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14 febbraio 2021

8/21. Danni da infiltrazioni provenienti dai vicini: no alla mediazione c.d. obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2021)

=> Tribunale di Salerno, 17 settembre 2020 

La domanda risarcitoria proposta dalle attrici, avendo ad oggetto il risarcimento dei danni arrecati all'immobile di proprietà esclusiva delle stesse in conseguenza delle infiltrazioni d'acqua provenienti dalla sovrastante proprietà esclusiva di altri condomini, non rientra in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 5bis d.lgs. n. 28/10. In particolare, non trattandosi, secondo la prospettazione attorea, di infiltrazioni provenienti da beni condominiali, il presente giudizio non ha ad oggetto controversie in materia di condominio ex art. 71quater disp. att. c.c., ossia quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione degli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. (I) (II).

(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

(II) Per approfondimenti si veda La mediazione nella riforma del condominio (Osservatorio Mediazione Civile n. 131/2012); si segnala altresì SPINA, Brevi note sull’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2012) e SPINA, Ambito applicativo della mediazione obbligatoria: interpretazione oggettiva o soggettiva? (Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2012).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Salerno
Sentenza
17 settembre 2020

Omissis

Preliminarmente va rigettata, in quanto infondata, l'eccezione di improcedibilità della domanda attorea per il mancato preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione di cui all'art. 5 d.lgs. n. 28/10.

Invero, la domanda risarcitoria proposta dalle attrici, avendo ad oggetto il risarcimento dei danni arrecati all'immobile di proprietà esclusiva delle stesse in conseguenza delle infiltrazioni d'acqua provenienti dalla sovrastante proprietà esclusiva di altri condomini, non rientra in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 5bis d.lgs. n. 28/10. In particolare, non trattandosi, secondo la prospettazione attorea, di infiltrazioni provenienti da beni condominiali, il presente giudizio non ha ad oggetto controversie in materia di condominio ex art. 71quater disp. att. c.c., ossia quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione degli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. Sempre in via preliminare va poi rilevato che, nelle note telematiche di precisazione delle conclusioni del 27/05/2020, l'attrice D'Am. Gi. ha espressamente rinunciato alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa ed in conseguenza delle lamentate infiltrazioni, sicchè il presente giudizio attiene alla sola domanda risarcitoria proposta da omissis, in qualità di comproprietarie “pro indiviso” dell'appartamento alle stesse pervenuto per successione “ab intestato” ad omissis (circostanza non contestata e, comunque, evincibile dalla denuncia di successione in atti), in relazione ai danni patrimoniali arrecati al predetto immobile.

Tale domanda merita accoglimento per quanto di ragione.

Invero, in primo luogo, i testi omissis. Tali circostanze hanno trovato puntuale riscontro nella CTU espletata, nell'ambito del procedimento di ATP omissis.

Risulta, dunque, fondata la circostanza, dedotta da parte attrice, della provenienza delle infiltrazioni dalla sovrastante proprietà dei convenuti omissis, con la conseguenza che questi ultimi vanno condannati al risarcimento dei relativi danni, trovando la loro responsabilità fondamento nella custodia, ex art. 2051 c.c., dell'appartamento di loro proprietà.

Infatti, secondo l'ormai consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., ex multis, Cass. n. 27724/18, n. 2477/18, n. 12027/17), la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia (art. 2051 c.c.) ha carattere oggettivo e, pertanto, perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.

Atteso che tale tipo di responsabilità si fonda non su un comportamento od un'attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa, e poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore (il caso fortuito) che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che la rilevanza del fortuito concerne il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all'elemento esterno, anziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi.

È logica, pertanto, la ragione dell'inversione dell'onere della prova prevista dalla citata norma, relativa alla ripartizione della prova sul nesso causale: all'attore compete, infatti, provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, laddove il convenuto, per liberarsi, è tenuto a provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale, e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (Cass. n. 2062/04).

Tali essendo, allora, i principi applicabili nella controversia in esame, ritiene il Tribunale che mentre parte attrice ha esaurientemente adempiuto il proprio onere probatorio, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda i convenuti, i quali non hanno positivamente dimostrato, come sarebbe stato loro onere ex art. 2051 c.c., l'esistenza di un fattore estraneo alla propria sfera di controllo, idoneo ad interrompere il rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, di un fattore esterno (anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato), avente, cioè, i caratteri del fortuito (imprevedibilità ed eccezionalità). Di recente si è ribadito che “La responsabilità ex art. 2051 c.c. impone al custode, presunto responsabile, di fornire la prova liberatoria del fortuito e ciò in ragione sia degli obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire e impedire la produzione dei danni a terzi, sia in ossequio al principio cd. della vicinanza della prova, in modo da dimostrare che il danno si è verificato in maniera né prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso” (Cass. n. 8811/2020).

Infondate sono le eccezioni con cui i convenuti, al fine di escludere la loro responsabilità, hanno sostenuto che: 1) non fosse configurabile un rapporto di custodia con l'immobile in esame in quanto lo stesso, all'epoca dei fatti, era disabitato e completamente interessato da lavori di ristrutturazione edilizia non ancora ultimati; 2) le infiltrazioni d'acqua sarebbero state determinate dall'abbondanza delle precipitazioni atmosferiche e dall'ostruzione delle condutture fognarie condominiali; 3) la responsabilità sarebbe comunque da addebitare all'impresa appaltatrice dei lavori di ristrutturazione dell'immobile, in quanto effettiva custode di quest'ultimo.

Ebbene, la prima e la terza eccezione, che possono essere esaminate congiuntamente, non sono meritevoli di accoglimento in quanto, ai fini dell'applicazione dell'art. 2051 c.c., deve considerarsi custode chi di fatto controlla le modalità d'uso e di conservazione dell'immobile dal quale provengono le infiltrazioni, essendo irrilevante che tale immobile sia disabitato. Nel caso di specie, i convenuti Es.-Bu. avevano, comunque, la disponibilità materiale e giuridica del loro appartamento, tanto da averne consentito l'accesso all'impresa appaltatrice affidataria dei lavori di ristrutturazione.

In particolare, si è condivisibilmente sostenuto in giurisprudenza che “Nell'ipotesi di danni cagionati ad un immobile sottostante a seguito di lavori di pavimentazione di un appartamento, la responsabilità del custode ex art. 2051 cod. civ. è esclusa solo dal caso fortuito, il quale non attiene ad un comportamento dello stesso custode ma al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, che può consistere anche nel fatto di un terzo. Ne consegue che, in caso di affidamento dei lavori in appalto, non occorre verificare, al fine di escludere la responsabilità del custode committente, se questi sia incorso in una "culpa in eligendo" nell'individuazione dell'appaltatore, del progettista o del direttore dei lavori, ovvero se lo stesso abbia lasciato loro piena autonomia, ma è necessario accertare se l'esecuzione dei lavori commissionati a terzi presenti quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all'evento dannoso, tali da integrare il caso fortuito” (Cass. n. 20619/14).

Nel caso di specie, i convenuti, a parte che non hanno provveduto a citare in giudizio l'impresa appaltatrice dei lavori di ristrutturazione (essendo decaduti dalla relativa facoltà), non hanno offerto alcuna prova del carattere eccezionale ed imprevedibile dell'esecuzione dei lavori affidati a tale impresa.

Peraltro, per consolidata giurisprudenza, il proprietario di un immobile non cessa di averne la materiale disponibilità per averne pattuito, in appalto, la ristrutturazione, e pertanto, salvo che provi il totale affidamento di esso all'appaltatore, è responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c. perché custode del bene, dei danni derivati ad un terzo, avendo l'obbligo, al fine di impedire che essi si verifichino, di controllare e vigilare l'esecuzione dei relativi lavori (Cass. n. 11671/18, n. 27554/17, n. 15734/11, n. 2298/04, n. 3041/99, n. 5007/96).

Nella specie, è del tutto mancata anche la prova del totale affidamento all'impresa appaltatrice dell'appartamento in esame, posto che l'aver affidato in appalto i lavori di ristrutturazione dell'immobile non consente in alcun modo di desumere le modalità di affidamento (totale o solo parziale) della custodia dell'immobile, né consente di escludere che il proprietario- committente non sia affatto intervenuto a dare indicazioni per la esecuzione dei lavori. Il totale affidamento del cespite deve, anzi, escludersi se si considera che, come rilevato dal CTU, sono stati gli stessi convenuti omissis a limitare i danni arrecati alla sottostante proprietà delle attrici intervenendo con l'apposizione di teli di plastica alle finestre, prive di infissi, del predetto appartamento, così dimostrando di poter ancora esercitare poteri di intervento e di vigilanza su tale immobile.

Per quanto attiene alla deduzione secondo cui le infiltrazioni d'acqua sarebbero state determinate dall'abbondanza delle precipitazioni atmosferiche e dall'ostruzione delle condutture fognarie condominiali, trattasi ugualmente di circostanze rimaste del tutto indimostrate.

In particolare, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., perché le precipitazioni atmosferiche possano integrare l'ipotesi del caso fortuito, assumendo rilievo causale esclusivo, occorre che esse rivestano i caratteri dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità, ed il conseguente accertamento, in particolare quello della ricorrenza di un “forte temporale”, di un “nubifragio” o di una “calamità naturale”, presuppone un giudizio da formulare - in relazione alla peculiarità del fenomeno - non sulla base di nozioni di comune esperienza, ma con un'indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cosiddetti dati pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della “res” oggetto di custodia (Cass. n. 30521/19, n. 2482/18).

Tale prova documentale non è stata minimamente fornita dai convenuti, essendo del tutto insufficiente il generico avviso di “allerta meteo” dagli stessi depositato.

Alquanto inverosimile risulta anche il tentativo di coinvolgimento, nella presente controversia, del Condominio Parco Caprino, in cui sono situati gli immobili oggetto di causa, posto che, come rilevato dal CTU omissis (pag. 6 consulenza), una delle pluviali che parte dalla terrazza Es.-Bu. non è collegata alla fognatura a piano terra, sicchè difetta del tutto il nesso causale tra l'asserita ostruzione delle condutture fognarie condominiali ed i danni subiti dalla proprietà attorea.

Ne deriva che al risarcimento di tali danni vanno condannati i soli convenuti omissis.

Per quanto attiene alla quantificazione del predetto pregiudizio, come si desume dalla CTU dell'omissis i lavori di ripristino da eseguire nella proprietà attorea consistono nell'eliminazione dell'intonaco ammalorato mediante spicconatura, nel risanamento dei ferri di armatura del solaio che, a causa delle infiltrazioni, potrebbero risultare arrugginiti, nella preparazione delle pareti e dei soffitti mediante stuccatura e rasatura, nonché nella tinteggiatura delle superfici opportunamente preparate.

L'importo di tali lavori ammonta ad € 3.281,15, oltre iva, come da computo metrico allegato alla CTU, mentre non può tenersi conto dell'ulteriore somma di € 150,00 per oneri comunali, atteso che, come rilevato dallo stesso CTU, il Comune di Battipaglia, per tale tipo di intervento edilizio di manutenzione, prevede la “comunicazione per attività libera”, che è gratuita e non necessita dell'intervento di un tecnico abilitato.

Ne consegue che i convenuti omissis vanno condannati, in solido, al pagamento, a favore delle attrici, della somma di € 3.281,15 oltre iva.

Quanto al danno per ritardato pagamento, trattandosi di debito di valore, sulla predetta somma, rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai, sono dovuti, in adesione all'orientamento della S.C. (S.U. n. 1712/1995), gli interessi legali al tasso p.t. vigente, a partire dalla domanda giudiziale (come richiesto in citazione), ossia dal 25/02/14, fino alla pubblicazione della presente sentenza; da tale data, che segna la conversione del debito risarcitorio di valore in debito di valuta, sono dovuti i soli interessi legali sulla somma complessivamente liquidata all'attualità fino al soddisfo.

Vanno poste a carico dei convenuti, in quanto soccombenti, le spese giudiziali (liquidate in base ai valori medi del D.M. n. 55/14, scaglione da € 1.100,01 ad € 5.200,00) sostenute dalle altre parti, comprese quelle del procedimento di ATP. In particolare, i convenuti devono rifondere anche le spese giudiziali sostenute dall' omissis spa, chiamata in garanzia dal Condominio Parco Caprino, atteso che, per consolidata giurisprudenza, nel caso di chiamata in causa del terzo, le spese sostenute da quest'ultimo, che non sia rimasto soccombente, non possono gravare sul chiamante qualora questi non sia rimasto soccombente né nei confronti del chiamato né nei confronti della controparte (Cass. n. 11743/03), sicchè il relativo rimborso deve essere posto a carico della parte soccombente, ove la chiamata si sia resa necessaria in relazione alla tesi sostenuta dal soccombente e risultata infondata o comunque provocata e giustificata dalla pretesa del medesimo soccombente (Cass. n. 12301/05; Cass. n. 7168/04), e ciò anche se nei confronti del chiamato non sia stata proposta alcuna domanda o emessa alcuna pronuncia di merito (Cass. n. 20609/17; Cass. n. 22234/14), ovvero qualora manchi un diretto rapporto sostanziale e processuale tra il soccombente e le altre parti del giudizio, dovendo le spese essere poste a carico della parte che ha dato causa alla lite, azionando una pretesa riconosciuta poi infondata (Cass. n. 5262/01).

PQM

Il Tribunale di Salerno, Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice dott. Cesare Taraschi, definitivamente pronunciando sulle domande proposte omissis: accoglie la domanda di parte attrice e, per l'effetto, accertata l'esclusiva responsabilità di omissis, ai sensi dell'art. 2051 c.c., nella causazione dei danni arrecati all'immobile di proprietà delle attrici, condanna omissis, in solido, al pagamento, a favore di omissis, della somma complessiva di € 3.281,15 oltre iva, con interessi e rivalutazione come indicato in motivazione, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali; condanna omissis, in solido, al pagamento delle spese giudiziali omissis.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.