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19 gennaio 2021

3/21. Pendenza di altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: giustificato motivo del rifiuto di procedere alla mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2021)

 => Tribunale di Frosinone, 10 settembre 2020

La pendenza di un altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo tra le stesse parti è circostanza da cui può desumersi che il rifiuto di procedere alla mediazione non è immotivato. Non va quindi accolta l'istanza ex art.8, comma 4 bis, d.lgs. n. 28/2010 (I)

(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Frosinone 
Sentenza 
10 settembre 2020

Omissis

Sull'eccezione pregiudiziale di incompetenza per territorio.

Va, innanzitutto, vagliata l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla parte opponente, la quale ha fondato l'eccezione sul disposto dell'art. 12 co. 2 del contratto di conto corrente oggetto di causa, in cui si legge che “per ogni eventuale controversia tra il Cliente e la Banca sarà ritenuto competente, alternativamente, il foro di Ancona, Macerata o Pesaro”.

L'eccezione è infondata.

Com'è noto, la designazione convenzionale di un foro territoriale, anche ove coincidente, come nella specie, con alcuno di quelli previsti dalla legge, assume carattere di esclusività solo in caso di pattuizione espressa, la quale, pur non dovendo rivestire formule sacramentali, deve comunque risultare da una inequivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge, sicché la clausola, con la quale venga stabilita la competenza di un determinato foro "per qualsiasi controversia", non è idonea ad individuare un foro esclusivo (Cass. n. 18707/2014).

Nel merito della controversia.

In estrema sintesi, la parte opposta ha domandato in sede monitoria la condanna della controparte al pagamento del saldo negativo del conto (omissis), assistito da apertura di credito, e l'opposta ha eccepito la mancanza di prova sufficiente del credito e l'addebito, nel corso del rapporto, di interessi in misura superiore a quelli pattuiti e in assenza di comunicazione delle relative variazioni.

Vertendosi in materia di inadempimento contrattuale, deve trovare applicazione, in punto di riparto dell'onere della prova, il principio, enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 13533/2001, per cui “in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento”.

La banca opposta, a dimostrazione del titolo della pretesa avanzata, ha prodotto omissis. Pertanto, si ritiene che la banca abbia dato prova sufficiente dei titoli della pretesa azionata in sede monitoria.

Sui motivi di opposizione.

Sulla eccepita mancanza di prova del credito si è già detto al punto che precede.

L'opponente ha, poi, lamentato che la banca avrebbe variato i tassi di interesse del corso del rapporto, unilateralmente, in senso sfavorevole alla correntista e senza alcuna comunicazione, quindi in violazione del disposto dell'art. 118 T.U.B..

Tale disposizione, nel testo applicabile ratione temporis, prevede, per quanto qui rileva, che: nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo; qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate; le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.

Nel caso di specie, all'art. 9 co. 2 del contratto di conto corrente – clausola approvata specificamente dalla correntista – era prevista la facoltà della banca di variazione, anche sfavorevole per il cliente, delle pattuizioni contrattuali al ricorrere di un giustificato motivo, e che le comunicazioni relative, previste dall'art. 118 cit., sarebbero state validamente effettuate mediante lettera semplice, anche inserita nell'estratto conto, o con la modalità di cui all'art. 3 del contratto (e cioè in forma cartacea, scelta dalla correntista nel contratto stesso, e all'indirizzo ivi indicato).

Sennonché, la banca opposta non ha fornito alcuna prova di aver effettivamente inviato all'odierna opponente gli estratti conto – che, ha dedotto, contenevano le comunicazioni di variazione – nel rispetto della tempistica prevista dall'art. 118 cit..

Pertanto, le variazioni contrattuali intervenute nel corso del rapporto, ricostruite dal c.t.u., devono ritenersi inefficaci.

La ricostruzione dei rispettivi rapporti di dare e avere tra le parti alla luce dei criteri precedentemente illustrati.

Il c.t.u., attenendosi ai criteri dettati dal giudice istruttore e sopra ripercorsi e giungendo a conclusioni pienamente condivisibili, in quanto immuni da errori e vizi logici e basate su un attento ed obiettivo esame della documentazione in atti, ha proceduto alla complessiva ricostruzione dei rispettivi rapporti di dare e avere tra le parti alla luce della documentazione contabile prodotta in giudizio, elaborando un'ipotesi di calcolo che ha tenuto conto dei quesiti formulati dal giudice.

In particolare, il c.t.u. ha calcolato che, epurato degli effetti delle variazioni del tasso di interesse intervenute nel corso del rapporto, il conto alla data di chiusura (7.5.2015) presentava un saldo negativo pari ad € 47.022,27.

Pertanto, il decreto ingiuntivo va revocato, e l'opponente va condannata a pagare all'attuale titolare del credito l'importo di € 47.022,27, oltre interessi nella misura e con la decorrenza indicate nel decreto ingiuntivo.

L'accoglimento solo parziale dell'opposizione, e la condanna dell'opponente a pagare la gran parte del credito azionato in sede monitoria, giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti nella misura di 1/6, e che la parte restante, liquidata come in dispositivo, con riferimento ai valori medi di cui al d.m. n. 55/2014, e all'attività effettivamente prestata, sia posta a carico della parte opponente.

Per le stesse ragioni le spese di c.t.u. sono poste definitivamente a carico della parte opponente e di omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., in solido tra loro.

L'istanza ex art. art. 8 co. 4 bis d.lgs. n. 28/2010, formulata dalla parte opponente nei confronti di omissis s.p.a., all'epoca titolare del credito oggetto di causa, non può essere accolta, perché: nel corso del giudizio quest'ultima ha manifestato più volte la disponibilità a vagliare la possibilità di una soluzione transattiva della controversia, tra l'altro nelle note autorizzate del 20.4.2016, precedenti all'avvio della mediazione; nelle stesse note rappresentava la difficoltà di pervenire ad un accordo stante la pendenza di un altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo tra le stesse parti, circostanza, non contestata, da cui può desumersi che il rifiuto di procedere alla mediazione non sia stato immotivato.

PQM

Il giudice, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra domanda o eccezione, così provvede: revoca il decreto ingiuntivo n. 704/2015, emesso dal Tribunale di Frosinone in data 12.6.2015, e condanna omissis s.r.l. a pagare a omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., la somma di € 47.022,27, oltre interessi nella misura e con la decorrenza indicate nel decreto ingiuntivo; dispone la compensazione delle spese di lite tra le parti nella misura di 1/6; quanto alla parte restante, condanna omissis s.r.l. a rifondere a omissis s.p.a. le spese di lite relative alle fasi di studio e introduttiva, che liquida in € 2.305,84, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, a omissis s.p.a. quale mandataria di omissis s.p.a. le spese di lite relative alla fase di trattazione/istruttoria, che liquida in € 1.433,34, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, a omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., le spese di lite relative alla fase decisionale, che liquida in € 2.305,84, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; pone le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidate con separato decreto, definitivamente a carico della parte opponente e di omissis s.p.a., quale mandataria di omissis s.r.l., in solido tra loro. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.