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31 marzo 2019

17/19. Mancata partecipazione alla mediazione, condanna per responsabilità aggravata: criteri per calcolarne l’ammontare (Osservatorio Mediazione Civile n. 17/2019)

=> Tribunale di Roma, 27 settembre 2018

In tema di mancato esperimento della mediazione demandata (art. 5 comma 2 d.lgs. 28/2010), con riferimento alla condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 3, l’ammontare della somma deve essere rapportato:
- allo stato soggettivo del responsabile (valutato anche il chiaro contenuto dell’ordinanza con cui il giudice ha inviato le parti in mediazione e la volontaria scelta di renitenza nei confronti dell’invito del giudice di cercare di trovare un accordo);
- alla qualifica ed alle caratteristiche del responsabile, persona fisica o giuridica che sia, ed alla sua maggiore o minore capacità anche in termini organizzativi, di preparazione professionale, culturale, tecnica, di assumere condotte consapevoli (si tratta di un parametro che riguarda la scusabilità, ove esistente, in misura maggiore o minore, della condotta censurata);
- alla necessità che, in relazione alle caratteristiche del soggetto responsabile, costituisca un efficace deterrente ed una sanzione significativa ed avvertibile (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 17/2019

Tribunale di Roma
Sentenza
sezione tredicesima
27 settembre 2018

Omissis

Il fatto e la responsabilità esclusiva, della causazione  del sinistro della Volkswagen Golf condotta da omissis e di proprietà omissis (assicurata spa omissis) sono indiscutibili. Omissis. La frenata c’è stata e la caduta è stata causata da tale frenata improvvisa che a sua volta è stata determinata dalla scriteriata condotta di guida della irresponsabile conducente della Golf.
omissis
Con ordinanza del 4.5.2017 il giudice disponeva un percorso di  mediazione demandata.
Nel provvedimento il giudice  evidenziava fra l’altro che ai sensi e per l’effetto del secondo comma dell’art.5 decr.lgsl.28/10 come modificato dal D.L.69/’13 è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile  nel merito della causa. Nonché ai sensi dell’art. 96 III° cpc.
Nonostante queste premesse, la spa omissis non riteneva di partecipare al procedimento di mediazione pur ritualmente convocata come attestato dal verbale negativo redatto dal mediatore dell’organismo attinto dalla domanda degli attori.
omissis L’importo del risarcimento, previa devalutazione, rivalutazione e interessi legali, ammonta ad €.10.700,00 Le somme riconosciute sono la risultanza della rivalutazione alla data della decisione (secondo le tabelle aggiornate): ed invero solo attraverso il meccanismo della rivalutazione monetaria è possibile rendere effettivo il principio secondo cui il patrimonio del creditore danneggiato deve essere ricostituito per intero (quanto meno per equivalente); essendo evidente che, pur nell’ambito del vigente principio nominalistico, altro è un determinato importo di denaro disponibile oggi ed altro è il medesimo importo disponibile in un tempo  passato). Omissis In definitiva all’attrice spetta complessivamente la somma (ulteriore) di 10.700,00 = oltre interessi legali fino al saldo al cui pagamento i convenuti (esclusa omissis) vanno in solido condannati.
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto-  della l. 24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 22.7.2012 n.140) vengono liquidate e distratte (a richiesta) come in dispositivo. omissis

L’art. 96 dispone che:
I° se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.
II° Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
E per quel che qui interessa: III° In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata
La norma del terzo comma introdotta dalla l.18.6.2009 n.69 ed entrata in vigore dal 4.7.2009 ha cambiato completamente il quadro previgente con alcune importanti novità: in primo luogo non è più necessario allegare e dimostrare l’esistenza di un danno che abbia tutti i connotati giuridici per essere ammesso a risarcimento essendo semplicemente previsto che il giudice condanna la parte soccombente al pagamento di un somma di denaro; non si tratta di un risarcimento ma di un indennizzo (se si pensa alla parte a cui favore viene concesso) e di una punizione (per aver appesantito inutilmente il corso della Giustizia, se si ha riguardo allo Stato), di cui viene gravata la parte che ha agito con imprudenza, colpa o dolo; l’ammontare della somma è lasciata alla discrezionalità del giudice che ha come unico parametro di legge l’equità per il che non si potrà che avere riguardo, da parte del giudice, a tutte le circostanze del caso per determinare in modo adeguato la somma attribuita alla parte vittoriosa; a differenza delle ipotesi classiche (primo e secondo comma) il giudice provvede ad applicare quella che si presenta né più né meno che come una sanzione d’ufficio a carico della parte soccombente e non (necessariamente) su richiesta di parte; infine, la possibilità di attivazione della norma non è necessariamente correlata alla sussistenza delle fattispecie del primo e secondo comma.
Come rivela in modo inequivoco la locuzione in ogni caso la condanna di cui al terzo comma può essere emessa sia nelle situazioni di cui ai primi due commi dell’art. 96 e sia in ogni altro caso. E quindi in tutti i casi in cui tale condanna, anche al di fuori dei primi due commi, appaia ragionevole.
Benché non sia richiesto espressamente dalla norma, si ritiene dalla giurisprudenza necessario anche il requisito della gravità della colpa.
Nel caso di specie è indubbia la sussistenza della gravità della colpa (se non del dolo, inteso come volontaria e consapevole volontà  di disattendere l’ordine del Giudice) dell’omissis che non ha aderito alla convocazione in mediazione.
La giurisprudenza richiede la sussistenza del dolo o della colpa grave poiché non è ragionevole che possa essere sanzionata la semplice soccombenza, che è un fatto fisiologico alla contesa giudiziale, ed è necessario che esista qualcosa di più rispetto ad essa, esattamente come nel caso di specie. La sussistenza di tali elementi soggettivi può essere riscontrata ricavandola da qualsiasi indicatore sintomatico.
Nel caso in esame, in presenza di chiare circostanze che imponevano a tutta evidenza di dismettere una posizione processuale di ostinata pregiudiziale e pervicace resistenza, la condotta della spa omissis che ha scelto deliberatamente quanto ingiustificatamente di non aderire alla mediazione demandata dal giudice, integra certamente colpa grave se non dolo.
Che il mancato rispetto dell’ordine impartito dal Giudice ai sensi dell’art. 5 co. II della legge integri colpa grave (se non dolo) è indiscutibile, ampiamente motivato, dimostrato e confermato dalla giurisprudenza, che si richiama, anche ai sensi dell’art.118 att. c.p.c.
L’ammontare della somma deve essere rapportato:
- allo stato soggettivo del responsabile. In questo caso, a fronte del chiaro contenuto dell’ordinanza del 5.2017 vi è stata la volontaria scelta di renitenza da parte della spa omissis che, disattendendo il motivato e ragionevole invito del giudice di cercare di trovare un conveniente accordo, ha preferito portare la causa alle estreme conseguenze, aggravando inutilmente il lavoro del giudice, piuttosto che ragionare e discutere responsabilmente in sede conciliativa;
- alla qualifica ed alle caratteristiche del responsabile, persona fisica o giuridica che sia, ed alla sua maggiore o minore capacità anche in termini organizzativi, di preparazione professionale, culturale, tecnica, di assumere condotte consapevoli (si tratta di un parametro che riguarda la scusabilità, ove esistente, in misura maggiore o minore, della condotta censurata). In questo caso la condotta dell’omissis, soggetto strutturato e organizzato,  è grave  e non  scusabile
- alla necessità che in relazione alle caratteristiche del soggetto responsabile, costituisca un  efficace deterrente ed una sanzione significativa ed avvertibile. In questo caso si tratta di una società per azioni di notoria elevata capacità finanziaria e patrimoniale
Si ritiene, nel quantum, di liquidare una somma  pari a quella per la quale vi è condanna alle spese a favore dell’attrice: ed invero le conseguenze delle ingiustificata renitenza e l’applicabilità dell’art. 96 cpc sono da tempo ubiqualmente note, quali espresse da giurisprudenza (che si intende qui richiamata, anche ai sensi dell’art.118 att. c.p.c.), edita su ogni sorta di rivista cartacea ed on line, e conseguentemente, considerato pure l’espresso motivato avvertimento contenuto nell’ordinanza del 12.5.2017, non sussiste neppure la ipotetica giustificabilità della non conoscenza delle conseguenze della condotta di cui trattasi, vale a dire del rifiuto del percorso di mediazione  impartito dal Giudice.
La sentenza è per legge esecutiva.

PQM

Definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede: condanna s.p.a. omissis in persona del legale rappresentante pro tempore in solido con omissis al risarcimento dei danni che liquida in favore di omissis nella complessiva somma di 10.700,00= oltre agli interessi legali dalla data della sentenza al saldo; condanna s.p.a. omissis in solido con omissis al pagamento delle spese di causa che liquida in favore omissis per compensi in complessivi €. 5.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali; oltre alle spese della consulenza di ufficio; condanna ai sensi dell’art. 96 co. III c.p.c. s.p.a. omissis al pagamento della somma di €. 5.000,00 a favore di omissis; condanna ex art. 8 co.4 bis decr. lgsl. 28/10, spa omissis al pagamento in favore dell’Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.

Sentenza esecutiva
Roma lì 27.9.2010
Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.