=> Corte di Cassazione, 7 dicembre 2022, n. 35971
È infondato il motivo con cui si denuncia la violazione del d.lgs. n. 28
del 2010, art. 4, comma 3, per avere il giudice ritenuto annullabile il
contratto professionale per il mancato avvertimento, rivolto alla parte, della
possibilità di esperire la mediazione qualora si deduca che nella specie
non trovava applicazione la disciplina della mediazione c.d. obbligatoria.
Difatti, l’art. 4, d.lgs. 28/2010 prescrive l'obbligo dell'avvocato di
informare il cliente della facoltà di ricorrere alla mediazione e di
beneficiare delle agevolazioni fiscali a pena di annullamento del contratto con
lo stesso concluso, essendo di conseguenza irrilevante stabilire se il
giudizio sia o meno sottoposto all'onere di mediazione obbligatoria.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 20/2023
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Cote di cassazione
sezione II
ordinanza n. 35971
7 dicembre 2022
Omissis
1. Con sentenza n. 1507/2017, la Corte distrettuale, confermando la
sentenza di primo grado, ha riconosciuto all'avv. F.S.P. un indennizzo ex art.
2041 c.c., pari ad Euro 1990, ridotto ad Euro 490,00 in considerazione
dell'anticipo già percepito, per aver difeso il Condominio (Omissis) in un
procedimento per accertamento tecnico preventivo, avente ad oggetto vizi
costruttivi dell'edificio condominiale e la quantificazione del danno, e nel successivo
giudizio di merito.
Anche il giudice distrettuale ha ritenuto che la mancata allegazione
all'atto introduttivo del giudizio dell'informativa, in forma scritta, resa
alla parte assistita circa la possibilità di avvalersi della procedura di
mediazione civile D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 4, comma 3, fosse causa di
annullamento del contratto d'opera professionale anche se detto adempimento non
aveva avuto conseguenze sul piano processuale, e che, inoltre, al difensore
spettasse solo un indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento, che già
il tribunale aveva liquidato in base all'attività effettivamente svolta
(stesura, notifica e iscrizione a ruolo di un atto di citazione), in
applicazione del D.M. n. 55 del 2014.
Per la cassazione della sentenza l'avv. Salvatore Fronte propone
ricorso in tre motivi.
Il Condominio è rimasto intimato.
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., per
aver la Corte d'appello emesso due distinte pronunce, depositate lo stesso
giorno, la prima delle quali non si riferiva alle parti in causa e esaminava
questioni del tutto estranee al presente giudizio.
Il motivo è infondato.
La Corte d'appello ha depositato, in pari data, due diverse pronunce,
aventi il medesimo numero di ruolo generale, la prima delle quali aveva ad
oggetto una richiesta di compensi per attività di mediazione o di geometra tra
parti diverse da quelle di causa (cfr. pag. 3).
Probabilmente avvedutosi dell'errore, il giudice distrettuale ha
depositato una seconda sentenza - oggetto del presente ricorso rinnovando
integralmente la decisione.
La pronuncia impugnata in questa sede non è inficiata dai vizi della
decisione emessa per prima.
L'inesistenza giuridica, o nullità radicale, di un provvedimento
giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del
giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente
altri soggetti, comporta, per l'incompiuto esercizio della giurisdizione, che
il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa
procedere alla sua rinnovazione, emanando un valido atto conclusivo del
giudizio (Cass. 40883/2021; Cass. 32405/2019; Cass. 6162/2014; Cass.
30067/2011; Cass. 27428/2009).
Ferma, quindi, la validità della seconda decisione, qui impugnata, il
vizio di quella emessa per prima può esser fatto autonomamente valere, in ogni
tempo, mediante un'azione di accertamento negativo ("actio
nullitatis") o con i normali mezzi di impugnazione, sempre che sussista un
interesse della parte all'espressa rimozione della decisione viziata (Cass.
3010/2022; Cass. 27428/2009).
3. Il secondo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010,
art. 4, comma 3, per aver la Corte ritenuto annullabile il contratto
professionale per il mancato avvertimento, rivolto alla parte, della
possibilità di esperire la mediazione. Si deduce che - al momento della
proposizione del giudizio di merito, in data 22.6.2013 - la norma che prescrive
l'obbligatorietà della mediazione non era in vigore, essendo stata dapprima prevista
dal D.Lgs. 21 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, dichiarato incostituzionale
con sentenza n. 272/2012, e quindi reintrodotta con D.L. n. 69 del 2013, con
effetto dal 22.6.2013. Il mandato professionale aveva, inoltre, ad oggetto
anche un procedimento di accertamento tecnico preventivo, non sottoposto
all'obbligo di mediazione e l'inosservanza della norma non aveva determinato
l'improcedibilità della domande in alcuna delle cause in cui il ricorrente
aveva esercitato la difesa.
Il motivo è infondato.
L'originaria formulazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1,
prevedeva che chiunque intendesse esercitare in giudizio un'azione relativa
alle controversie ivi indicate era tenuto preliminarmente a esperire il
procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda.
La Corte costituzionale, con la pronuncia 6 dicembre 2012 n. 272, ha
dichiarato l'illegittimità della norma per eccesso di delega, nonché - "in
via consequenziale" - dell'art. 4, comma 3, limitatamente al secondo
periodo (ove prevedeva che l'avvocato informasse l'assistito dei casi in cui
l'esperimento del procedimento di mediazione era condizione di procedibilità
della domanda giudiziale") e al sesto periodo (limitatamente alla frase
"se non provvede ai sensi dell'art. 5, comma 1"; cfr., in
motivazione, Cass. 31852/2019).
Successivamente la mediazione è stata resa nuovamente obbligatoria, per
le controversie ivi indicate, con il D.Lgs. n. 28 del 2010, nuovo art. 5, comma
1 bis, introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, art. 84, comma 1, lett. b).
La disposizione nulla ha però innovato riguardo all'obbligo
dell'avvocato di informare il cliente della facoltà di ricorrere alla
mediazione e di beneficiare delle agevolazioni fiscali, già previsto dal citato
art. 4 ed in vigore sin dal 20.3.2010.
E' peraltro indubbio che la Corte di merito, avendo rilevato la
mancanza dell'informativa rivolta al cliente della possibilità di avvalersi
della mediazione, abbia dichiarato l'annullamento del contratto con riferimento
alla mediazione facoltativa; è allora irrilevante stabilire se i giudizi
patrocinati dal ricorrente fossero o meno sottoposti all'onere di mediazione
obbligatoria o che nessuna delle domande sia stata dichiarata improcedibile per
violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1.
Quanto, infine alla sussistenza dell'informativa nella procura
sottoscritta dalla resistente, la circostanza di fatto, semplicemente
enunciata, è in contrasto con le conclusioni della sentenza, che ha ritenuto
inadempiuto l'obbligo di cui al citato art. 4, considerato peraltro il
documento contenente l'informativa non può identificarsi con la procura
"ad litem", dalla quale si distingue per oggetto e funzione (Cass.
13886/2016).
3. Il terzo motivo denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014,
lamentando che la pronuncia, nel liquidare i compensi, abbia applicato
retroattivamente le previsioni del decreto, benché l'attività difensiva si
fosse esaurita prima della loro entrata in vigore.
Il motivo non merita accoglimento.
Sebbene il ricorrente affermi che l'attività si era esaurita nel marzo
2014, si evince dalla sentenza che la revoca del mandato - e quindi la
cessazione del rapporto professionale - era intervenuta il 4.4.2014, nel pieno
regime del D.M. n. 55 del 2014, entrato in vigore il giorno precedente (ossia
il 3.4.2014; cfr. sentenza, pag. 2).
Il citato decreto disciplina, peraltro, i compensi dell'avvocato per le
prestazioni professionali (art. 1) e non è direttamente invocabile per
monetizzare l'utilità ricavata dall'amministrazione per l'opera prestata dal
professionista, dopo che il contratto di incarico era stato annullato.
L'eventuale impiego dei criteri tabellari era in funzione della mera
liquidazione equitativa dell'ammontare dell'indennizzo ex art. 2041 c.c., non
configurandosi - neppure in astratto - un contrasto con il regime
intertemporale fissato dall'art. 28 del decreto (secondo cui le relative
disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in
vigore).
Le deduzioni del ricorrente in merito all'incongruità delle somme
liquidate appaiono - infine - motivatamente disattese dalla Corte di merito,
evidenziando che l'attività si era esaurita nella sola stesura, notifica e
iscrizione a ruolo della citazione, con apprezzamento di merito, logicamente
motivato.
Il ricorso è quindi respinto.
Nulla sulle spese, non avendo il Condominio svolto difese.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1
quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1
bis, se dovuto.
PQM
Rigetta il ricorso. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art.
13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.