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21 settembre 2016

65/16. Mediazione demandata: contenuto dell’istanza di mediazione e termine ultimo per il rilievo officioso dell’improcedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 65/2016)

=> Tribunale di Verona, 7 luglio 2016

L’art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010 richiede, al fine di assolvere la condizione di procedibilità, che vengano individuate nell’istanza di mediazione tutte le ragioni sottostanti alle diverse domande svolte in giudizio, a nulla rilevando che parte convenuta nulla abbia eccepito al riguardo né in fase di mediazione né nel corso del giudizio. Pertanto, se dalla domanda di mediazione emerge che questa ha riguardato solo alcuni dei diversi titoli azionati in causa, va dichiarata l’improcedibilità delle altre domande (I).

L’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010 non individua un termine ultimo per il rilievo officioso del difetto della condizione di procedibilità in caso di mediazione demandata (I).




Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 65/2016

Tribunale di Verona
sentenza
7 luglio 2016

Omissis

Omissis Srl, in qualità di debitrice principale, e i suoi garanti omissis hanno promosso nei confronti del Banco Popolare società cooperativa un'azione d'indebito oggettivo, finalizzata ad ottenere la restituzione delle somme indebitamente incassate dalla Banca, e ammontanti a euro 17.237,85, nel corso di un rapporto bancario di conto corrente, meglio identificato in atto di citazione e concluso in data 18.12.2006. A sostengo di tali domande l’attrice ha dedotto che, nel corso del rapporto di conto corrente, l’istituto di credito aveva applicato interessi passivi superiori al tasso soglia e comunque in condizioni di usura soggettiva dell’attrice, nonché la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. Gli attori hanno inoltre lamentato la nullità totale o parziale del contratto di conto corrente sotto numerosi profili, meglio esplicitati alle pag. 18 e 19 dell’atto di citazione. Gli attori hanno anche lamentato l’invalidità del contratto di mutuo chirografario dell’importo di euro 8.092,16 concesso alla omissis dalla convenuta, per mancanza di causa e contrarietà a norme imperative, in quanto accordato al fine di estinguere le passività derivanti dal contratto di conto corrente, e per essere stati applicati interessi anatocistici nel corso di esso.
Gli attori hanno anche svolto una domanda di inibitoria della convenuta dalla segnalazione alla centrale rischi dei loro nominativi, sul presupposto che sarebbe stata contraria alla buona fede, e una domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per effetto del comportamento della convenuta.
Quest’ultima si è costituita in giudizio, resistendo alle domande avversarie e assumendone l’infondatezza.
Ciò detto con riguardo agli assunti delle parti, in via preliminare va dichiarata l’improcedibilità, delle domande, avanzate dalla omissis, di nullità del contratto e delle clausole del rapporto di conto corrente e di quella di inibitoria alla segnalazione in Centrale rischi per mancato espletamento della procedura di mediazione demandata da questo giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d. lgs. 28/2010, con ordinanza del 18 dicembre 2014. Tale conclusione discende dalla considerazione che dalla istanza di mediazione, presentata in data 24.12.2014, che parte attrice ha prodotto solo in data 18 aprile 2016, in ossequio all’ordinanza interlocutoria di questo Giudice, emerge che il procedimento conciliativo ha riguardato solo alcuni dei diversi titoli azionati in causa, vale a dire la ripetizione degli interessi anatocistici ed usurari applicati al rapporto di conto corrente e l’accertamento della gratuità del contratto di mutuo e della clausola di esso relativa alla pattuizione di interessi usurari (cfr. la parte della domanda di mediazione relativa alla indicazione delle ragioni della pretesa, prodotta da parte attrice).
Orbene, l’art. 4, comma 2, D. Lgs. 28/2010 richiedeva, al fine di assolvere la condizione di procedibilità, che fossero individuate nella istanza di mediazione tutte le ragioni sottostanti alle diverse domande svolte dalla omissis, a nulla rilevando in contrario che parte convenuta nulla abbia eccepito al riguardo né in fase di mediazione né nel corso del presente giudizio. Non va poi trascurato che l’art. 5, comma 2, d. lgs. 28/2010 non individua un termine ultimo per il rilievo officioso del difetto della condizione di procedibilità in caso di mediazione demandata. Infatti il richiamo al comma 1 bis operato da tale disposizione deve intendersi riferito alla elencazione delle ipotesi di mediazione obbligatoria ex lege presente nel comma suddetto.
In ogni caso nel caso di specie questo giudice è stato posto in condizioni di rilevare la mancanza del presupposto processuale solo dopo che era stata fissata udienza di discussione. La stessa conclusione di improcedibilità non è invece consentita per le domande, relative ai predetti profili, svolte dal B. e dalla S., in qualità di fideiussori della omissis, atteso che, ad avviso di questo Giudice, il contratto di fideiussione non è riconducibile alla categoria dei contratti bancari, di cui all’art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. 28/2010. Infatti deve ritenersi che con tale espressione il legislatore abbia inteso far riferimento solamente ai rapporti tipicamente bancari. Venendo al merito le restanti domande attoree sono tutte infondate e vanno pertanto rigettate.
A giustificare il rigetto della doglianza relativa alla pretesa applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, è sufficiente la considerazione che il contratto di conto corrente per cui è causa è stato stipulato nel dicembre 2006 e in esso era stata prevista la pari periodicità degli interessi attivi e passivi (cfr. doc.3 di parte convenuta).
Quanto ai molteplici profili di nullità del contratto prospettati dagli attori, essi vanno tutti disattesi o perché generici (considerazione che vale per quello relativo alle clausole contrattuali che stabiliscono non meglio precisate condizioni più sfavorevoli per il cliente, per quello relativo alle clausole, non identificate e qualificate come abusive o vessatorie e di quelle relative all’applicazione delle valute in mancanza dell’indicazione del parametro sulla base del quale sono state considerate invalide) o perché infondati in quanto relativi a facoltà e iniziative dell’istituto di credito che erano state previste nel contratto (considerazione che vale per tutti i rilievi non ritenuti generici e di cui alle pagine 18 e 19 dell’atto di citazione). Parimenti generico è l’assunto relativo alla situazione di usura soggettiva in cui si sarebbe trovata la omissis al momento della conclusione del contratto, in difetto di precisazione della parte attrice di quale fosse stato il tasso medio praticato per operazioni similari da assumere come riferimento per la valutazione del caso.
Quanto poi alla doglianza relativa alla applicazione di interessi debitori usurari nel corso del rapporto di conto corrente anch’essa va disattesa poiché si fonda su criteri non condivisibili.
A tale riguardo, occorre innanzitutto osservare che, per il periodo precedente all’entrata in vigore della L. n. 2/09, non si condivide l'assunto teorico attoreo che ricollega il metodo di calcolo del TEG alla diretta applicazione del principio di cui all'art. 644, 4 comma cod.pen., ("…per la determinazione del tasso d'interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito”), che ricomprende nel calcolo del TEG anche la CMS. Invero, può evidenziarsi, criticamente, che tale assunto: 1) porta alla ‘disapplicazione’ delle Istruzioni emanate dalla Banca d'Italia ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 108/96, che espressamente escludono la CMS dal computo del TEG prevedendone la rilevazione separata (vedi pgf. C5 delle Istruzioni come periodicamente aggiornate sino al 2009), senza tuttavia considerare che la stessa legge 108/96, nel rimettere all'autorità amministrativa ministeriale il compito del rilevamento periodico dei tassi, esige la rilevazione comparata di “… operazioni della stessa natura”, cioè di elementi omogenei tra loro, quali non sono gli interessi e la CMS, ove concepita, secondo il modello di tecnica bancaria (ripreso poi anche da Cass. n. 870/06, che ne ha valorizzato il carattere di remunerazione per la messa disposizione dei fondi indipendente dall'effettivo prelevamento) come “…il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto” (cfr. Istruzioni Banca d'Italia, nei vari aggiornamenti periodici, sub pgf. C5) e perciò fatta oggetto di autonoma rilevazione “…finalizzata all’enucleazione di una specifica soglia usuraria ad hoc, all’evidente fine di non omogeneizzare categorie di interessi pecuniari finanziariamente disomogenei (si pensi, ad es., a quelli che accedono al mutuo fondiario familiare per l’acquisto della prima casa rispetto a quelli, assai diversi financo sul piano ragionieristico, derivanti da apertura di credito in conto corrente in favore di impresa commerciale”) (cfr. Tribunale di Verona, sent. 3/10/12); 2) non tiene conto del fatto che, riconosciuta nell'art. 644 una norma penale in bianco suscettibile di eterointegrazione per la determinazione del “…limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”, sono gli stessi Decreti Ministeriali di rilevazione dei tassi usurari, emessi ai sensi dell'art. 2 della legge n. 108/96 e, quindi, integrativi della stessa norma penale (cfr. art. 644, 3 comma, cod.pen.), che, ‘legificando’ il criterio tecnico della B.I.: a) prevedono espressamente che i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata, la quale viene rilevata e pubblicata a parte, come allegato alla tabella dei tassi (cfr. art. 1, 2 comma, dei decreti); b) fanno propri i criteri illustrati dalla Banca d'Italia nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura”, che sono elaborate dall'Istituto di Vigilanza non già per ragioni interne al sistema bancario o meramente statistiche bensì proprio nell'ambito del procedimento disciplinato dall'art. 2 della legge n. 108/96; c) ribadiscono che le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il rispetto del limite di cui all'art. 2, 4 comma, della legge n. 108/96, si attengono ai criteri di calcolo delle Istruzioni della Banca d'Italia (cfr. art. 3, 2 comma, dei decreti).
Inoltre, la tesi dell’inclusione della CMS nel calcolo del TEG, si pone in aperto contrasto: a) con la ultima parte del 2 comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09, che, a chiusura del dibattito giurisprudenziale insorto negli anni in materia, ha previsto l'inclusione della CMS nel calcolo del TEG solo a partire dalla data dell’entrata in vigore della legge stessa, confermando per il periodo precedente la disciplina anteriormente in vigore (cfr. l’art. 2 bis, 2 comma, ultima parte, della L. 2/09, secondo cui “Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni”); b) con la prima parte del 2 comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09, che correlativamente prevede che “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108”).
Le superiori considerazioni giustificano anche il rigetto delle domande di nullità e accertamento di simulazione relative al contratto di mutuo atteso che, una volta escluso che le passività derivanti dal contratto di conto corrente fossero non dovute, esso deve ritenersi pienamente valido.
Quanto invece alla doglianza relativa al tasso di interesse applicato alla somma mutuata deve osservarsi che, come affermato da diverse pronunce di merito (cfr. tra le altre le pronunce di questo Tribunale del 24 marzo 2015 e del 27 aprile 2015) non è concettualmente configurabile il fenomeno anatocistico con riferimento a mutuo con ammortamento c.d. alla francese, difettando in sede genetica del negozio, il presupposto stesso dell’anatocismo, vale a dire la presenza di un interesse giuridicamente definibile come scaduto” sul quale operare il calcolo dell’interesse composto ex art. 1283 c.c.
Pertanto, in tale tipo di ammortamento, il metodo di calcolo della tradizionale rata costante espressa nel relativo piano (rata contenente, nel suo senso la restituzione frazionata del capitale e dell’interesse fissato per il mutuo) si risolve, a tutto voler concedere, in una formula più complessa di calcolo del futuro interesse corrispettivo da versare, estranea dunque alla disciplina imperativa di cui all’art. 1283 c.c.
Venendo alla regolamentazione delle spese di lite esse vanno poste a carico degli attori in applicazione del principio della soccombenza.
Alla liquidazione delle somme spettanti a titolo di compenso si procede come in dispositivo sulla base del d.m. 55/2014.
In particolare il compenso per le fasi di studio ed introduttiva può essere determinato assumendo a riferimento i corrispondenti valori medi di liquidazione previsti dal succitato regolamento mentre quello per le fasi istruttoria e decisionale va quantificato in una somma pari ai corrispondenti valori medi di liquidazione, ridotti del 30 %, alla luce della considerazione che la prima è consistita nel solo deposito delle memorie ex art. 183 VI comma c.p.c.. e nella partecipazione ad una udienza mentre nella fase decisionale le parti hanno ripreso le medesime argomentazioni che avevano già svolto in precedenza.
Il compenso così risultante è pari ad euro 2581,00 ed esso va aumentato del 40% ai sensi dell’art. 4, comma II, d.m.55/2014.
Sull’importo riconosciuto a titolo di compenso alla convenuta spetta anche il rimborso delle spese generali nella misura massima consentita del 15 % della somma sopra indicata.

PQM

Il Giudice unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta, dichiara improcedibili le domande di nullità relative al contratto di conto corrente per cui è causa e quella di inibitoria dalla segnalazione alla Centrale rischi avanzate da omissis; rigetta tutte le altre domande di parte attrice e condanna gli attori in solido tra loro a rifondere alla convenuta le spese del presente giudizio che liquida nella somma di euro 3.613,40, oltre rimborso spese generali nella misura del 15 % del compenso, Iva, se dovuta e Cpa.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.