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30 aprile 2012

78/12. Contratti finanziari, nozione, natura “professionale” di una delle parti (Osservatorio Mediazione Civile n. 78/2012)

=> Trib. Milano 16 marzo 2012

Deve ritenersi che la categoria di controversie in materia di “contratti finanziarivada individuata in riferimento alla natura “professionale” di una delle parti (rispettivamente l’impresa bancaria, l’impresa assicurativa e l’intermediario finanziario) più che in riferimento a specifiche tipologie contrattuali, di per sé stesse di difficile ricostruzione sistematica (conclusione avvalorata dalla previsione di cui all’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 dell’alternatività alla mediazione obbligatoria del procedimento di conciliazione previsto dal d.lgs. n. 179/2007 “per la risoluzione di controversie tra gli investitori” diversi dai clienti professionali e “gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori”: previsione questa che pare confermare l’intenzione del legislatore del d.lgs. n. 28 di assoggettare alla mediazione obbligatoria le controversie tra imprenditori bancari ovvero intermediari finanziari e i loro “clienti”). (1)

La controversia avente ad oggetto un contratto di opzione su azioni stipulato tra privati non pare rientrare nell’ambito delle controversie in materia di “contratti finanziari”, per le quali il legislatore nell’art. 5 d.lgs. n. 28/10 ha previsto la soggezione alla mediazione obbligatoria.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 78/2012

Tribunale di Milano
Sezione VIII Civile
16 marzo 2012

omissis

Rigettata quindi la richiesta cautelare, vanno poi assegnati alle parti i termini ex art. 183 c.p.c. sesto comma richiesti, non risultando ad avviso del g.i. necessario procedere ad adempimenti ex art. 5 dlgs n.28/2010.

Riguardo a tale ultimo punto va in particolare osservato che la presente controversia ha ad oggetto un contratto di opzione su azioni stipulato tra privati e dunque non pare rientrare nell'ambito delle controversie in materia di “contratti finanziari”, per le quali il legislatore nell’art. 5 citato ha previsto la soggezione alla mediazione obbligatoria.

Come risulta infatti dall’endiadi usata nell’art. 5 “contratti assicurativi, bancari e finanziari” e dalla Relazione al d.lgs., ove si precisa che con tale endiadi il legislatore ha inteso riferirsi a controversie riguardanti “tipologie contrattuali che conoscono una diffusione di massa” “alla base di una parte non irrilevante del contenzioso”, deve ritenersi che la categoria di controversie in discussione vada individuata in riferimento alla natura “professionale” di una delle parti (rispettivamente l’impresa bancaria, l’impresa assicurativa e l’intermediario finanziario) più che in riferimento a specifiche tipologie contrattuali, di per sé stesse di difficile ricostruzione sistematica, posto che il nomen iuris “contratto finanziario” (a differenza di quello di “contratti bancari”, utilizzato nella intestazione del capo capo XVI del titolo II del libro IV del codice civile) non è di per sé stesso utilizzato né nel codice civile né nel TUF (d.lgs. n. 58/1998), ove è data una definizione specifica solo della diversa nozione di “strumenti finanziari”.

Tale conclusione interpretativa è del resto avvalorata dalla previsione - contenuta sempre nell’art. 5 del dlgs n.28/2010 - della alternatività alla mediazione obbligatoria (oltre che del procedimento istituito in attuazione dell’art. 128 del T.U.B. per la risoluzione delle controversie tra le banche e la clientela) anche del procedimento di conciliazione previsto dal d.lgs. n. 179/2007 “per la risoluzione di controversie tra gli investitori” diversi dai clienti professionali e “gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori”: previsione questa che pare confermare l’intenzione del legislatore del d.lgs. n. 28 di assoggettare alla mediazione obbligatoria appunto le controversie tra imprenditori bancari ovvero intermediari finanziari e i loro “clienti”, per le quali già la legislazione previgente disegnava mezzi di risoluzione alternativa della lite “facoltativi” e giudicati idonei a sostituire - per tali controversie - il procedimento di mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità.

P.Q.M.

visto l'art. 700 cpc, rigetta l'istanza cautelare di parte convenuta;

visto l'art.183 cpc, assegna alle parti i termini di cui al sesto comma di tale norma, fissando per la decisione sulle eventuali istanze istruttorie l'udienza del 25 giugno 2012 ore 10.
Milano, 16 marzo 2012.

Il Giudice
Elena Riva Crugnola

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

27 aprile 2012

77/12. Domanda riconvenzionale, mediazione obbligatoria, applicabilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 77/2012)

=> Trib. Roma 15 marzo 2012

Anche in caso di domande avanzate da soggetti diversi dall’attore va applicata la disciplina di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 in quanto le domande riguardanti materie soggette a mediazione obbligatoria sono sottoposte alla disciplina per tale procedimento prevista quale che sia la parte proponente e la fase del giudizio nella quale la domanda viene introdotta; difatti la domanda giudiziale, quella dell’attore, come pure quella del convenuto (o del terzo) in via riconvenzionale, si qualifica come tale e ciò è sufficiente, ove avente ad oggetto una delle materie di cui al primo comma dell’art. 5 del decr. lgsl 28/11, a ritenerla soggetta alla disciplina della mediazione obbligatoria. (1) (2)

Non è la collocazione della parte (sul fronte dell’attore o in quello del convenuto) a decidere se la mediazione è obbligatoria, ma il contenuto della domanda giudiziale: evidente esigenza di garanzia di pari diritti per ogni parte processuale impone una interpretazione, costituzionalmente orientata, della norma tale da assicurare che ogni domanda giudiziale in subiecta materia, quale che sia la parte che la propone, debba essere preceduta da tentativo di mediazione.

La domanda di rimborso delle spese affrontate dall’intimato per la ristrutturazione dell’immobile condotto in locazione rientra a pieno titolo nella previsione di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010. (3)


(2) Sull’atto di citazione e sulla domanda riconvenzionale si veda G. Spina, commento all’art. 163 c.p.c. e commento all’art. 167 c.p.c. in L. Viola (a cura di), Codice di procedura civile (con schemi, commenti di dottrina e giurisprudenza, formulario), Cedam, 2011
(3) In tema di mediazione in materia di locazione si veda L’obbligatorietà della media-conciliazione nel processo locatizio ex art. 447-bis in Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 77/2012

Tribunale di Roma
15 marzo 2012
Ordinanza

Omissis

Il Consigliere Dirigente,
dott. Massimo Moriconi,

letti gli atti, sentite le parti,

atteso che l’intimato non si oppone al rilascio dell’immobile e che pertanto la domanda del locatore ---- può trovare immediata soddisfazione con l’emissione del provvedimento di convalida dello sfratto e fissazione della data del rilascio;

considerato che e’ stata avanzata dal conduttore ---- domanda riconvenzionale sempre in materia di locazione e che pertanto concessi i termini di cui all’art. 426 c.p.c. all’esito dell’eventuale esito negativo della  mediazione, con decorrenza dalla data del deposito del verbale negativo presso la segretaria dell’organismo (da attestare) di gg. 30, va disposto previa separazione delle cause, l’avvio a mediazione;

considerato che sono soggette a procedimento di mediazione obbligatoria le controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari; ritenuto che anche in caso di domande avanzate da soggetti diversi dall’attore va applicata la disciplina di cui all’art. 5 primo comma decr. legs. 28/2010; ed invero secondo chi scrive: Le domande riguardanti materie soggette a mediazione obbligatoria sono sottoposte alla disciplina per tale procedimento prevista quale che sia la parte proponente e la fase del giudizio nella quale la domanda viene introdotta. Più specificamente, nulla (se non imperfezioni di tecnica legislativa) autorizza a ritenere il contrario.

La legge non distingue fra domanda dell’attore e domanda riconvenzionale del convenuto (o del terzo). L’art. 5 del decr. lgsl. 28/2010 prevede infatti che “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad ….. e’ tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ….” La domanda giudiziale, quella dell’attore, come pure quella del convenuto (o del terzo) in via riconvenzionale, si qualifica come tale e ciò è sufficiente, ove avente ad oggetto una delle materie di cui al primo comma dell’art. 5 del decr. lgsl 28/11, a ritenerla soggetta alla disciplina della mediazione obbligatoria. Non è sufficiente prova in contrario il richiamo, che si legge nell’art. 5, al convenuto , quale soggetto che può eccepire, ferma restando la pari potestà del Giudice, in limine litis, il mancato esperimento del procedimento di mediazione. Ciò in quanto non è la collocazione della parte (sul fronte dell’attore o in quello del convenuto) a decidere se la mediazione è obbligatoria, ma il contenuto della domanda giudiziale, domanda che come è noto può essere dispiegata sia dall’attore e sia, in via riconvenzionale, dalle altre parti del giudizio (convenuto e terzo chiamato). La imprecisione dell’espressione convenuto del resto si ricava anche da altri indizi rilevatori come ad esempio la inadeguatezza del termine a regolare le fattispecie di opposizione a decreto ingiuntivo. Evidente esigenza di garanzia di pari diritti per ogni parte processuale impone una interpretazione, costituzionalmente orientata, della norma che riduca a mera imperfezione tecnica il predetto riferimento, in modo tale da assicurare che ogni domanda giudiziale in subiecta materia, quale che sia la parte che la propone, debba essere preceduta da tentativo di mediazione. L’eventuale improcedibilità in questo caso sarà riferita non all’intero giudizio ma solo a quella parte di esso relativa alla domanda carente per omessa mediazione.

Considerato che la presente controversia rientra a pieno titolo nella suddetta previsione in quanto avente ad oggetto la domanda di rimborso delle spese affrontate dall’intimato per la ristrutturazione dell’immobile condotto in locazione; sicché deve essere avviata a mediazione obbligatoria;

ritenuto infatti che inoltre in relazione alla natura ed all’oggetto della controversia, alle domande ed alle eccezioni ex adverso nonché agli atti depositati ben potrebbero tutte le parti pervenire ad un accordo conciliativo, con il vantaggio di pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale (cfr. art. 17 e 20 del decr. legisl. 4.3.2010 n. 28), della controversia in atto;

atteso che si procede, nei termini suesposti, nell’ambito del primo comma di cui all’art. 5 decr. legisl.28/2010; di talché in ogni caso la parte sottopostavi dovrà comparire davanti al mediatore (cfr. art. 3 DM 145/2011, il mediatore svolge l’incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione della parte chiamata in mediazione, e la segreteria dell’organismo può rilasciare attestato di conclusione del procedimento solo all’esito del verbale di mancata partecipazione della medesima parte chiamata e mancato accordo, formato dal mediatore ai sensi dell’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo); e che in caso di mancata partecipazione alla convocazione, senza giustificato motivo, il Giudice condanna la parte assente al pagamento di una somma corrispondente all’importo del contributo unificato dovuto per il giudizio, art. 8 decr. legisl. 28/10 come modificato dalla l. 148/2011);

ritenuto che si fissa termine fino al quindicesimo giorno da oggi per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui all’art. 5 primo e secondo comma del decr. legisl. 28/2010;

avvertite le parti che in mancanza di esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria la domanda sarà dichiarata improcedibile;

informate le parti che l’eventuale accordo amichevole raggiunto davanti al mediatore sarà omologato da questo stesso Ufficio;

P.Q.M.

PROVVEDUTO separatamente alla separazione dei giudizi ed alla convalida dello sfratto;

INVITA le parti alla media-conciliazione della controversia sulla domanda riconvenzionale dell’intimato ------;

INVITA i difensori delle parti ad informare i loro assistiti della presente ordinanza nei termini di cui all’art. 4 3° co. decr. legisl.28/2010;

INFORMA le parti che l’istante nella mediazione obbligatoria dovrà comparire davanti al mediatore anche in mancanza di adesione della parte chiamata in mediazione e che, in ogni forma di mediazione, il Giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato senza giustificato motivo al procedimento di mediazione al versamento all’Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio;

DISPONE la comparizione delle parti personalmente in mancanza di esperimento della media-conciliazione;

FISSA termine fino al quindicesimo giorno da oggi per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui all’art. 5 del decr. legisl. 28/2010;

CONCEDE alle parti, nel caso di esperimento infruttuoso della mediazione, termine di 30 gg. dal deposito del verbale di mancata conciliazione presso la segreteria dell’organismo, per il deposito di memorie difensive integrative ai sensi dell’art. 426 cpc.

RINVIA all’udienza del 12.11.2012 h. 9,30 per quanto di ragione.

Dott. cons. Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

26 aprile 2012

76/12. Mediazione obbligatoria, applicazione, notifica, perfezionamento (Osservatorio Mediazione Civile n. 76/2012)

=> Trib. Torino 27 dicembre 2011

Ex art. 149 c.p.c., costituisce principio di valenza generale, secondo una lettura costituzionalmente orientata, la scissione degli effetti della notifica per notificante e notificando, sicché per qust'ultimo la notifica si ha per perfezionata con la conoscenza legale dell'atto, mentre per il primo opera l'anticipazione degli effetti al momento della consegna all'ufficiale giudiziario; la scissione non esclude ovviamente che il procedimento notificatorio debba comunque perfezionarsi affinché ne derivino gli effetti che la legge vi fa discendere, ma significa che, una volta perfezionato il procedimento, non possono derivare a carico del notificante effetti pregiudizievoli per causa a lui non imputabile. (1) (2)

L'obbligatorio esperimento del procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità, costituisce un mutamento della modalità di accesso alla giurisdizione previsto da una norma di legge, che in difetto di specifica previsione mediante norma transitoria, non può applicarsi retroattivamente rispetto al momento in cui il notificante ha compiuto quanto in suo potere (consegna all'ufficiale giudiziario) per radicare il giudizio; diversamente opinando, l’attore sarebbe privato della facoltà di valutare preventivamente, nel momento in cui intraprende l’azione giudiziaria, i costi e i tempi del giudizio, con assoggettamento ad un diverso regime processuale, in dipendenza da eventi esterni e casuali e non rientranti nella sua sfera di disponibilità. Tale soluzione interpretativa, oltre che compatibile con il dato letterale (l'art. 24 parla di processi iniziati), pare altresì in linea con l'art. 30 Reg. C.E. 44/2001. (3)

(1) In senso conforme si veda da ultimo Corte Cost. n. 3 del 2010.

(2) Si veda art. 149 c.p.c. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com). 

(3) L'art. 30 Reg. C.E. 44/2001 dispone che ai fini della litispendenza internazionale un giudice è considerato adito quando l'autorità competente per la notificazione riceve l’atto da notificare.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 76/2012

Tribunale di Torino
Sezione IV civile
27 dicembre 2011
Ordinanza

Omissis

Il GI designato in sostituzione del dott. Marco Ciccarelli

letto il ricorso con cui parte attrice domanda la revoca dell'ordinanza 6.10.2011 con cui è stata confermata la precedente ordinanza 20.07.2011 di assegnazione del termine ex art. 5 D.lgs. 28/2010 per la proposizione della domanda di mediazione, trattandosi di causa in materia di responsabilità medica;

ritenute condivisibili le motivazioni addotte a sostegno dell'istanza atteso che:

in adesione all'orientamento espresso dalla giurisprudenza (da ultimo Corte Cost. 3/2010) e fatto proprio dal legislatore (art. 149 c.p.c.), costituisce principio di valenza generale, secondo una lettura costituzionalmente orientata, la scissione degli effetti della notifica per notificante e notificando, sicché per qust'ultimo la notifica si ha per perfezionata con la conoscenza legale dell'atto (ricevimento della raccomandata o decimo giorno dalla spedizione) mentre per il primo opera l'anticipazione degli effetti al momento della consegna all'ufficiale giudiziario;

la scissione non esclude ovviamente che il procedimento notificatorio debba comunque perfezionarsi affinché ne derivino gli effetti che la legge vi fa discendere, ma significa che, una volta perfezionato il procedimento, non possono derivare a carico del notificante effetti pregiudizievoli per causa a lui non imputabile;

ora, l'obbligatorio esperimento del procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità, costituisce un mutamento della modalità di accesso alla giurisdizione previsto da una norma di legge, che in difetto di specifica previsione mediante norma transitoria, non può applicarsi retroattivamente rispetto al momento in cui il notificante ha compiuto quanto in suo potere (consegna all'ufficiale giudiziario) per radicare il giudizio;

diversamente opinando, l'attore sarebbe privato della facoltà di valutare preventivamente, nel momento in cui intraprende l'azione giudiziaria ponendo in essere tutti gli atti in suo potere per radicarla, i costi e i tempi del giudizio, con assoggettamento ad un diverso regime processuale, in dipendenza da eventi esterni e casuali e non rientranti nella sua sfera di disponibilità (compimento degli atti di competenza dell'ufficiale giudiziario o postale);

tale conseguenza costituisce indubbiamente – quantomeno sotto il profilo dell'incertezza cui l'attore è sottoposto – conseguenza pregiudizievole, ricorrendo la stessa ratio rispetto a quella sottesa ai ripetuti recenti interventi giurisprudenziali e normativi;

anche in questo caso evidentemente la scissione della decorrenza degli effetti non esclude che il provvedimento notificatorio debba counque perfezionarsi affinché ne derivino gli effetti, tra cui ovviamente la pendenza della lite che dal perfezionamento della notifica non può prescindere, ma significa che, una volta perfezionato il procedimento, non possono derivare a carico del notificante decadenze o effetti pregiudizievoli non dipendenti dalla sua volontà;

tale soluzione interpretativa, oltre che compatibile con il dato letterale (l'art. 24 parla di processi iniziati) e conforme ad una lettura costituzionalmente orientata, pare altresì in linea con l'art. 30 Reg. C.E. 44/2001 a norma del quale – ai fini della litispendenza internazionale un giudice è considerato adito quando l'autorità competente per la notificazione riceve l'atto da notificare: la disposizione costituisce ancora una volta espressione del principio generale per cui, salva espressa disposizione di legge, le attività che sfuggono al potere di controllo del notificante non possono rilevare ai fini di determinare effetti processuali (quali il rito applicabile), fermo restando che gli effetti si produrranno solo al perfezionarsi del procedimento notificatorio (non potendo comunque aversi litispendenza se poi il procedimento notificatorio non viene completato);

ritenuto dunque che debba essere revocata la precedente ordinanza di assegnazione dei termini ex art. Dl. Lgs. 5/2010, non applicabile nella specie, e dato atto dell'istanza delle parti di assegnazione dei temrini ex art. 183 c.p.c.;

PQM

revoca l'ordinanza depositata il 20.07.2011 (e la successiva ordinanza 6.10.2011 di conferma della precedente);

assegna i seguenti termini ex art. 183 VI comma c.p.c. Decorrenti dal 15.1.2012:
- termine perentorio di trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;
- termine perentorio di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande o delle eccezioni medesime nonché per l'indicazioni dei mezzi di prova e produzioni documentali;
- termine perentorio di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria;
invitando le parti a specificare i capitoli di prova su cui ciascun testimone deve essere sentito e a fornire nelle memorie eventuali indicazioni sul calendario del processo ex art. 81 bis disp. Att. c.p.c.;

fissa per la discussione sull'ammissione dei mezzi di prova l'udienza del 22.5.2012 ore 11;

autorizza il ritiro dei fascicoli di parte con termine per deposito unitamente all'ultima memoria.

Si comunichi alle parti
Torino 27 dicembre 2011
Il Giudice
Dott.ssa Anna Castellino

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

24 aprile 2012

75/12. Mediazione obbligatoria; la parte soccombente in giudizio può essere condannata a rimborsare al vincitore le spese di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 75/2012)

=> Trib. Modena 9 marzo 2012

Stante la riconducibilità eziologica del procedimento di composizione della lite all'accertato inadempimento del convenuto, in forza del principio di causalità le spese sostenute per l'obbligatoria mediazione sono recuperabili dal vincitore, in quanto esborsi (1). Il convenuto va perciò condannato (pure) al rimborso della somma complessiva sostenuta per espletamento della mediazione (controversia in materia di locazione (2); nel passaggio della causa dalla fase procedimentale a quella processuale in seguito a mutamento del rito, è stato regolarmente esperito il procedimento di mediazione, cui entrambe le parti hanno aderito, per quanto non sia stato raggiunto un accordo conciliativo) (3).

(1) Si veda art. 91 c.p.c. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com). 

(2) In tema di mediazione in materia di locazione si veda L’obbligatorietà della media-conciliazione nel processo locatizio ex art. 447-bis in Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

(3) Sulla disciplina delle spese di mediazione si veda art. 16 d.m. n. 180 del 2010 aggiornato alle modifiche introdotte dal d.m. n. 145 del 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 4/11 www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 75/2012

Tribunale di Modena
Sezione II
9 marzo 2012
Sentenza

Omissis

I. La attrici hanno intimato sfratto per morosità non avendo il convenuto versato rate di canone relative ai mesi luglio-settembre 2011 dovute per il godimento di immobile locato posto a Modena, C.so V. E..

II. In diritto, il convenuto, costituendosi in giudizio personalmente, all'udienza dell'8 novembre 2011 ha dichiarato di ammettere la morosità ma di non avere versato i canoni dato che nell'appartamento la caldaia non scaldava a sufficienza ed una finestra non si chiudeva.
Le eccezioni di viziosità della res locata non hanno trovato riscontro probatorio alcuno dal momento che il convenuto non si è costituito in giudizio nella fase a plena cognitio, sicché le stesse vanno reiette.
A fronte del grave inadempimento (tale ex art. 5 l. n. 392 del 1978), la locazione de qua va risolta per grave inadempimento del convenuto con fissazione della data di rilascio.
Quest'ultimo va pure condannato al versamento dei canoni impagati a far data dal 1° giugno 2011 e fino all'effettivo rilascio.

III. Le spese processuali seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.) e sono liquidate come da dispositivo in forza di criterio equitativo in seguito ad abrogazione delle tariffe professionali (art. 9 d.l. 24 gennaio 2012 n. 1), che mantengono comunque valore indicativo.
Nel passaggio della causa dalla fase procedimentale a quella processuale in seguito a mutamento del rito, è stato regolarmente esperito il procedimento di mediazione (art. 5, 4° comma, letto b, d.lg. n. 28 del 2010), cui entrambe le parti hanno aderito, per quanto non sia stato raggiunto un accordo conciliativo (come risulta dal relativo verbale dell'8 febbraio u.s.).
Ebbene, le spese di "avvio del procedimento" sono a carico di ciascuna parte che aderisce alla mediazione nella misura di euro 40, oltre ad Iva (art. 16 D.M. 18 ottobre 2010, n. 180), spese che ciascuna parte ha sopportato anticipatamente.
Le "spese di mediazione" invece sono dovute in solido da ciascuna parte, secondo "l'importo indicato nella tabella allegata al decreto" (art. 16, 3° comma, D.M. cit.).

Nella specie le attrici hanno esborsato ed anticipato la somma complessiva di euro 104,87 (doc. 4). L'importo è dovuto in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento.
Stante la riconducibilità eziologica del procedimento di composizione della lite all'accertato inadempimento del convenuto, in forza del principio di causalità le spese sostenute per l'obbligatoria mediazione sono recuperabili dal vincitore, in quanto esborsi (art. 91 c.p.c.). Il convenuto va perciò condannato pure al rimborso della somma complessiva di euro 152 sostenuta per espletamento della mediazione.

P.Q.M.

Il Tribunale di Modena, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza, domanda e/o eccezione disattesa, nella causa promossa da P. M. e A. B. con atto di citazione per intimazione di sfratto per morosità notificato in data 29 settembre 2011,

1. dichiara risolta la locazione afferente immobile posto a Modena, C.so V. E., per grave inadempimento del convenuto e fissa per il rilascio il giorno 8 maggio 2012;

2. dichiara tenuto e condanna il convenuto al versamento della somme dovute ed impagate per canoni locativi a far data dal 1° giugno 2011 e fino all'effettivo rilascio;

3. dichiara tenuto e condanna il convenuto al rimborso delle spese processuali, che sono liquidate in complessivi euro 1.200 (di cui euro 250 per anticipazioni, di cui euro 152 per spese di mediazione), oltre ad IVA e CAP, come per legge.

Modena lì, 9 marzo 2012

Il Giudice (dr. Roberto Masoni)

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

23 aprile 2012

74/12. Usucapione, mediazione obbligatoria, accordo, trascrivibile. Mediazione obbligatoria per la sola riconvenzionale, separazione delle domande, invito del giudice alla mediazione anche per la causa principale, consenso di tutte le parti (Osservatorio Mediazione Civile n. 74/2012)

=> Trib. Como, sez di Cantù, 2 febbraio 2012

L’accordo di mediazione con cui si attribuisce un diritto reale è trascrivibile, non certo ai sensi dell’art. 2651 c.c. bensì ai sensi dell’art 2643 n. 13 c.c. in relazione all’art. 11 del d.lgs n. 28/2010, perché in esso non vi è altro che una transazione; anche la domanda di usucapione, pertanto, pare debba essere assoggettata a mediazione: l’accordo di mediazione avrà ad oggetto il diritto reale, ma non il fatto attributivo di esso (ossia l’avvenuta usucapione) e la parte che si vedrà trasferito il bene lo acquisterà a titolo derivativo in quanto lo strumento utilizzato per la traslazione è il verbale di mediazione e non a titolo originario come invece nel caso di accertata usucapione mediante sentenza. Del resto, occorre prendere atto della scelta adottata dal legislatore nell’art. 11 del citato decreto e interpretarla in modo da favorire l’applicazione del procedimento di mediazione in funzione deflattiva del contenzioso giudiziario (1).

Quando all’interno del processo pendente con domanda principale non assoggettata a mediazione venga proposta una domanda riconvenzionale inerente a materie per cui si debba disporre il rinvio in mediazione risulta necessario assoggettare a mediazione la domanda riconvenzionale: l’esclusione della mediazione per la domanda riconvenzionale determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento fra l’attore – il quale solo sarebbe tenuto a proporre la mediazione sulla sua domanda e a differire la sua tutela giurisdizionale – e il convenuto – sul quale non graverebbe alcun onere preventivo, con attribuzione di un privilegio contrastante con il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. (2)

Nella fattispecie in cui la necessità del rinvio in mediazione concerne la sola riconvenzionale, la trattazione congiunta delle domande dell’attore e del convenuto ritarda e rende più gravoso il processo. Si ritiene pertanto necessario, ai sensi dell’art. 103 co. 2 c.p.c., separare la domanda riconvenzionale dalla domanda principale. La separazione, creando lo sdoppiamento della causa può pregiudicare sia il ruolo, già gravoso, dell’Ufficio sia l’interesse delle parti che dovranno sopportare il peso e il costo di due cause. Prima della separazione sarebbe pertanto opportuno acquisire l’eventuale consenso delle parti per portare davanti ai mediatori non solo la domanda riconvenzionale ma anche la domanda principale, attesa l’intimo collegamento tra le due domande dell’attore e del convenuto. In tal modo, potrebbe evitarsi la separazione del processo, rinviando entrambe le domande cumulate a nuova data e rimettendo la causa riconvenzionale davanti ai mediatori, a titolo di mediazione facoltativa sollecitata dal giudice.

Nel caso in cui la necessità del rinvio in mediazione concerne la sola riconvenzionale, prima dell’eventuale consenso delle parti per portare davanti ai mediatori non solo la domanda riconvenzionale ma anche la domanda principale, evitando così la separazione del processo, è necessario verificare la regolare instaurazione del contraddittorio (altrimenti si impedirebbe alle parti ancora non presenti in giudizio di evidenziare le ragioni per cui non andrebbe effettuata la mediazione obbligatoria ovvero di non dare il consenso sulla mediazione delegata e potrebbe comportare, in caso di presentazione davanti al mediatore del chiamato in mediazione, la sopportazione di costi ad opera di quest’ultimo soggetto ancora non costituito in giudizio e la necessità per lo stesso chiamato, in caso di sua contumacia nel procedimento di mediazione, di dover motivare il giustificato motivo della sua assenza qualora decidesse di costituirsi poi in giudizio e ciò al fine di evitare le conseguenze negative previste all’art. 8, comma 5, d.lgs. 28/10) (3).


(2) Sulla domanda riconvenzionale si veda G. Spina, commento all’art. 167 c.p.c. in L. Viola (a cura di), Codice di procedura civile (con schemi, commenti di dottrina e giurisprudenza, formulario), Cedam, 2011
(3) Riguardo alla necessità di interpretare ed applicare la normativa processuale in armonia con il principio di cui all’art. 11 Cost. sulla ragionevole durata del processo, ma a patto che siano rispettati il principio del contraddittorio e il diritto di difesa, si veda Cass. civ SU n. 26373 del 2008 e Cass. civ. n. 4342 del 2010.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 74/2012

Tribunale di Como
Sezione distaccata di Cantù
2 febbraio 2012
Ordinanza

Omissis

L’attore ha domandato l’accertamento dell’illegittimità dell’uso a parcheggio della corte comune.
L’atto di citazione risulta notificato prima dell’entrata in vigore del D. Lgs n. 28/2010. I convenuti hanno proposto in via riconvenzionale l’accertamento dell’usucapione della corte comune nelle parti destinate a parcheggio, chiedendo inoltre di essere autorizzati alla chiamata in giudizio di un terzo, quale comproprietario della corte. Gli attori hanno chiesto inoltre l’integrazione del contraddittorio nei confronti di altri terzi comproprietari del bene, in qualità di litisconsorzi necessari.

La domanda riconvenzionale di usucapione è stata proposta dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. N 28/2010 e dunque nella vigenza della mediazione ed obbligatoria per le controversie identificate dal legislatore nell’art. 5 c. 1 del citato decreto. Seppur sia da escludere che l’usucapione costituisca un diritto reale, essendo invece un modo di acquisto della proprietà a titolo originario mediante il possesso continuato nel tempo, tuttavia la domanda di usucapione rientra senza dubbio nell’ambito della mediazione obbligatoria, costituendo una domanda relativa a «controversie in materia di diritti reali» assoggettate al tentativo obbligatorio di mediazione di cui all’art. 5 D.L.vo n 28/10.

Ciò posto, le principali questioni che si pongono sono le seguenti: 1) la compatibilità o meno tra l’istituto della mediazione e l’usucapione; 2) il rapporto tra mediazione e cumulo di domande

La prima questione è stata già risolta in modo contrastante dalla recente giurisprudenza di merito.
Mentre il Tribunale di Roma (Sez. V, decreto 6 – 22.7.2011), seguito da Tribunale di Varese (ordinanza 20.12.2011) ha affermato che il negozio di accertamento, a seguito di mediaconciliazione, non può essere trascritto in quanto non è riconducibile a nessuna delle ipotesi previste all’art. 2643 c.c.. Dall’altro, di opinione del tutto opposta, il Tribunale di Palermo (Sez. Bagheria, ordinanza 30.12.2011) ha ritenuto che il verbale di mediazione, al pari della sentenza, è pienamente trascrivibile.

Tale impostazione appare condivisibile.
L’art. 11, co. 3, del d.lgs. n. 28 del 2010 dispone: «Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
Tale disposizione costituisce un’applicazione dell’art. 2657 c.c. secondo cui la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
Le ragioni principali che ostacolerebbero la trascrivibilità dell’accordo di mediazione sono rappresentate dal fatto che:
1) detto accordo conciliativo, avendo il valore di mero negozio di accertamento, con efficacia dichiarativa, finalizzato a rimuovere l’incertezza, mediante la issazione del contenuto della situazione giuridica preesistente, non si risolve in uno dei contratti i cui all’art. 2643 c.c., «perché non realizza un effetto modificativo, estintivo o costitutivo»;
2) la legge non ha previsto la trascrivibilità dell’accordo ai sensi dell’art. 2657 c.c., e nemmeno è titolo trascrivibile neanche ai sensi dell’art. 2651 c.c., che prevede la trascrizione delle sentenze che accertino l’avvenuta usucapione del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
I dubbi espressi appaiono superabili.
In primo luogo, si osserva che, mentre in giurisprudenza è unanime l’opinione che il negozio di accertamento sia ammissibile ed abbia una funzione distinta dai negozi di disposizione patrimoniale, la dottrina ha manifestato dubbi con riguardo al negozio giuridico di accertamento di fatti o rapporti, in quanto la funzione dichiarativa è in contraddizione con la tradizionale concezione del negozio come atto costitutivo, traslativo, modificativo o estintivo di diritti. In particolare, una parte della dottrina individua una duplice natura del negozio di accertamento che, accanto alla funzione dichiarativa, svolgerebbe una funzione risolutiva della lite, come ad esempio la transazione o la rinunzia o il riconoscimento, figure tipiche di accertamento privato di contenuto negoziale con funzione di eliminazione della lite. Altra parte della dottrina assume voce l’assoluta incompatibilità tra l’idea di accertamento e l’idea di negozio, escludendo che la transazione possa avere una funzione di mero accertamento. Si afferma che quando il sistema attribuisce alle parti il potere di regolamentare i propri interessi, ad essi non è dato il potere di accertare un fatto o un effetto (così come, al contrario, vi è nella sentenza), ma quello di disporre del diritto.
Orbene pur nel rispetto delle contrapposte tesi dottrinarie e giurisprudenziali sommariamente indicate, ai fini dell’individuazione della natura e rilevanza dell’accordo di mediazione, non pare
che tale istituto possa qualificarsi esclusivamente quale mero negozio dichiarativo (così come una sentenza di accertamento che attribuisca la proprietà del bene all’attore per avvenuta usucapione).
Infatti, l’accordo di mediazione – che potrà assumere le forme più varie per risolvere la lite (come ad esempio attraverso la rinunzia al diritto di proprietà ovvero la rinuncia alla domanda di usucapione a fronte del pagamento di una somma di denaro), senza coincidere con il contenuto della pronuncia giudiziaria richiesta da parte attrice – è espressione del potere negoziale delle parti ex art 1321 c.c. in quanto attraverso di esso viene regolamentata la situazione giuridica sostanziale.
E ciò è ammesso dall’ordinamento in virtù della meritevolezza della sua causa giuridica, che caratterizza il contratto di transazione.
L’accordo di mediazione avrà ad oggetto il diritto reale, ma non il fatto attributivo di esso, ossia l’avvenuta usucapione. La parte che si vedrà trasferito il bene lo acquisterà a titolo derivativo in quanto lo strumento utilizzato per la traslazione è il verbale di mediazione e non a titolo originario come invece nel caso di accertata usucapione mediante sentenza.
Alla luce di quanto esposto, si può concludere che l’accordo di mediazione con cui si attribuisce
un diritto reale è trascrivibile, non certo ai sensi dell’art. 2651 c.c. bensì ai sensi dell’art 2643 n. 13 c.c. in relazione all’art. 11 del D Lgs n. 28/2010, perché in esso non vi è altro che una transazione.
Del resto, occorre prendere atto della scelta adottata dal legislatore nell’art. 11 del citato decreto e interpretarla in modo da favorire l’applicazione del procedimento di mediazione in funzione deflattiva del contenzioso giudiziario.
Alla luce di quanto sopra, anche la domanda di usucapione pare debba essere assoggettata a mediazione.

La seconda questione consiste nel verificare cosa accada quando – all’interno di un processo pendente con domanda principale non assoggettata a mediazione – venga proposta una domanda riconvenzionale inerente a materie (come quella dei diritti reali nel cui ambito è sussumibile la domanda di usucapione) per cui si debba disporre il rinvio in mediazione.
In tal caso, occorre verificare se la mediazione debba investire, oltre che la domanda riconvenzionale, anche tutto il processo, ivi compresa la domanda principale non assoggettabile a mediazione.
Al riguardo, gli interpreti hanno enucleato due opzioni interpretative: l’una estensiva e l’altra restrittiva.
La prima coerente con il dato normativo. L’art. 5, co 1, del decreto citato – dopo aver stabilito che “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di… è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione” – prevede che “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
L’interpretazione letterale dell’art. 5 del d. lgs. N. 28/2010 non consente di distinguere tra domande principali e domande proposte successivamente. Manca quindi un’espressa disciplina di tali ipotesi. Infatti, l’onere del preventivo tentativo di mediazione è previsto con riguardo ad ogni singola domanda da far valere in giudizio e quindi indipendentemente dalla posizione processuale (di attore o convenuto). Non è risolutivo nemmeno l’art. 4 co 1 d lgs cit. che si limita a disporre: «in caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda». Come si nota, tale disposizione non disciplina l’ipotesi del cumulo processuale delle domande ma soltanto la competenza sulla mediazione.
Da tale impostazione consegue che, in caso di domanda riconvenzionale rientrante nelle materie assoggettate a mediazione, vi è l’obbligo di fissare nuova udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6 d. lg. Cit per consentire alle parti di sperimentare il tentativo di mediazione omesso.
La dottrina ha invece criticato tale conclusione, preferendo un’interpretazione più restrittiva che escluda l’assoggettamento a mediazione per ogni domanda giudiziale proposta in corso di causa.
Secondo tale impostazione, il principio della ragionevole durata del processo e il divieto di abuso del processo impongono che la mediazione sia esperita soltanto prima della domanda principale e non anche di quella riconvenzionale, onde evitare l’allungamento dei tempi processuali e il prevedibile aumento delle spese conseguente alla reiterazione dei procedimenti di mediazione.
L’approccio restrittivo non convince, parendo superabili le ragioni che lo sorreggono.
Anzitutto, a fronte della dilatazione dei tempi processuali, è ben possibile la separazione della domanda principale da quella riconvenzionale ai sensi dell’art 103 co 2 cpc.
Inoltre, l’esclusione della mediazione per la domanda riconvenzionale determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento fra l’attore – il quale solo sarebbe tenuto a proporre la mediazione sulla sua domanda e a differire la sua tutela giurisdizionale – e il convenuto – sul quale non graverebbe alcun onere preventivo, con attribuzione di un privilegio contrastante con il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost.
Alla luce di quanto sopra si ritiene condivisibile il primo orientamento con la conseguente necessità di assoggettare a mediazione anche la domanda riconvenzionale per la quale non risulta sperimentato il tentativo di mediazione omesso.

Tuttavia, nella fattispecie in esame – ove la necessità del rinvio in mediazione concerne appunto la sola riconvenzionale – ben si comprende come la trattazione congiunta delle domande dell’attore e del convenuto ritardi e renda più gravoso il processo.
Si ritiene pertanto necessario, ai sensi dell’art. 103 co. 2 c.p.c. , separare la domanda
riconvenzionale dalla domanda principale.
Non va sottaciuto però che la separazione, creando lo sdoppiamento della causa può pregiudicare sia il ruolo, già gravoso, dell’Ufficio sia l’interesse delle parti che dovranno sopportare il peso e il costo di due cause.
Prima della separazione, sarebbe opportuno acquisire l’eventuale consenso delle parti per portare davanti ai mediatori non solo la domanda riconvenzionale ma anche la domanda principale, attesa l’intimo collegamento tra le due domande dell’attore e del convenuto. In tal modo, potrebbe evitarsi la separazione del processo, rinviando entrambe le domande cumulate a nuova data e rimettendo la causa riconvenzionale davanti ai mediatori, a titolo di mediazione facoltativa sollecitata dal giudice.

Ancor prima dell’eventuale acquisizione del consenso delle parti su quanto indicato, è necessario rinviare la causa per verificare la regolarità della notificazione nei confronti del terzo ---- nonché per integrare il contraddittorio con i terzi comproprietari del bene oggetto della domanda di usucapione.

Infatti, il rinvio dell’udienza per acquisire il consenso delle parti al rinvio in mediazione di tutta la causa, contestualmente all’imposizione degli adempimenti per la verifica della regolare instaurazione del contraddittorio, sarebbe una soluzione attuativa del principio costituzionale della ragionevole durata del processo; ma si impedirebbe alle parti ancora non presenti in giudizio di evidenziare le ragioni per cui non andrebbe effettuata la mediazione obbligatoria ovvero di non dare il consenso sulla mediazione delegata e potrebbe comportare, in caso di presentazione davanti al mediatore del chiamato in mediazione, la sopportazione di costi ad opera di quest’ultimo soggetto ancora non costituito in giudizio e la necessità per lo stessi chiamato, in caso di sua contumacia nel procedimento di mediazione, di dover motivare il giustificato motivo della sua assenza qualora decidesse di costituirsi poi in giudizio e ciò al fine di evitare le conseguenze negative previste all’art. 8, comma 5, d.lgs. 28/10.
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha evidenziato che l’ordinamento vigente impone la necessità di interpretare ed applicare la normativa processuale in armonia con il principio di cui all’art. 11 Cost. sulla ragionevole durata del processo, ma a patto che siano rispettati il principio del contraddittorio e il diritto di difesa (v. Cass. Civ Sez. unite n. 26373/2008; Cass, Sez. III n.
4342/2010).

P.Q.M.

dispone l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, comproprietari della corte, a cura della parte più diligente mediante notifica dell’atto di chiamata in giudizio entro 60 gg dalla comunicazione della presente ordinanza, nel rispetto dei termini liberi a comparire ex art. 163 bis cpc;

fissa l’udienza ex art 183 cpc al 15.10.2012 ore 9:00, anche al fine di verificare la regolarità della notificazione nei confronti del terzo chiamato Br. E di acquisire, preliminarmente alla separazione della domanda principale dalla domanda riconvenzionale assoggettata a mediazione, il consenso delle parti nei sensi di cui in motivazione.

Si comunichi

Cantù, il 2 febbraio 2012

IL GIUDICE
Dott. Marco Mancini

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

20 aprile 2012

73/12. Autorizzazione al trattamento dei dati a carattere giudiziario nell'attività di mediazione: provvedimento del Garante per la privacy n. 162 del 21 aprile 2011 (Osservatorio Mediazione Civile n. 73/2012)

In seguito ai provvedimenti n. 160 e 161 del 21 aprile 2011 (1) (2), il Garante per la privacy è nuovamente intervenuto in materia di mediazione (3) col provvedimento n. 162 del 21 aprile 2011, relativo all’autorizzazione al trattamento dei dati a carattere giudiziario correlato all'attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
In merito a quanto previsto dal provvedimento in analisi si evidenzia, in particolare, quanto segue.
L’autorizzazione in parola riguarda, tra l’altro:
-          gli organismi di mediazione costituiti da enti privati, con riferimento ai dati dei soci, associati, amministratori e rappresentanti, nonché dei mediatori iscritti;
-          gli organismi di mediazione costituiti da enti pubblici, con riferimento ai dati dei mediatori iscritti;
-          gli enti di formazione, con riferimento ai dati dei soci, associati, amministratori e rappresentanti.
L’autorizzazione riguarda anche il Ministero della giustizia, per la gestione del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco degli enti di formazione e per la verifica dei requisiti di onorabilità di cui al d.m. n. 180/2010 di soci, associati, amministratori e rappresentanti degli organismi di mediazione e degli enti di formazione di natura privata, nonché dei singoli mediatori.
Il trattamento può riguardare i soli dati giudiziari e le sole operazioni che risultino indispensabili, pertinenti e non eccedenti in relazione alla specifica finalità perseguita, nei limiti stabiliti dalle norme di legge e regolamento.
Anche in questo caso, così come previsto nel provvedimento n. 161 del 2011, i dati giudiziari possono essere conservati per il periodo di tempo non superiore a quello strettamente necessario.
Il provvedimento n. 162 del 2011, inoltre, dispone che i titolari dei trattamenti che rientrano nell’ambito di applicazione della presente autorizzazione non sono tenuti a presentare una richiesta di autorizzazione all’Autorità per la privacy, qualora il trattamento che si intende effettuare sia conforme alle prescrizioni ivi contenute.
Detta autorizzazione è valida fino al 30 giugno 2012.
Si riporta di seguito il testo del provvedimento n. 162 del 21 aprile 2011 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 3 maggio 2011 n. 101.




Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 73/2012

Autorizzazione al trattamento dei dati a carattere giudiziario correlato all'attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali - 21 aprile 2011
(Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 21 aprile 2011)

Registro dei provvedimenti
n.  162 del 21 aprile 2011

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

In data odierna, con la partecipazione del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali;
Visto, in particolare, l’art. 4, comma 1, lett. e), del Codice, il quale individua i dati giudiziari;
Visti gli articoli 21, comma 1, e 27 del Codice, che consentono il trattamento di dati giudiziari, rispettivamente, da parte di soggetti pubblici e di privati o di enti pubblici economici, soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e le operazioni eseguibili;
Visti gli articoli 20, commi 2 e 4, e le disposizioni relative a specifici settori di cui alla Parte II del Codice e, in particolare, il Capo IV del Titolo IV nel quale sono indicate finalità di rilevante interesse pubblico che rendono ammissibile il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici;
Visto l’art. 22 del Codice, che enuncia i princìpi applicabili, in particolare, al trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici;
Considerato che il trattamento dei dati in questione può essere autorizzato dal Garante anche d’ufficio con provvedimenti di carattere generale, relativi a determinate categorie di titolari o di trattamenti (art. 40 del Codice);
Considerato che le autorizzazioni di carattere generale sinora rilasciate sono risultate uno strumento idoneo per prescrivere misure uniformi a garanzia degli interessati, rendendo altresì superflua la richiesta di singoli provvedimenti di autorizzazione da parte di numerosi titolari del trattamento;
Visto il d.lg. 4 marzo 2010, n. 28 di attuazione dell’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali e il d.m. del 18 ottobre 2010, n. 180 emanato ai sensi dell’art. 16 del predetto decreto legislativo;
Considerato che il d.lg. n. 28/2010 e il d.m. n. 180/2010, prevedono che gli organismi di mediazione, gli enti di formazione e il Ministero della giustizia trattino i dati giudiziari per l’accertamento dei requisiti di onorabilità dei mediatori nonché dei soci, associati, amministratori e rappresentanti dei predetti enti di natura privata e attribuiscono al Ministero della giustizia l’esercizio di poteri di vigilanza e controllo in merito a tali requisiti;
Vista l’autorizzazione generale n. 7/2009 al trattamento dei dati a carattere giudiziario da parte di privati, di enti pubblici economici e di soggetti pubblici che non contempla il predetto trattamento correlato all’attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali;
Ritenuto necessario, pertanto, prevedere una nuova autorizzazione al fine di consentirne il relativo trattamento;
Considerato opportuno che anche tale nuova autorizzazione sia provvisoria e a tempo determinato, ai sensi dell’art. 41, comma 5, del Codice; ritenuto congruo, in particolare, statuirne l’efficacia, nella fase di prima applicazione della disciplina normativa di cui al menzionato d.lg. n. 28/2010, fino al 30 giugno 2012, ciò in quanto entro tale periodo di tempo dovrebbero essere ultimati gli adempimenti necessari per dare attuazione all’art. 16 del d.lg. n. 28/2010 secondo i criteri indicati dall’art. 4 del d.m. n. 180/2010 con conseguente completamento del quadro normativo di riferimento;
Considerata la necessità di garantire il rispetto di alcuni princìpi volti a ridurre al minimo i rischi di danno o di pericolo che i trattamenti potrebbero comportare per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità delle persone, e in particolare, per il diritto alla protezione dei dati personali sancito dall’art. 1 del Codice;
Visto l’art. 167 del Codice;
Visto l’art. 11, comma 2, del Codice, il quale stabilisce che i dati trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali non possono essere utilizzati;
Visti gli articoli 31 e seguenti del Codice e il disciplinare tecnico di cui all’Allegato B) al medesimo Codice, recanti norme e regole sulle misure di sicurezza;
Visto l’art. 41 del Codice;
Visti gli articoli 42 e seguenti del Codice in materia di trasferimento di dati personali all'estero;
Visti gli atti d’ufficio;
Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il prof. Francesco Pizzetti;

Autorizza

i trattamenti di dati giudiziari per le finalità di rilevante interesse pubblico di seguito specificate ai sensi degli artt. 21 e 27 del Codice, secondo le prescrizioni di seguito indicate.
1) Soggetti ai quali è rilasciata l’autorizzazione e finalità del trattamento.
a) Per il perseguimento della finalità di rilevante interesse pubblico individuata dall’art. 69 (Onorificenze, ricompense e riconoscimenti) sono autorizzati, anche senza richiesta, a trattare i dati giudiziari di cui all’art. 4, comma 1, lett. e), del Codice per adempiere ad obblighi previsti da disposizioni di legge e regolamento in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali:
1. gli organismi di mediazione costituiti da enti privati di cui all’art. 1, comma 1, lett. d), del d.lg. 28/2010 e successive modificazioni e integrazioni, con riferimento ai dati dei soci, associati, amministratori e rappresentanti, nonché dei mediatori iscritti;
2. gli organismi di mediazione costituiti da enti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. d), del d.lg. 28/2010 e successive modificazioni e integrazioni, con riferimento ai dati dei mediatori iscritti;
3. gli enti di formazione di cui all’art. 16, comma 5, del d.lg. 28/2010 e successive modificazioni e integrazioni, e art. 1, comma 1, lett. n) del d.m. n. 180/2010 con riferimento ai dati dei soci, associati, amministratori e rappresentanti;
b) Per il perseguimento delle finalità di rilevante interesse pubblico individuate dall’art. 69 (Onorificenze, ricompense e riconoscimenti), nonchè dall’art. 67 (Attività di controllo e ispettive) il Ministero della giustizia è autorizzato a trattare i dati giudiziari di cui all’art. 4, comma 1, lett. e), del Codice ai sensi dell’art. 16 del d.lg. 28/2010 e successive modificazioni e integrazioni, nonché relative disposizioni attuative, per la gestione del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco degli enti di formazione e per la verifica dei requisiti di onorabilità di cui al d.m. n. 180/2010 di soci, associati, amministratori e rappresentanti degli organismi di mediazione e degli enti di formazione di natura privata, nonché dei singoli mediatori.
2) Interessati ai quali i dati si riferiscono e categorie di dati oggetto di trattamento.
Il trattamento può riguardare i soli dati giudiziari relativi ai requisiti di onorabilità previsti dal d.m. n. 180/2010 previsti per soci, associati, amministratori e rappresentanti degli organismi di mediazione e degli enti di formazione di natura privata, nonché dei singoli mediatori ("non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; non essere incorso nell'interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza").
3) Categorie di dati e operazioni di trattamento.
Il trattamento può riguardare i soli dati giudiziari e le sole operazioni che risultino indispensabili, pertinenti e non eccedenti in relazione alla specifica finalità perseguita, nei limiti stabiliti dalle norme di legge e regolamento.
4) Comunicazione dei dati.
Il Ministero della giustizia, nell’ambito dei poteri di vigilanza e controllo attribuitigli dalla normativa di settore può comunicare i dati giudiziari di cui all’art. 4, comma 1, lett. e) del Codice:
- agli organismi di mediazione e agli enti di formazione di natura privata in relazione ai requisiti di onorabilità previsti dagli artt. 4, comma 2, lett. c) e 18, comma 2, lett. b), del d.m. n. 180/2010 per i propri soci, associati, amministratori e rappresentanti;
- agli organismi di mediazione di natura pubblica e privata in relazione ai requisiti di onorabilità previsti dall’art. 4, comma 3, lett. c), del d.m. 180/2010 per i mediatori individuati nei propri elenchi.
5) Conservazione dei dati.
Nel quadro del rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 11, comma 1, lett. e), del Codice, i dati giudiziari possono essere conservati per il periodo di tempo previsto dalla normativa comunitaria, da leggi, o da regolamenti e, comunque, per un periodo non superiore a quello strettamente necessario.
I soggetti autorizzati verificano periodicamente l'esattezza e l'aggiornamento dei dati, nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e necessità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi. Al fine di assicurare che i dati siano strettamente pertinenti, non eccedenti e indispensabili rispetto alle finalità medesime, i soggetti autorizzati valutano specificamente il rapporto tra i dati e i singoli obblighi e compiti. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultino eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati, salvo che per l'eventuale conservazione, a norma di legge, dell'atto o del documento che li contiene.
6) Richieste di autorizzazione.
I titolari dei trattamenti che rientrano nell’ambito di applicazione della presente autorizzazione non sono tenuti a presentare una richiesta di autorizzazione a questa Autorità, qualora il trattamento che si intende effettuare sia conforme alle prescrizioni suddette.
Le richieste di autorizzazione pervenute o che perverranno anche successivamente alla data di adozione del presente provvedimento, devono intendersi accolte nei termini di cui al provvedimento medesimo.
Il Garante non prenderà in considerazione richieste di autorizzazione per trattamenti da effettuarsi in difformità alle prescrizioni del presente provvedimento, salvo che, ai sensi dell’art. 41 del Codice, il loro accoglimento sia giustificato da circostanze del tutto particolari o da situazioni eccezionali non considerate nella presente autorizzazione.
7) Norme finali.
Restano fermi gli obblighi previsti da norme di legge o di regolamento o dalla normativa comunitaria che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in materia di trattamento di dati personali.
Restano fermi, altresì, gli obblighi di legge che vietano la rivelazione senza giusta causa e l’impiego a proprio o altrui profitto delle notizie coperte dal segreto professionale, nonché gli obblighi deontologici o di buona condotta relativi alle singole figure professionali.
8) Efficacia temporale.
La presente autorizzazione ha efficacia fino al 30 giugno 2012, salve eventuali modifiche che il Garante ritenga di dover apportare in conseguenza di eventuali novità normative rilevanti in materia.
La presente autorizzazione sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 21 aprile 2011

IL PRESIDENTE
Pizzetti
IL RELATORE
Pizzetti
IL SEGRETARIO GENERALE
De Paoli

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.