=> Tribunale di Roma, 27 giugno 2019, n. 13630
Va affermata, in senso opposto a Cassazione civile 7.3.2019, n. 8473, la necessaria
partecipazione personale in mediazione, non delegabile a terzo soggetto,
salvo casi eccezionali di impossibilità giuridica o materiale a comparire di
persona; essa è insita nella natura
stessa della mediazione, nonché implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione del d.lgs. 28/2010,
nel suo insieme proteso a favorire il raggiungimento di un accordo attraverso
l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di un corretto rapporto
interpersonale messo in crisi dal conflitto insorto. È in particolare esclusa dalla legge alla radice la presenza
del solo avvocato, sia pure munito
di delega del cliente (I) (II).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 35/2019
Tribunale di Roma
Sentenza
sentenza 27.06.2019, n. 13630
Omissis
La questione che va affrontata, attesane la pertinenza al caso di
specie nel quale omissis non era
presente di persona a nessuno degli incontri, è la risposta all’interrogativo
se nella mediazione obbligatoria (di questo trattasi nella fattispecie, ma il
quesito attinge sicuramente anche alla mediazione demandata dal giudice) sia necessaria
e indispensabile, salvo giustificato motivo, la presenza personale delle parti.
Sulla questione sono state esposte due opinioni contrastanti.
La pressoché unanime giurisprudenza di merito 1 ritiene necessaria e inderogabile,
salve obiettive e valide giustificazioni, la presenza personale della parte.
Si sostiene, al contrario:
- come nessuna disposizione di legge (né in particolare il
decr.lgsl.28/2010) introduca chiaramente e univocamente una deroga alla
generale possibilità, in materia di diritti disponibili e atti non
personalissimi, di conferire mandato con rappresentanza ad altro soggetto (che
ben potrebbe essere anche lo stesso avvocato difensore nella causa alla quale
pertiene la mediazione);
- che diversamente opinando si determinerebbe un’irrazionale
trattamento fra chi non compare affatto in mediazione (soggetto solo alla
sanzione del pagamento di una somma pari al contributo unificato) e chi invece
abbia partecipato, sia pure a mezzo della sola presenza del rappresentante;
- che diversamente opinando si aprirebbero le porte a pratiche
dilatorie del convocato che potrebbe differire sine die, presenziando solo con
il rappresentante, la procedura di mediazione.
I rilievi che precedono non sono decisivi per contrastare il diverso e
contrario assunto.
Va considerato che la legge dispone, per la mediazione obbligatoria e demandata,
la partecipazione della parte, assistita dall’avvocato.
E’ allora quanto mai opportuno, in questo caso, il richiamo all’art. 12
delle preleggi al cc: che così dispone: Nell'applicare la legge non si può ad
essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio
delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
Dal che ne discende che è escluso dalla legge alla radice che possa ritenersi ritualmente
instaurato il procedimento di mediazione con la presenza del solo avvocato, sia
pure munito di delega del cliente 5; mentre rimane da esaminare la diversa
situazione nella quale oltre all’avvocato, vi sia un altro soggetto munito del potere
di rappresentanza della parte assente di persona.
La Suprema Corte ha rilevato, con la sentenza di cui alla nota 3, che
non vi è alcuna norma espressa che faccia divieto della rappresentanza della
parte fisica in mediazione e che quando la legge lo ha voluto vietare, come nel
caso dell’interrogatorio formale, lo ha previsto (ubi lex voluit dixit, ubi
noluit tacuit). Salvo a volere ammettere (?) che l’avvocato.. possa assistere
se stesso, che è precisamente la situazione che si realizzerebbe laddove si
ammettesse che l’avvocato possa svolgere al tempo stesso il ruolo di
rappresentante della parte e di assistente della parte stessa.
Cionondimeno, è lecito interrogarsi se il divieto possa essere
ricavato, pur in mancanza di una norma espressa, dall’insieme delle norme che
regolano la mediazione e quindi dalla natura, dalle caratteristiche e dalla
funzione propria di questo istituto.
La richiamata maggioritaria giurisprudenza di merito non ammette, per
le (sole) persone fisiche 6 e salva la presenza di un giustificato motivo, la
rappresentanza in mediazione della parte richiedendo la presenza personale
(cfr. giurisprudenza costante, ex multis
https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/mediazione-demandata-dal-giudicenecessaria-
la-presenza-personale-delle-parti-e-leffettiva-partecipazione-allaprocedura.html).
A tale conclusione si ritiene si possa pervenire attraverso
l’interpretazione letterale, sistematica e teleologica del decreto legislativo
28/2010. Nonché traendo argomento dalla stessa sentenza della Suprema Corte
8473/19 del 7.3.2019.
Si rinvengono nel decr.lgsl.28/10, numerosi riferimenti testuali, alle
parti in aggiunta agli avvocati.
L’art. 8 primo comma terzo periodo dispone che al primo incontro e agli
incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono
partecipare con l’assistenza dell’avvocato. E prosegue, prevedendo che durante
il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità
di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo
incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità
di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.
Occorre chiedersi se l’espressione “parte” possa essere correttamente interpretata,
indifferentemente, sia come parte fisica personalmente presente e sia come
parte fisica non presente ma rappresentata da un terzo.
La risposta negativa a una tale ambivalente interpretazione si reputa
possa essere tratta da convergenti riferimenti logici e normativi che inducono
a ritenere che la giusta accezione della parola parte (fisica) sia solo quella
riferita al soggetto, personalmente presente, titolare dei diritti oggetto di
contesa.
Appare utile a tal fine analizzare i contenuti dell’istituto, in tal
modo facendo emergere:
a. l’aspetto dinamico della mediazione, intesa come procedimento nell’ambito
del quale una parte incontra l’altra parte, e si giova, con l’assistenza degli avvocati,
della presenza fattiva di un soggetto terzo, il mediatore, deputato ad aiutare
e facilitare le parti a focalizzare e fare emergere i loro più pregnanti
interessi come pure a individuare i possibili punti di incontro degli opposti
punti di vista, al fine del raggiungimento di un accordo che prevenga o ponga
fine ad una lite, e
b. la mediazione, in senso statico, vista nel suo tratto finale e
conclusivo dell’accordo raggiunto.
E se per questo secondo aspetto, che attinge niente di più e niente di
meno che alla realizzazione e composizione di un negozio giuridico, in ambito
di diritti disponibili, è agevole ammettere la rappresentanza della parte, non
altrettanto può dirsi per la mediazione nell’accezione di cui alla lettera a)
che precede.
E’ utile ricordare che è la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza
citata, a tratteggiare, in modo corretto, la natura e le caratteristiche della
procedura di mediazione.
Si tratta, recita la sentenza, di “un procedimento deformalizzato che
si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era
costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del
mediatore, e dall'offerta alle parti di un momento di incontro, perché
potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero
irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate,
nonché da agevolazioni fiscali.
Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto
tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie all’
interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro
rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle
soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi
della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva
con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti
commerciali”. Ed ancora: ..”come si è detto, il legislatore ha previsto e
voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo
nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa
trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da
evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti”
A ben vedere quindi, è la stessa sentenza della S.C. n. 8473/19 del
7.3.2019 che predica, in armonia con le caratteristiche normative
dell’istituto, la necessaria presenza personale della parte in mediazione.
Né vi è, in via di principio, alcuna necessità che ciò debba essere
dichiarato espressamente dalla legge. L’importante è che la voluntas legis in
questa direzione sia sufficientemente chiara e certa.
L’affermazione, contenuta nella stessa sentenza della Suprema Corte.,
della delegabilità ad altro soggetto della partecipazione, costituisce pertanto
un non sequitur del ragionamento, fino ad un certo punto invece chiaro lineare
e condivisibile.
Se si pone l’accento sulla centralità del contatto diretto e informale
fra le parti, vera chiave di volta della possibilità di successo della
mediazione (è questo che afferma la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019) e se si
esalta la possibilità che con l’ausilio del mediatore possano essere
ricostituiti i rapporti pregressi delle parti (è sempre la sentenza n. 8473/19
del 7.3.2019 ad affermarlo), come si può poi , solo perché nella legge non è
stato espresso il divieto, convincentemente predicare che quello stesso legislatore
abbia ammesso la valida assenza della parte personalmente?
Al contrario. L’obbligatoria presenza delle parti personalmente è
agevolmente e chiaramente manifestata proprio da quanto esattamente la Suprema
Corte faceva precedere alla sua non coerente conclusione.
Del resto, va evidenziato che è la stessa Corte nella sentenza n.
8473/19 del 7.3.2019 a predicare l’esistenza di prescrizioni e contenuti del
mandato.
In particolare la S.C. ha ivi affermato che “allo scopo di validamente
delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte -
deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto
della partecipazione alla mediazione e - il conferimento del potere di disporre
dei diritti sostanziali che ne sono oggetto, ovvero essere presente un
rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione
della controversia”
In realtà tali prescrizioni e contenuti non sono affatto espressi dalla
legge.
Diversamente da altre fattispecie dove la legge espressamente lo
prevede.
Si pensi:
-all’art. 420 cpc: le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un
procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti
della causa;
-all’art. 185 cpc : quando è disposta la comparizione personale le
parti hanno facoltà di farsi sostituire da un procuratore generale o speciale
il quale deve essere a conoscenza dei fatti di causa . La procura deve essere
conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire
al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia.
Con il che è dimostrato che non è necessaria un’espressa previsione
legale per potersi affermare la sussistenza del divieto legale della delega a
terzo soggetto dell’attività mediatoria, che la parte deve compiere
personalmente.
Le seguenti concorrenti considerazioni rafforzano quanto qui ritenuto:
a) per le inevitabili valutazioni, ponderazioni e scelte del tutto
discrezionali e non facilmente preventivabili (in sede di conferimento di
delega) che il soggetto titolare del diritto può trovarsi ad assumere nel corso
degli incontri di mediazione; determinazioni e condotte che sono modulate e
influenzate, non secondariamente, dall’atteggiamento delle altre parti
coinvolte e dai contributi offerti dal mediatore, ed in definitiva– vero e
proprio work in progress - dall’andamento della discussione e delle trattative
(ciò è ben noto specialmente a chi conosce e pratica effettivamente la
mediazione ed è testimone di quante le volte in cui da un atteggiamento
iniziale di totale chiusura si sia infine pervenuti ad un accordo);
b) in quanto solo la parte personalmente conosce intimamente e profondamente
quali siano i suoi reali interessi, quali i punti fermi ed irrrinunciabili e
quali quelli che tali non sono. Come dire che solo la parte personalmente è
portatrice delle necessarie e complete conoscenze degli interessi che muovono
il suo agire e in quanto tale capace di disporne secondo ciò che le appare la
soluzione più conveniente. L’eventuale paragone con quanto accade nella causa
dove il difensore può essere specificamente dotato di poteri dispositivi non
coglie nel segno: invero elemento fondamentale che distingue la transazione
giudiziale dalla più frequente conciliazione in mediazione è l’assenza, in
questa procedura, dei limiti segnati, nella sede giudiziale, dalla causa
petendi e dal petitum;
c) va considerato inoltre che la mancanza della presenza personale, è
idonea, indirettamente, ad affievolire le possibilità di un accordo, anche per
un'altra ragione. Può accadere, che la parte non presente in mediazione (e
delegante) rinneghi l’accordo raggiunto dall’avvocato che abbia asserito,
verbalizzandolo in mediazione, di rappresentarla. Va ricordato che l’avvocato
non ha un potere generale di autenticare la sottoscrizione di una scrittura
privata (come confermato dalla citata Suprema Corte 8473/19 del 7.3.2019), qual
è di regola una procura, men che meno la procura di un mandato di
rappresentanza in mediazione che attinge ad un alto tasso di possibilità di
disposizione dei diritti. Il potere di autenticazione dell’avvocato è
circoscritto infatti al solo ambito giudiziario, ed in particolare alla
autentica della firma del cliente (art. 83 cpc ..in tali casi l'autografia
della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore ); anche
nel caso in cui avendo il giudice disposto la comparizione personale della
parte questa abbia designato un rappresentante che sia a conoscenza dei fatti
ed abbia il potere di transigere o conciliare (art.185 cpc). Cosa consegue da
ciò ? Che una sottoscrizione (di una procura) non autenticata può essere facilmente
messa in discussione dal titolare del diritto, assente in mediazione, che non
abbia condiviso (o abbia ripensato la convenienza del)l’accordo negoziato e
raggiunto in suo nome dal rappresentante). Come pure che il titolare del
diritto (rappresentato) potrà anche nel caso in cui non rinneghi tout court il
mandato, contestare un vizio (eccesso, difformità..) dell’attività del
mandatario rispetto al contenuto della delega. Tali incertezze concorrono a
depotenziare l’efficacia del procedimento di mediazione, allontanando
l’obiettivo della stessa, cioè il raggiungimento dell’accordo In definitiva la
presenza della parte di persona è una rassicurante garanzia e tutela per le
altre parti, oltre che per gli avvocati.
Infine, non coglie nel segno l’obiezione mossa alla ricostruzione
sistematica della legge circa la necessità della presenza personale della parte
in mediazione, secondo cui, con reductio ad absurdum, la mancata partecipazione
personale del convenuto potrebbe dilatare sine die la conclusione della
procedura di mediazione e quindi l’accesso dell’attore alla giustizia.
In realtà il decr. lgs. 28/2010 distingue la posizione dell’attore da
quella del convenuto.
Solo per l’attore è prevista, per la mediazione obbligatoria e
demandata, la sanzione dell’improcedibilità della domanda nel caso in cui non
abbia introdotto la procedura di mediazione (o, che è lo stesso 11: l’abbia
gestita in modo gravemente viziato, come nel caso in esame, con la sola
partecipazione dell’avvocato; ovvero nel caso di non rispetto del termine
assegnato dal giudice per l’introduzione che abbia inciso severamente sulle
scansioni temporali che legano mediazione e causa 12; ovvero, nella mediazione
demandata, si sia fermato al primo incontro informativo 13). Nel caso in cui
sia il convenuto a non partecipare (o, per quel che interessa in questo
contesto argomentativo, a non partecipare ritualmente) alla mediazione, gli si applicheranno
le sanzioni previste dall’art. 8 co.4 bis del decr.lgsl.28/2010, salvo il terzo
comma dell’art. 96 cpc; senza che ciò possa impedire di ritenere espletato, ai
fini della procedibilità giudiziale della domanda, il procedimento di
mediazione ove correttamente introdotto e coltivato dall’istante.
Si deve conclusivamente affermare che la necessaria partecipazione
personale, non delegabile a terzo soggetto, salvo casi eccezionali (di
impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona) che qui non
ricorrono, non essendo credibile né verosimile che per ben due occasioni,
neppure l’una a ridosso dell’altra, omissis
sia stato nell’assoluta impossibilità di presenziare al procedimento di
mediazione, è insita nella natura stessa delle attività nelle quali si esplica
il procedimento di mediazione e implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione
del decr.lgsl.28/2010, nel suo insieme proteso a favorire il raggiungimento di
un accordo attraverso l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di
un corretto rapporto interpersonale messo in
crisi dal conflitto insorto.
Dichiarata l’improcedibilità della domanda dell’attore, la complessità
delle contrastate
questioni, giustifica l’integrale compensazione delle spese.
PQM
Definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e
deduzione respinta,
così provvede: dichiara improcedibile la domanda di omissis; compensa per intero le spese di
causa.
Roma 27.6.2019
Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.