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28 giugno 2012

97/12. Decreto legge n. 83/2012: escluso l’indennizzo per irragionevole durata del processo in caso di provvedimento del giudice coincidente con la proposta conciliativa rifiutata (Osservatorio Mediazione Civile n. 97/2012)

Il recente decreto-legge n. 83 del 2012 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese (I) ha previsto alcune modifiche alla disciplina della ragionevole durata del processo e, in particolare, al diritto all’equa riparazione in caso di violazione del termine di ragionevole di durata dettata dalla legge n. 89 del 2001 (II).

In particolare, l’art. 55 del medesimo decreto-legge, ha introdotto una rilevante novità con riferimento alla disciplina della mediazione civile inserendo nella richiamata l. n. n. 83 del 2012 il nuovo art. 2-quinquies a norma del quale non è riconosciuto alcun indennizzo (anche) nel caso di cui all'art. 13, primo comma, primo periodo, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.

Il richiamato art. 13 d.lgs. n. 28 del 2010 è, come noto, relativo all’ipotesi in cui una delle parti in mediazione rifiuti la proposta di accordo conciliativo formulata dal mediatore, disponendo che “quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto” (III).

In caso di rifiuto della proposta di conciliazione formulata dal mediatore, dunque, la parte che la ha rifiutata correrà il rischio, oltre alle ulteriori conseguenze previste dal citato art. 13 d.lgs. n. 28 del 2010, di non vedere tutelato nemmeno il proprio diritto ad un equo indennizzo in caso di violazione del termine di ragionevole durata del processo.

L’intento perseguito dal legislatore con il nuovo art. 2-quinquies l. n. 89 del 2001 introdotto dall’art. 55 d.l. n. 83 del 2012 pare quello di scoraggiare le parti a rifiutare la proposta conciliativa; ciò nell’ottica di sgravare quanto più possibile il carico di lavoro gravante sui nostri uffici giudiziari.
Tuttavia, si rischia così di inserire ulteriori meccanismi di rigidità e obbligatorietà al funzionamento dell’istituto della mediazione; meccanismi che, invece, mal si conciliano con la  logica stessa di tale istituto; con il conseguente rischio della diffusione di un senso comune che contrasta con l’intento di diffondere la cultura della mediazione come metodo di risoluzione dei conflitti basato sul superamento del modello conflittuale-competitivo.

La mediazione civile, si ritiene, non può dunque essere considerata solo ed unicamente come mezzo deflativo; se ne deve invece riconoscere e valorizzare, al di là di tale intento pure lecito ed esistente, la componente volontaristica che ne è alla base: mediazione, dunque, intesa come cosciente incontro delle autonome volontà delle parti.
In tal modo, puntando sull’informazione e sulla diffusione della cultura della mediazione (sia tra i cittadini, sia tra gli addetti ai lavori) si ritiene possa giungersi anche ad un reale effetto deflativo dei contenzioni giudiziari; in caso contrario, prevedendo solo obblighi e sanzioni, la mediazione rischia sempre più di essere relegata a mero adempimento formale o a solo strumento di strategia processuale.     

Da ultimo, occorre solo ricordare che la disposizione in parola è entrata in vigore già il 26 giugno; tuttavia, dovrà attendersi la legge di conversione del decreto in parola al fine di sapere se il nuovo art. 2-quinquies l. n. 89 del 2001 di cui si è discusso verrà o meno confermato.  

Riportiamo di seguito il testo dell’art. 55 d.l. n. 83 del 2012.

(I) Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, in Gazz. Uff. 26 giugno 2012, n. 147, Suppl. Ordinario n. 129.

(II) Legge 24 marzo 2001, n. 89, recante “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile”, in Gazz. Uff. 3 aprile 2001 n. 78.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 97/2012

Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83
“Misure urgenti per la crescita del Paese”
(in Gazz. Uff. 26 giugno 2012, n. 147, Suppl. Ordinario n. 129)

Art. 55 - Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89

1. Alla legge 24 marzo 2001, n.  89,  sono  apportate  le  seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 2:
1) il comma  2  e'  sostituito  dal  seguente:  «Nell'accertare  la
violazione il giudice valuta la complessita' del caso, l'oggetto  del
procedimento, il comportamento delle parti e del giudice  durante  il
procedimento, nonche'  quello  di  ogni  altro  soggetto  chiamato  a
concorrervi o a contribuire alla sua definizione»;
 2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole  di  cui  al
comma 1 se il processo non eccede la durata  di  tre  anni  in  primo
grado, di due anni in secondo grado,  di  un  anno  nel  giudizio  di
legittimita'. Ai  fini  del  computo  della  durata  il  processo  si
considera iniziato con  il  deposito  del  ricorso  introduttivo  del
giudizio ovvero con  la  notificazione  dell'atto  di  citazione.  Si
considera rispettato il termine ragionevole  se  il  procedimento  di
esecuzione forzata si e' concluso in tre  anni,  e  se  la  procedura
concorsuale si e'  conclusa  in  sei  anni.  Il  processo  penale  si
considera iniziato con l'assunzione della qualita'  di  imputato,  di
parte civile o di responsabile civile, ovvero  quando  l'indagato  ha
avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.
2-ter. Si considera comunque rispettato il termine  ragionevole  se
il giudizio viene definito in  modo  irrevocabile  in  un  tempo  non
superiore a sei anni.
2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo  in  cui
il processo e' sospeso e di quello intercorso tra il  giorno  in  cui
inizia a decorrere  il  termine  per  proporre  l'impugnazione  e  la
proposizione della stessa.
2-quinquies. Non e' riconosciuto alcun indennizzo:
a)  in  favore  della  parte   soccombente   condannata   a   norma
dell'articolo 96 del codice di procedura civile;
b) nel caso di cui all'articolo 91, primo comma,  secondo  periodo,
del codice di procedura civile;
c) nel caso di cui all'articolo 13, primo comma, primo periodo, del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
d) nel caso di estinzione del reato  per  intervenuta  prescrizione
connessa a condotte dilatorie della parte;
e) quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del
processo penale nei  trenta  giorni  successivi  al  superamento  dei
termini cui all'articolo 2-bis.
f) in ogni altro caso di abuso dei  poteri  processuali  che  abbia
determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;
3) il comma 3 e' abrogato;
b) dopo l'articolo 2 e' aggiunto il seguente:
«Art. 2-bis (Misura dell'indennizzo). - 1.  Il  giudice  liquida  a
titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore  a  500
euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno,  o  frazione  di
anno superiore a sei mesi,  che  eccede  il  termine  ragionevole  di
durata del processo.
2. L'indennizzo e'  determinato  a  norma  dell'articolo  2056  del
codice civile, tenendo conto:
a) dell'esito del processo nel quale si e' verificata la violazione
di cui al comma 1 dell'articolo 2;
b) del comportamento del giudice e delle parti;
c) della natura degli interessi coinvolti;
d) del valore e della rilevanza  della  causa,  valutati  anche  in
relazione alle condizioni personali della parte.
3. La misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non  puo'
in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se  inferiore,
a quello del diritto accertato dal giudice.»;
c) l'articolo 3 e' sostituito dal seguente:
«Art. 3 (Procedimento). - 1. La  domanda  di  equa  riparazione  si
propone con ricorso al presidente della corte d'appello del distretto
in cui ha sede il giudice competente ai sensi  dell'articolo  11  del
codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i
magistrati nel cui distretto e' concluso o estinto  relativamente  ai
gradi di merito il procedimento  nel  cui  ambito  la  violazione  si
assume verificata. Si applica l'articolo 125 del codice di  procedura
civile.
2.  Il  ricorso  e'  proposto  nei  confronti  del  Ministro  della
giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del
Ministro della difesa quando si tratta di  procedimenti  del  giudice
militare. Negli altri casi e' proposto  nei  confronti  del  Ministro
dell'economia e delle finanze.
3. Unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei
seguenti atti:
a) l'atto di citazione,  il  ricorso,  le  comparse  e  le  memorie
relativi al procedimento nel  cui  ambito  la  violazione  si  assume
verificata;
b) i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;
c) il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si  sia
concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.
4. Il presidente della corte d'appello, o un magistrato della corte
a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione  con
decreto motivato da emettere entro trenta  giorni  dal  deposito  del
ricorso. Si applicano i primi due commi dell'articolo 640 del  codice
di procedura civile.
5. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge  all'amministrazione
contro cui e' stata proposta la domanda di pagare senza dilazione  la
somma  liquidata  a  titolo  di  equa  riparazione,  autorizzando  in
mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le
spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.
6. Se il ricorso e' in tutto o in parte  respinto  la  domanda  non
puo' essere riproposta, ma la parte puo'  fare  opposizione  a  norma
dell'articolo 5-ter.
7. L'erogazione degli indennizzi agli aventi  diritto  avviene  nei
limiti delle risorse disponibili.»;
d) l'articolo 4 e' sostituito dal seguente:
«La  domanda  di  riparazione  puo'  essere  proposta,  a  pena  di
decadenza, entro sei  mesi  dal  momento  in  cui  la  decisione  che
conclude il procedimento e' divenuta definitiva.»;
e) l'articolo 5 e' sostituito dal seguente:
«Art.  5  (Notificazioni  e  comunicazioni).  -  1.   Il   ricorso,
unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, e'
notificato per copia autentica  al  soggetto  nei  cui  confronti  la
domanda e' proposta.
2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione  non  sia
eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del
provvedimento e la domanda di equa riparazione non puo'  essere  piu'
proposta.
3. La notificazione  ai  sensi  del  comma  1  rende  improponibile
l'opposizione  e  comporta  acquiescenza  al  decreto  da  parte  del
ricorrente.
4. Il decreto che accoglie la domanda  e'  altresi'  comunicato  al
procuratore generale della Corte dei conti,  ai  fini  dell'eventuale
avvio  del  procedimento  di  responsabilita',  nonche'  ai  titolari
dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati
dal procedimento.»;
f) dopo l'articolo 5-bis sono inseriti i seguenti:
«Art. 5-ter (Opposizione). - 1. Contro il  decreto  che  ha  deciso
sulla domanda di equa riparazione puo'  essere  proposta  opposizione
nel termine perentorio  di  trenta  giorni  dalla  comunicazione  del
provvedimento ovvero dalla sua notificazione.
2.  L'opposizione  si  propone  con  ricorso  davanti   all'ufficio
giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il  decreto.
Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile.
3. La corte d'appello  provvede  ai  sensi  degli  articoli  737  e
seguenti del codice di procedura civile. Del collegio  non  puo'  far
parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.
4. L'opposizione non sospende l'esecuzione  del  provvedimento.  Il
collegio,  tuttavia,  quando  ricorrono  gravi  motivi,   puo',   con
ordinanza  non  impugnabile,  sospendere  l'efficacia  esecutiva  del
decreto opposto.
5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso,
decreto impugnabile per  cassazione.  Il  decreto  e'  immediatamente
esecutivo.
Art. 5-quater (Sanzioni processuali). - 1. Con il  decreto  di  cui
all'articolo 3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il
giudizio di opposizione, il  giudice,  quando  la  domanda  per  equa
riparazione  e'  dichiarata   inammissibile   ovvero   manifestamente
infondata, puo' condannare il ricorrente al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma di  denaro  non  inferiore  ad  euro
1.000 e non superiore ad euro10.000.».
2. Le disposizioni di cui  al  comma  1  si  applicano  ai  ricorsi
depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a  quello  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.