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29 gennaio 2013

12/13. Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2013: la mediazione nella Relazione del Primo Presidente Ernesto Lupo (Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2013)


Numerose sono le relazioni esposte nel corso della Cerimonia d’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2013 che hanno affrontato il tema della mediazione civile.

Tra queste assume assoluta rilevanza la Relazione del primo presidente della Suprema Corte di Cassazione Ernesto Lupo e, in particolare, il paragrafo 4 del capitolo III della Relazione.

La Relazione in parola affronta preliminarmente il tema del rapporto tra strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione e finalità deflattive del contenzioso, osservando i mezzi di ADR pur non potendo essere considerati direttamente come strumenti generali di deflazione del contenzioso, “possono certamente fornire un contributo alla riduzione dell'accesso alle corti o quanto meno alla riduzione del numero delle decisioni giudiziarie”.

Con particolare riferimento all’istituto introdotto dal d.lgs. n. 28 del 2010 (1), poi, la Relazione fornisce interessanti spunti di riflessione, utili – si ritiene – anche (e soprattutto) nell’ottica dei futuri sviluppi della mediazione civile nel nostro Paese.

Gli auspici degli anni precedenti

Nelle precedenti relazioni sull'amministrazione della giustizia:
  • era stata espressa qualche riserva in ordine alla disciplina dettata dal richiamato decreto legislativo con riguardo, in particolare, alla genericità dell’indicazione delle categorie di controversie assoggettate all'obbligo di mediazione;
  • si era formulato un giudizio complessivamente positivo in ordine all'istituto in esame, “evidenziandosi l'idoneità dello stesso a favorire una riduzione della durata dei processi civili attraverso la rimozione della principale causa di tale fenomeno, comunemente individuata nell'incapacità del nostro sistema giudiziario di far fronte ad una domanda di giustizia in costante crescita”.

La situazione attuale

La Relazione osserva, precisando che – “la brevità del periodo in cui la normativa ha avuto applicazione nel suo testo originario non ha consentito di verificare appieno la fondatezza di tali auspici” (2) – sulla base dei dati statistici del Ministero (3) possono trarsi le seguenti conclusioni:
  • il procedimento di mediazione “ha avuto ampia applicazione” sia nelle controversie in cui “il raggiungimento di un accordo tra le parti è agevolato dalla natura personale dei rapporti intercorrenti tra le parti e dal carattere non seriale degli interessi coinvolti” (come quelle in materia di diritti reali, locazione, divisione, successioni ereditarie), sia in quelle che “investono prevalentemente rapporti di massa” (controversie in materia di contratti bancari e assicurativi);
  • va confermata l'efficacia deflativa dell'istituto in esame anche in quanto “là dove le parti vi hanno fatto ricorso, esso si è rivelato realmente capace di favorire una soluzione conciliativa della controversia”;
  • sul livello di adesione delle parti alla procedura (in costante incremento dall'entrata in vigore del decreto legislativo fino al momento in cui l'obbligo della mediazione è divenuto applicabile anche alle controversie in materia di risarcimento dei danni derivanti da circolazione dei veicoli e natanti) ha “pesano in misura determinante l’atteggiamento di sfiducia, se non addirittura di preconcetta opposizione, manifestato dalle compagnie di assicurazione, le quali si sono astenute sistematicamente dal comparire dinanzi ai mediatori”;
  • mediazione facoltativa: nel 16% dei casi le parti hanno scelto di percorrere la strada della mediazione senza esservi costrette da alcuna disposizione di legge.

Le Prospettive future

Il Primo Presidente, sulla base di tali considerazione, illustra con autorevolezza che esse “dovrebbero indurre a meditare approfonditamente sulla convenienza di abbandonare al proprio destino un istituto la cui disciplina, opportunamente rimodulata alla luce della pronuncia d’illegittimità costituzionale, potrebbe contribuire a fornire una risposta tempestiva ed efficace alle esigenze di tutela nei rapporti tra privati”.

Al riguardo si sottolinea che:

1)    si avverte la necessità di proposte di modificazione della disciplina della mediazione idonee a “vincere le resistenze culturali nei confronti di modalità innovative di gestione dei conflitti civili” su cui ha pesato la fine anticipata della legislatura, illustrando a tal riguardo come ben potrebbe ipotizzarsi “l'imposizione quanto meno iniziale dell'obbligatorietà del tentativo di conciliazione in alcune materie”, riferendosi, in particolare, “alla proposta di rendere obbligatorio non il tentativo di conciliazione, ma solo quello di un incontro preliminare con il mediatore, al fine di valutare in concreto l’opportunità di procedere al tentativo, ovvero di porvi termine in quella sede, con costi e tempi decisamente inferiori”.

2)    nell'attesa che il nuovo Parlamento prenda in esame proposte volte a favorire il ricorso alla mediazione, si ribadisce che “il successo d’interventi legislativi volti ad apprestare e promuovere l'utilizzazione di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie esige un forte coinvolgimento di tutti i potenziali attori del processo”, facendo in particolare riferimento alla classe forense, “chiamata a recuperare «la vocazione alla conciliazione delle parti in conflitto, che il nostro ordinamento assegna all’avvocato come fisiologico ruolo funzionale alla piena realizzazione della tutela dei diritti»” (4);

3)    va sottolineata l’importanza dell’iniziativa del giudice, la cui facoltà di invitare le parti a tentare la mediazionepotrebbe contribuire a promuoverne la diffusione, soprattutto se accompagnata da un adeguato monitoraggio degli esiti di tale invito” (5);

4)    la praticabilità di tali interventi è testimoniata dai dati statistici ministeriali:
a.    disponibilità delle parti ad avvalersi della mediazione al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge (16%);
b.    ampio ricorso dei contendenti all’assistenza legale;
c.    l’assistenza legale in mediazione non ha rappresentato un ostacolo al conseguimento dei risultati positivi dei procedimenti;
d.    vantaggi derivanti dalla mediazione in termini di risparmio di tempo;
e.    inesistenza di svantaggi in termini di dilatazione dei tempi processuali (“dal momento che la durata dei procedimenti non è risultata superiore ai 77 giorni, rispetto ad una durata del processo di primo grado che si aggira mediamente sui 1.066 giorni”).

Ebbene, un manifesto per la mediazione che viene dal mondo della Giustizia, anzi da una delle voci più autorevole di quel mondo. Un mondo che non è estraneo alla mediazione; anzi, al contrario, un mondo di cui questa fa parte.   


(2) Ciò soprattutto con riferimento alle controversie in materia di condominio e risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, per le quali l'obbligo della mediazione è entrato in vigore soltanto il 21 marzo 2012.


(4) Mi si permetta di rimandare al riguardo alle considerazioni espresse in:


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2013

Corte Suprema di Cassazione
Ernesto Lupo
RELAZIONE
sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2012
Roma, 25 gennaio 2013

…omissis…

4. Gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (ADR).

Gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione (ADR),
pur non potendo essere considerati direttamente come strumenti generali di deflazione del
contenzioso, ma costituendo più propriamente forme di risposta a domande di giustizia di
particolare natura, possono certamente fornire un contributo alla riduzione dell'accesso alle
corti o quanto meno alla riduzione del numero delle decisioni giudiziarie. Nella valutazione
di tali strumenti, la CEPEJ ha individuato tre diverse tipologie di procedimento, la
mediazione, la conciliazione e l'arbitrato, non sempre presenti negli ordinamenti di tutti gli
Stati e spesso differenziate secondo criteri diversi (ad esempio, il patteggiamento della pena
è considerato una forma di mediazione in Francia, ma non in Italia e nei Paesi Bassi). La previsione di ADR è comunque in continua espansione, anche se diverse sono le materie
per le quali esse sono previste e le forme nelle quali si realizzano: in particolare,
l'ordinamento italiano esclude dalla mediazione gli affari amministrativi e, al pari di quello
della Germania e del Regno Unito, anche gli affari penali(77), mentre l'ordinamento francese
e quello spagnolo ammettono la mediazione per tutti gli affari.

Com'è noto, con sentenza n. 272 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, emanato dal Governo in
attuazione della delega conferita dall'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, nella parte in
cui, nel disciplinare la mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali, prevedeva, all'art. 5, comma 1, l'obbligatorietà del ricorso a tale strumento
alternativo di definizione delle controversie, condizionando, in numerose tipologie di
controversie civili, la procedibilità della domanda giudiziale al preventivo esperimento del
procedimento di mediazione.

Nelle precedenti relazioni sull'amministrazione della giustizia, pur esprimendosi
qualche riserva in ordine alla disciplina specificamente dettata dal decreto legislativo, in
particolare con riguardo alla genericità dell'indicazione delle categorie di controversie
assoggettate all'obbligo di mediazione, si era formulato un giudizio complessivamente
positivo in ordine all'istituto in esame, evidenziandosi l'idoneità dello stesso a favorire una
riduzione della durata dei processi civili attraverso la rimozione della principale causa di tale
fenomeno, comunemente individuata nell'incapacità del nostro sistema giudiziario di far
fronte ad una domanda di giustizia in costante crescita.

La brevità del periodo in cui la normativa ha avuto applicazione nel suo testo
originario non ha consentito di verificare appieno la fondatezza di tali auspici, soprattutto
con riguardo alle controversie in materia di condominio e risarcimento del danno da
circolazione di veicoli e natanti, per le quali l'obbligo della mediazione è entrato in vigore
soltanto il 20 marzo 2012 (a differenza delle controversie in materia di diritti reali,
divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende,
risarcimento del danno da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della
stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, per le
quali ha trovato applicazione dal 21 marzo 2011). Ciò che può dirsi, peraltro, sulla base dei
dati statistici forniti dal Ministero della giustizia (DGStat), è che il procedimento in
questione ha avuto ampia applicazione non solo nelle controversie, come quelle in materia
di diritti reali (19,3% dei casi), locazione (12,7% dei casi), divisione (5,6% dei casi),
successioni ereditarie (3,3% dei casi), in cui il raggiungimento di un accordo tra le parti è
agevolato dalla natura personale dei rapporti intercorrenti tra le parti e dal carattere non
seriale degli interessi coinvolti, ma anche nelle controversie che, come quelle in materia di
contratti bancari (9,1% dei casi) e assicurativi (8,3% dei casi), investono prevalentemente
rapporti di massa.

L'efficacia deflativa dell'istituto trova poi conferma nella costatazione che, là dove le
parti vi hanno fatto ricorso, esso si è rivelato realmente capace di favorire una soluzione
conciliativa della controversia, avendo condotto ad una definizione concordata nel 46,4% dei casi in cui entrambe le parti sono comparse(78). Positivo sarebbe potuto risultare il
giudizio anche in ordine al livello di adesione delle parti alla procedura, in costante
incremento (dal 26% al 35,7%) dall'entrata in vigore del decreto legislativo fino al momento
in cui l'obbligo della mediazione è divenuto applicabile anche alle controversie in materia di
risarcimento dei danni derivanti da circolazione dei veicoli e natanti, se su tale dato non
avesse pesato in misura determinante l'atteggiamento di sfiducia, se non addirittura di
preconcetta opposizione, manifestato dalle compagnie di assicurazione, le quali si sono
astenute sistematicamente dal comparire dinanzi ai mediatori.

Questi rilievi, unitamente alla considerazione che nel 16% dei casi le parti hanno
scelto di percorrere la strada della mediazione senza esservi costrette da alcuna disposizione
di legge, dovrebbero indurre a meditare approfonditamente sulla convenienza di
abbandonare al proprio destino un istituto la cui disciplina, opportunamente rimodulata alla
luce della pronuncia d'illegittimità costituzionale, potrebbe contribuire a fornire una
risposta tempestiva ed efficace alle esigenze di tutela nei rapporti tra privati.
In tale prospettiva, pur dovendosi prendere atto che, come ritenuto dal Giudice
delle leggi, l'obbligatorietà del ricorso alla mediazione, assunta dal legislatore delegato quale
profilo caratterizzante nella disciplina dell'istituto, non trovava adeguato riscontro nei
principi e criteri direttivi enunciati dalla legge delega, ispirati invece alla volontarietà
dell'iniziativa e all'intento di promuoverne la diffusione mediante la previsione di incentivi
di carattere fiscale, non può non osservarsi che la scelta di favorire l'utilizzazione di
strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione risponde ad esigenze
di deflazione del contenzioso e di miglioramento dell'accesso alla giustizia fatte proprie
anche dagli organi dell'Unione europea. Significativa, al riguardo, è la circostanza che, nel
rilevare il difetto di delega, la Corte costituzionale abbia avvertito la necessità di sottolineare
il legame dell'art. 60 della legge n. 69 del 2009 e del d.lgs. n. 28 del 2010 con i seguenti atti
comunitari: a) la risoluzione del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999,
avente ad oggetto la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione
europea; b) la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio
2008, nella quale si afferma esplicitamente che la mediazione «può fornire una risoluzione
extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale»,
aggiungendosi che «gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di
essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e
sostenibile tra le parti»; c) la risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011, sui
metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare,
nella quale, pur escludendosi l'imposizione generalizzata di un sistema obbligatorio di ADR
a livello di UE, si prevede la possibilità di valutare un meccanismo obbligatorio per la
presentazione dei reclami delle parti al fine di esaminare la possibilità di ADR; d) la
risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011, nella quale, passandosi in
rassegna le modalità con cui alcuni Stati membri hanno proceduto all'attuazione della
direttiva sulla mediazione, si osserva che «nel sistema giuridico italiano la mediazione
obbligatoria sembra raggiungere l'obiettivo di diminuire la congestione nei tribunali».
E' pur vero che dai predetti atti non si desume alcuna opzione esplicita o
implicita a favore del carattere obbligatorio della mediazione, in quanto il legislatore
comunitario si è preoccupato soltanto di disciplinare le modalità secondo le quali il
procedimento può essere strutturato, senza imporre né consigliare l'adozione del
modello obbligatorio, ma limitandosi a stabilire che resta impregiudicata la legislazione
che rende obbligatorio il ricorso alla mediazione (cfr. art. 5, comma 2, della direttiva
2008/52/CE). Peraltro, come ha rilevato lo stesso Giudice delle leggi, la Corte di
giustizia UE, nella sentenza 18 marzo 2012, in causa C-317/08 ha riconosciuto, sia pure
come obiter dictum e in riferimento a specifiche fattispecie, quantitativamente limitate e
con una struttura peculiare, l'inesistenza di «un'alternativa meno vincolante alla
predisposizione di una procedura obbligatoria, perché l'introduzione di una procedura
extragiudiziale meramente facoltativa non costituirebbe uno strumento altrettanto
efficace per la realizzazione degli obiettivi perseguiti».

La fine anticipata della legislatura ha impedito l'esame di proposte di
modificazione della disciplina della mediazione, idonee a vincere le resistenze culturali
nei confronti di modalità innovative di gestione dei conflitti civili, attraverso
l'imposizione quanto meno iniziale dell'obbligatorietà del tentativo di conciliazione in
alcune materie, magari temperata dalla previsione di una procedura meno gravosa nelle
liti in cui esso ha minori chances di successo: mi riferisco, in particolare, alla proposta di
rendere obbligatorio non il tentativo di conciliazione, ma solo quello di un incontro
preliminare con il mediatore, al fine di valutare in concreto l'opportunità di procedere al
tentativo, ovvero di porvi termine in quella sede, con costi e tempi decisamente
inferiori.

Nell'attesa che il nuovo Parlamento prenda in esame proposte simili ed altre
volte a favorire il ricorso alla mediazione, non può che ribadirsi quanto già affermato
nelle relazioni sull'amministrazione della giustizia degli scorsi anni, e cioè che il successo
d'interventi legislativi volti ad apprestare e promuovere l'utilizzazione di strumenti
alternativi di risoluzione delle controversie esige un forte coinvolgimento di tutti i
potenziali attori del processo, e quindi non solo delle parti, cui si richiede «una salda
fiducia nella possibilità di trovare un accomodamento dinanzi al mediatore», ma anche
della classe forense, chiamata a recuperare «la vocazione alla conciliazione delle parti in
conflitto, che il nostro ordinamento assegna all'avvocato come fisiologico ruolo
funzionale alla piena realizzazione della tutela dei diritti». Neppure va sottovalutata
l'importanza dell'iniziativa del giudice, la cui facoltà di invitare le parti a tentare la
mediazione, finora sottoutilizzata (2,8% dei casi), potrebbe contribuire a promuoverne
la diffusione, soprattutto se accompagnata da un adeguato monitoraggio degli esiti di
tale invito.

La praticabilità di questi interventi è testimoniata dagli stessi dati statistici relativi
al breve periodo di applicazione del decreto legislativo, dai quali risultano, oltre alla già
menzionata disponibilità delle parti ad avvalersi della mediazione al di fuori delle ipotesi
espressamente previste dalla legge, l'ampio ricorso dei contendenti all'assistenza legale
(della quale si sono avvalsi l'84% dei proponenti e l'85% degli aderenti), che non ha
rappresentato un ostacolo al conseguimento dei risultati positivi già segnalati
(raggiungimento dell'accordo nel 46% dei casi), nonché i vantaggi derivanti dalla
mediazione in termini di risparmio di tempo, o quanto meno l'inesistenza di svantaggi in
termini di dilatazione dei tempi processuali (dal momento che la durata dei
procedimenti non è risultata superiore ai 77 giorni, rispetto ad una durata del processo
di primo grado che si aggira mediamente sui 1.066 giorni).

(77) Essendo però in quelli penali davanti al giudice di pace prevista invece una forma di conciliazione ad opera del giudice per i reati perseguibili a querela, che può realizzarsi anche attraverso interventi di mediazione di centri e strutture pubbliche (art. 29, commi 4 e 5, d. lgsl. 28 agosto 2000, n. 274).

(78) Il problema è che l’aderente non è comparso nel 64,2% dei casi, onde la percentuale di quasi la metà si riferisce soltanto al 31,2% delle mediazioni iscritte.

…omissis…

AVVISO. Il testo di questo provvedimento non riveste carattere di ufficialità.