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28 giugno 2012

97/12. Decreto legge n. 83/2012: escluso l’indennizzo per irragionevole durata del processo in caso di provvedimento del giudice coincidente con la proposta conciliativa rifiutata (Osservatorio Mediazione Civile n. 97/2012)

Il recente decreto-legge n. 83 del 2012 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese (I) ha previsto alcune modifiche alla disciplina della ragionevole durata del processo e, in particolare, al diritto all’equa riparazione in caso di violazione del termine di ragionevole di durata dettata dalla legge n. 89 del 2001 (II).

In particolare, l’art. 55 del medesimo decreto-legge, ha introdotto una rilevante novità con riferimento alla disciplina della mediazione civile inserendo nella richiamata l. n. n. 83 del 2012 il nuovo art. 2-quinquies a norma del quale non è riconosciuto alcun indennizzo (anche) nel caso di cui all'art. 13, primo comma, primo periodo, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.

Il richiamato art. 13 d.lgs. n. 28 del 2010 è, come noto, relativo all’ipotesi in cui una delle parti in mediazione rifiuti la proposta di accordo conciliativo formulata dal mediatore, disponendo che “quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto” (III).

In caso di rifiuto della proposta di conciliazione formulata dal mediatore, dunque, la parte che la ha rifiutata correrà il rischio, oltre alle ulteriori conseguenze previste dal citato art. 13 d.lgs. n. 28 del 2010, di non vedere tutelato nemmeno il proprio diritto ad un equo indennizzo in caso di violazione del termine di ragionevole durata del processo.

L’intento perseguito dal legislatore con il nuovo art. 2-quinquies l. n. 89 del 2001 introdotto dall’art. 55 d.l. n. 83 del 2012 pare quello di scoraggiare le parti a rifiutare la proposta conciliativa; ciò nell’ottica di sgravare quanto più possibile il carico di lavoro gravante sui nostri uffici giudiziari.
Tuttavia, si rischia così di inserire ulteriori meccanismi di rigidità e obbligatorietà al funzionamento dell’istituto della mediazione; meccanismi che, invece, mal si conciliano con la  logica stessa di tale istituto; con il conseguente rischio della diffusione di un senso comune che contrasta con l’intento di diffondere la cultura della mediazione come metodo di risoluzione dei conflitti basato sul superamento del modello conflittuale-competitivo.

La mediazione civile, si ritiene, non può dunque essere considerata solo ed unicamente come mezzo deflativo; se ne deve invece riconoscere e valorizzare, al di là di tale intento pure lecito ed esistente, la componente volontaristica che ne è alla base: mediazione, dunque, intesa come cosciente incontro delle autonome volontà delle parti.
In tal modo, puntando sull’informazione e sulla diffusione della cultura della mediazione (sia tra i cittadini, sia tra gli addetti ai lavori) si ritiene possa giungersi anche ad un reale effetto deflativo dei contenzioni giudiziari; in caso contrario, prevedendo solo obblighi e sanzioni, la mediazione rischia sempre più di essere relegata a mero adempimento formale o a solo strumento di strategia processuale.     

Da ultimo, occorre solo ricordare che la disposizione in parola è entrata in vigore già il 26 giugno; tuttavia, dovrà attendersi la legge di conversione del decreto in parola al fine di sapere se il nuovo art. 2-quinquies l. n. 89 del 2001 di cui si è discusso verrà o meno confermato.  

Riportiamo di seguito il testo dell’art. 55 d.l. n. 83 del 2012.

(I) Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, in Gazz. Uff. 26 giugno 2012, n. 147, Suppl. Ordinario n. 129.

(II) Legge 24 marzo 2001, n. 89, recante “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile”, in Gazz. Uff. 3 aprile 2001 n. 78.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 97/2012

Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83
“Misure urgenti per la crescita del Paese”
(in Gazz. Uff. 26 giugno 2012, n. 147, Suppl. Ordinario n. 129)

Art. 55 - Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89

1. Alla legge 24 marzo 2001, n.  89,  sono  apportate  le  seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 2:
1) il comma  2  e'  sostituito  dal  seguente:  «Nell'accertare  la
violazione il giudice valuta la complessita' del caso, l'oggetto  del
procedimento, il comportamento delle parti e del giudice  durante  il
procedimento, nonche'  quello  di  ogni  altro  soggetto  chiamato  a
concorrervi o a contribuire alla sua definizione»;
 2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole  di  cui  al
comma 1 se il processo non eccede la durata  di  tre  anni  in  primo
grado, di due anni in secondo grado,  di  un  anno  nel  giudizio  di
legittimita'. Ai  fini  del  computo  della  durata  il  processo  si
considera iniziato con  il  deposito  del  ricorso  introduttivo  del
giudizio ovvero con  la  notificazione  dell'atto  di  citazione.  Si
considera rispettato il termine ragionevole  se  il  procedimento  di
esecuzione forzata si e' concluso in tre  anni,  e  se  la  procedura
concorsuale si e'  conclusa  in  sei  anni.  Il  processo  penale  si
considera iniziato con l'assunzione della qualita'  di  imputato,  di
parte civile o di responsabile civile, ovvero  quando  l'indagato  ha
avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.
2-ter. Si considera comunque rispettato il termine  ragionevole  se
il giudizio viene definito in  modo  irrevocabile  in  un  tempo  non
superiore a sei anni.
2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo  in  cui
il processo e' sospeso e di quello intercorso tra il  giorno  in  cui
inizia a decorrere  il  termine  per  proporre  l'impugnazione  e  la
proposizione della stessa.
2-quinquies. Non e' riconosciuto alcun indennizzo:
a)  in  favore  della  parte   soccombente   condannata   a   norma
dell'articolo 96 del codice di procedura civile;
b) nel caso di cui all'articolo 91, primo comma,  secondo  periodo,
del codice di procedura civile;
c) nel caso di cui all'articolo 13, primo comma, primo periodo, del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
d) nel caso di estinzione del reato  per  intervenuta  prescrizione
connessa a condotte dilatorie della parte;
e) quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del
processo penale nei  trenta  giorni  successivi  al  superamento  dei
termini cui all'articolo 2-bis.
f) in ogni altro caso di abuso dei  poteri  processuali  che  abbia
determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;
3) il comma 3 e' abrogato;
b) dopo l'articolo 2 e' aggiunto il seguente:
«Art. 2-bis (Misura dell'indennizzo). - 1.  Il  giudice  liquida  a
titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore  a  500
euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno,  o  frazione  di
anno superiore a sei mesi,  che  eccede  il  termine  ragionevole  di
durata del processo.
2. L'indennizzo e'  determinato  a  norma  dell'articolo  2056  del
codice civile, tenendo conto:
a) dell'esito del processo nel quale si e' verificata la violazione
di cui al comma 1 dell'articolo 2;
b) del comportamento del giudice e delle parti;
c) della natura degli interessi coinvolti;
d) del valore e della rilevanza  della  causa,  valutati  anche  in
relazione alle condizioni personali della parte.
3. La misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non  puo'
in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se  inferiore,
a quello del diritto accertato dal giudice.»;
c) l'articolo 3 e' sostituito dal seguente:
«Art. 3 (Procedimento). - 1. La  domanda  di  equa  riparazione  si
propone con ricorso al presidente della corte d'appello del distretto
in cui ha sede il giudice competente ai sensi  dell'articolo  11  del
codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i
magistrati nel cui distretto e' concluso o estinto  relativamente  ai
gradi di merito il procedimento  nel  cui  ambito  la  violazione  si
assume verificata. Si applica l'articolo 125 del codice di  procedura
civile.
2.  Il  ricorso  e'  proposto  nei  confronti  del  Ministro  della
giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del
Ministro della difesa quando si tratta di  procedimenti  del  giudice
militare. Negli altri casi e' proposto  nei  confronti  del  Ministro
dell'economia e delle finanze.
3. Unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei
seguenti atti:
a) l'atto di citazione,  il  ricorso,  le  comparse  e  le  memorie
relativi al procedimento nel  cui  ambito  la  violazione  si  assume
verificata;
b) i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;
c) il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si  sia
concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.
4. Il presidente della corte d'appello, o un magistrato della corte
a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione  con
decreto motivato da emettere entro trenta  giorni  dal  deposito  del
ricorso. Si applicano i primi due commi dell'articolo 640 del  codice
di procedura civile.
5. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge  all'amministrazione
contro cui e' stata proposta la domanda di pagare senza dilazione  la
somma  liquidata  a  titolo  di  equa  riparazione,  autorizzando  in
mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le
spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.
6. Se il ricorso e' in tutto o in parte  respinto  la  domanda  non
puo' essere riproposta, ma la parte puo'  fare  opposizione  a  norma
dell'articolo 5-ter.
7. L'erogazione degli indennizzi agli aventi  diritto  avviene  nei
limiti delle risorse disponibili.»;
d) l'articolo 4 e' sostituito dal seguente:
«La  domanda  di  riparazione  puo'  essere  proposta,  a  pena  di
decadenza, entro sei  mesi  dal  momento  in  cui  la  decisione  che
conclude il procedimento e' divenuta definitiva.»;
e) l'articolo 5 e' sostituito dal seguente:
«Art.  5  (Notificazioni  e  comunicazioni).  -  1.   Il   ricorso,
unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, e'
notificato per copia autentica  al  soggetto  nei  cui  confronti  la
domanda e' proposta.
2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione  non  sia
eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del
provvedimento e la domanda di equa riparazione non puo'  essere  piu'
proposta.
3. La notificazione  ai  sensi  del  comma  1  rende  improponibile
l'opposizione  e  comporta  acquiescenza  al  decreto  da  parte  del
ricorrente.
4. Il decreto che accoglie la domanda  e'  altresi'  comunicato  al
procuratore generale della Corte dei conti,  ai  fini  dell'eventuale
avvio  del  procedimento  di  responsabilita',  nonche'  ai  titolari
dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati
dal procedimento.»;
f) dopo l'articolo 5-bis sono inseriti i seguenti:
«Art. 5-ter (Opposizione). - 1. Contro il  decreto  che  ha  deciso
sulla domanda di equa riparazione puo'  essere  proposta  opposizione
nel termine perentorio  di  trenta  giorni  dalla  comunicazione  del
provvedimento ovvero dalla sua notificazione.
2.  L'opposizione  si  propone  con  ricorso  davanti   all'ufficio
giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il  decreto.
Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile.
3. La corte d'appello  provvede  ai  sensi  degli  articoli  737  e
seguenti del codice di procedura civile. Del collegio  non  puo'  far
parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.
4. L'opposizione non sospende l'esecuzione  del  provvedimento.  Il
collegio,  tuttavia,  quando  ricorrono  gravi  motivi,   puo',   con
ordinanza  non  impugnabile,  sospendere  l'efficacia  esecutiva  del
decreto opposto.
5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso,
decreto impugnabile per  cassazione.  Il  decreto  e'  immediatamente
esecutivo.
Art. 5-quater (Sanzioni processuali). - 1. Con il  decreto  di  cui
all'articolo 3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il
giudizio di opposizione, il  giudice,  quando  la  domanda  per  equa
riparazione  e'  dichiarata   inammissibile   ovvero   manifestamente
infondata, puo' condannare il ricorrente al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma di  denaro  non  inferiore  ad  euro
1.000 e non superiore ad euro10.000.».
2. Le disposizioni di cui  al  comma  1  si  applicano  ai  ricorsi
depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a  quello  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

22 giugno 2012

96/12. La disciplina della mediazione si applicata anche al giudice di pace? (Osservatorio Mediazione Civile n. 96/2012)


Recenti pronunce di merito hanno sollevato dubbi in ordine all’applicabilità della nuova disciplina di cui al d.lgs. n. 28 del 2010 alle controversie di competenza del giudice di pace (I).
La disciplina della mediazione si applica anche al giudice di pace?
di Giulio Spina

La tesi secondo cui nei procedimenti innanzi al giudice di pace non troverebbe applicazione il nuovo istituto della mediazione civile poggia essenzialmente, in coerenza con la ricostruzione dell’istituto in parola che ne evidenzia gli stretti collegamenti col diritto processuale (II), sul presupposto che una nuova norma va applicata ed interpretata all'interno dell'ordinamento giuridico nel quale si inserisce, con la conseguenza che una norma sul rito, quale sarebbe qualificabile la disciplina dettata dal d.lgs. n. 28 del 2010 (e, in particolare, quella di cui all’art. 5, c. 1 del medesimo decreto legislativo relativa alla mediazione obbligatoria ed alla conseguente improcedibilità della domanda giudiziale in assenza del previo esperimento del procedimento di mediaizone) può essere applicata al giudice di pace solo se essa lo disponga espressamente (III).

Nell’interpretazione di tale nuova normativa, inoltre, dovrebbe farsi riferimento anche al criterio di specialità, con riferimento al quale va considerato il brocardo “lex posterior generalis non derogat priori speciali”, criterio che limita l'applicazione di quello cronologico poiché nel caso della norma speciale il rapporto contenutistico prevale sulla dimensione temporale (IV).

Ciò considerato, l’inapplicabilità della mediazione civile ai procedimenti di innanzi al giudice di pace poggia sui seguenti rilievi:
-         secondo l’art. 311 c.p.c. (V) una norma sul rito può essere applicata al giudice di pace solo se essa lo disponga espressamente, altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al titolo II;
-         il d.lgs. n. 28/10 non contiene alcun richiamo al processo dinanzi al giudice di pace né dispone espressamente l’abrogazione degli articoli 320 e 322 del codice di procedura civile (VII).

Nei procedimenti dinanzi al giudice di Pace vanno dunque applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall'art. 311 al 322 c.p.c. e non il d.lgs. n. 28/10 in quanto:
-         il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie affidate al Giudice di Pace è già stato previsto dal legislatore all’art. 30 l. n. 374/91, la cui ratio ispiratrice è quella di tendere a deflazionare il contenzioso;
-         l’art. 320 c.p.c. (relativo alla conciliazione innanzi al Giudice di Pace in sede contenziosa) non è stato abrogato dal d.lgs. n. 28/10: ne consegue che applicare la mediazione per le materie del Giudice di Pace comporterebbe una inutile duplicazione di quanto già assegnato alla competenza del giudice di pace ed un ostacolo alla celerità del processo;
-         il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede la conciliazione anche in sede non contenziosa (art. 322 c.p.c.). 

Pertanto, si è affermato che la disciplina della mediazione non si applica alle controversie di competenza del giudice di pace in quanto una diversa interpretazione finirebbe per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conciliazione delle controversie di competenza del giudice di pace, che già svolge ex lege la funzione affidata con il D.Lgs. n. 28/10 al mediatore (VIII): l'intento deflattivo che si è proposto il legislatore sarebbe infatti assecondato proprio dall'istituto del giudice di pace.

Tuttavia, come spunto di riflessione, può osservarsi quanto segue:

-         l’intento deflativo dei contenziosi civili perseguito dal legislatore già con la delega di cui all’art. 60 l. n. 69 del 2009 (e poi col conseguente d.lgs. n. 28 del 2010) ben potrebbe in realtà riguardare non solo i procedimenti civili pendenti innanzi al tribunale ordinario, ma anche quelli pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace;

-         con particolare riferimento alla conciliazione demandata, anche nei procedimenti di competenza del tribunale è prevista l’ipotesi di una conciliazione giudiziale (art. 185 c.p.c) (IX);

-         prevedendo l’applicabilità della disciplina della mediazione (specie di quella obbligatoria) alle sole controversie di competenza del tribunale si creerebbe una ingiustificata disuguaglianza di trattamento: sol tali controversie, infatti, resterebbero assoggettate al previo esperimento della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda; limitazione temporanea al diritto di accesso alla giustizia che, invece (pur ammettendone, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, la piena  legittimità costituzionale), non sarebbe prevista per le controversie di competenza del giudice di pace;

-         con particolare riferimento, ancora, alla conciliazione (specie quella giudiziale) svolta dal giudice di pace, occorre inoltre ricordare come le logiche sottese all’istituto della mediazione sono sicuramente differenti rispetto a quelle operanti – anche latu senso – all’interno di un processo(di competenza del tribunale o del giudice di pace);

-         riducendo l’ambito applicativo del d.lgs. n. 28 del 2010 alle sole cause di competenza del tribunale, la diffusione del nuovo istituto resterebbe fortemente limitata, contrastando con la ratio legis contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie (art. 5, c. 1 relazione illustrative);

-         riducendo l’ambito applicativo del d.lgs. n. 28 del 2010 alle sole cause di competenza del tribunale l’istituto della mediazione civile (in particolare quella demandata e quella facoltativa) verrebbe ridotto a mero strumento processuale, e non a possibilità fornita, sempre e comunque, a tutte le parti in lite con riferimento ad una controversia civile o commerciale; possibilità di ricercare, fuori dal processo e dalle logiche proprie del processo, un accordo conciliativo sulla base dei reali interessi delle parti medesime e non delle contrapposte posizioni giuridiche;

-         il giudice di pace, ad ogni modo, non è un mediatore professionista (non ne ha, ad esempio, la formazione): nuova professione congeniata dal legislatore come distinta da quella del giudice e, in genere, dal professionista del diritto.   


(II) Per la consapevolezza di tale stretto rapporto si veda già il focus contenutistico di questo Osservatorio, in Osservatorio Mediazione Civile n. 0/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

(III) In questo senso si veda G.d.P. Napoli, 23.3.12; fonte massima redazionale: Osservatorio Mediazione Civile n. 79/2012.  

(IV) Si veda ancora G.d.P. Napoli, 23.3.12; fonte massima redazionale: Osservatorio Mediazione Civile n. 79/2012.  

(V) Si vedano gli artt. 311 c.p.c. e ss. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com). 

(VI) In questi termini si veda G.d.P. Cava dei Tirreni, 21.4.12 in Osservatorio Mediazione Civile n. 91/2012; nel medesimo senso si veda G.d.P. Napoli, 23.3.12 in Osservatorio Mediazione Civile n. 79/2012, che pone in luce come l’art. 311 c.p.c. disponga che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo e, per ciò che esse non regolano, da quelle sul procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni.  

(VII) Si vedano ancora veda G.d.P. Cava dei Tirreni, 21.4.12 in Osservatorio Mediazione Civile n. 91/2012 e G.d.P. Napoli, 23.3.12 in Osservatorio Mediazione Civile n. 79/2012.

(VIII) Si veda G.d.P. Cava dei Tirreni, 21.4.12; fonte massima redazionale: Osservatorio Mediazione Civile n. 91/2012.

(IX) Si veda l’art. 185 c.p.c. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com). 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 96/2012

19 giugno 2012

95/12. Indennità di mediazione e credito d’imposta: precisazioni del Ministero della giustizia del 12 giugno 2012 (Osservatorio Mediazione Civile n. 95/2012)

L’art. 20 d.lgs. n. 28 del 2010 stabilisce che alle parti in mediazione è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità versata al relativo Organismo fino a concorrenza di 500 Euro. Detto credito d’imposta va determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3 dello stesso art. 20 (1).
In caso di insuccesso della mediazione, il medesimo credito d'imposta è ridotto della metà.

Si ricorda inoltre che, a norma del comma 4 dell’art. 20 in parola, il credito d’imposta:
- deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d'impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi;
- non da' luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Tutto ciò considerato, con riferimento a tali adempimenti inerenti al credito di  imposta, il Ministero della giustizia, con nota del 12 giugno 2012, ha segnalato che:
- è stata già inoltrata a tutti gli organismi di mediazione la richiesta di  far pervenire presso la direzione generale della giustizia civile i dati di dettaglio necessari per la determinazione della misura del credito di imposta;
- è in atto la predisposizione di un programma informatico che consentirà la compiuta comunicazione a tutti gli interessati dell’importo da potere far valere a titolo di credito di imposta per le indennità corrisposte nell’anno 2011.

Il dicastero della giustizia, inoltre, informa che nella sezione VI delle istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi 2012 è precisato che se la comunicazione relativa al credito di imposta è pervenuta in data successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi, il credito di imposta può essere indicato nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stata ricevuta la comunicazione.

Riportiamo di seguito la comunicazione ministeriale segnalata del 12 giungo 2012, così come pubblicata sul sito web istituzionale del Ministero della giustizia.     

(1) Si riportano di seguito l’art. 20, commi 2 e 3, d.lgs. n. 28 del 2010.
Comma 2.
A decorrere dall'anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, e' determinato l'ammontare delle risorse a valere sulla quota del «Fondo unico giustizia» di cui all'articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d'imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell'anno precedente. Con il medesimo decreto e' individuato il credito d'imposta effettivamente spettante in relazione all'importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell'importo indicato al comma 1.
Comma 3.
Il Ministero della giustizia comunica all'interessato l'importo del credito d'imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la sua determinazione e trasmette, in via telematica, all'Agenzia delle entrate l'elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 95/2012

Mediazione - Precisazioni sul credito d'imposta

12 giugno 2012

Con riferimento agli adempimenti inerenti al credito di  imposta, l’art. 20 del d.lgs.  28/2010 ha prescritto specifici adempimenti necessari per la determinazione della misura del credito di imposta.

Si segnala che:

a)     è stata già inoltrata a tutti gli organismi di mediazione la richiesta di  far pervenire presso la direzione generale della giustizia civile i dati di  dettaglio necessari,

b)     è in atto la predisposizione di un programma informatico che consentirà la  compiuta comunicazione a tutti gli interessati dell’importo da potere far valere  a titolo di credito di imposta per le indennità corrisposte nell’anno 2011.

Si informa, inoltre, che nella sezione VI delle  istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi 2012 è precisato  che se la comunicazione (relativa al credito di imposta) è pervenuta in  data successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi, il credito  di imposta può essere indicato nella dichiarazione relativa all’anno in cui è  stata ricevuta la comunicazione.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.