locazione regolarmente registrato dalle parti (cfr. pag. 2 domanda di mediazione di cui alla nota di produzione documentale di parte ricorrente dell'1.9.2020).

Venendo quindi al merito della lite, confermata la valutazione di superfluità delle istanze istruttorie svolte dalla ricorrente per essere la presente causa definibile allo stato degli atti, va dimessa come del tutto infondata la pretesa di parte locatrice avverso la quale l'odierna ricorrente ha svolto domanda di accertamento negativo del credito.

Costituisce infatti circostanza pacifica in causa, incontroversa fra le parti, quella per cui le fatture in questa sede impugnate sono state emesse dalla locatrice sulla base di una valutazione di stima compiuta dal CTU incaricato nella procedura esecutiva immobiliare promossa sull'immobile in oggetto in danno della locatrice medesima: laddove il canone pattuito fra le parti come da contratto di locazione prevede una somma ben inferiore.

Ciò è tanto vero che la convenuta ha proposto domanda riconvenzionale (inammissibile, per i motivi anzidetti) volta alla declaratoria dell'inadeguatezza del canone di locazione pattuito inter partes e alla sua rideterminazione nell'importo indicato dal CTU nella causa espropriativa immobiliare n. 3/2019 Tribunale di Pistoia: evidentemente consapevole, la parte odierna convenuta e attrice in riconvenzionale, dell'infondatezza giuridica della propria pretesa di ottenere in pagamento la differenza, per i canoni pregressi, fra l'importo contrattualmente previsto e l'importo ritenuto congruo dal consulente giudiziario ove siffatta pretesa non sia sorretta, a monte, da una pronuncia giudiziale.

Ed infatti, ferma la regola di cui all'art. 1372 c.c. per cui il contratto ha forza di legge fra le parti, è fin troppo evidente come le clausole in esso contenute non possano essere modificate o invalidate se non previo accordo fra le stesse parti contraenti (mutuo consenso) o in virtù di decisione emessa da autorità giurisdizionale adita da una delle parti: non può certo valere a modificare o integrare una pattuizione contrattuale, peraltro di importanza basilare siccome attinente alla determinazione del quantum dell'obbligazione principale gravante sul conduttore (pagamento del canone locatizio), la mera valutazione resa da un tecnico incaricato nell'ambito di una procedura giudiziale nella quale, peraltro, la parte conduttrice non è nemmeno parte con l'effetto che siffatta valutazione è in ogni caso ad essa inopponibile. Ché se, poi, anche per ipotesi lo fosse, nulla cambierebbe in punto di totale inidoneità di una mera perizia di stima a determinare il mutamento di pattuizioni contrattuali intervenute fra altri soggetti, rispetto ai quali il perito è terzo del tutto estraneo, occorrendo a tal fine come detto o un nuovo accordo fra le parti, o l'intervento di autorità statale dotata del potere giurisdizionale ovvero del potere di decidere le controversie insorte fra privati e portate al suo vaglio.

Null'altro è da aggiungere per attestare la fondatezza della domanda di accertamento negativo svolta da parte ricorrente con riguardo alle fatture emesse ex adverso per differenze negli importi dei canoni locatizi e adeguamento di questi.

Quanto alla fattura n. 7 dell'11.2.2020, parimenti impugnata dalla ricorrente, recante come causale “danno ricevuto a causa di beni mancanti di proprietà della società Massagli Costruzioni S.r.l. In Liquidazione” è sufficiente evidenziare come, a fronte della contestazione della locataria, parte locatrice nulla ha dedotto né dimostrato (né, invero, offerto di dimostrare) laddove, vertendosi in tema di domanda risarcitoria, l'onere della prova è a carico della parte pretesa danneggiata, omissis s.r.l. in liquidazione:

la quale invece, nella propria comparsa costitutiva, neppure ha fatto cenno della questione in discorso, non avanzando in merito alcuna domanda in riconvenzione. Ogni altra considerazione appare, quindi, al riguardo superflua.

L'accoglimento della domanda di parte ricorrente comporta il sostenimento delle spese di lite a carico della convenuta, in forza del principio di soccombenza regolante la materia.

La liquidazione viene operata a mente del DM 55/2014 in base al valore della causa (importo delle fatture impugnate) e considerata la consistenza dell'attività processuale svolta, in particolare con assenza di istruttoria (e conseguente eliminazione del compenso per tale fase) e semplificazione della fase decisionale, svolta senza deposito di scritti difensivi (con conseguente riduzione del compenso per tale fase), non essendovi per il resto motivo per discostarsi dai parametri medi dello scaglione di riferimento.

PQM

Il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa o contraria istanza ed eccezione, così provvede: accerta e dichiara l'inesistenza del diritto di parte convenuta, omissis s.r.l. in liquidazione, ad ottenere il pagamento delle fatture impugnate nel presente giudizio; condanna parte convenuta omissis s.r.l. in liquidazione alla refusione, in favore di parte ricorrente omissis S.p.a., delle spese del presente giudizio che liquida nell'importo di euro 8.500,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge, oltre esborsi (marca, c.u. e spese di notifica). 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.