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17 settembre 2021

32/21. Precedenti tentativi di mediazione non andati a buon fine: giusto motivo di mancata partecipazione? (Osservatorio Mediazione Civile n. 32/2021)

=> Tribunale Roma, 15 gennaio 2021 

Non costituisce giusto motivo di mancata partecipazione lo svolgimento di precedenti tentativi di mediazione non andati a buon fine. In tal caso, dunque, la mancata partecipazione al tentativo obbligatorio di mediazione comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 8, comma 4 bis, d.lgs. 28/2010 (I). 

(I) Si veda l’art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 32/2021 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale Roma
Sentenza
15 gennaio 2021

Omissis

Sulla prima domanda di risarcimento del danno da mancata restituzione in pristino.

Sul punto omissis in liquidazione s.r.l., come visto, lamenta l’erroneità della C.T.U. nonché la circostanza di fatto che i predetti lavori sarebbero stati autorizzati da omissis il 23.02.2005 (cfr. autorizzazione del febbraio 2005 allegato 2 alla memoria di costituzione). Sul punto, poi, la C.T.U. sarebbe carente ed erronea perché il Perito del Tribunale avrebbe ipotizzato che il proprietario non fosse stato reso edotto dei lavori.

Tale eccezione, però, non coglie nel segno visto che l’art. 6 del contratto recita che “La conduttrice dichiara di aver esaminato i locali affittati e di averli trovati adatti al proprio uso, in buono stato di manutenzione ed esenti da difetti che possano influire sulla salute di chi vi svolge attività e si obbliga a riconsegnarli alla scadenza del contratto nello stesso stato”. E ancor più chiaramente all’art. 8 si legge: “La conduttrice è costituita custode della cosa locata e si obbliga a mantenere e riconsegnare i locali con gli 6 impianti e le dotazioni, così come ricevuti, in buono stato di conservazione salvo il deperimento d’uso”. Appare di palmare evidenza, allora, che la Bimbi Allegri in liquidazione s.r.l., nella sottoscrizione del contratto regolarmente allegato (cfr. allegato 1 al ricorso) abbia assunto un’obbligazione ulteriore rispetto a quella di cui all’art. 1590 c.c. e più penetrante impegnandosi a riconsegnare i locali esattamente nello stato ricevuto. Quest’ultimo, contrariamente a quanto falsamente sostenuto dalla Bimbi Allegri in liquidazione s.r.l., era certamente un buono stato locativo. Tale semplice osservazione si basa sulla dichiarazione confessoria resa dalla stessa conduttrice nel contratto di locazione. Come noto la confessione ha valore di prova legale e non ammette prova contraria.

D’altra parte la stessa giurisprudenza, anche di merito, chiarisce che “In tema di locazioni, se nel contratto è inserita la clausola con cui il conduttore dichiara di avere visitato i locali e di averli trovati esenti da vizi e in buono stato manutentivo, non è più possibile, per il conduttore stesso, ritrattare tale dichiarazione e contestare, eventualmente anche in causa, il fatto che l'immobile, al momento della consegna, presentava invece dei vizi. La clausola in questione, infatti, non è una semplice formula "di stile", inserita più per consuetudine: al contrario, essa ha un preciso significato sostanziale, integrando, a tutti gli effetti, una confessione stragiudiziale resa dal conduttore circa lo stato manutentivo del bene consegnatogli. Pertanto, proprio perché si tratta di "confessione", tale dichiarazione costituisce una "prova legale": ossia, in base alle regole del processo civile, una prova che non può essere più messa in discussione, né superata da altre prove” (Tribunale di Pisa, sentenza del 22.03.2016). Dunque tutte le osservazioni contenute nella memoria di costituzione: quelle secondo le quali la mancata liberazione dell’immobile non può definirsi cattiva manutenzione e che la diversa distribuzione dei locali sarebbe compatibile con il rispristino all’uso abitativo sono superate dalle espresse pattuizioni contrattuali.

Parimenti il regime giuridico delle migliorie non può essere ricondotto a quanto previsto dall’art. 1592 c.c. stante la pattuizione delle parti secondo la quale l’immobile doveva essere restituito nell’esatto stato dell’originaria consegna.

D’altra parte che le opere realizzate dalla omissis in liquidazione s.r.l. costituiscano reali migliorie è affermazione apodittica e del tutto priva di riscontro probatorio. Invero la Suprema Corte chiarisce che “Nella nozione di 7 "miglioramenti" ai sensi dell'art. 1592 cod. civ. rientrano quelle opere che con trasformazioni o sistemazioni diverse apportano all'immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività, senza presentare una propria individualità rispetto al bene in cui vanno ad incorporarsi” (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 13070/2004). Nel caso di specie, invece, nessun miglioramento è stato apportato all’immobile tanto che lo stesso proprietario chiede la restituzione in pristino dell’immobile come, peraltro, espressamente pattuito nel contratto. D’altra parte appaiono del tutto sfornite di prova le eccezioni di compensazione della omissis in liquidazione s.r.l. Ci si riferisce a presunte migliorie e opere di manutenzione per le quali non è stato fornito alcun riscontro probatorio: non una fattura, un progetto o un contratto di appalto. D’altra parte la omissis in liquidazione s.r.l. avrebbe potuto avanzare ricorso per A.T.P., come fatto dallo stesso omissis, per fare accertare le presunte opere di miglioria.

Infine deve constatarsi come la relazione peritale di cui all’A.T.P. avente appare completa, dettagliata e priva di vizi logici così che il relativo contenuto è fatto proprio dall’organo giudicante. Appare conforme e adeguata la quantificazione dei costi di restituzione in pristino di € 53.295,11 oltre Iva.

In conclusione la domanda di omissis deve essere accolta e la omissis in liquidazione s.r.l. deve essere condannata al pagamento di € 53.295,11 oltre Iva e interessi nella misura legale dalla data di riconsegna del 08.09.2017 fino a quella di effettivo pagamento.

Deve, però, essere rigettata la richiesta di condanna al risarcimento delle spese di A.T.P. omissis.

Sulle spese Le spese di lite devono essere compensate in ragione del mancato accoglimento della gran parte delle domande di parte ricorrente. Sul punto la Suprema Corte chiarisce che “La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92, comma 2, c.p.c.), si verifica - anche in relazione al principio di causalità - nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero venga accolta parzialmente l'unica domanda proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri” (Corte di Cassazione, Sez. III, ord. n. 20888/2018).

La mancata partecipazione della omissis in liquidazione s.r.l. al tentativo obbligatorio di mediazione comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. 28/2010. Infatti non costituisce giusto motivo di mancata partecipazione lo svolgimento di precedenti tentativi di mediazione non andati a buon fine.

Pertanto omissis in liquidazione s.r.l. deve essere condannata al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. 

PQM 

Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: dichiara inammissibile la domanda nuova presentata da omissis di pagamento dell’indennità di occupazione per il periodo necessario alla realizzazione dei lavori di restituzione in pristino; dichiara inammissibili i documenti allegati da omissis alla memoria conclusionale; condanna la omissis in liquidazione s.r.l. al pagamento, in favore di omissis, della somma di € 53.295,11 oltre Iva e interessi nella misura legale dalla data di riconsegna del 08.09.2017 fino a quella di effettivo pagamento; rigetta la domanda di omissis al risarcimento del danno da lucro cessante; rigetta la domanda di omissis al pagamento dell’integrazione dell’indennità di occupazione per i mesi di giugno e luglio 2017; condanna omissis in liquidazione s.r.l. al pagamento, in favore di omissis, della somma di € 5.301,54 oltre interessi legali dal 08.09.2017 fino alla data di effettivo pagamento per l’occupazione relativa ai mesi di agosto e settembre 2017; rigetta la richiesta di condanna al pagamento della somma di € 3.860,50 a titolo di spese per A.T.P.; rigetta la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c.; compensa le spese di lite; condanna omissis in liquidazione s.r.l. al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.