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14 marzo 2017

19/17. Mediazione obbligatoria, mancata partecipazione senza giustificato motivo: la sanzione prescinde dall’esito della causa (Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2017)

=> Tribunale di Mantova, 25 ottobre 2016

In tema di mediazione c.d. obbligatoria (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010) se la parte non compare all’incontro fissato dall’organismo di mediazione comunicando che non avrebbe aderito al tentativo di mediazione sia per motivi economici sia per le ragioni in diritto, deve ritenersi che la parte non sia comparsa senza giustificato motivo. Ne consegue che ricorrono i presupposti previsti dall’art. 8 co. 4-bis, d.lgs. 28/2010, norma questa che prevede una sanzione per la mancata ingiustificata partecipazione al tentativo di mediazione e che prescinde dall’esito della causa (I).

Affinché l’istituto della c.d. mediaconciliazione possa concretamente esplicare effetti è necessario il contatto diretto fra le parti e, quindi, la partecipazione personale di esse o, quantomeno, dei loro legali muniti di apposito mandato, tanto potendosi arguire dal tenore dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010 (I).

Il legislatore ha introdotto l’istituto della c.d. mediaconciliazione al fine di evitare il sistematico ricorso alla giustizia ordinaria, ciò che non consente allo stato di garantire il rispetto del principio della ragionevole durata del processo (cfr. art. 111 Cost.) e, conseguentemente, di favorire la conciliazione stragiudiziale fra le parti (II).


(II) Sull’irragionevole durata del processo si veda, di recente, SPINA (a cura di), IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO. Rassegna giurisprudenziale sistematica corredata daschemi, dottrina e formule, Diritto Avanzato, 2017 (ISBN: 978882603191).

FATTISPECIE:
Gli attori esponevano: di essere comproprietari pro-indiviso col convenuto di una piccola area cortiva; che, nel corso degli anni, i comproprietari avevano sistemato i rispettivi edifici di piena proprietà (costituite da case di civile abitazione e da rustici-garage) adiacenti all’area comune; che non era stato tuttavia possibile regolare l’uso di tale area comune ciò che alimentava continui contrasti, in particolare per la presenza non regolata di veicoli in sosta anche sotto le finestre della propria abitazione.
Il convenuto sosteneva che la fattispecie era regolata dalla disciplina di cui all’art. 1117 bis c.c.; che la zona in questione non poteva essere divisa, difettando entrambi i presupposti richiesti dall’art. 1119 c.c., tanto più che la stessa risultava gravata anche da servitù a favore di altri soggetti.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2017

Tribunale di Mantova
Sentenza
25 ottobre 2016

Omissis

Con atto di citazione notificato in data omissis XX e ZZ esponevano: di essere comproprietari pro-indiviso con Y (ciascuno di essi per un quarto ciascuno e quest’ultimo per un mezzo) di una piccola area cortiva omissis di mq. 24; che, nel corso degli anni, i comproprietari avevano sistemato i rispettivi edifici di piena proprietà (costituite da case di civile abitazione e da rustici-garage) adiacenti all’area comune; che non era stato tuttavia possibile regolare l’uso di tale area comune ciò che alimentava continui contrasti, in particolare per la presenza non regolata di veicoli in sosta anche sotto le finestre della propria abitazione; che il tentativo di conciliazione attivato presso il competente organismo di mediazione non aveva dato esito; alla stregua di tali deduzioni gli attori chiedevano che venisse disposta la divisione dell’area comune.
Si costituiva Y il quale sosteneva: che la fattispecie era regolata dalla disciplina di cui all’art. 1117 bis c.c. che prevede l’applicazione delle disposizioni relative al condominio negli edifici in tutti i casi in cui “più unità immobiliari o più edifici ... abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117c.c.”, laddove era pacifico che l’area oggetto della domanda costituiva un cortile comune; che la zona in questione non poteva essere divisa, difettando entrambi i presupposti richiesti dall’art. 1119 c.c. tanto più che la stessa risultava gravata anche da servitù a favore di altri soggetti; alla luce di tali considerazioni la difesa del convenuto chiedeva il rigetto della domanda.
Rigettate le istanze istruttorie formulate, la causa veniva rimessa in decisione sulle conclusioni formulate dalle parti nelle memorie redatte ex art. 183 VI co. n. 1 c.p.c. e discussa all’udienza del 25-10-2016, all’esito della quale veniva data lettura della sentenza.
La domanda non è fondata e deve essere rigettata.
In primo luogo va chiarito che gli attori hanno proposto una domanda di divisione della zona omissis mentre la loro richiesta di individuazione dei confini non è una domanda autonoma ma costituisce semplicemente la conseguenza della eventuale attribuzione in natura delle singole porzioni una volta operata la divisione.
Nel merito va osservato che non è in contestazione che la zona comune in questione - avente ridotte dimensioni (complessivamente mq. 130) e utilizzata come area di transito e sosta (anche con auto) per l’accesso alle prospicienti abitazioni delle parti in lite come si deduce dalle fotografie e dalle planimetrie dimesse- costituisca un cortile (per tale intendendosi oltre che l’area scoperta tra corpi di fabbrica di un edificio o più edifici anche i vari spazi liberi - ad es. spazi verdi, zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi - disposti esternamente alle facciate dell’edificio: in tal senso vedasi Cass.. 9-6-2000 n. 7889), cespite questo che rientra nell’ambito di previsione di cui all’art. 1117 c.c., norma inserita nel capo II, titolo VII, libro III del codice civile.
Occorre poi rilevare che l’art. 1117 bis c.c. (introdotto dalla legge 11-122012 n. 220) prevede l’applicabilità delle disposizioni del capo II (e cioè quelle di cui agli artt. 1117 e segg. c.c.), in quanto compatibili, in tutti i casi in cui, fra l’altro, più unità immobiliari ovvero più edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., ipotesi che ricorre nella fattispecie in esame atteso che i soggetti in lite sono proprietari di distinti fabbricati che sono contigui ma non costituiscono un condominio e fra i quali è ubicato il cortile comune oggetto di giudizio. Al riguardo merita evidenziare che, se pure la comunione del cortile è venuta in essere anteriormente all’entrata in vigore della novella di cui alla legge n. 220/2012 (la quale non contiene norme di diritto intertemporale), tale nuova disciplina deve trovare applicazione al caso di specie in quanto, per effetto della stessa, non viene modificato il fatto generatore, pur risalente a un momento passato (la comproprietà di un’area che anche sotto la previgente normativa doveva qualificarsi come cortile), bensì vengono diversamente regolati (per il futuro) gli effetti e i rapporti derivanti dalla comproprietà di tale tipologia di cespite. Ciò premesso va notato che sussiste pure il presupposto costituito dalla compatibilità, essendo del tutto analoghe le esigenze di regolamentazione dei rapporti proprietari connesse con la divisione di un cortile costituente parte comune di un condominio ai sensi dell’art. 1117 c.c. rispetto a quelle riguardanti la divisione di un cortile parimenti comune, utilizzato per l’accesso a edifici contigui e confinanti ma non facenti parte di un condominio.
Ne consegue che non può procedersi alla divisione del cortile comune atteso che, nel caso in questione, mancano entrambi i presupposti richiesti dall’art. 1119 c.c. (norma richiamata dall’art. 1117 bis c.c.) e cioè la comoda divisibilità del cortile (si tratta infatti di un’area di modesta estensione parzialmente inserita fra le abitazioni delle parti che, ove suddivisa, non consentirebbe a nessuna di esse l’agevole transito e la sosta degli autoveicoli di cui dispongono) e il consenso di tutti i comproprietari alla divisione, avendolo il convenuto negato ancor prima dell’instaurazione della lite.
Infine deve rilevarsi che la controversia in questione rientra nell’ambito di previsione di cui all’art. 5, comma 1-bis del d.lgs. 28/2010 sicché tale controversia risulta soggetta al tentativo obbligatorio di mediazione.
In proposito va osservato che parte convenuta, costituitasi in giudizio, non è comparsa senza giustificato motivo all’incontro fissato dall’organismo di mediazione designato e che aveva fatto pervenire in data 23-10-2014, tramite il proprio legale, comunicazione con cui rendeva noto che non avrebbe aderito al tentativo di mediazione sia per motivi economici sia per le ragioni in diritto poi ribadite con la comparsa di costituzione: orbene deve ritenersi che parte convenuta non sia comparsa senza giustificato motivo all’incontro fissato per il 24-10-2014 dal mediatore, atteso che, affinché l’istituto della c.d. mediaconciliazione possa concretamente esplicare effetti, è necessario il contatto diretto fra le parti e, quindi, la partecipazione personale di esse o, quantomeno, dei loro legali muniti di apposito mandato, tanto potendosi arguire dal tenore dell’art. 8 del d. lgs. 28/2010 ove è ripetuto il riferimento agli incontri fra le parti e il mediatore nonché al compito di costui di chiarire funzioni e modalità di svolgimento della mediazione, ciò che implica necessariamente la loro presenza fisica nel senso sopra chiarito.
Ne consegue che ricorrono i presupposti previsti dall’art. 8 co. 4 bis  del d. lgs. 28/2010, norma questa che prevede una sanzione per la mancata ingiustificata partecipazione al tentativo di mediazione e che prescinde dall’esito della causa (sicché, trattandosi di onere imposto a ciascuna delle parti in lite, non può venire in considerazione la disciplina di cui all’art. 91 c.p.c.) atteso che il legislatore ha introdotto l’istituto della c.d. mediaconciliazione al fine di evitare il sistematico ricorso alla giustizia ordinaria ciò che non consente allo stato di garantire il rispetto del principio della ragionevole durata del processo (cfr. art. 111 Cost.) e, conseguentemente, di favorire la conciliazione stragiudiziale fra le parti: il convenuto quindi, benché non soccombente, va condannato al versamento in favore dell’erario dell’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in conformità dei parametri di cui al d.m. 55/2014, tenendosi conto che non è stata svolta attività istruttoria e che non sono stati redatti scritti conclusionali.

PQM

Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: -rigetta la domanda  di divisione; condanna gli attori a rimborsare al convenuto le spese di lite, che si liquidano in €5.267,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese generali pari al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge; condanna il convenuto Y al versamento in favore dell’erario dell’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, mandando alla cancelleria per quanto di competenza.
Mantova, 25 ottobre 2016.
Il Giudice dott. Mauro Pietro Bernardi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.