Pagine

11 gennaio 2021

2/21. Implicita natura perentoria del termine di 15 giorni concesso dal Giudice in caso di mancato svolgimento del procedimento mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2021)

=> Tribunale di Roma, 7 settembre 2020

A norma dell’art.5, comma 1-bis, d.lgs. 2872010, quando la mediazione c.d. obbligatoria non è stata esperita il giudice assegna “contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione"; quindi, in questo caso, qualora all'udienza fissata dal Giudice risulti che il procedimento di mediazione non è stato iniziato, questi dichiarerà l'improcedibilità della domanda giudiziale con sentenza. Non rileva al riguardo che il termine in questione non sia stato definito espressamente 'perentorio' dalla legge. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, che si condivide, il carattere della perentorietà del termine può desumersi anche in via interpretativa tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione cui adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato. La implicita natura perentoria del termine di 15 giorni concesso dal Giudice in caso di mancato svolgimento del procedimento mediazione si evince dal fatto che esso mira a consentire di superare una situazione già attuale di improcedibilità; sembra illogico ritenere che il Giudice sia tenuto a concedere un altro termine se quello precedentemente assegnato non sia stato rispettato, così mantenendo il processo in un'anomala situazione di stallo, determinata dall'inerzia delle parti. D'altro canto, la possibilità di concedere un nuovo termine va esclusa anche considerando che la proroga dei termini ordinatori è consentita dall'art. 154 c.p.c. soltanto prima della loro scadenza, sicché il loro decorso senza la presentazione di un'istanza di proroga determina gli stessi effetti preclusivi della scadenza dei termini perentori ed impedisce la concessione di un nuovo termine.

(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Roma 
Sentenza 
7 settembre 2020 

Omissis

E' fondata l'eccezione di improcedibilità che risulta preclusiva dell'esame del merito. 

E' al riguardo da premettere che il legislatore, con un evidente scopo deflattivo è intervenuto, con il decreto legislativo 04/03/2010 n.28, sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. 

Con riferimento ad un significativo numero di controversie, tra le quali, per quel che interessa, rientrano quelle relative ai diritti reali, ha previsto l'obbligatorietà della mediazione configurandola "quale condizione di procedibilità della domanda negoziale", quindi in buona sostanza quale condizione di accesso alla tutela giurisdizionale. E' quindi da ricordare che, ai sensi del comma 1-bis dell'art. 5 d.lgs 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di diritti reali - come nella specie - "è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, (...). L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione." Ovvero, quindi, in quest'ultimo caso, all'udienza fissata dal Giudice risulti che il procedimento di mediazione non è stato iniziato, questi dichiarerà l'improcedibilità della domanda giudiziale con sentenza. 

Non rileva, poi, che il termine in questione non sia stato definito espressamente 'perentorio' dalla legge. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, che si condivide, il carattere della perentorietà del termine può desumersi anche in via interpretativa tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione cui adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (in questo senso Cass. n. 14624/00, 4530/04). 

La implicita natura perentoria del termine di 15 giorni concesso dal Giudice in caso di mancato svolgimento del procedimento mediazione si evince dal fatto che esso mira a consentire di superare una situazione già attuale di improcedibilità; sembra illogico ritenere che il Giudice sia tenuto a concedere un altro termine se quello precedentemente assegnato non sia stato rispettato, così mantenendo il processo in un'anomala situazione di stallo, determinata dall'inerzia delle parti. 

D'altro canto, la possibilità di concedere un nuovo termine – come chiesto dalla parte opponente alla udienza del 11 settembre 2019 – va esclusa anche considerando che la proroga dei termini ordinatori è consentita dall'art. 154 c.p.c. soltanto prima della loro scadenza, sicché il loro decorso senza la presentazione di un'istanza di proroga determina gli stessi effetti preclusivi della scadenza dei termini perentori ed impedisce la concessione di un nuovo termine (v. Cass. 17202/2013, 4448/13; 1064/05; 3406/04; 808/99; 11774/98). 

Sotto un ulteriore profilo va osservato che la mancata attivazione della mediazione disposta dal giudice, al di là della terminologia utilizzata dal legislatore e dalla sanzione prevista (improcedibilità della domanda giudiziale), altro non è che una forma qualificata di inattività delle parti, per avere le stesse omesso di dare esecuzione all'ordine del giudice. 

Ne segue che, nella specie, non essendo stato introdotto il procedimento di mediazione nel termine fissato – di cui neppure è stata richiesta la proroga prima della scadenza o successivamente –, la domanda deve dichiararsi definitivamente improcedibile con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto e condanna della parte opponente al pagamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo. 

PQM 

Il Tribunale, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa così provvede: dichiara improcedibile l'opposizione e, per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto omissis; condanna omissis al pagamento delle spese di lite sostenute dalla parte opposta, che si liquidano euro 2.738,00 per compensi, oltre accessori come per legge. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.