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28 aprile 2017

29/17. La mediazione obbligatoria non si estende alle domande riconvenzionali del convenuto o dei terzi (Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2017)

=> Tribunale di Roma, 18 gennaio 2017

La mediazione obbligatoria non si estende (cfr., in particolare, Trib. Reggio Calabria, 22 aprile 2014 e Trib. Palermo 11 luglio 2011, consultabili in "Osservatorio Mediazione Civile" n. 42/2014 e "Osservatorio Mediazione Civile" n. 29/2012) alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto o proposte da eventuali terzi intervenuti (I) (II) (III) (IV)       :
-         essendo le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità di stretta interpretazione, e, quindi, la locuzione "chi intende esercitare in giudizio un'azione" deve essere letta come equivalente a "chi intende instaurare un giudizio";
-         dovendosi salvaguardare i principi della ragionevole durata del processo, dell'efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale e dell'equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione;
-         dovendosi escludere che l'obbligo di preventiva mediazione, il cui scopo prioritario è quello di evitare l'instaurazione di un giudizio, possa sortire l'effetto di definire l'intero contenzioso nel caso di giudizio ormai instaurato e di tentativo conciliativo già fallito per la domanda principale (la mediazione sulle domande riconvenzionali non sarebbe mai preventiva, ma soltanto successiva);
-         prevedendo l'art.5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 la facoltà del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione, sicché va considerato tale "chi viene citato in giudizio" e non già "chi, avendo promosso un'azione e, pertanto, notificato ad altri una vocatio in ius, risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a quella originaria";
-         non potendosi ammettere che vengano formulate domande riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti di nuovo in mediazione, così da allungare i tempi del giudizio.



(III) Si vedano in argomento tutte le pronunce in materia contenute nel massimario-banca dati giurisprudenziale dell’Osservatorio al seguente link:

(IV) Si veda altresì SPINA, La mediazione obbligatoria si applica anche alle domande riconvenzionali e alle domande di terzo? I contrapposti orientamenti nella giurisprudenza di merito(2011-2014), in La Nuova Procedura Civile, 2014 nonché, di recente, il relativo FOCUS TEMATICO in SPINA,CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR,Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2017

Tribunale di Roma
Sezione V
Sentenza
18 gennaio 2017

Omissis

Visto il ricorso ex art. 447 cod. proc. civ. depositato in data 15.3.2016 e ritualmente notificato con il pedissequo decreto di fissazione d'udienza, con cui A. SRL ha chiesto all'adito Tribunale sia di pronunziare la risoluzione del contratto inter partes di affitto (in data 30.9.2014 e in autentica notaio omissis dell'azienda relativa all'esercizio dell'attività commerciale di "ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande" (con inerenti arredi, attrezzature e dotazioni strumentali) corrente in Roma, omissis, sia la condanna della detentrice Al. SRL alla restituzione del complesso organizzato di beni produttivi, sull'allegazione del protratto inadempimento (a partire dal mese di dicembre 2015) dell'obbligazione di controparte di corrispondere regolarmente il relativo corrispettivo (pattuito in iniziali € 6.900,00 mensili, oltre IVA, da aggiornarsi automaticamente, dal primo anno in poi, nella misura massima della variazione annuale in aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall'ISTAT per famiglie di operai e impiegati; poi consensualmente ridotto a € 4.500,00, oltre IVA, da novembre 2015 e fino al 31.12.2016; a € 5.500,00, oltre IVA, fino al 31.12.2017, e a € 6.500,00, oltre IVA, fino alla naturale scadenza del 29.2.2020);

rilevato, altresì, che la resistente Al. SRL, costituitasi con memoria difensiva depositata in cancelleria il 28.9.2016, ha eccepito, in rito, l'improcedibilità del ricorso per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediaconciliazione e, nel merito, l'inadempimento avversario (per mancanza della scheda tecnica d'impianto e del certificato di agibilità, nonché per malfunzionamenti e inidoneità, in particolare, dell'impianto elettrico e della canna fumaria in dotazione dell'azienda oggetto del contratto alla destinazione economico-sociale cui sono posti a servizio), chiedendo, pertanto, al Tribunale, non soltanto il rigetto delle avverse domande, ma anche, in via riconvenzionale, una pronunzia di risoluzione contrattuale in danno della concedente e di condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni;
rilevato che la causa è stata istruita con produzioni documentali;
udita la discussione dei difensori delle parti ed esaminati gli atti;
rilevato l'avvenuto, infruttuoso esperimento del prescritto tentativo di mediazione;
ritenuto, preliminarmente, che:
a) la mediazione obbligatoria non si estende (cfr., in particolare, Trib. Reggio Calabria, 22 aprile 2014 e Trib. Palermo 11 luglio 2011, consultabili in "Osservatorio Mediazione Civile" n. 42/2014 e "Osservatorio Mediazione Civile" n. 29/2012) alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto o proposte da eventuali terzi intervenuti (essendo le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità di stretta interpretazione, poiché introducono limitazioni all'esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost. e, quindi, la locuzione "chi intende esercitare in giudizio un'azione" deve essere letta come equivalente a "chi intende instaurare un giudizio"; dovendosi salvaguardare i principi della ragionevole durata del processo, dell'efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale e dell'equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione; dovendosi escludere che l'obbligo di preventiva mediazione, il cui scopo prioritario è quello di evitare l'instaurazione di un giudizio, possa sortire l'effetto di definire l'intero contenzioso nel caso di giudizio ormai instaurato e di tentativo conciliativo già fallito per la domanda principale - la mediazione sulle domande riconvenzionali non sarebbe mai preventiva, ma soltanto successiva -; prevedendo l'art. 5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 - così come inserito dal d.l. 69/2013, c.d. "Decreto del fare", convertito, con modificazioni, in 1. 98/2013 - la facoltà del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione - sicché va considerato tale "chi viene citato in giudizio" e non già "chi, avendo promosso un'azione e, pertanto, notificato ad altri una vocatio in ius, risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a quella originaria"; non potendosi ammettere che vengano formulate domande riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti di nuovo in mediazione, così da allungare i tempi del giudizio);
b) l'affermazione formulata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 18 gennaio 2006, n. 830) con riferimento all'art. 46 della legge n. 203/1982 e, cioè, che "l'onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione ... sussiste, oltre che a carico dell'attore che agisce in via principale in giudizio, anche nei confronti del convenuto che proponga una domanda riconvenzionale, secondo uno dei criteri di collegamento previsti dall'art. 36 cod. proc. civ." dovrebbe riguardare, semmai, la sola domanda riconvenzionale c.d. "inedita";
c) non vi è, comunque, stata, nella fattispecie, eccezione in proposito da parte della ricorrente;

ritenuto, altresì, che, mentre quest'ultima non ha proposto istanze istruttorie, i mezzi richiesti dalla parte resistente non appaiono ammissibili e rilevanti, sia perché, quanto alla prova testimoniale, la stessa dovrebbe avere per oggetto circostanze negative (essere vero che i locali sono "sprovvisti della scheda tecnica d'impianto"; che l'attività manca delle "licenze, concessioni o autorizzazioni edilizie e urbanistiche"; che non esistono il piano soppalcato né quello interrato; che la canna fumaria - prescritta dal regolamento comunale d'igiene - "non svolge alcuna dispersione dei fumi") ovvero apprezzamenti e valutazioni di carattere tecnico e non già "fatti" percepiti (essere vero che la canna fumaria "risulta costruita con materiale nocivo alla salute e non dotata di sezione e altezza sufficienti"; essere vero che l'impianto elettrico "presenta ... gravi problematiche" - cavi sprovvisti di protezione in guaina e tubazione e scollegati; scatole di derivazione con cavi in uscita vicini a fonti d'acqua e, quanto alla consulenza tecnica d'ufficio, la stessa (richiesta, invero, soltanto nella "denegata e non concessa ipotesi di contestazione della perizia tecnica di parte") dovrebbe avere per oggetto, genericamente, "l'idoneità tecnica, materiale e amministrativa del complesso aziendale concesso in affitto" [sic]; sia perché, comunque, la deducente non assume affatto (e, tanto meno, dimostra od offre di dimostrare) di non stare, in concreto esercitando, negli appositi locali, l'attività commerciale de qua (che, dunque, si deve considerare in pieno svolgimento, nonostante - si noti - le denunziate inadeguatezze e i lamentati vizi di conformità - come, del resto, si desume anche dalla prospettazione della parte ricorrente, che, neppure in sede di ricorso incidentale per sequestro giudiziario, dove sarebbe stato sicuramente di suo interesse per giustificare l'opportunità dell'esperita tutela cautelare, ha affermato o potuto dimostrare la chiusura dell'azienda o, almeno, un effettivo "rischio intrinseco" o, addirittura, di cessazione dell'attività commerciale o, comunque, di una forte contrazione della stessa, che ne compromettesse l'avviamento e la proficua gestione e non ne incrementasse né, almeno, salvaguardasse i precedenti risultati produttivi e remuneratori né allega (e, tanto meno, dimostra od offre di dimostrare) se e quali maggiori oneri (non previsti a proprio carico dagli accordi contrattuali e non imposti dalla natura dell'affare) abbia dovuto sopportare ovvero se e in quale misura abbia subito un pregiudizio al lucro normalmente ritraibile dall'attività medesima né, infine, risulta (pur dichiarando di voler "dismettere" il contratto) aver mai fatto offerta di restituzione del complesso di beni asseritamente viziato;

ritenuto che il mancato pagamento dei canoni d'affitto dovuti (espressamente invocato - già con la lettera raccomandata del 10.2.2016 - quale titolo giuridico dell'esercizio del diritto potestativo di provocare la risoluzione anticipata del contratto già in essere e, perciò, delle conseguenti pretese restitutoria e risarcitoria), non essendo contestato, ha trovato piena asseverazione processuale e risulta senz'altro idoneo a spiegare, già per espressa volontà contrattuale delle parti (cfr. artt. 3 e 19), oltre che per consistenza e gravità oggettive, la pretesa efficacia risolutiva di diritto ex art. 1456 cod. civ. e, conseguentemente, a fondare le azionate pretese tanto restitutoria dell'azienda quanto risarcitoria del danno, da accogliersi, per altro, quest'ultima, al netto dell'acconto pacificamente versato il 18.2.2016 (€ 4.000,00), in misura corrispondente, per ogni mese di ritardo occorso (dal dicembre 2015), all'importo già periodicamente dovuto e, perciò, in ragione di complessivi € 50.000,00 (= € 4.500 x 13 + € 5.500 x 1 - € 4.000,00);

ritenuto, altresì, che sul predetto ammontare sono, bensì, dovuti gli interessi di legge (e, precisamente, su ogni "rateo" periodico d'indennizzo a far tempo dall'inizio del rispettivo mese di riferimento), mentre non è dovuta l'IVA (tranne che sui canoni veri e propri: residuo del mese di dicembre 2015 e mesi di gennaio e febbraio 2016), poiché, per effetto della concreta volontà delle parti, le somme dovute a un soggetto passivo di imposta a titolo di indennizzo rientrano nell'ambito di applicazione dell'imposta de qua (soltanto) se concorrono a formare l'ammontare complessivo dei corrispettivi contrattualmente dovuti per una cessione di beni o per una prestazione di servizi (ivi compresi i corrispettivi dovuti per "obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte"), mentre non rientrano nel suddetto ambito di applicazione se manca il presupposto oggettivo, quale appena delineato, e, a maggior ragione, se trattasi di penalità per ritardi o altre irregolarità nell'adempimento degli obblighi contrattuali da parte del cessionario/committente ovvero del cedente/prestatore (nel senso, perciò, che, ai fini dell'IVA, le somme corrisposte a titolo di indennizzo non rilevano laddove risulti chiaro che non vi è - o non vi è stata - alcuna volontà della parte indennizzata di accondiscendere all'inadempimento o, comunque, al comportamento non conforme al contratto posto in essere dall'altra parte - come, per esempio, quando, sin dagli accordi originari, fosse prevista una penale per inadempimento oggettivamente determinabile ovvero siano state assunte, per reazione alle altrui inadempienze o violazioni, iniziative, giudiziali o stragiudiziali, di tenore inequivocabile -, mentre rilevano in caso contrario e, cioè, se vi è - o vi è stata - un'effettiva volontà della parte indennizzata di consentire un comportamento diverso da quello originariamente pattuito, dietro pagamento di un determinato importo - anche se stabilito in via transattiva;

ritenuto, quindi, che l'accoglimento integrale delle domande della società ricorrente comporta il rigetto di quelle riconvenzionali della resistente;

ritenuto, infine, che il regolamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, deve seguire la soccombenza.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunziando, così decide: accoglie la domanda principale e dichiara risolto, a far tempo dal 1°.3.2016, il contratto inter partes di affitto (in data 30.9.2014 e in autentica notaio omissis) dell'azienda relativa all'esercizio dell'attività commerciale di "ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande" (con inerenti arredi, attrezzature e dotazioni strumentali) corrente in Roma, omissis; condanna la società resistente Al. SRL a restituire alla società ricorrente A. SRL, entro quindici giorni dalla pronunzia della presente sentenza, l'azienda di cui al capo "1" che precede (con i locali, gli arredi, le attrezzature e le dotazioni strumentali); condanna, altresì, la società resistente a corrispondere alla società ricorrente la somma di complessivi € 50.000,00, oltre IVA sulla sola somma di € 9.500,00, nonché interessi di legge sull'intero importo, a decorrere, sia su ogni singolo canone (per il residuo di € 500,00 relativo al mese di dicembre 2015 e per i due mesi di gennaio e febbraio 2016) sia su ogni "rateo" periodico d'indennizzo, dall'inizio del rispettivo mese di riferimento (a far tempo, quindi, per quanto di volta in volta di ragione, da dicembre 2015); rigetta le domande riconvenzionali proposte dalla società resistente Al. SRL; condanna, infine, la società resistente a rimborsare alla società ricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 5.500,00 per competenze ed € 1.000,00 per anticipazioni (compreso il contributo unificato), oltre rimborso a forfait come da tariffa professionale, nonché oneri fiscali e previdenziali di legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

26 aprile 2017

28/17. Legge n. 24 del 2017: ADR e mediazione nella nuova legge sulla responsabilità medica e sanitaria (Osservatorio Mediazione Civile n. 28/2017)

Legge 17 marzo 2017 n. 24

Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie

In Gazzetta Ufficiale del 17.3.2017, n. 64
(testo di legge in vigore dal 1.4.2017)
…omissis…

Art. 8
Tentativo obbligatorio di conciliazione

1. Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilita' sanitaria e' tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.

2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilita' della domanda di risarcimento. E' fatta salva la possibilita' di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece applicazione l'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile non e' stato espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a se' dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.

3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all'articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.

4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il disposto dell'articolo 15 della presente legge, e' obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all'articolo 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato, quando l'impresa di assicurazione non ha formulato l'offerta di risarcimento nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia della sentenza all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che e' comparsa alla conciliazione.

…omissis…

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 28/2017

19 aprile 2017

27/17. Attività dell’avvocato in mediazione, ammissione al Patrocinio a Spese dello Stato (Osservatorio Mediazione Civile n. 27/2017)

=> Tribunale di Ascoli Piceno, 12 settembre 2016

In tema di spese legali con riferimento al procedimento di mediazione, va confermato che anche l'attività espletata dal difensore in sede di mediazione deve essere posta a carico dello Stato in caso di previa ammissione al Patrocinio a Spese dello Stato e che deve essere liquidata in relazione ai parametri dell'attività stragiudiziale (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 27/2017

Tribunale di Ascoli Piceno
12 settembre 2016

Omissis

vista la richiesta formulata dall’omissis;
visto il provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in data omissis;
ritenuto che, in conformità con il costante orientamento giurisprudenziale, anche l'attività espletata dal difensore in sede di mediazione debba essere posta a carico dello Stato in caso di previa ammissione al Patrocinio a Spese dello Stato e che debba essere liquidata in relazione ai parametri dell'attività stragiudiziale;
considerato l'art. 82, DPR 115/2002, in base al quale "l'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa;
tenuto conto della richiesta, in considerazione del numero degli incontri avanti al mediatore (uno) della limitata complessità dell'incarico e dell'impegno necessario al suo espletamento;
applicata la riduzione del 50% prevista dal T.U. sulle spese di giustizia;

PQM

liquida in favore dell'avv. omissis somma, già ridotta, di complessivi euro 600,00 incluso rimborso forfettario (15%) oltre iva e cpa come per legge; pone l'onere del pagamento a carico dello Stato. Si comunichi anche al P.M.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

12 aprile 2017

26/17. Evidente situazione debitoria e mancata adesione alla domanda di mediazione o di negoziazione assistita: responsabilità processuale (Osservatorio Mediazione Civile n. 26/2017)

=> Tribunale di Torino, 18 gennaio 2017

L’esigenza che una prassi di sano case management si instauri nei vari Uffici Giudiziari porta, tra l’altro, a sanzionare quagli abusi della funzione giurisdizionale che rischiano di soffocare i nostri sempre più (spesso inutilmente) oberati Tribunali, quali – oltre all’introduzione in giudizio di pretese infondate e difese del tutto temerarie – la mancata adesione del soggetto obbligato, a fronte a un’evidente situazione debitoria, alla domanda di mediazione di cui al  D.lgs. 28/2010 o di negoziazione assistita di cui al D.L. 132/2014, costringendo il creditore ad adire le vie giurisdizionali (I) (II) (III). Detta condotta espone dunque alla condanna, di natura sanzionatoria ed officiosa, ex art. 96 c.p.c., comma 3 (VI) (V).



(III) Per approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR, Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).


(V) La sentenza integrale è consultabile in La Nuova Procedura Civile, 1, 2017.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 26/2017

Tribunale di Torino
Sentenza n. 214
18 gennaio 2017

Omissis

Tenuto conto del mancato riscontro dell'invito alla negoziazione assistita (cfr. ex multis Trib. Santa Maria Capua Vetere, 23 dicembre 2013, omissis) andrà poi anche accolta la domanda di condanna della parte convenuta al pagamento della somma di Euro 3.000,00, così equitativamente determinata, ex art. 96 c.p.c. ex officio (cfr. ad es. Trib. Reggio Emilia, 25 settembre 2012, omissis; cfr. Trib. Tivoli, 10 dicembre 2015, omissis).
Il comportamento della convenuta integra, invero, gli estremi, se non del dolo, quanto meno della colpa gravissima e pertanto merita la più rigorosa applicazione della sanzione ex art. 96, ult. cpv. c.p.c..
Si tenga ulteriormente presente che, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ad es. Cass., 29 settembre 2016, n. 19285), l'ipotesi prevista dall'art. 96, comma 3 c.p.c. ha introdotto un meccanismo che deve ritenersi non solo e non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio e preordinato allo scoraggiamento dell'abuso del processo, nonché a preservare la funzionalità del sistema giustizia.
In tale ottica, tale meccanismo è sottratto, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 96, comma 1, c.p.c., alla rigorosa prova del danno, essendo lo stesso condizionato unicamente all'accertamento di una condotta di grave negligenza o addirittura malafede processuale della parte. In questa prospettiva, la giurisprudenza ha chiarito che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi del comma 3 dell'art. 96 c.p.c., ha natura sanzionatoria (volta a scoraggiare condotte di abuso del processo) ed officiosa, non corrisponde ad un diritto di azione della parte vittoriosa e può essere liquidata anche in assenza della prova di un danno subito dalla controparte.
Ed invero, nel momento in cui le migliori forze del Paese stanno compiendo ogni sforzo (vano, ad oggi) volto a dotare l'Italia di un sistema processuale efficiente e razionale, nel pieno rispetto del canone del delai raisonnable previsto dall'art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, appare fondamentale che una cultura ed una prassi di sano case management si instaurino nei vari Uffici Giudiziari.
La prima di tali prassi virtuose consiste nel definitivo superamento di antiche mentalità corrive verso i veri e propri abusi della funzione giurisdizionale che - mercé l'introduzione in giudizio di pretese infondate o, per converso, di difese del tutto temerarie - a detrimento dei legittimi interessi dei cittadini veramente lesi nei propri diritti, rischiano di soffocare i nostri sempre più (spesso inutilmente) oberati Tribunali.
Inutile dire che il medesimo risultato è raggiunto allorquando, pur a fronte di un'evidente situazione debitoria, il soggetto obbligato non aderisce alla domanda di mediazione o di negoziazione assistita, costringendo il creditore ad adire le vie giurisdizionali.
Quanto sopra appare del resto pienamente conforme alle raccomandazioni più volte espresse dal Presidente di questo Tribunale nel contesto delle "prescrizioni" contenute nel c.d. "Programma Strasburgo", nel quale si legge, tra l'altro (cfr. il punto n. 3), che "Una coraggiosa applicazione, indipendentemente dalle richieste delle parti, dell'art. 96, terzo comma, c.p.c. potrà svolgere una funzione deflazionistica del contenzioso, per disincentivare le liti e le resistenze temerarie e gli abusi del processo".
Ma non basta. L'utilizzo dello strumento in esame si pone in perfetta attuazione del principio n. 2 della Raccomandazione N. R (84) 5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri "Sui principi della procedura civile tendenti a migliorare il funzionamento della Giustizia" (adottata dal Comitato dei Ministri il 28 febbraio 1984), secondo cui "1. When a party brings manifestly ill-founded proceedings, the court should be empowered to decide the case in a summary way and, where appropriate, to impose a fine on this party or to award damages to the other party".
Infine, l'utilizzo dello strumento in esame risulta del tutto conforme alle regole contenute al punto V. D. (Suppression of procedural abuses) delle c.d. "SATURN Guidelines for Judicial Time Management", elaborate nella loro versione attuale nel corso della 14a riunione dello Steering Committee del Gruppo CEPEJ-SATURN (25-27 settembre 2013) e definitivamente adottate dalla Commission Européenne pour l'efficacité de la justice (CEPEJ) del Consiglio d'Europa durante la riunione plenaria del 5 e 6 dicembre 2013, secondo cui "1. All attempts to willingly and knowingly delay proceedings should be discouraged. 2. There should be procedural sanctions for causing delay and vexatious behaviour. These sanctions can be applied either to the parties or their representatives. 3. If a member of a legal profession grossly abuses procedural rights or significantly delays the proceedings, it should be reported to the respective professional organisation for further consequences".
Ciò che appare necessario, dunque, è approdare ad una rigorosa ed inflessibile applicazione di quei pochi strumenti che l'armamentario normativo pone a disposizione del Giudice al fine di stroncare operazioni il cui risultato non è altro se non quello di intasare gli Uffici Giudiziari di controversie la cui proposizione, con la semplice applicazione dei più elementari ed istituzionali
principi dell'ordinamento, andrebbe del tutto evitata.

PQM

Il Tribunale di Torino omissis dichiara tenuta e condanna la parte convenuta al pagamento, nei confronti di parte attrice, della somma di Euro 39.834,00, con gli interessi legali dalla domanda sino al saldo effettivo; dichiara tenuta e condanna la parte convenuta al pagamento, nei confronti di parte attrice, dell'ulteriore somma di Euro 3.000,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c. , con gli interessi legali dalla data della presente pronunzia sino al saldo effettivo; condanna parte convenuta al rimborso in favore della parte attrice delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 7.254,00, oltre agli accessori di legge.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

5 aprile 2017

25/17. MEDIA Magazine n. 4 del 2017 (Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2017)

MEDIA Magazine
Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 4/17  Aprile 2017


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GIURISPRUDENZA

=> TAR Abruzzo, Pescara, 13 marzo 2017, n. 98

=> Tribunale di Firenze, 13 dicembre 2016

=> Corte di appello di Potenza, 15 novembre 2016

=> Tribunale di Mantova, 25 ottobre 2016

=> Tribunale di Lecce, 11 ottobre 2016

=> Tribunale di Bari, 7 settembre 2016


DATI E DOCUMENTI



COMMENTI E APPROFONDIMENTI



SEGNALAZIONI


Il Volume analizza, con taglio TEORICO-PRATICO-OPERATIVO, le QUESTIONI e i DUBBI INTERPRETATIVI (in ambito sia PENALE che CIVILE, e di NATURA SOSTANZIALE E PROCESSUALE) relativi alla NUOVA RESPONSABILITÀ SANITARIA di cui alla recentissima LEGGE 8 marzo 2017, n. 24 (recante "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo 2017.

La PRESENTAZIONE al Volume è di Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale).

ISBN: 9788826040158

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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2017