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19 novembre 2024

38/24. L’avvocato non presenzia ad un incontro di mediazione di cui aveva richiesto, invano, un rinvio: rilevanza deontologica? (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2024)


=> Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Consales), sentenza n. 141 del 22 aprile 2024 (pubbl. 24.9.2024)


L’inadempimento al mandato non ha rilevanza deontologica ex se, giacché l’inadempimento contrattuale, quantunque rilevante sul piano della responsabilità civile, integra anche responsabilità disciplinare solo quando l’inadempimento stesso derivi da “non scusabile e rilevante trascuratezza” ex art. 26 cdf (Nel caso di specie, l’avvocato non aveva presenziato ad un incontro di mediaconciliazione, di cui aveva tuttavia richiesto -ma invano- un rinvio per un suo impedimento. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha escluso rilevanza disciplinare alla condotta). [massima ufficiale]


Il provvedimento per esteso consultabile al seguente URL: https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2024-141.pdf


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

13 novembre 2024

37/24. Produzione in giudizio della consulenza tecnica svolta in mediazione [cfnews] (Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2024)

 

Si può produrre in giudizio la consulenza svolta in mediazione?


di Manuela ZANUSSI

(fonte CassaForense: cfnews.it del 26.4.2024)


La Riforma Cartabia ha modificato l'articolo 8 del D. Lgs. 28/2010, che già dalle origini della mediazione civile e commerciale prevedeva la facoltà di svolgere la consulenza tecnica durante la procedura: “Il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali”.

Il legislatore della novella ha normato, positivizzandola, una prassi consolidata negli Organismi e tra i mediatori. In ogni caso, va verbalizzata la scelta e la pattuizione delle parti di poter produrre l’elaborato nel successivo eventuale giudizio: il documento peritale che si forma all’interno della procedura è infatti diversamente coperto da riservatezza assoluta ai sensi degli artt. 9 e 10 D. Lgs.

Recita il nuovo comma 7 dell’art. 8:

Al momento della nomina dell'esperto, le parti possono convenire la producibilità in giudizio della sua relazione, anche in deroga all'articolo 9. In tal caso, la relazione è valutata ai sensi dell'articolo 116, comma primo, del codice di procedura civile”.

Se apprezzabile l’intento del legislatore di dare veste normativa alla prassi invalsa, dall’altro lato l’ingresso di un istituto tipicamente officioso e processuale in una procedura informale e destrutturata quale la mediazione determina conseguenze “processualizzanti” che vanno ponderate e ben conosciute per evitarne le aberrazioni.

  1. Quando e come nominare il consulente in mediazione

Il consulente in mediazione va nominato sul presupposto che le parti, sia su loro richiesta sia su sollecitazione del mediatore, ritengano che le questioni trattate abbiano necessità di approfondimenti tecnici (questioni medico sanitarie con una quantificazione medico-legale dei danni, accertamenti estimativi su questioni di divisione immobiliare, redazione dei conteggi di revisione di tabelle millesimali etc.).

La norma dispone che sia il mediatore ad “avvalersi” dell’esperto. Di norma, tuttavia, non è il mediatore a nominare il consulente (come accade all’ausiliario del giudice nel processo), ma alternativamente o la nomina avviene a cura delle parti, ovvero la nomina viene effettuata dall’Organismo, ma subordinatamente all’impegno solidale delle parti a sostenerne i costi.

  1. Il consulente in mediazione: chi deve essere e che regole deve seguire

Il perito deve essere un esperto iscritto nelle liste dei CTU del Tribunale. Tuttavia le parti liberamente, nella loro disponibilità, possono anche nominare un soggetto non inserito nelle liste.

In mediazione non esistono regole precostituite, né l’istituto ha una sua “procedura”, ma uno dei principi cardine che va seguito è quello del contraddittorio, sia per la legittimità nel procedimento di mediazione, sia per l’efficacia nel successivo giudizio.

Spesso, anche solo per deformazione professionale, avvocati e consulenti seguono le abitudini giudiziali di consentire nomine di consulenti di parte entro l’inizio delle operazioni, dare un termine per redigere una bozza, uno successivo per osservazioni ai consulenti di parte e uno finale per il deposito; tuttavia tutto è lasciato alla libera determinazione e disponibilità delle parti stesse.

Anche sulla redazione del quesito, le parti devono accordarsi e stenderlo congiuntamente al mediatore, così come sempre all’atto della nomina prevedere il costo della consulenza e la ripartizione della relativa spesa.

  1. La perizia e il suo valore

Come sopra detto, la novità della riforma Cartabia è stata di chiarire la questione della producibilità dell’elaborato nel successivo giudizio, richiedendo alle parti di verbalizzare, all’atto dell’incarico, se esse vogliano che la perizia sia producibile in giudizio.

Se le parti stabiliscono che l’esito peritale possa essere producibile, esse in pratica rinunciano espressamente all’obbligo di riservatezza che copre il documento (articoli 9 e 10 del decreto 28/2010). La perizia viene così volutamente “dissecretata” e pertanto è producibile; se invece le parti la vogliono riservata e viene successivamente prodotta in violazione di tale disposto, determina innanzitutto conseguenze deontologiche per l’avvocato.

Secondo la giurisprudenza formatasi sotto il testo normativo ante Cartabia, però, la CTM prodotta in giudizio pur se in violazione della segretezza aveva valore probatorio di prova atipica ed era utilizzabile. Diverse sentenze, nella vigenza della vecchia normativa, pur ritenendo la perizia illegittimamente introdotta in giudizio, l’hanno ritenuta infatti utilizzabile quale prova atipica e valutata dal giudice ex art. 116 cpc. Tra le altre, la sentenza 1094/2022 del Tribunale di Roma, che ha ribadito la piena producibilità dell’elaborato in giudizio

in virtù di un equilibrato contemperamento fra l’esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità ed utilità delle attività che si compiono nel corso e all’interno di tale procedimento (in questo senso Trib. Roma 17 marzo 2014), trattandosi peraltro di una perizia redatta tenendo conto del principio del contraddittorio.”.

Anche un recente Tribunale di Pordenone n. 595/2022 del 4.11.22 ha seguito l’orientamento del Giudice capitolino, sostenendo che era del tutto infondata la domanda attorea di

condanna dello stesso convenuto al pagamento –a titolo di sanzione– d’importo equitativamente determinato secondo il prudente apprezzamento del Giudicante, in considerazione del comportamento tenuto nella procedura di mediazione: e ciò in quanto una tale sanzione non è prevista dalla legge […]. Condivisibilmente la giurisprudenza ritiene producibile ed utilizzabile nel successivo giudizio la relazione del consulente nominato nel corso di tale procedimento […]”.

A sgombrare il campo, però, è oggi la nuova norma dell'articolo 8, che ora stabilisce espressamente che il CTM deve essere autorizzato dalle parti a redigere una perizia producibile (o meno), con dichiarazione che deve risultare chiaramente a verbale all’atto dell’incarico. Solo a tale condizione essa potrà essere depositata in giudizio col valore della prova atipica valutabile ex art. 116 cpc, diversamente venendo rafforzata la segretezza della procedura di mediazione.

La riforma Cartabia apre dunque a nuove e diverse pronunce giurisprudenziali; così, nel successivo giudizio, vi potrebbe essere non solo un’espressa declaratoria di inutilizzabilità del documento introdotto in violazione di legge, ma addirittura una valutazione giudiziale della condotta della parte che l’abbia prodotto, con ogni relativa conseguenza di natura deontologica per il legale, in relazione alla violazione del principio di lealtà e buona fede.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

7 novembre 2024

36/24. Partecipazione alla mediazione: le parti possono farsi sostituire da un rappresentante sostanziale, coincidente con lo stesso difensore che le assiste (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2024)

 

=> Corte di Cassazione, 2 luglio 2024 n. 18106


Deve ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche - ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto. Dunque, nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste (I).


(I) In tal senso Cassazione civile, 27 marzo 2019 n. 8473, in Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2019.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)


Cote di cassazione

sezione I

ordinanza n. 18106

2 luglio 2024


Omissis


Fatti di causa


Con sentenza no 682 del 26 giugno 2017, il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato improcedibile, a causa del mancato esperimento del tentativo di mediazione ex art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, l'opposizione proposta da omissis, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Cassa di risparmio omissis. Gli opponenti erano condannati in solido a pagare Euro 92.531,40, oltre interessi dal 1 luglio 2012, a titolo di debito concordato nel piano di rientro 7 aprile 2010, rimasto totalmente inadempiuto.

Il primo giudice, rilevato d'ufficio il mancato esperimento del tentativo di mediazione, all'esito della prima udienza tenutasi il 17.11.2016, assegnava il termine di quindici giorni per il suo espletamento. Gli opponenti provvedevano alla sua instaurazione. Tuttavia omissis non vi partecipavano personalmente, in quanto davanti al mediatore (come risulta dal verbale prodotto in causa) era comparso solo un sostituto del difensore. Quest'ultimo si riservava di produrre in un secondo momento la delega.

Parallelamente, parte opposta si presentava con il proprio difensore di fiducia "giusta delega agli atti".

Avverso la sentenza gli attuali ricorrenti hanno proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Bologna.

Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha rigettato il gravame Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:

a) attesa l'assenza di una previsione legislativa espressa che imponga la partecipazione personale delle parti e la sua non riconducibilità tra gli atti personalissimi, i contendenti possono farsi sostituire davanti al mediatore da un delegato - eventualmente coincidente con lo stesso difensore - purché questo sia munito non della procura alle liti, ma di una specifica procura sostanziale, non autenticabile dal difensore stesso;

b) ai fini della regolare partecipazione al tentativo di mediazione obbligatoria non è sufficiente la mera procura alle liti, essendo questa limitata ai poteri processuali conferiti al difensore e non comprensiva dei poteri conciliativi giudiziali;

c) la disposizione del diritto in sede conciliativa deve essere oggetto di apposita procura sostanziale (diversa ed aggiuntiva), nel caso in cui la parte non voglia o sia impossibilitata a partecipare all'incontro;

d) l'appellante ha impugnato la sentenza censurando il percorso motivazionale nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto irritualmente esperita la mediazione e chiedendo, quindi, di accertare che l'esperimento conciliativo si era regolarmente svolto. Non ha, invece, impugnato la prima decisione nella parte in cui ha dichiarato improcedibile l'opposizione, anziché il ricorso monitorio, sul rilievo che l'irrituale svolgimento della mediazione dovese ricadere sulla banca opposta, quale parte tenuta ad iniziare la procedura di mediazione. Ne deriva che la sentenza di primo grado deve ricevere integrale conferma.

omissis hanno presentato ricorso per cassazione con un motivo.

omissis ha presentato controricorso.


Ragioni della decisione


Il ricorrente deduce:

Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in riferimento al D.Lgs. n. 28/2010. La Corte ha ritenuto obbligatoria la personale partecipazione delle parti ai procedimenti deflattivi e, pertanto, la loro mancata partecipazione sia tale da inficiare la validità e l'efficacia della procedura di mediazione, nonostante che le parti siano state tecnicamente assistite e la procedura si sia articolata in più incontri nell'ambito dei quali i soggetti abbiano avuto la possibilità di confrontarsi sulle reciproche posizioni. Deduce, infine, che la mancata partecipazione personale alla procedura ha determinato il paradosso per il quale la banca ha subito come sanzione il solo pagamento di una somma pari al contributo unificato e l'attuale ricorrente, invece, di sentir dichiarare "la ben più pesante conseguenza" del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto.

La censura è inammissibile.

I giudici del merito hanno risolto la controversia in puntuale conformità agli insegnamenti di questa Corte.

La questione giuridica è se, nel procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, d.ls. n. 28/2010 e disciplinato, in particolare, dagli artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell'azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la stessa possa - e in che modo - farsi sostituire.

"Qualora si ammetta che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri, occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da chiunque, ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti". Il procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione della figura del mediatore, offre alle parti un momento di incontro, perché possano liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultino irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali. Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. In tale contesto la figura dell'avvocato è stata introdotta successivamente con l'art. 5, comma 1 bis, quale professionista esperto in tecniche negoziali che assiste la parte nella procedura. L'art. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati.

La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato.

Non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore.

Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche - ma non solo - dal suo difensore.

Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto.

Nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste (così limpidamente anche in motivazione Cass., n. 8473/2019).

Tali principi sono ribaditi, anche se sotto diverso aspetto, da Cass., n. 205/2024 che ha specificato che in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28/2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Condizione che si è puntualmente verificata nella prima udienza del giudizio di I grado nella controversia in esame.

Quanto alla doglianza sul diverso esito tra le parti per la dichiarata e confermata improcedibilità, va rilevato che la censura non coglie la ratio decidendi su tale aspetto poiché la Corte sottolinea che l'attuale ricorrente: "Non ha, invece, impugnato la prima decisione nella parte in cui ha dichiarato improcedibile l'opposizione, anziché il ricorso monitorio, sul rilievo che l'irrituale svolgimento della mediazione dovese ricadere sulla banca opposta, quale parte tenuta ad iniziare la procedura di mediazione. Ne deriva che la sentenza di primo grado deve ricevere integrale conferma". La circostanza, inevitabilmente, produce gli effetti delineati nella censura.

Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.


PQM


La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000 per compensi e Euro 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30.5.2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.