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28 aprile 2016

33/16. Opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere d'iniziare la mediazione grava sull'opposto, pena la revoca del titolo monitorio (Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2016)

=> Tribunale di Firenze, 17 gennaio 2016

Nel procedimento d'ingiunzione riguardante materie per le quali la mediazione è obbligatoria, come i contratti bancari, dopo che l'opponente ("convenuto sostanziale") ha proposto opposizione e dopo che sono state emesse le ordinanze ex artt. 648, 649 cod. proc. civ., l'onere d'iniziare la mediazione grava sull'opposto ("attore sostanziale"), a pena d'improcedibilità della (sua) domanda, introdotta col deposito del ricorso per decreto ingiuntivo. Va quindi affermato che  l'opposto, ossia l'attore sostanziale", che è poi il (solo) titolare dell'interesse ad agire, ha l'onere di avviare la mediazione, pena, in caso d'inerzia, la declaratoria d'improcedibilità della domanda che, per la particolarità del procedimento d'ingiunzione, comporta la revoca del titolo monitorio. Non è quindi condivisibile quanto affermato da Cass.n. 24629/2015, secondo cui nel procedimento per decreto ingiuntivo grava sull'opponente l'onere di introdurre il percorso obbligatorio della mediazione (I) (II).



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2016

Tribunale di Firenze
Sezione III
17 gennaio 2016
ordinanza

Omissis

Va affrontata adesso la questione processuale che dipende dalla richiesta degli opponenti (v. il verbale d'udienza del 14.01.2015) di disporre il procedimento di mediazione ex art. 5 D.L.vo n. 28/2010 (e successive modificazioni), poiché, incontestabilmente, la controversia riguarda la materia dei contratti bancari, per la quale, in base all'art. 5 comma 1 bis D.L.vo citato, il procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda.
Non è in discussione che debba essere esperito il procedimento di mediazione, mentre è dubbio su quale delle parti incomba l'onere di avviarlo.
Tale incertezza deriva dalla natura della causa, un giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale, com'è noto, si ha l'inversione dei ruoli formali delle parti, rispetto alle reciproche posizioni sostanziali, in quanto l'opponente è al contempo "convenuto sostanziale" ed "attore formale", viceversa l'opposto è "attore sostanziale" e "convenuto formale".
Il nodo interpretativo da sciogliere riguarda chi, tra opponente ed opposto, abbia l'onere di iniziare il procedimento di mediazione.
Precedenti sentenze di questo Tribunale hanno risolto il dilemma processuale ritenendo che onerato sia l'opposto, in qualità di "attore sostanziale", in stretta coerenza col principio della domanda (v., ex coeteris, Tribunale Firenze, sent. n. 473/2015).
In sintesi, estrapolando il fulcro del ragionamento che perviene ad un simile risultato esegetico, nella sentenza appena citata si afferma che: "L'esatta identificazione della figura dell'actor nel procedimento d'ingiunzione, effettuata sulla base di univoci elementi testuali, induce a ritenere che l'onere di iniziare il procedimento di mediazione gravi sul creditore (opposto) che, come è sempre stato correttamente sostenuto, è l'attore sostanziale, ossia colui che fa valere il proprio diritto di credito in giudizio, non già sul debitore (opponente) (v., ex multis, Cass., sez. I, sent. n. 85639/2011 che ha stabilito che: "È opportuno premettere che l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, il quale, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio, investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni e difese contro la stessa proposte, con la conseguenza che l'opponente, pur assumendo normalmente la veste di attore, viene a trovarsi nella posizione sostanziale di convenuto, mentre l'opposto, formalmente convenuto, dev'essere considerato attore dal punto di vista sostanziale.").".
È questa un'opzione interpretativa accolta da alcuni Tribunali e, d'altra parte, negata dal contrario orientamento di altra nutrita giurisprudenza di merito che, nell'ultimo triennio, muovendosi lungo un interessante e minuzioso, seppure non condivisibile, percorso argomentativo, attribuisce all'opponente l'onere di esperire il procedimento di mediazione (v., ex multis, Tribunale di Firenze, sent. n. 3325/2014).
Sull'argomento è recentemente intervenuta la SC che, in buona sostanza, ha statuito che, nel procedimento per decreto ingiuntivo, grava sull'opponente l'onere di introdurre il percorso obbligatorio della mediazione (v. Cass., sezione III, sent. n. 24629/2015).
Questi, in termini schematici (riprodotti pressoché testualmente), gli argomenti essenziali della decisione:
- l'art. 5 citato, di non facile lettura, va interpretato secondo la sua ratio deflativa, ossia alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo; la norma, introducendo il meccanismo di Alternative Dispute Resolution (ADR), mira a rendere il processo l'extrema ratio; conseguentemente l'onere di esperire il tentativo di mediazione: "deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo";
- nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l'opposizione si verifica un'inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale è l'opposto nel giudizio di opposizione;
- questa difficoltà non deve però condurre ad un "errato automatismo" logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale la parte gravata dell'onere di esperire il procedimento di mediazione;
- utilizzando il criterio ermeneutico dell'interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione si perviene ad una soluzione opposta; difatti col decreto ingiuntivo l'attore ha scelto la linea deflativa, coerente con la logica della ragionevole durata del processo, mentre l'opponente ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, quale: "soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore"; egli deve pertanto attivare la mediazione: "perché intende precludere la via breve per percorrere la via lunga";
- sarebbe contraria ad una logica di efficienza un'interpretazione che accollasse al creditore l'onere di: "effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo";
- è dunque l'opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione, pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 cod. proc. civ.;
- "quando l'opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente - convenuto sostanziale, opposto - attore sostanziale.".
La decisione del Supremo Collegio non è condivisibile e produce un ampio spettro di considerazioni in chiave critica.
Per esigenza di sintesi, preme qui almeno sottolineare, sul piano generale, che il creditore che propone ricorso monitorio non sceglie una linea deflativa, ma persegue l'interesse a munirsi, quanto prima, di un titolo esecutivo; specularmente, il debitore, facendo opposizione, non intende precludere la via breve per percorrere la via lunga; egli, semmai, esercita, nei tempi e nelle forme propri del procedimento d'ingiunzione, il diritto inviolabile alla difesa in giudizio, costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.).
Venendo al thema cruciale della questione, nel rispetto del più elementare canone dell'ermeneutica, non si può trascurare l'esegesi testuale del dato normativo, sorprendentemente pretermessa dal dictum della Cassazione.
In base al combinato disposto dei commi 4, lett. a), 1 bis dell'art. 5 citato, nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, riguardanti controversie in materie (come i contratti bancari) per le quali il preventivo esperimento della mediazione è condizione di procedibilità, il procedimento di mediazione deve (necessariamente) essere introdotto dopo che il giudice ha emesso le ordinanze ex artt. 648, 649 cod. proc. civ. sulla provvisoria esecutività del titolo monitorio (che, si noti bene, possono riconoscere, ma anche negare esecutività al decreto ingiuntivo). In altre parole, la nuova condizione di procedibilità (l'esperimento del procedimento di mediazione) non determina una sospensione della consueta scansione del procedimento d'ingiunzione, nel senso che, anche attualmente, dopo la novella che ha introdotto il congegno di ADR, il debitore ingiunto, per evitare che il decreto ingiuntivo divenga definitivo, è tenuto, ai sensi dell'art. 641 comma 1 cod. proc. civ., a fare opposizione.
Lo scenario processuale costruito dalla Cassazione - che, in sostanza, contempla l'avvio del procedimento di mediazione, da parte del debitore ingiunto, prima che egli proponga opposizione, nonché una conseguente declaratoria di procedibilità dell'opposizione - appare del tutto avulso dalle disposizioni processuali in tema di mediazione.
Difatti, se l'ingiunto, anziché proporre tempestivamente opposizione, avviasse la mediazione, non si avrebbe alcuna preventiva declaratoria di procedibilità della domanda, come invece prospettato dalla Cassazione, ma l'unico effetto processuale di rilievo (per così dire: decisivo) sul procedimento d'ingiunzione, instaurato dal ricorrente con il deposito della ricorso monitorio, consisterebbe nel definitivo consolidamento del decreto ingiuntivo non opposto nel termine di legge.
Nessun elemento testuale consente di affermare che la domanda di mediazione proposta dall'ingiunto, nelle more dell'opposizione, precluda il maturare del termine dell'art. 641 comma 1 cod. proc. civ..
L'effetto impeditivo della "decadenza" della domanda di mediazione, previsto dal comma 6 dell'art. 5 citato, si realizza solo se la mediazione è condizione di procedibilità della domanda. È fuori discussione, dunque, che l'ingiunto debba fare opposizione e che, solo successivamente, dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione (le ordinanze ex artt. 648, 649 cod. proc. civ.), si ponga il problema di stabilire quale sia la parte tenuta ad avviare il procedimento di mediazione.
Compiuta quest'imprescindibile deviazione di rotta nell'esegesi del meccanismo processuale, allora pare agevole superare il punctum dolens dell'individuazione dell'onerato facendo leva sulle (in parte qua) inoppugnabili enunciazioni della sentenza di legittimità.
Essa, in buona sostanza, finisce col riconoscere e stabilire che, quando l'opposizione è in corso (non già, per le precedenti ragioni: "quando l'opposizione sarà dichiarata procedibile" perché, ancora una volta, non si ha alcuna declaratoria di procedibilità dell'opposizione), "riprendono" "le normali posizioni" delle parti: opponente - "convenuto sostanziale "; opposto - "attore sostanziale". Il che, sia detto per inciso, dovrebbe incontrovertibilmente stare a significare che anche la SC ammette che, in caso di mediazione demandata iussu iudicis, l'onere d'esperire il relativo procedimento gravi sull'opposto.
Chiusa questa rilevantissima digressione e tornando al tema principale, comunque, nel rispetto del principio della domanda, l'opposto, ossia l'attore sostanziale", che è poi il (solo) titolare dell'interesse ad agire, ha l'onere di avviare la mediazione, pena, in caso d'inerzia, la declaratoria d'improcedibilità della domanda che, per la particolarità del procedimento d'ingiunzione, comporta la revoca del titolo monitorio.
In conclusione, traendo le fila del ragionamento, si può continuare ad affermare che, nel procedimento d'ingiunzione riguardante materie per le quali la mediazione è obbligatoria, come i contratti bancari, dopo che l'opponente ("convenuto sostanziale") ha proposto opposizione e dopo che sono state emesse le ordinanze ex artt. 648, 649 cod. proc. civ., l'onere d'iniziare la mediazione grava sull'opposto ("attore sostanziale"), a pena d'improcedibilità della (sua) domanda, introdotta col deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

PQM

Rigetta l'istanza degli opponenti ex art. 649 cod. proc. civ.; visto l'art. 5 comma 4 lett. a) D.L.vo n. 28/2010 (e successive modificazioni), dispone che l'opposta avvii, nel rispetto delle forme di legge, il procedimento di mediazione nel termine di 15 giorni; fa presente che, ai sensi dell'art. 5, comma 2, D.L.vo citato, il mancato esperimento dell'effettivo procedimento di mediazione è sanzionato a pena d'improcedibilità della domanda; che l'art. 5 comma 1 bis, per il suo tenore letterale e nel rispetto della finalità deflattiva che connota l'istituto della mediazione, impone la contestuale partecipazione al procedimento di mediazione di due diversi soggetti, ossia la "parte sostanziale" e l'avvocato che l'assiste; invita gli avvocati delle parti a informare i loro assistiti di quanto disposto, nei termini di cui all'art. 4, comma 3, (D.L.vo citato); le parti a comunicare, tramite i loro avvocati, l'esito della mediazione, con nota da depositare in cancelleria almeno dieci giorni prima della prossima udienza.
La nota dovrà contenere informazioni: in relazione a quanto stabilito dall'art. 8, comma 4 bis (D.L.vo citato), in merito all'eventuale mancata (fattiva) partecipazione delle parti (sostanziali) senza giustificato motivo; in relazione a quanto stabilito dall'art. 13 (D.L.vo citato), anche ai fini del regolamento delle spese processuali, in merito al rifiuto delle parti - con specifica menzione della parte (delle parti) che ha (hanno) opposto il rifiuto - dell'eventuale proposta di conciliazione formulata dal mediatore, con indicazione del suo contenuto; rinvia la causa all'udienza dell'omissis, per la prosecuzione.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.